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Moschea di Toklu Dede

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Mappa di Costantinopoli bizantina. La moschea di Toklu Dede si trova nella parte più settentrionale della città murata, a nord della Chiesa di Santa Maria delle Blacherne.

La moschea di Toklu Dede (in turco Toklu Dede Mescidi, dove mescit è la parola turca per una piccola moschea), era una moschea ottomana a Istanbul, in Turchia.[1] L'edificio era originariamente una chiesa ortodossa bizantina di dedica sconosciuta.[1] L'edificio fu quasi completamente distrutto nel 1929.[1][2]

L'edificio si trovava a Istanbul, nel distretto di Fatih, nella Mahalle di Ayvansaray. L'unica parte rimasta dell'edificio - la parete sud - è inglobata in una casa moderna a Toklu Ibrahim Dede Sokak, a pochi metri all'interno della città murata, a breve distanza dalla riva del Corno d'Oro, all'incrocio tra le mura delle Blacherne e quelle del Corno d'Oro, oggi in gran parte abbattute.

Età bizantina

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L'origine di questo edificio, che si trovava ai piedi del versante nord della sesta collina di Costantinopoli nel quartiere di ta Karianou,[3] parte del quartiere delle Blachernae, è oscura. Il piccolo santuario si trovava sul lato interno delle Mura di Eraclio, a meno di 100 metri a ovest della ora demolita Porta di Küçük Ayvansaray (in greco Porta Koiliomene) delle mura del Corno d'Oro, e a est della Porta delle Blacherne.[4] La chiesa, così come la vicina moschea di Atik Mustafa Pascià, originariamente anche una chiesa bizantina, è stata identificata con Santa Tecla del Palazzo delle Blacherne (in greco Θγία Θέκλα τοῦ Παλατίου τῶν Βλαχερνών?, Hagia Thekla tou Palatiou tōn Vlakhernōn).[5] Tuttavia, l'edificio si trovava troppo lontano dal Palazzo delle Blacherne, per cui questa identificazione, basata solo sulla somiglianza del nome, dovrebbe essere respinta.[6] Stilisticamente la chiesa appartiene all'età Comnena (metà / seconda metà dell'XI secolo).[1][7] All'inizio del XIV secolo - nell'età paleologa - la chiesa subì piccoli cambiamenti architettonici e la sua decorazione ad affresco fu rinnovata.[1]

Età ottomana e turca

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La moschea vista da nord-est in un disegno del 1877, da Studi topografici bizantini di A.G. Paspates

Dopo la caduta di Costantinopoli in mano agli Ottomani nel 1453, tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo la chiesa fu trasformata in una piccola moschea (Mescid) da Toklu Ibrahim Dede, un ex soldato di Mehmed il Conquistatore,[8] il quale era il custode della vicina Türbe di Ebû Şeybet ül Hudrî, il quale, come il più famoso Abū Ayyūb al-Anṣārī (il portabandiera di Maometto), era un compagno del Profeta.[1] Entrambi morirono durante il primo assedio arabo di Costantinopoli e furono sepolti fuori delle mura di Eraclio. La türbe di Ebû Şeybet ül Hudrî è ora collocata nella cittadella tra le Mura di Eraclio e quelle di Leone l'Armeno.[9] Nel 1929 il proprietario dell'edificio lo demolì quasi completamente, lasciando in piedi solo il muro sud e l'abside. Con la demolizione i dipinti, la cui esistenza era nota dal 1890, tornarono alla luce. La prima rilevazione dei resti avvenne nel 1954.[1] Nel 2012 solo il muro sud era sopravvissuto, racchiuso in un nuovo edificio, e il nome della strada dove una volta si trovava ricorda il piccolo edificio.

L'edificio aveva una pianta rettangolare con lati esterni di 14,2 m per 6,7 m,[1] simile a quella della Chiesa di Chora, ma su scala ridotta.[10] Un'unica navata quadrata era sormontata da una volta a botte e coperta al centro da una cupola del diametro di circa 4 m.[7][10] Questa insisteva su archi sostenuti da pilastri angolari.[10] La navata era preceduta da un esonartece e terminava verso est con un bema e un'abside poligonale adornata internamente ed esternamente da nicchie poco profonde.[1][7][11] La muratura dell'edificio era costituita da serie di file di pietre bianche alternate a file di mattoni rossi. Il muro esterno era diviso da mezzi pilastri e lesene sormontate da archi.[7] La chiesa era decorata da affreschi del XIV secolo, tra cui immagini dei Santi Eleutero, Abercio, Policarpo, Spiridione, Procopio e Niceta, alcuni dei quali incorniciati in medaglioni. La volta a botte sopra l'altare era decorata da un affresco raffigurante la Nascita di Gesù.[1]

  1. ^ a b c d e f g h i j Müller-Wiener (1977), p. 206.
  2. ^ (EN) Archaeological Destructıon in Turkey, preliminary report (PDF), in Marmara Region – Byzantine, TAY Project, p. 29. URL consultato il 13 aprile 2012.
  3. ^ Janin (1953), Map of Constantinople.
  4. ^ Müller-Wiener (1977), p. 302.
  5. ^ Secondo Semavi Eyice l'edificio potrebbe essere identificato con la chiesa dei santi Priskos e Nikolaos, una fondazione del VI secolo. Eyice (1955), p. 66.
  6. ^ Janin (1953), p. 148.
  7. ^ a b c d Krautheimer (1986), p. 409.
  8. ^ Gülersoy (1976), p. 248.
  9. ^ (EN) Walls of Leo and Heraclius, su istanbulholidays.blogspot.com. URL consultato il 20 aprile 2012.
  10. ^ a b c Ousterhout (1987), p. 23.
  11. ^ Müller-Wiener (1977), p. 207.
  • (FR) Raymond Janin, La Géographie Ecclésiastique de l'Empire Byzantin. 1. Part: Le Siège de Constantinople et le Patriarcat Oecuménique. 3rd Vol. : Les Églises et les Monastères., Parigi, Institut Français d'Etudes Byzantines, 1953.
  • (FR) Semavi Eyice, Istanbul. Petite Guide a travers les Monuments Byzantins et Turcs, Istanbul, Istanbul Matbaası, 1955.
  • (EN) Çelik Gülersoy, A Guide to Istanbul, Istanbul, Istanbul Kitaplığı, 1976, OCLC 3849706.
  • (DE) Wolfgang Müller-Wiener, Bildlexikon zur Topographie Istanbuls: Byzantion, Konstantinupolis, Istanbul bis zum Beginn d. 17 Jh, Tübingen, Wasmuth, 1977, ISBN 978-3-8030-1022-3.
  • Richard Krautheimer, Architettura paleocristiana e bizantina, Torino, Einaudi, 1986, ISBN 88-06-59261-0.
  • (EN) Robert G. Ousterhout, The Architecture of the Kariye Camii in Istanbul, Washington D.C., Dumbarton Oaks, 1987, ISBN 0-88402-165-3.

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