Montalto (Rionero Sannitico)
Montalto frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Molise |
Provincia | Isernia |
Comune | Rionero Sannitico |
Territorio | |
Coordinate | 41°44′31.06″N 14°09′39.2″E |
Altitudine | 950 m s.l.m. |
Abitanti | 200 (2020) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 86087 |
Prefisso | 0865 |
Fuso orario | UTC+1 |
Cod. catastale | H308 |
Nome abitanti | montaltini |
Patrono | san Lorenzo |
Giorno festivo | 10 agosto |
Cartografia | |
Montalto è una frazione di Rionero Sannitico, provincia di Isernia, straßendorf sviluppatosi nel corso della seconda metà del XIX secolo con le prime abitazioni sorte ai margini del tratturo Lucera - Castel di Sangro. Il suo territorio è delimitato a nord dai rilievi di Castello e Bosco delle Rocche, a est dai rilievi di Bosco il Feudozzo, Serrette, Vado Setteporte e Frattozze, a ovest dai rilievi di La Montagnola, Costa Cavallo e La Caprara, mentre a sud si apre con pendenze piuttosto accentuate verso la valle del Torrente Vandrella, affluente del Torrente Vandra. Montalto è uno degli ultimi Comuni della regione Molise a confine con l’Abruzzo. La popolazione residente è ridotta a meno di 200 abitanti e si estende da ovest verso est lungo il tratturo Lucera-Castel di Sangro. Montalto si sviluppa alla base del versante carbonatico di Monte Castello (1161 m), 3,6 km verso nord dal centro abitato di Rionero Sannitico, collocandosi in un range altimetrico compreso tra m 920 e m 1.000 s.l.m. su una potente falda detritica costituita da depositi ghiaiosi, spessa da un minimo di m. 2 a un massimo di m. 29,5, che affiora estesamente in tutto il centro abitato e che a volte si presenta intensamente pedogenizzata. Montalto in passato faceva parte dell’Abruzzo Citeriore, gravitando anche linguisticamente sul bacino del Sangro piuttosto che su quello del Volturno.
Borgate
[modifica | modifica wikitesto]Montalto si divide nelle seguenti borgate:
- cuculon
- la cumbina (antico confine del feudo di Montalto con il territorio di Castel di Sangro)
- r' bucchiard
- la font (la Fontana di San Lorenzo al centro del tratturo e del paese)
- r' carbun
- r' quason (riferito al casone dei guardiani del feudo rustico)
- l'acquarbaron' (forse riferito ai Baroni Volpe antichi proprietari del feudo)
- r' tafaron' (forse derivato dalla Fara longobarda)
Le origini
[modifica | modifica wikitesto]Il villaggio medievale di Montem Altum doveva collocarsi con buone probabilità, a metà strada tra il Castello e il paese moderno, nella zona chiamata r' casarin, dove sono ancora visibili i resti di un edificio a pianta rettangolare, delle dimensioni di 12 x 8,50 mt che la tradizione locale chiama “Chiesa Vecchia”. I ruderi di altre murature sono ancora visibili nell’area pianeggiante che si sviluppa attorno all'edificio. Le ricognizioni in loco sono rese difficoltose per la presenza della fitta boscaglia che ricopre l’intera zona comprese le stesse murature. Il toponimo casarino molto probabilmente fa riferimento alle casaline, case distrutte e resti di un villaggio abbandonato. La presenza del Castello a poca distanza e in posizione difensiva rappresenta uno schema classico che ritroviamo anche in altre località con gli stessi toponimi di casarino o casaline. Nel dettaglio della pianta dell’ex feudo di Montalto del 1810 http://www.movio.beniculturali.it/ascb/leeccellenzedelmolise/getImage.php?id=205, la zona del Casarino viene descritta non a caso come Terra diruta. Nella carta si nota il disegno di un edificio all’interno dell’area boscosa che dovrebbe corrispondere proprio alla “Chiesa vecchia” e a breve distanza, sulla sommità prospiciente, sono disegnate le mura dell’antico Castello. Più in basso si nota il corso del Regio Tratturo con i classici tre termini in pietra riportanti l'incisione delle lettere RT (Regio Tratturo).
La localizzazione del villaggio medievale di Montem Altum nella località Casarino è avvalorata anche dal ritrovamento, da parte della gente del posto, di monete provenienti dalle zecche di Ancona (grosso angotano) di Ascoli (denaro picciolo), di Lucca (denaro enriciano) e di Napoli (denaro Giovanna I d’Angiò) collocabili tra il XIII e il XIV sec. Altri reperti che sono stati mostrati, riguardano cocci di ceramica con disegni e colori, utensili di uso quotidiano come un’ascia per la lavorazione del legno, una campanella, una forbice, una lama di coltello, un piccolo uncino per i lavori con la lana, una punta di lancia e una punta di freccia piramidale per balestra. (Tito Frate)
Fortificazione in località Penna
"La fortificazione si trova a m 900 a nord-ovest dalla piazza San Lorenzo di Montalto, su un’altura che raggiunge la quota di m 1.120 s.l.m. e incombe sul percorso del Tratturo Lucera - Castel di Sangro, distante circa m 330. Il rilievo domina la vallata del Torrente Vandrella ed è in connessione visiva con altre fortificazioni sannitiche dell’area. Il circuito murario ha forma semicircolare e cinge i lati occidentale, settentrionale ed orientale del rilievo, che a sud presenta invece un’erta parete rocciosa a strapiombo. I tratti meglio conservati raggiungono i m 2 di altezza e si individuano presso le estremità orientali e occidentali del circuito. La probabile porta di accesso alla fortificazione si individua a nord-ovest del circuito e ha un’apertura di circa m 1,5. I blocchi calcarei sono di grandi dimensioni (raggiungono anche m 1,6 di lunghezza), sono solo parzialmente sbozzati, di forma irregolare o parallelepipeda. Gli strati di crollo rendono visibile solo il paramento esterno delle mura che, come solitamente avviene per queste strutture, avevano alle loro spalle un terrazzamento artificiale in grado di garantire una posizione di vantaggio ai difensori. Gli accumuli di pietrame dovuto al disgregamento dei blocchi non consentono di riconoscere lo spessore delle mura, che tuttavia sembra aggirarsi intorno ai 3 metri. La struttura si sviluppa a un livello di poco inferiore rispetto alla sommità rocciosa del rilievo, con un andamento altimetrico piuttosto costante lungo tutto il suo percorso, mantenendo una quota che varia dai m 1.117 ai m 1.108 s.l.m. A pochi metri dall’estremità occidentale del circuito murario i ruderi di una struttura in pietra di modeste dimensioni si addossano al paramento esterno delle mura. Si tratta probabilmente di un’abitazione moderna di contadini o pastori. L’accesso alla fortificazione non è direttamente collegato ad un percorso antico chiaramente riconoscibile, ma è probabile che esso seguisse la direttrice di una mulattiera che con direzione nord-est/sud-ovest discendeva lungo il declivio sud-occidentale del rilievo per raggiungere velocemente il percorso del sottostante tratturo. L’area racchiusa dalle mura e quella immediatamente esterna sono caratterizzate da una fitta presenza di affioramenti rocciosi che rendono il luogo non adatto all’insediamento stabile. In quest’area la ricognizione di superficie è fortemente condizionata dalla copertura boschiva e da quella fogliare del terreno. Per questo motivo non è stato possibile riconoscere l’eventuale presenza di frammenti fittili o di altro materiale". (Testo tratto da: Bruno Sardella - Michele Fasolo - Tito Frate, «Fortificazioni e controllo del territorio in un’area strategica del Molise nord-occidentale: il territorio di Montalto (Rionero Sannitico, IS)» | Michele Fasolo and Bruno Sardella - Academia.edu)
Fortificazione in località Bosco delle Rocche-Cimitero
"La già nota fortificazione sannitica viene identificata in letteratura con il toponimo di un’altra altura posta a 800 metri a nord di Montalto (m 1.161,7 s.l.m.) convenzionalmente indicata col nome di Castello. In realtà i resti della cinta muraria sono visibili in località Bosco delle Rocche-Cimitero (il toponimo Cimitero, ricorda la "Cimetra" citata da Tito Livio nel Libro X - Ab Urbe Condida), a circa m. 500 a nord-est dalla citata località Castello, m. 500 a sud-ovest dall’altura di Monte Pagano. Nel corso dello studio è stato possibile aggiornare la pianta delle mura di questa fortificazione, realizzata e pubblicata in passato dal Mattiocco, e riportarla su cartografia CTR al 5.000.
La fortificazione si dispone su due modeste sommità contigue, una più a ovest che raggiunge un’altezza di m 1.196, l’altra ad est con un’altezza di m 1.192, separate tra loro da una sella poco marcata. Le due cime sono inglobate all’interno del circuito murario da un tratto di mura che corre con andamento leggermente curvilineo in direzione est-ovest ad una quota di poco inferiore rispetto alle sommità. Presso la sommità orientale il muro flette a gomito per discendere con una curva ad ampio raggio lungo il pendio meridionale e risalire in quota verso occidente fino a chiudere un’area di circa 8.500 metri quadrati. Lungo tutto il versante meridionale del rilievo sono riconoscibili pochi tratti murari ancora affioranti e in cattivo stato di conservazione a causa dei crolli e degli interri. La fitta vegetazione boschiva limita molto l’efficacia delle ricognizioni nell’area. In molti tratti si riconosce solo l’innaturale dislivello del terreno dovuto alla presenza delle mura interrate e del terrapieno. Per un lungo tratto a ovest il percorso delle mura è invece quasi del tutto irriconoscibile. Lungo il lato sud-occidentale del circuito si apre quello che sembra essere l’unico accesso all’area recintata.
La porta, con un vano di circa 3 metri di larghezza, è formata dallo sdoppiamento della linea del muro, così che tipologicamente può ascriversi al gruppo delle porte a baionetta. Va inoltre segnalato un blocco posizionato sulla destra entrando nel vano della porta, che presenta sulla faccia superiore un incavo levigato circolare di circa cm 10 di diametro e profondo poco meno, la cui funzione potrebbe essere probabilmente connessa col dispositivo di chiusura della porta stessa. La tecnica costruttiva anche in questo caso è rappresentata da grossi blocchi sovrapposti appena sbozzati sulla facciavista, col risultato di una statica piuttosto precaria che giustifica le frequenti ed estese situazioni di crollo riscontrabili lungo gran parte del perimetro murario, ormai, salvo brevi tratti, quasi ovunque ridotto ai pochi filari di base o ad ammassi informi di pietrame. Le due sommità del rilievo sono caratterizzate in alcuni punti da affioramenti rocciosi poco estesi, mentre la sella che le separa rappresenta un luogo più adatto all’insediamento. All’interno del circuito il terreno è coperto da copertura fogliare e dalla vegetazione che limitano la visibilità. Tuttavia sulla sommità orientale e lungo il suo declivio, laddove le talpe hanno scavato le loro gallerie riportando terra in superficie o nei punti in cui le acque meteoriche hanno messo a nudo il terreno superficiale, si nota una dispersione di materiali fittili a bassa concentrazione tra cui si rinvengono pochi frammenti di ceramica comune e di ceramica a bande rosse da associare probabilmente a una frequentazione in età medioevale dell’altura. Dalla porta di accesso al circuito si diparte un sentiero che si dirige in direzione est verso quello che potrebbe essere un antico percorso, la cui direttrice è oggi ripresa dalla Strada Comunale Monte Pagano. Questo percorso si distacca dal tratturo in corrispondenza del borgo di Montalto e si dirige a nord, in direzione di Monte Pagano, risalendo lungo la Valle S. Croce e superando il Malpasso per proseguire ancora verso nord per incrociare, tra le località Nido del Corvo e La Costa, un antico tratturello che collegava l’area di Castel di Sangro e la Valle del Sangro al tratturo Celano-Foggia e a San Pietro Avellana e proseguire verso Capracotta (IS). L’antica origine di questa strada è confermata dall’esistenza di due luoghi di culto lungo il suo percorso, il primo in località Fonte Maiure, il secondo in località San Benedetto Canali in territorio di San Pietro Avellana.
Non è da escludere che dal territorio di Montalto possa provenire anche un’iscrizione osca conservata nel Museo Nazionale di Napoli e rinvenuta nella prima metà del XIX secolo, pubblicata per la prima volta da R. Guarini nel 1831, in cui compare un “Pacio Decio figlio di Pacio” che fece realizzare un’opera a proprie spese. Il tipo di ritrovamento ed il testo dell’iscrizione sono sufficienti per attribuire il documento ad un contesto cultuale. La provenienza dell’iscrizione viene genericamente attribuita alla zona compresa tra Forli del Sannio e Rionero Sannitico, ma il De Benedittis propone proprio la zona di Montalto. (Testo tratto da: Bruno Sardella - Michele Fasolo - Tito Frate, «Fortificazioni e controllo del territorio in un’area strategica del Molise nord-occidentale: il territorio di Montalto (Rionero Sannitico, IS)» | Michele Fasolo and Bruno Sardella - Academia.edu)
Circostanze storiche relative al feudo di Montalto
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la conquista normanna nell'Italia meridionale si formò la signoria bannale, basata sul possesso e sul controllo del territorio. Più il feudo era distante dalla capitale del regno tanto più il feudatario si sentiva indipendente. La signoria normanna dei Borrello fu caratterizzata infatti da una forte anarchia nei confronti del potere centrale detenuto a Palermo.
Secondo il catalogus baronum i feudatari dell'epoca, in cambio dell'autorità ricevuta dovevano fornire al Re uomini armati, a piedi o a cavallo, (servientes e milites) in proporzione al valore del feudo e alla sua consistenza demografica, oltre ai versamenti fiscali. In genere i feudatari fornivano un milites ogni 24 fuochi o famiglie composte mediamente da 5 componenti.
Il catalogus baronus era finalizzato alla creazione di un grande esercito normanno, dagli Abruzzi alla Sicilia, con lo scopo di fornire armati per le Crociate e per contrastare la minaccia dei Bizantini e dei Germanici. Montalto all'epoca dei normanni si chiamava Montem Altum e Rionero Sannitico era denominato Rigo Nigro. La consistenza demografica di Montalto si aggirava intorno ai 100 abitanti, quella di Rionero intorno ai 200. Da segnalare anche il feudo di Castilionis l'odierna Castiglione frazione di Rionero che allora contava circa 200 abitanti. Montem altum non coincideva con l'attuale paese ma doveva trovarsi poco più in alto nella zona chiamata casarino (vedi sopra) dove sono ancora visibili i resti di un antico edificio.
Nel 1002 il feudo, ribattezzato Terra Burrelliensis, fu concesso a Borrello I dai principi di Benevento e negli successivi i suoi figli, Giovanni, Oderisio II, Randusio e Borrello II ingrandirono il feudo di Trivento con la conquista dei territori limitrofi. Quella dei Borrello fu una grande Signoria feudale, tra le più durature d'Abruzzo. Pur facendo parte del Principato di Benevento i Borrello agirono sempre nella più assoluta indipendenza.
Un secolo dopo la concessione del feudo, però, i Borrello diventarono vassalli e la loro terra fu annessa alla Contea di Molise, della quale fece parte dal 1105 al 1134. Cinque anni dopo fu conquistata da Ruggero II, che annettendola al Regno di Sicilia ne scorporò il sud, che confluì nella Terra del Lavoro, mentre il nord dell'antica Terra Burrelliensis restò nel territorio della Contea di Sangro.
Il tenimento di Montalto in origine era abitato, poi per avvenimenti ignoti, divenne disabitato e durante la sua disabitazione fu detto, impropriamente, feudo rustico. Sulle circostanze della disabitazione del feudo di Montalto è possibile avanzare l'ipotesi della totale distruzione dell'abitato localizzato sull'altura chiamata Castello e nella zona limitrofa del casarino. La causa di questa distruzione potrebbe essere imputata al terribile terremoto del 1349. Dopo questo terremoto, uno dei più violenti che si sia registrato storicamente in Italia, la tendenza fu quella al decastellamento con l'abbandono dei siti fortificati in altura e la concentrazione della popolazione nei centri maggiori della pianura. Montalto, negli anni successivi al distruttivo terremoto del 1349, dovrebbe aver subito questo genere di processo, con l'abbandono definitivo del sito fortificato del Castello e la conseguente disabitazione e trasformazione in feudo rustico.
"Mons Altus compare nei Registri della Cancelleria Angioina per l’anno 1271. Diotiguardi d’Alatri nipote di Gottifredo Cardinal d’Alatri possedeva Cerro, Acquaviva, Montalto e Opina (La Spina), che molti anni innanzi gli erano state concesse da Papa Alessandro IV e da Federico II. Nel 1317, Iacovella di Ceccano, moglie in seconde nozze di Roberto d'Isernia, risulta proprietaria dei feudi di Montalto, Cerro ed Acquaviva, siti nel territorio dell’Abazia di San Vincenzo. Poi in un documento riferito all’anno 1280 che restituisce un lungo elenco delle comunità comprese nel Giustizierato di Terra di Lavoro e nel Contado di Molise tassate per le paghe delle milizie. Infine nel 1276-1277 in epoca angioina, sotto il regno di Carlo I, Mons Altus compare nei registri delle comunità soggette a tassazione comprese nella Terra di Lavoro e Comitato di Molise. Nel XIV secolo la località è menzionata nelle Rationes Decimarum riguardanti la Diocesi di Trivento a cui appartiene. Mons Altus versa IX tarì per la decima dell’anno 1309, e XIII tarì nel 1328. Tuttavia già alla metà del secolo successivo Montalto appare ormai un insediamento abbandonato. Nel 1448 infatti il Re Alfonso I dal suo accampamento di Alberese, concede il regio assenso all’acquisto della terza parte del castello di Montalto, disabitato e diruto, da parte di Nicola di Muzio e Cristoforo di Montalto da Francesco Alfonso dello Burgo, avvenuto con istrumento del notaio Marino d’Angelo (REGISTRI-PRIVILEGI-ALFONSO-I.pdf (accademiapontaniana.it). La prima testimonianza cartografica di Montalto si ha nella cartina disegnata da Ignazio Danti e situata nella galleria delle carte geografiche dei Palazzi Vaticani. Nella mappa si vede Montalto (M. Alto) e a distanza ravvicinata Castel di Sangro. La cartina è stata disegnata da Ignazio Danti tra il 1580 e il 1585.
Nell’Atlante della Reintegra tratturale del Capecelatro del 1651 non è presente il nucleo abitato di Montalto ma solamente due elementi, la Fontana di San Lorenzo, nel centro del paese ed alcune “vestigia di fabbrica rustica” distante 90 passi napoletani.
Partendo da est, il feudo di Montalto principiava in corrispondenza di una grossa pietra fissa con una croce scolpita. Nella descrizione riportata nell'Atlante del Capecelatro si legge testualmente: "In un luogo detto Pesco Lantera finisce il feudo detto Falascuso e si entra in quello di Mont'Alto del Mag.co Giulio Petra di Castel di Sangro, dov'è un titolo di pietra, accanto alla strada della banda sinistra, con una Croce fatta ad un sasso, lo quale si lassa per parti diece dal solco sinistro".
Per provare ad avere un’idea dell’estensione del feudo forse già in epoca medievale, possiamo fare riferimento ad una mappa demaniale allegata a un “rapporto di perizia in data 29 giugno 1834” firmato dagli agrimensori Giuseppe Di Cesare, Nicola Sabelli e Nicola Maria Pietravalle. Il feudo di Montalto risultava delimitato a sud dal corso del Torrente Vandrella, ad est dal crinale che separa il torrente Santa Croce dal torrente Vandra, a nord dalle cime di Monte Pagano e dal Bosco delle Rocche, ad ovest dalla Piana di San Rocco e da Bocca di Forli. Difficile risalire ad assetti più antichi. Certamente il confine lungo il corso della Vandra Vandrella e a settentrione sullo spartiacque o lungo il corso del Sangro trova riscontri nel X secolo. Secondo il precetto ottoniano del 5 dicembre con cui l’imperatore Ottone II a richiesta dell’abate San Vincenzo al Volturno, Giovanni III, nell’ottobre del 981, nel centenario del sacco saraceno restituì i beni usurpati dopo l’invasione saracena, la Vandra/Vandrella costituiva il limite est della Terra Sancti Vincentii dalle terre probabilmente sottoposte in tutto o in parte alla giurisdizione del conte di Isernia, Landolfo Greco. Quello che sarà poi il feudo di Montalto nello stesso periodo doveva confinare con la Terra Sancti Vincentii anche a settentrione. Il blocco fondiario dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno si estendeva infatti, come indica il preceptum de Sora et valle Sorana et Valva, anche nella Media Val di Sangro con una continuità territoriale con l’alta valle del Volturno sino alla grancia di Santa Maria di Cinquemiglia, sulle rive del Sangro poco più a valle dalla confluenza della Zittola". Testo tratto da: (Bruno Sardella - Michele Fasolo - Tito Frate, «Fortificazioni e controllo del territorio in un’area strategica del Molise nord-occidentale: il territorio di Montalto (Rionero Sannitico, IS)» | Michele Fasolo and Bruno Sardella - Academia.edu)
Il feudo di Montalto nel 1626 apparteneva per sei none parti ai fratelli Donatantonio ed Attanasio Volpe, per due parti all'Università di Castel di Sangro e per una nona parte alle Cappelle del Santissimo di quel Comune. Nello stesso anno l'Università di Castel di Sangro cedette in solutum ai fratelli Volpe, con facoltà di ricompra, le sue due none parti per ducati 681; e successivamente, cioè nel 1654, il Barone Ottavio Volpe, erede di Donatantonio ed Attanasio, trovandosi in condizioni economiche disagiate, vendette tutto il feudo a Donato Donatiello delle Cappelle di Rivisondoli per ducati 6060. Allo strumento dell'acquisto Donato Donatiello volle che vi fosse apposta una garanzia di ducati 2465 per sua cautela in caso di evizione del feudo di Montalto. Ottavio Volpe mori nel mese di giugno del 1657.
All'inizio del secolo XVIII fra le dette Cappelle di Rivisondoli, D. Alfonso Carafa duca di Montenero (ex Barone di Rionero) ed i cittadini dello stesso Comune sorse lite innanzi alla R. Camera, chiedendosi alle Cappelle che i cittadini e coloni di Rionero, costituitisi nel limitrofo feudo di Montalto, dopo di aver raccolto le vettovaglie, fossero condannati a lasciarlo libero. La R. camera accolse la domanda e commise la esecuzione dei suoi ordini alla Corte di Rivisondoli. Ma i cittadini suddetti ne reclamarono al Sacro R. Consiglio, deducendo che essi, non potevano essere espulsi da Montalto, perché da tempo immemorabile erano nel possesso di pascere, acquare, pernottare e coltivare i terreni del feudo col pagamento del terraggio per la coltura e di un'annua prestazione alle Cappelle per tutti gli altri diritti.
Per transigere la lite, con istrumento del 14 maggio 1737 per notar Nicola Manna di Foggia, la Cappelle concessero al Duca ed ai cittadini di Rionero, insieme con altri diritti, anche "la facoltà di poter seminare e coltivare (nel feudo) in ciascun anno, a cominciare dall'anno 1737, tomola seu moggia 500 di detto feudo, ad elezione di detto sig. Duca, mediante l'annua prestazione di Ducati sessanta" e di tenere in Montalto, per tutto l'anno, venti buoi per la coltura e la raccolta delle vettovaglie col diritto di "acquare, pascolare e pernottare senza veruna corrisposta"
Con detta convenzione si stabilì pure che nel cesire o sboscare il territorio concesso in colonia i cittadini non dovevano tagliare, bruciare o danneggiare gli alberi fruttiferi esistenti nel feudo; e si dichiarò che, per effetto della concessione, il duca ed i cittadini di Rionero dovevano rinunciare ad ogni altra ragione ed azione, che avessero potuto vantare sul feudo. L'istrumento fu ratificato dalle parti con altro atto del 17 giugno 1737 per notar Liberatore di Castel di Sangro, atto che poi (com'è pacifico) fu munito di Regio Assenso.
Nel 1737 l'Università di Castel di Sangro, volendo esercitare il suo diritto di riscatto per le due none parti del feudo vendute ai signori Volpe, convenne in giudizio le Cappelle, le quali con decisione del S.R. Consiglio del giugno del 1770, furono condannate a rilasciargliele. Nelle due none parti riscattate dalla detta università capitarono 92 moggia, che facevano parte delle 500 moggia concesse dalle Cappelle a colonia perpetua al Duca Carafa ed ai cittadini di Rionero; ma a Castel di Sangro fu assegnato solo il corrispondente reddito, mentre ai cittadini fu lasciato il possesso delle terre.
Nella cartografia dei primi anni del sec. XIX, Montalto risulta ancora disabitata. Gli unici elementi presenti in una pianta del 1810 sono: la fonte di San Lorenzo, una prima masseria nelle sue immediate vicinanze (Casone dei Guardiani), un secondo casone situato vicino alla Masseria della Volpe e alla Fonte della "Capracotta". in località Pratella troviamo disegnate nella stessa mappa del 1810, il casone del SS di Rivisondoli, la padula e la Fonte di Pratella. Da notare come i termini tratturali evidenziati con le classiche lettere RT siano riportati su tutto il tratturo, uno a destra, un al centro e uno a sinistra del tracciato.
Possiamo affermare con una certa precisione che i primi insediamenti abitativi dell'odierna Montalto, risalgono intorno alla metà del sec. XIX, quando i nuovi coloni lasciarono le borgate di Castiglioni, Vigne, Collefava e iniziarono a costruire case, lungo il tratturo Lucera Castel di Sangro. I cognomi di queste persone erano: Frate, Di Franco, Panzera, Ferrante, Crapetta.
Nasce così l'odierna Montalto intorno al 1850 e nel contempo vanno avanti le vicissitudini sulla proprietà dell'ex feudo tra le Cappelle di Rivisondoli, il comune di Castel di Sangro e quello di Rionero.
Con atto per notar Rugiero del 9 settembre 1924 le Cappelle di Rivisondoli vendettero la parte del Feudo di Montalto, da esse posseduta, al Sig. Aurelio Marchionna; e costui, credendo di esserne diventato padrone assoluto, cominciò ad ostacolare i diritti delle due popolazioni, tentando a più riprese d'impedire o di restringere gli usi ad esse spettanti sul feudo. Seguirono le richieste del Marchionna e del Comune per la liquidazione degli usi civici, la decisione del commissario regionale di Napoli, della Corte d'appello di Roma e della Cassazione. La suprema corte di cassazione con sentenza dell'11 maggio – 7 aprile 1933 riconobbe gli usi civici quesiti a favore degli abitanti di Rionero sul feudo di Montalto, detti usi furono pertanto soggetti a liquidazione secondo le norme eversive della feudalità.
La suprema corte di cassazione riconobbe anche gli usi civici originari e naturali a favore della popolazione di Montalto: “Con il terzo motivo del ricorso si censura la sentenza precedente emessa dalla corte d'appello di Roma, per aver ritenuto che anche gli usi civici originari pretesi dagli abitanti di Montalto fossero stati contemplati nella stipulazione della convenzione del maggio 1737. Con quell'atto i cittadini di Rionero rinunciavano ad ogni ragione ed azione che potesse loro competere sul feudo di Montalto. I cittadini di rionero pertanto non avevano alcun diritto originario sul feudo di Montalto, diritti che invece appartenevano agli abitanti di Montalto in qualità di componenti di quel piccolo nucleo di individui che costituì la frazione Montalto. Ora ammessi gli usi civici originari e naturali a favore della popolazione di Montalto sul feudo omonimo, essi non possono essere che quelli designati nell'art. 12 delle istruzioni del 10 marzo 1810, quelli cioè di pascere, acquare, pernottare, coltivare, con una corrisposta al padrone, legnare per lo stretto uso del fuoco, degli istrumenti rurali e degli edifici, cavar pietre o fossili di prima necessità, occupare suolo per abitazioni.
Gli esposti principi sono stati costantemente professati dalla giurisprudenza, dalla dottrina e dalle disposizioni legislative. In vero la massima sesta della Commissione feudale, approvata con Sovrano Rescritto del 19 settembre 1815, insegna: “tutti i feudi, tranne le difese costituite secondo le leggi del Regno, sono soggetti agli usi civici. Questa proposizione deriva dal diritto nativo, che in ogni popolazione ogni uomo ha alla propria esistenza. Questo diritto si esercita direttamente sulla terra prima proprietà dell'uomo e prima sorgente della sussistenza, nonché delle ricchezze nazionali. Questo diritto fu rispettato dalle antiche leggi feudali, che vietarono costantemente la formazione di nuove difese per non privare degli usi le popolazioni”. (Rescritto 18 settembre 1815 e rapporto della Commissione demaniale al Ministero dell'Interno).
CRONOLOGIA STORICA DEL FEUDO DI MONT'ALTO
Nel 1271, Diotiguardi d’Alatri nipote di Gottifredo Cardinal d’Alatri possedeva Cerro, Acquaviva, Montalto e Opina (La Spina), che molti anni innanzi gli erano state concesse da Papa Alessandro IV e da Federico II.
Nell’anno 1309 Mons Altus, paga la decima alla Diocesi di Trivento e risulta tassato per 9 tarì mentre nell’anno 1328 lo è per 13 tarì.
Nel 1317, Iacovella di Ceccano, moglie in seconde nozze di Roberto d'Isernia, risulta proprietaria dei feudi di Montalto, Cerro ed Acquaviva, siti nel territorio dell’Abazia di San Vincenzo.
Nel 1310, Giacomo Cantelmo succede al padre Rostaino e qualche anno più tardi prende in moglie Filippa di Reale unica figlia di Bertrando di Reale. Filippa porterà in dote alla casata dei Cantelmo diversi feudi tra i quali: Acquaviva, Cerro e Montalto.
Anni 1343-44, dalla cedula generalis subventionis impositae et taxatae apprendiamo che Montalto risulta così tassato: “Montaltus uncie octo; tarini duo, grana quinque”. Secondo il sistema tributario dell’epoca angioina (Capitolo di Re Roberto: “Fiscalium functionum”) l’ammontare della somma dovuta per collette in tutto il Regno era diviso proporzionalmente per Provincia, ed in ciascuna Provincia per Università, in proporzione del numero di fuochi, ripartendosi in ultimo la tassa fra i cittadini di ciascuna università sopra i beni allodiali (non soggetti a vincolo feudale).
Nel 1407 Berlingieri fa testamento, poco dopo a lui successe Giacomo secondo Conte di Arce che essendo ancora bambino venne assistito dallo zio Iacopo Caldora al fine di non impedire i negozi del real patrimonio ereditato.
Il 31 ottobre 1417 Giacomo divenne maggiorenne e prese il pieno possesso dei feudi ereditati tra i quali figurano ancora Acquaviva, Cerro e Montalto. Qualche anno dopo Giacomo Cantelmo vende il feudo di Montalto a Giovanni del Borgo.
Nell’anno 1422, Giacomo e Raimondo di Caldora che tenevano le parti dell'Angioino occuparono le seguenti città e terre del reame. In Terra di Lavoro e nel Contado di Molise, Atina, Belmonte suo casale, Rocchetta di Malacocchiara, Rocca Albana disabitata, Cerro, Acquaviva, Spina, Montalto, Collestefano, Malacocchiara, Macchiagodena, Cerasola, Gambararo, Montenegro di Sangro. In Abruzzo, Pescocostanzo, Forca di Palena, Rocca de Pizzi disabitata, Archi, Bomba, Colledimezzo, Casalciprano, Bulino, Archiano, Canzano, Pacentro, Rocchetta di Paceniro, Civitaluparella, Montenegro de homine, Fallo, Quatri, Pizzoferrato, Pili, Rosello, Civitaborrella, Pescopignataro, S. Angelo, Croce disabitata.
1420-1532 in questo secolo il feudo di Montalto appartiene per una certa parte alla famiglia Petra di Castel di Sangro, si tratta quasi sicuramente della parte denominata “Quarto di Montalto o delle Rocche”.
Il 20 aprile 1448, nell’accampamento regio presso Alberese, Alfonso I concede il regio assenso all’acquisto della terza parte del Castello di Montalto, disabitato e diruto, da parte di Nicola di Muzio e Cristoforo di Montalto da Francesco Alfonso del Burgo, avvenuto con istrumento del notaio Marino d’Angelo.
Il 13 marzo 1453, il Re Alfonso I d'Aragona, con suo Privilegio dato a Foggia, confermò a Nicolò Giovanni Petra i suoi Castelli di Collealto e di Montealto.
Nel 1520, Francesco del Burgo di Castel di Sangro per il relevio della quarta parte di Montalto (feudo disabitato) alla morte del padre Antonio de Burgo. Pochi anni dopo, la famiglia dei nobili Petra acquistò da Messere Francesco del Burgo di Castel di Sangro il Feudo di Montalto o una parte di esso come più probabile, con regio assenso del 1532. Donato Antonio Petra primogenito di Balduino già Signore del limitrofo feudo di Collalto diventa così anche signore del Feudo di Montalto. Nell'anno 1556 alla morte di Donato Antonio, il castello di Montalto viene ereditato dal figlio primogenito Geronimo.
In un’epigrafe posta sul portone d'ingresso del Castello di Vastogirardi è possibile leggere la seguente scritta al rigo 12: "CASTRI SANGRI, BRIONDAE, CANNAVINI, COLLIS ALTI, MONTIS ALTI...". Carlo Petra ed altri importanti suoi familiari, fissando al 1272 l’origine della loro nobiltà, fanno sapere con questa epigrafe, di aver restaurato nel 1691 le loro case ed il loro palazzo baronale in Vastogirardi evidenziando i possedimenti storici della loro famiglia.
1536-1540 - Donato de Mutio e gli eredi di Adriano Carafa sono tassati per 24 ducati per i feudi di Senella, cinque noni del Castello di Montalto e del Castello di San Nicola di Ruffolo. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1553-1557 - Magnifico Giovanni Geronimo Petra di Castel di Sangro, figlio ed erede di Donato Antonio Petra, per il relevio del Feudo di Coll'Alto sito nellapProvincia d'Abruzzo Citra e per la nona parte del Feudo nominato Monte Alto nella stessa provincia. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1554 - 1555 - Francesco Minotta e Donato Vincenzo Minotta figli del quondam Ioanni Battista et Vincenso Scongiafurno figlio del quondam Ioanni per li relevij delli feudi di Schinaforte et certa parte del feudo di Monte Alto. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1557-1558 - Magnifico Donato Antonio Petra de Castello di Sanguino, per compra fatta dal magnifico Francesco de Burgo d'una parte delle doje che detto Francesco possede delle nove parte del feudo nominato de Monte Alto et nel castello di Sanguino, et tassati cioè detto Donato in tarì 1 grana 32 et detto Francesco in ducati 1 et grana 1 1/4. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1592-1593 - Magnifico Geronimo Petra Barone della Rocchetta et feudi di Coll'Alto e Mont'alto non sia molestato per li frutti nelle gabelle. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1601 - Laurentia del Burgo di Castello de Sangro possede un quarto del feudo di Mont'Alto detto de lo Burgo, immunità delle gabelle. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1603-1604 - Angela de Mostis (Angelo de Massa?), possessore della sesta parte del Feudo di Monte Alto sito in Castello di Sangro et al'altre due terze parti sono di Gioseppe e Giovanni Geronimo Petra. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1603 - 1604 - Gioseppe Petra di Castello di Sangro, possessore di nove parti del feudo di Monte Alto e due parti ne possedeno Gioseppe Carissimo et Angelo de Massa, per la vendita et pascoli d'erba d'esso. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
1609 - Dottor Donato Antonio Volpe et altri possessori di diece parti del feudo rustico nominato Mont'Alto, per loro pasci pascolo. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
Nel 1618 il Dottore Antonio o Donatantonio Volpe possiede un feudo rustico nominato Mont'Alto in Abruzzo Citeriore attraversato dal tratturo con il pagamento dalla Regia Dogana delle percore. (Regia Camera della Sommaria - Archivio di Stato di Napoli).
testo a cura di Tito Frate - ultima modifica 13.01.2023)
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