Governo Giolitti III

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Governo Giolitti III
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioGiovanni Giolitti
(Sinistra storica)
CoalizioneSinistra storica
LegislaturaXXIII
Giuramento30 maggio 1906
Dimissioni2 dicembre 1909
Governo successivoSonnino II
11 dicembre 1909

Il Governo Giolitti III è stato in carica dal 30 maggio 1906[1] all'11 dicembre 1909[2] per un totale di 1.291 giorni, ovvero 3 anni, 6 mesi e 11 giorni.

Giolitti presentò il programma del Governo al Parlamento il 12 giugno, ottenendo la fiducia con 262 voti favorevoli e 98 contrari.

Già nel primo mese di Governo furono adottati importanti provvedimenti: le leggi a favore del Mezzogiorno, quelle per la nazionalizzazione delle ferrovie meridionali e quella sulla conversione della rendita. Successivamente, nel maggio 1907, il Governo fece votare al Parlamento l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sull'organizzazione e sull'amministrazione dei servizi dipendenti dal Ministero della Guerra, sulla scia di quella istituita nel 1904 per la Marina militare.

Altro evento importante del terzo Governo Giolitti fu il terremoto che sconvolse Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908, causando 150.000 morti. Di conseguenza, l'8 gennaio 1909 la Camera approvò il disegno di legge presentato dal Governo che stanziava 30 milioni per la ricostruzione, finanziando l'operazione con il raddoppio della tassa di bollo sui biglietti ferroviari e di navigazione e l'aumento di un ventesimo delle tasse sugli affari e delle imposte sui terreni, sui fabbricati e sui redditi di ricchezza mobile.

Dopo che il suo progetto legislativo sulle convenzioni marittime non venne approvato, Giolitti si decise a dimettersi, anche perché non si trovava in un buon periodo di salute; nel dicembre del 1909 annunciò quindi una serie di decreti giudicati troppo vicini all'estrema sinistra - un'imposta progressiva globale sui redditi e la diminuzione dell'imposta sullo zucchero - che, come aveva calcolato, non furono accettati dalla maggioranza: tale rifiuto gli diede il pretesto per gettare la spugna.

Composizione del governo

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Situazione parlamentare

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Camera Collocazione Partiti Seggi
Camera dei deputati[3] Maggioranza PD (339), PLC (76)
415 / 508
Opposizione PS (29), PRI (24), UEC (3), PR (37)
93 / 508

Presidente del Consiglio dei ministri

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Giovanni Giolitti

Affari Esteri

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Ministro Tommaso Tittoni

Agricoltura, Industria e Commercio

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Ministro Francesco Cocco-Ortu
Ministro Fausto Massimini fino al 24 marzo 1907
Angelo Majorana Calatabiano ad interim dal 24 marzo 1907 al 19 aprile 1907
Pietro Lacava dal 19 aprile 1907 all'11 dicembre 1909

Grazia e Giustizia e Culti

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Ministro Nicolò Gallo fino al 4 marzo 1907
Vittorio Emanuele Orlando dal 4 marzo 1907 all'11 dicembre 1909
Ministro Giuseppe Ettore Viganò fino al 29 dicembre 1907
Severino Casana dal 29 dicembre 1907 all'11 dicembre 1909

Il Senatore Casana, divenuto ministro in seguito alle dimissioni del Generale Viganò, fu il primo Ministro della Guerra borghese del Regno d'Italia.

Ministro Giovanni Giolitti

Lavori Pubblici

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Ministro Emmanuele Gianturco fino al 7 novembre 1907
Giovanni Giolitti ad interim dal 7 novembre 1907 al 9 novembre 1907
Pietro Bertolini dal 9 novembre 1907 all'11 dicembre 1909
Ministro Carlo Mirabello

Poste e Telegrafi

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Ministro Carlo Schanzer

Pubblica Istruzione

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Ministro Guido Fusinato fino al 2 agosto 1906
Luigi Rava dal 2 agosto 1906 all'11 dicembre 1909
Ministro Angelo Majorana Calatabiano fino al 17 maggio 1907
Paolo Carcano dal 17 maggio 1907 all'11 dicembre 1909
  1. ^ Il giuramento dei ministri, su archiviolastampa.it, 31 maggio 1906, p. 1.
  2. ^ Il giuramento dei nuovi ministri al Quirinale, su archiviolastampa.it, La Stampa, 12 dicembre 1909, p. 1.
  3. ^ Viene riportata la situazione parlamentare solo di questa camera (e non anche del Senato del Regno) poiché, sebbene entrambe partecipino al processo di controllo del rapporto di fiducia con l'esecutivo, per convenzione costituzionale in caso di disaccordo è la decisione della camera bassa a prevalere, risultando essere la posizione ufficiale del Parlamento nella sua totalità.

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