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Iqbal

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Iqbal
Una scena del film
Titolo originaleIqbal
PaeseItalia
Anno1998
Formatofilm TV
Generedrammatico, biografico
Rapporto2,35:1
Crediti
RegiaCinzia TH Torrini
SceneggiaturaJames Carrington
Francesco Marcucci
Andrea Purgatori
Interpreti e personaggi
FotografiaStefano Pancaldi
MontaggioValentina Mariani
ScenografiaErrol Kelly
Casa di produzioneRai
Prima visione
Distribuzione originale
Data22 dicembre 1998
Distribuzione in italiano
DistributoreRai Trade

Iqbal è un film TV drammatico del 1998, diretto da Cinzia TH Torrini ispirato alla vita del bambino pakistano Iqbal Masih.

Il film ripercorre la breve biografia (romanzata) del bambino pakistano Iqbal Masih, il cui nome viene leggermente cambiato in Iqbal Maruf.

Dopo essere stato venduto come schiavo dai genitori (all'età di soli 5 anni), che avevano bisogno di soldi per il matrimonio di una loro altra figlia, ad un fabbricante di tappeti, il piccolo Iqbal, dopo aver scoperto di essere stato ingannato dal padrone per farlo rimanere più a lungo nella fabbrica, tenta di scappare, ma a causa della corruzione della polizia viene ripreso e ricondotto dove viene continuamente sfruttato e vittima di abusi sessuali assieme ai suoi "colleghi" . Ma Iqbal non demorde e dopo la notte, scappa con un altro ragazzo, ma viene nuovamente ripreso a casa dei genitori, dove il padrone lo sta aspettando. La madre guardando tutto questo, piange disperata, e dice che non si perdonerà mai per quello che ha fatto a suo figlio. Nonostante il suo grande talento nella fabbricazione di tappeti, Iqbal viene venduto da un padrone all'altro per via del suo carattere ribelle e dei suoi continui tentativi di fuga e passa attraverso diverse fabbriche meritandosi così tra i bambini schiavi, il soprannome di "Iqbal il mago". L'ultima di queste è gestita da un crudele uomo di nome Imran e da sua moglie.

Nella fabbrica di Imran le condizioni di lavoro sono durissime e chi si lamenta o si comporta male viene chiuso per giorni in una specie di pozzo chiamato "Il buco" senza cibo con cui sfamarsi, inoltre i bambini sono costantemente sorvegliati e controllati dal braccio destro di Imran, un ragazzo un po' più grande di nome Tarek (una specie di capo), ex fantino di elefanti di salute cagionevole divenuto zoppo a seguito di un incidente. Nello stabilimento lavorano anche una bambina di nome Azira, sorella di Tarek di cui Iqbal si innamora, e che è vittima degli abusi del padrone, e il ragazzo che aveva condiviso con Iqbal la seconda fuga. Col passare del tempo i rapporti tra Iqbal e Tarek migliorano e i due diventano amici. Inoltre Iqbal inizia a comportarsi meglio e un giorno viene premiato: il padrone infatti lo porterà con sé durante un'uscita in città.

Mentre Imran è impegnato insieme a Tarek per scommettere sulle gare di elefanti, Iqbal incontra il sindacalista, avvocato e attivista Ulla Khasi che sta manifestando contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Il bambino riesce a raccogliere e a nascondere un volantino e riesce a convincere Tarek a leggerne il contenuto davanti a tutti i bambini e Iqbal decide un'altra volta di scappare. Il vecchio amico di Iqbal però racconta tutto al padrone e Iqbal e Tarek vengono entrambi chiusi nel "buco" (il "buco" è una scatola di ferro bucata e messa all'esterno sotto il sole cocente, i buchi servono a far entrare il vapore dell'acqua come in una sauna; il calore fa sudare molto, Azira per non farli morire disidratati porta loro dell'acqua), ma mentre il primo riesce a sopportare la tortura, il fragile Tarek si ammala gravemente, al punto che tirati fuori dal "buco" il ragazzo è moribondo. Imran lo tiene in casa solo perché la moglie si è affezionata al loro ex servitore.

Iqbal a quel punto sceglie di evadere, sapendo che il padrone non farà nulla per tentare di salvare il suo amico Tarek, e si reca da Ulla Khasi denunciando la sua situazione. Immediatamente Khasi costringe la polizia (dietro minaccia di uno scandalo dell'intero mondo) ad intervenire per liberare gli schiavi. I ragazzi (tra cui Iqbal e Azira) vengono portati in un centro di istruzione e recupero, ma Tarek muore dentro lo sgabuzzino del padrone.

Khasi si rende conto che la sua posizione legale nei confronti degli sfruttatori è debole, infatti Imran è stato arrestato per via delle condizioni di salute di Tarek, ma per far chiudere altri stabilimenti ha bisogno di prove concrete per costringere la polizia ad intervenire. In assenza di prove, i gestori possono essere avvisati dalla corrotta polizia delle imminenti ispezioni e difendersi mettendo in scena una simulazione di normale attività lavorativa e affermando che i bambini sono trattati bene e secondo la legge. Khasi propone a Iqbal di aiutarlo e il bambino accetta volentieri.

Nei mesi seguenti Iqbal si introduce di nascosto in diverse fabbriche per fornire a Khasi fotografie che documentano in modo inconfutabile le condizioni in cui vivono i bambini sfruttati, permettendo quindi, al sindacalista di far arrestare gli sfruttatori. A coronamento di questa attività riceve un importante premio da ritirare negli Stati Uniti.

Dopo aver ritirato il premio ed essere diventato un simbolo internazionale della lotta contro lo sfruttamento minorile, Iqbal torna in Pakistan (perché i sindacalisti sapevano di averlo messo in pericolo), dove la mattina del 16 aprile 1995, mentre gioca insieme ai due cugini con un aquilone regalatogli da Khasi, viene ucciso da un colpo di pistola sparato da un sicario della mafia dei tappeti.

Inesattezze presenti nella narrazione

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  • La morte del protagonista avvenne realmente ad opera di un sicario, ma i particolari relativi all'aquilone sono stati inventati dagli autori, in realtà morì mentre si recava in chiesa in bicicletta.
  • I nomi dei protagonisti sono stati leggermente cambiati.
  • Il personaggio di Azira, bambina innamorata di Iqbal e ricambiata, non ha riscontro storico.
  • Iqbal è rappresentato come un bambino sano e sviluppato mentre in realtà al momento del decesso le sue condizioni fisiche erano molto condizionate, nonostante la giovanissima età, da anni e anni trascorsi nelle fabbriche dei tappeti.
  • Iqbal è stato venduto dalla famiglia per pagare un debito di 7,42 dollari che il padre aveva ricevuto in prestito dal fabbricante di tappeti.

Collegamenti esterni

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