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Giovanni Battista Manzini

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Benedetto Gennari, Guercino accanto al ritratto di Giovanni Battista Manzini (1670 circa). Opera esposta durante la mostra temporanea "Guercino - Trionfo del Barocco" al Museo nazionale di Varsavia.

Giovanni Battista Manzini (Bologna, 22 agosto 1599Bologna, 30 novembre 1664) è stato un nobile, letterato e romanziere italiano. Membro di una famiglia aristocratica bolognese, era il fratello maggiore di Carlo Antonio Manzini (1600–1677), famoso astronomo e matematico.[1]

Nato a Bologna il 22 agosto 1599, studiò diritto a Roma e conseguì la laurea in utroque iure il 22 aprile 1623 all'Università della città natale. Uomo violento e dal carattere irascibile e accanito giocatore d'azzardo, nel 1629 Manzini fu bandito da Bologna a seguito di uno scontro armato di cui fu protagonista. Nel 1638 fu insignito dal duca Carlo Emanuele I di Savoia della Croce dei Santi Maurizio e Lazzaro e del titolo di commendatore; nel 1651 il duca di Modena Francesco I d'Este lo nominò marchese di Busana. Fu membro dell'Accademia dei Filergiti di Forlì, di quella della Notte di Bologna e di quella degli Agiati di Rimini. Fu assiduo frequentatore a Genova dell'Accademia degli Addormentati, dove strinse amicizia con Anton Giulio Brignole Sale e Giovanni Vincenzo Imperiale.

Amico di Virgilio Malvezzi, fu come lui seguace del senechismo e del tacitismo. Il suo stile laconico fu duramente criticato da Agostino Mascardi nell'Arte historica (1636). Manzini considerava il romanzo «la più stupenda e gloriosa macchina che fabbrichi l'ingegno». Acquistò grande fama con il romanzo barocco Cretideo (1637), in cui avventure bizzarre e complicate si mescolano a intrighi politici e a intenzioni moralistiche, secondo i dettami della Controriforma. Fu autore anche di opere teatrali, come la tragedia La Flerida gelosa del 1631 e la commedia L'avarizia scornata del 1663. Manzini fu autore di una traduzione in italiano degli Amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista (Gli amori innocenti di Dafni e della Cloe, Bologna 1643) e del De beneficiis di Seneca (Del modo di dare, ricevere, e rendere i beneficii, Bologna 1655). Scrisse anche un romanzo spirituale: la Vita di San Eustachio martire (1653). La Vita ebbe grande fortuna in tutta Europa: se ne conoscono quattordici edizioni italiane, tre traduzioni francesi (due anonime e una di Jean Baudoin), due in tedesco (anonime), una in inglese (a cura di John Burbery) e una in spagnolo (a cura di Antonio Agustín).

La sua opera divenne particolarmente nota in Francia, dove Jean Baudoin fu autore nel 1643 della traduzione del Cretideo; mentre I furori della gioventù (Venezia 1629), una raccolta di esercizi retorici di stile concettoso, conobbe parecchie edizioni e fu tradotta in francese da Georges de Scudéry.

  1. ^ DBI.
  • Giovanni Battista Manzini, Aforismi del tiranno caduto: Il Seiano o della peripezia di Fortuna, a cura di Marzio Pieri, Parma, Edizioni Zara, 1987.
  • Gian Luigi Betti, La penna e l'archibugio. Note su Giovan Battista, Carlo Antonio e Luigi Manzini, in Strenna storica bolognese, XLIV, 1994, pp. 37-53.
  • Andrea Leonardi, Gio Antonio Sauli e una lettera di Giovanni Battista Manzini. Su dieci quadri di Guido Reni acquistati da Anton Giulio I Brignole-Sale, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, LIV-LV, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, 2014, pp. 337-357.

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Controllo di autoritàVIAF (EN14835912 · ISNI (EN0000 0000 7970 8933 · SBN SBLV041715 · BAV 495/104833 · CERL cnp00465745 · LCCN (ENno92014625 · GND (DE12327592X · BNF (FRcb12296189z (data) · NSK (HR000713868 · CONOR.SI (SL108187491