Vai al contenuto

Melek Ta'us

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Icona di Melek Taus. In basso a destra il grafema sumero dingir, "divinità".

Melek Ṭāʾūs, noto anche come "L'angelo pavone" (in arabo ملك طاووس?, Malik Ṭāʾūs) è la figura centrale per la dottrina yazidi.

Significato religioso

[modifica | modifica wikitesto]

Gli Yazidi considerano Melek Ṭāʾūs come un angelo ribelle che si è redento della sua colpa, ed è diventato un demiurgo creatore del cosmo. Dopo il suo pentimento pianse per 7000 anni e le sue lacrime riempirono i 7 vasi che spensero il fuoco dell'inferno.

Il termine M-l-k può essere letto[1] sia come Melek, sia come Malak. In arabo e in farsi, curdo, turco-ottomano, urdu, pashtu, indonesiano, somalo, swahili Malik (pl. muluk) significa "re", mentre malak (pl. malāʾika) significa "angelo". Ṭāʾūs significa pavone e deve essere collegato alle penne di pavone che sono presenti nella raffigurazione induista di un Avatāra. Questo spiega anche perché, sebbene il pavone non sia presente nei luoghi dove Melek Ṭāʾūs è venerato, risulta connesso - nella letteratura persiana - al simbolo della potenza divina.[2]
Il culto è originario dell'India, dove il pavone è animale stanziale. La sua immagine quindi simboleggia una presenza spirituale nel mondo.
Gli Yazidi credono che il riformatore della loro religione, lo sceicco ʿAdī b. Muṣṭafā, sia stato un'incarnazione di Melek Ṭāʾūs. Nelle pitture e nelle sculture Melek Ṭāʾūs è sempre raffigurato come un pavone.

Riscontri nelle altre religioni

[modifica | modifica wikitesto]

Diverse confessioni cristiane, musulmane nonché altre religioni identificano Melek Ṭāʾūs con Lucifero o Shaytan (Satana). Gli Yazidi affermano che il loro dio è "il demone primo" delle altre religioni e hanno il divieto di pronunciare la parola per la convinzione che nominare Dio sia blasfemo. Secondo il linguista curdo Jamal Nebez, la parola "Ṭāʾūs" potrebbe derivare dal greco ed essere collegata a "Zeus" e "Theos", vale a dire "dio". Melek Ta'us diventerebbe "Angelo di Dio", e la cosa sembrerebbe confermata dal fatto che gli stessi Yazidi vedono Melek Ṭāʾūs o Ṭāʾūs-e Melek[3] come un'ipostasi divina.

Ma appare probabile il diretto collegamento etimologico del nome Ta'us con la parola greca ταως , che vuol dire pavone; tale proposta etimologica documenterebbe la formazione di questo culto in epoca pre islamica ed in un contesto di sincretismo cultuale tra comunità semitiche e comunità grecofone di origine ellenistica.

Gli Yazidi hanno dovuto subire molte persecuzioni, in quanto minoranza religiosa, e sono stati quasi sterminati in seguito a vari eccidi. Questo li ha portati a confondere i loro precetti con quelli dominanti dell'Islam.

Letteratura, animazione e musica

[modifica | modifica wikitesto]
  • Nella serie a fumetti Top 10 di Alan Moore, Gene Ha e Zander Cannon, Pubblicata sotto l'etichetta America's Best Comics e tradotta in italiano da Magic Press, il personaggio di Re Pavone è un seguace di Melek Taus, e da ciò fa derivare il suo superpotere.
  • L'antagonista nel romanzo di John Case L'ottavo giorno è uno spregiudicato uomo d'affari che cerca di porsi come la incarnazione di Melek Taus nel suo tentativo di assumere il controllo di alcune holding yazidi.
  • Nel romanzo di Stephen Michael Stirling I guerrieri di Peshawar, un Angelo-Pavone in versione corrotta è la divinità di una selvaggia religione russa cannibalica in un immaginario dopo-Apocalisse.
  • La Gothic metal/Symphonic metal band svedese Therion ha dedicato una canzone a Melek Taus nel suo quattordicesimo album Sirius B (2003).
  • Melek Taus viene citato nel racconto Non scavatemi la fossa di Robert E. Howard.
  • La band doom-metal inglese Electric Wizard ha intitolato un suo brano Weird Tales/Electric Frost/Golgotha/Altar Of Melektaus, presente nell'album Dopethrone (2000).
  1. ^ In tutte le lingue semitiche le parole vengono scritte solo con le consonanti.
  2. ^ Gli Avatar nella teologia induista sono intermediari umani, tra l'Essere Supremo, rappresentato come Īśvara (o Saguna Brahman), ed i mortali.
  3. ^ Jemal Nebez, The Kurds; History and Culture (PDF), su bakhawan.com, p. 21 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2006).

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]