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Diogene di Apollonia

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Diogene di Apollonia (in greco antico: Διογένης ὁ Ἀπολλωνιάτης?, Dioghénēs ho Apollōniátēs; Apollonia[1], V secolo a.C. – ...) è stato un filosofo greco antico.

Lo storico Diogene Laerzio lo definisce filosofo della natura e molto famoso… discepolo di Anassimene e, citando Demetrio Falereo, sostiene che a causa della grande invidia suscitata, poco mancò che perdesse la vita ad Atene. Che fosse famoso è confermato dall'essere stato parodiato nella commedia Le nuvole di Aristofane, rappresentata ad Atene nel 423 a.C.

Secondo Simplicio, Physica, 151, 20:

«parecchie opere furono composte da questo Diogene - come lui stesso ricorda nel libro Sulla natura, quando dice di avere scritto anche Contro i fisici che chiama anche “sofisti” e di aver composto una Meteorologia, in cui dice di aver parlato del principio [delle cose] e anche una Natura dell'uomo - ma nel libro Sulla natura, l'unico giunto fino a me, vuole dimostrare con molte argomentazioni che nel principio da lui posto c'è molta intelligenza.»

Anche il Sulla natura è andato perduto e restano pochi frammenti, tuttavia sufficienti a farci comprendere la sua dottrina, citati soprattutto nel commento di Simplicio alla Physica di Aristotele:

«Chi comincia un discorso, deve presentare un inizio chiaro e spiegazioni semplici. A me pare che tutte le cose risultino dall'alterazione di una stessa cosa e siano perciò la stessa cosa. Infatti se tutte le cose che esistono in questo mondo, come la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco e tutte le altre, fossero ciascuna diversa dall'altra, perché di natura diversa, e non fossero invece la stessa cosa che cambia in molte forme diverse, esse non si potrebbero mescolare fra loro e a ciascuna non verrebbe dall'altra nessuna utilità come pure nessun danno, e nessuna pianta potrebbe nascere dalla terra e non potrebbero nascere animali o altri esseri, se non fossero composte in modo da essere la stessa cosa. In realtà, ciascuna cosa nasce ora in una forma, ora in un'altra, perché sono il risultato di un'alterazione di quella stessa cosa e a quella stessa ritornano.»

Qui Simplicio commenta:

«dopo aver dimostrato che in questo principio [la stessa cosa] c'è molta intelligenza, dice:

“Infatti non sarebbe possibile, senza intelligenza, una divisione che realizzi la misura di ogni cosa, e d'inverno e d'estate, e di notte e di giorno, e nella pioggia e nel vento e nel sereno: e tutte le cose saranno disposte nel miglior modo possibile.”»

Commenta Simplicio:

«Aggiunge che anche gli uomini e tutte le creature vivono e hanno anima e pensiero da questo principio (ἀρχή), cioè dall'aria. Dice così:

“Ci sono poi anche queste prove importanti. Gli uomini e le altre creature vivono respirando l'aria. Essa è per loro anima e pensiero, come si dimostrerà chiaramente in quest'opera, e se essa si allontana, l'uomo muore e il pensiero lo abbandona…. Mi sembra sia dotato di intelligenza ciò che gli uomini chiamano aria, che tutti siano da questa governati e che tutto domini. Ciò stesso mi sembra che sia dio e che arrivi dappertutto e tutto disponga e sia in ogni cosa. E non c'è niente che non ne partecipi: però niente ne partecipa in maniera uguale, questo come quello, ma molti sono i modi, sia dell'aria che dell'intelligenza. Essa è poliforme, più calda e più fredda, più asciutta e più umida, più ferma o più rapida e vi sono in essa molte altre differenziazioni e un numero infinito di sapori e di odori. E l'anima di tutti i viventi è la stessa cosa, aria più calda di quella esterna in cui viviamo, ma molto più fredda di quella che sta vicino al sole. Ma questo calore non è uguale in nessun essere vivente (come neppure in un uomo rispetto a un altro) e non si differenzia di molto, ma in modo che gli uomini rimangano simili fra loro. Però nessuna delle cose che si differenziano può divenire perfettamente uguale all'altra, senza diventare la stessa. Poiché la differenziazione è multiforme, parecchi e multiformi devono essere anche gli esseri viventi e, dato il gran numero di differenziazioni, non sono simili l'uno all'altro né per forma né per condotta di vita né per intelligenza. Eppure tutti vivono, vedono e odono grazie alla stessa cosa e dalla stessa cosa tutti hanno un'intelligenza differente.”»

Commenta Simplicio:

«È strano che pur dicendo che tutte le cose sono prodotte da quel principio per trasformazione, lo definisca però “eterno” (aidon):

“E proprio questo è un corpo eterno e immortale, mentre le cose nascono e muoiono… ma questo mi sembra chiaro: che è grande, forte, eterno e immortale, e sa molte cose.”»

Teofrasto, nel De sensu, 39 - 45, riporta molte prove che, secondo Diogene, dimostrerebbero che il principio primordiale è l'aria:

«Diogene, oltre il vivere e il pensare, riferisce all'aria anche le sensazioni… l'olfatto all'aria che circonda il cervello… l'udito, quando l'aria che sta nelle orecchie, mossa dall'aria esterna, penetra nel cervello. La vista, quando le immagini si presentano alla pupilla e questa, mescolandosi con l'aria interna, produce la sensazione… il gusto, mediante la lingua, molle e morbida. Del tatto non ha parlato… L'olfatto, dice che è acutissimo in chi ha pochissima aria nella testa perché allora la mescolanza è rapidissima tanto più se l'odore viene trascinato lungo un condotto piccolo e stretto… Piacere e dolore nascono quando molta aria si unisce al sangue e se è conveniente alla natura del sangue, penetrando in tutto il corpo, l'alleggerisce e si ha piacere; se invece è contraria alla natura del sangue e non si mescola, allora, condensandosi il sangue e diventando più debole e compresso, si ha dolore… Il pensare avviene… mediante l'aria pura e secca: infatti l'umidità ostacola la mente e per questo nel sonno, nell'ubriachezza o nella sazietà si pensa meno. E una prova che l'umidità toglie la mente si ha nel fatto che gli animali sono meno intelligenti dell'uomo perché respirano l'aria che viene dalla terra e mangiano cibi più umidi. Gli uccelli respirano aria pura ma… hanno la carne dura e l'aria non può penetrare in tutto il corpo, si ferma all'addome e così digeriscono rapidamente ma non hanno intelligenza… Prive di pensiero sono le piante, perché non hanno cavità e non possono accogliere l'aria. Per questo motivo anche i fanciulli non sono assennati: hanno molta umidità sicché l'aria… è bloccata intorno al petto… e sono irosi, instabili e vivacissimi perché molta aria viene mossa da petti piccoli. E questo è pure il motivo delle dimenticanze: l'aria non riesce a passare in tutto il corpo… chi si sforza di ricordare sente difficoltà nel petto: quando è riuscito a ricordare, l'aria si spande e lui si libera da questo tormento.»

Ancora Simplicio, Physica, 25, 1, citando Teofrasto, riassume la filosofia di Diogene, affermando che

«scrisse il più delle sue opere raccogliendole parte da Anassagora e parte da Leucippo. Anch'egli dice che tutta la natura è aria, infinita ed eterna, dalla quale per condensazione, rarefazione o mutazione di qualità si producono le altre cose nelle loro forme… Ma Nicolao afferma che egli pose come principio qualcosa di intermedio tra l'aria e il fuoco.»

Coloro che si occuparono di ricercare il principio primordiale delle cose

«ritennero che l'aria… si adattasse bene ai cambiamenti e perciò non pensarono affatto di porre come principio la terra, che difficilmente si muove e muta.»

La dottrina di quest'ultimo rappresentante della filosofia ionica, come si è visto, non è originale, riprendendo dopo un secolo le teorie di Anassimene e tornando così a una interpretazione monistica dopo i tentativi pluralistici di Empedocle e Anassagora. L'aria non ha però i caratteri soltanto naturalistici di Anassimene, assumendo invece quelli del Nous anassagoreo (che è il principio del movimento e non ha carattere divino) e persino ("mi sembra che sia un dio… questo è un corpo eterno e immortale, mentre le cose nascono e muoiono… è grande, forte, eterno e immortale, e sa molte cose") quelli di un principio divino che dispone le cose "nel miglior modo possibile" e al quale tutte finiscono per ritornare.

Non tutti i commentatori più antichi pare abbiano però colto nel pensiero di Diogene la presenza di una natura divina nel principio originario delle cose; Diogene Laerzio, Plutarco, Alessandro di Afrodisia, Seneca e Teofrasto lo considerano un filosofo della natura, Claudio Eliano lo pone fra gli atei, Aristotele, citandolo nel De generatione et corruptione, scrive solo che

«giustamente afferma Diogene che se tutte le cose non venissero da un unico principio non sarebbe possibile… per esempio, che il caldo si raffreddi e poi si scaldi, perché non è il calore né il freddo che si trasformano ma ovviamente il sostrato.»

Simplicio indica la stranezza di un principio che, trasformandosi, crei le cose e sia tuttavia eterno, mentre Cicerone, nel De natura deorum, scrive: "L'aria che Diogene considera dio, quale sensibilità può avere o quale natura divina?" e Agostino, nel De civitate Dei, VIII, 2, scrive che

«anche Diogene, altro discepolo [insieme ad Anassagora] di Anassimene, disse certamente che l'aria è la materia delle cose da cui tutte le cose derivano, ma la dotò di ragione divina perché senza questa niente poteva derivarne.»

Anche se il Diogene a cui fa riferimento Dante, nel castello degli spiriti magni (Inf. IV. 136), è probabilmente Diogene di Sinope, c'è chi ha pensato che il poeta intendesse Diogene di Apollonia. E si è anche supposto che Dante non fosse in grado di distinguere tra le due figure.

  1. ^ Kirk; Raven; Schofield, The Presocratic Philosophers, 2ª ed., Cambridge, 1983, p. 434.
  • André Laks, Diogène d'Apollonie. La dernière cosmologie présocratique, Lille, Presses Universitaires de Lille, 1983. Edizione, traduzione francese e commento dei frammenti e delle testimonianze. Présentazione di Jean Bollack.
  • André Laks, Diogène d'Apollonie: edition, traduction et commentaire des fragments et témoignages, Sankt Augustin, Academia Verlag, 1983. International Pre-platonic Studies Vol 6. (Edizione aggiornata del volume precedente).

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