Metis (astronomia)
Metis (Giove XVI) | |
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L'immagine della sonda Voyager 1 del 4 marzo 1979 che ha portato alla scoperta di Metis, che appare come un piccolo puntino che si staglia contro lo sfondo formato dalle nubi di Giove. | |
Satellite di | Giove |
Scoperta | 4 marzo 1979 |
Scopritori | Stephen Synnott |
Parametri orbitali | |
(all'epoca J2000) | |
Semiasse maggiore | 127691 km |
Perigiovio | 127540 km |
Apogiovio | 127840 km |
Circonf. orbitale | 802300 km |
Periodo orbitale | 0,294780 giorni (7 ore 4' 29") |
Velocità orbitale | |
Inclinazione orbitale | 2,22° |
Inclinazione rispetto all'equat. di Giove | 0,00° |
Eccentricità | 0,0012 |
Dati fisici | |
Diametro medio | 43 km |
Superficie | ~5,8×109 m² |
Volume | ~4,16×1013 m³ |
Massa | 1,2×1017 kg
|
Densità media | 3,0×103 kg/m³ |
Acceleraz. di gravità in superficie | 0,016 m/s² (0,002 g) |
Velocità di fuga | 27 m/s |
Periodo di rotazione | Rotazione sincrona |
Velocità di rotazione (all'equatore) | 5,3 m/s |
Inclinazione assiale | nulla |
Temperatura superficiale | |
Pressione atm. | nulla |
Albedo | 0,06 |
Metis, o Metide (Μῆτις in lingua greca) o Giove XVI, è il più interno fra i satelliti naturali di Giove. Appartiene al gruppo di Amaltea, che si compone di quattro piccoli satelliti interni del pianeta.
Scoperta
[modifica | modifica wikitesto]La scoperta di Metis risale al 4 marzo 1979 quando fu individuato grazie alle immagini inviate alla Terra dalla sonda spaziale statunitense Voyager 1 e ricevette la designazione provvisoria S/1979 J3.[1][2] Nel 1983 l'IAU gli assegnò la denominazione ufficiale con il nome della titanide Meti, prima moglie di Zeus e madre di Atena secondo la mitologia greca.[3]
Nelle immagini riprese da Voyager 1, Metis appariva soltanto come un piccolo puntino che si stagliava contro lo sfondo formato dalle nubi di Giove; le conoscenze sulla sua superficie erano pertanto moto limitate. Ulteriori osservazioni effettuate dalla sonda Galileo tra l'inizio del 1996 e il settembre 2003 permisero una riproduzione della sua intera superficie e fornire alcune indicazioni sulla sua composizione.[4]
È possibile che anche la sonda spaziale Juno, lanciata nel 2016 e dotata della fotocamera JunoCam, possa riprendere qualche nuova immagine di Metis e Adrastea.[5]
Caratteristiche fisiche
[modifica | modifica wikitesto]Metis è in rotazione sincrona con Giove e la sua forma è fortemente asimmetrica; il diametro maggiore è quasi il doppio del minore. Assieme a Adrastea sono gli unici due satelliti di Giove che orbitano attorno al pianeta in meno di un giorno gioviano.
La forma di Metis è fortemente irregolare; le sue dimensioni di 60 × 40 × 34 km lo rendono il secondo più piccolo dei quattro satelliti interni di Giove.[4] Una stima approssimativa della sua superficie dovrebbe essere compresa tra 5.800 e 11.600 km2. La sua composizione e la massa non sono note, ma assumendo una densità di (~0.86 g/cm³),[6] simile a quella di Amaltea, ne risulterebbe una massa di ~3.6×1016 kg. Questa densità implica che il corpo è composto di ghiaccio d'acqua con una porosità del 10–15%.[6]
La superficie di Metis è fortemente craterizzata e appare di colore scuro tendente al rosso. C'è una notevole asimmetria tra l'emisfero rivolto verso il pianeta e quello opposto; il primo è 1,3 volte più luminoso del secondo. L'asimmetria potrebbe essere collegata alla maggiore velocità e frequenza degli impatti sulla faccia rivolta verso il pianeta, che scavano un materiale più chiaro (probabilmente ghiaccio) dall'interno del satellite.[7]
Parametri orbitali
[modifica | modifica wikitesto]Metis è il più interno dei quattro piccoli satelliti interni di Giove. Orbita attorno al pianeta a una distanza media di ~128,000 km (1,79 volte il raggio di Giove), all'interno dell'anello principale. L'orbita è caratterizzata da una piccola eccentricità (~0,0002) e una bassa inclinazione (~ 0,06°) relativa al piano equatoriale di Giove.[8][9]
A causa della risonanza orbitale, Metis è in rotazione sincrona con il suo periodo orbitale (circa 7 ore), e il suo asse maggiore è orientato in direzione di Giove.[4][9] Metis è il più veloce tra i satelliti di Giove; la sua velocità è stata calcolata in 31,5 km/s. Giove eclissa Metis per 68 minuti di ogni giorno del satellite.
Metis è situato all'interno dell'anello principale di Giove e probabilmente costituisce la fonte principale del materiale che lo compone. Analogamente a quanto si verifica per Adrastea, la distanza del satellite dal pianeta è minore del raggio dell'orbita sincrona; l'effetto delle forze mareali sta quindi provocando un graduale ed inesorabile decadimento della sua orbita.
Se la sua densità è simile a quella di Amaltea, l'orbita potrebbe trovarsi in prossimità del limite di Roche, che per Giove si aggira intorno ai 170.000 km. Il fatto che il satellite non è ancora stato disgregato, implica che il limite non è ancora stato raggiunto.[9]
Relazione con gli anelli di Giove
[modifica | modifica wikitesto]L'orbita di Metis si colloca ~1.000 km all'interno dell'anello principale di Giove. Il satellite si muove entro una divisione larga ~500 km.[9][10]
C'è una chiara correlazione tra la divisione nell'anello e il satellite, anche se l'origine non è ancora stata chiarita. Metis è una fonte importante della polvere dell'anello principale.[11] Il materiale consiste principalmente di sostanza estratta dalla superficie dei quattro satelliti del gruppo di Amaltea in seguito a impatti meteoritici. Queste sostanze sono facilmente disperse nello spazio in quanto la superficie dei satelliti si trova al limite della loro sfera di Hill a causa della loro bassa densità.[9]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Brian G. Marsden, Satellites of Jupiter, in IAU Circular, vol. 3507, 26 agosto 1980. URL consultato il 28 marzo 2012.
- ^ S. P. Synnott, 1979J3: Discovery of a Previously Unknown Satellite of Jupiter, in Science, vol. 212, n. 4501, 19 giugno 1981, pp. 1392, Bibcode:1981Sci...212.1392S, DOI:10.1126/science.212.4501.1392, ISSN 0036-8075 , PMID 17746259.
- ^ Brian G. Marsden, Satellites of Jupiter and Saturn, in IAU Circular, vol. 3872, 30 settembre 1983. URL consultato il 28 marzo 2012.
- ^ a b c P. C. Thomas, J. A. Burns, L. Rossier, D. Simonelli, J. Veverka, C. R. Chapman, K. Klaasen, T. V. Johnson, M. J. S. Belton e Galileo Solid State Imaging Team, The Small Inner Satellites of Jupiter, in Icarus, vol. 135, n. 1, settembre 1998, pp. 360–371, Bibcode:1998Icar..135..360T, DOI:10.1006/icar.1998.5976.
- ^ C. J. Hansen e G. S. Orton, JunoCam: Science and Outreach Opportunities with Juno, in AGU Fall Meeting Abstracts, vol. 2015, 2015, pp. P41B–2066, Bibcode:2015AGUFM.P41B2066H.
- ^ a b J. D. Anderson, T. V. Johnson, G. Schubert, S. Asmar, R. A. Jacobson, D. Johnston, E. L. Lau, G. Lewis, W. B. Moore, A. Taylor, P. C. Thomas e G. Weinwurm, Amalthea's Density is Less Than That of Water, in Science, vol. 308, n. 5726, 27 maggio 2005, pp. 1291–1293, Bibcode:2005Sci...308.1291A, DOI:10.1126/science.1110422, PMID 15919987.
- ^ D. P. Simonelli, L. Rossier, P. C. Thomas, J. Veverka, J. A. Burns e M. J. S. Belton, Leading/Trailing Albedo Asymmetries of Thebe, Amalthea, and Metis, in Icarus, vol. 147, n. 2, ottobre 2000, pp. 353–365, Bibcode:2000Icar..147..353S, DOI:10.1006/icar.2000.6474.
- ^ M. W. Evans, C. C. Porco e D. P. Hamilton, The Orbits of Metis and Adrastea: The Origin and Significance of their Inclinations, in Bulletin of the American Astronomical Society, vol. 34, settembre 2002, pp. 883, Bibcode:2002DPS....34.2403E.
- ^ a b c d e Joseph A. Burns, Damon P. Simonelli, Mark R. Showalter, Douglas P. Hamilton, Carolyn C. Porco, Henry Throop e Larry W. Esposito, Jupiter's Ring-Moon System (PDF), in Fran Bagenal, Timothy E. Dowling e William B. McKinnon (a cura di), Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Cambridge University Press, 2004, pp. 241–262, Bibcode:2004jpsm.book..241B, ISBN 978-0-521-81808-7.
- ^ M. E. Ockert-Bell, J. A. Burns, I. J. Daubar, P. C. Thomas, J. Veverka, M. J. S. Belton e K. P. Klaasen, The Structure of Jupiter's Ring System as Revealed by the Galileo Imaging Experiment, in Icarus, vol. 138, n. 2, 1º aprile 1999, pp. 188–213, Bibcode:1999Icar..138..188O, DOI:10.1006/icar.1998.6072.
- ^ Joseph A. Burns, Mark R. Showalter, Douglas P. Hamilton, Philip D. Nicholson, Imke de Pater, Maureen E. Ockert-Bell e Peter C. Thomas, The Formation of Jupiter's Faint Rings (PDF), in Science, vol. 284, n. 5417, 14 maggio 1999, pp. 1146–1150, Bibcode:1999Sci...284.1146B, DOI:10.1126/science.284.5417.1146, PMID 10325220 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2020).
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