Vai al contenuto

Chiesa di San Giorgio in Kemonia

Coordinate: 38°06′33.42″N 13°21′17.54″E
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Chiesa di San Giorgio in Kemonia
Facciata
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneSicilia
LocalitàPalermo
Coordinate38°06′33.42″N 13°21′17.54″E
Religionecattolica
TitolareSan Giorgio e San Giuseppe Cafasso
Arcidiocesi Palermo
Stile architettonicobarocco
Inizio costruzione1765
Completamento?

La chiesa di San Giorgio in Kemonia oggi altrimenti nota come chiesa di San Giuseppe Cafasso è ubicata nel centro storico di Palermo nel mandamento di Palazzo Reale o Albergaria in Via dei Benedettini.[1][2]

Navata.
Controfacciata.

Epoca bizantino-araba

[modifica | modifica wikitesto]

Epoca normanno-sveva

[modifica | modifica wikitesto]

Epoca aragonese-spagnola

[modifica | modifica wikitesto]

Epoca borbonica

[modifica | modifica wikitesto]

Epoca contemporanea

[modifica | modifica wikitesto]

Una breve gradinata attraverso una cancellata conduce all'ingresso del tempio. L'asse dell'attuale edificio è ribaltato. Il prospetto del primitivo edificio era rivolto a occidente, oggi si affaccia a oriente su via dei Benedettini ed è ripartito in due ordini. Tre coppie di paraste articolano il primo ordine, il portale è delimitato da colonne sormontate da timpano ad archi sovrapposti prospetticamente spezzato. L'ingresso è sormontato da timpano triangolare.

Al secondo ordine le coppie di paraste di riducono a due e delimitano un finestrone centrale, volute con riccioli terminali raccordano i due livelli. Chiude la prospettiva una coppia di volute con stele intermedia sormontata da croce.

Sul fianco destro, in posizione arretrata, si erge un vezzoso campanile dalla cui sommità, è possibile godere di uno dei panorami più belli della città.

Esterno in stile barocco, l'interno in stile neoclassico, le decorazioni in stile rococò costituite da stucchi attribuiti a Giovanni Maria Serpotta.[6]

Nella controfacciata due colonne ai lati dell'ingresso reggono il palchetto del coro con l'organo.

Impianto a croce latina a navata unica, sei cappelle laterali e due negli emicicli del transetto. La volta reca dipinta in trompe-l'œil una falsa cupola. Sul soffitto della navata è presente un affresco settecentesco di Giuseppe Tresca raffigurante La Santa Vergine dona lo scapolare a San Benedetto.

Nel 1745 - 1747 con l'ulteriore trasferimento della Congregazione olivetana, della primitiva Cappella Ansaloni di Antonello Gagini e bottega del 1528,[7] solo custodia e la statua di Santa Maria del Riposo trovano una nuova collocazione. Per questo tempio è realizzata una copia del simulacro mentre l'originale e la custodia sono trasferiti nella Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.[2]

[modifica | modifica wikitesto]
  • Prima campata: Cappella della Sacra Famiglia.[8] La grotta ricavata sotto la mensa ospita la statua di Santa Rosalia.
  • Seconda campata: Cappella di San Giorgio. Sull'altare è collocato il quadro di San Giorgio, opera di Giuseppe Tresca.[8] Sotto la mensa è presente una teca con la raffigurazione del Cristo morto. Nella cappella staziona la vara del Crocifisso.
  • Terza campata: Cappella del Santissimo Crocifisso. Sull'altare Crocifisso del XVII secolo collocato su reliquiario intagliato da Giuseppe Marabitti.[8]

[modifica | modifica wikitesto]
  • Prima campata: Cappella di Santa Francesca Romana. L'altare custodisce il dipinto Santa Francesca Romana porge il Bambino alla Madonna raffigurante Santa Francesca Romana oblata Olivetana e la Vergine Maria, opera di Giuseppe Tresca.[8] Fonte battesimale.
  • Seconda campata: Cappella della Madonna Addolorata primitiva Cappella dell'Immacolata Concezione. Sull'altare in marmi mischi è custodito il simulacro della Madonna Addolorata. Sulla parete destra è incastonato il cenotafio in memoria di Rosalia Colonna di Ventimiglia. Gaspare Palermo documenta un quadro raffigurante San Bernardo Tolomei senese fondatore della Congregazione Olivetana.[8]
  • Terza campata, Cappella di San Benedetto. Sull'altare è documentato il dipinto di San Benedetto raffigurante il fondatore dell'Ordine benedettino nell'atto di ricevere la veste, accompagnato dai discepoli, opera di Giuseppe Velazquez.[2][8]

Sulle pareti laterali dell'abside due ovali con tele di Giuseppe Tresca. Sulla parete del catino absidale è riprodotto su raggiera l'Agnus Dei adagiato su nembi e circondato putti osannanti.

In sacrestia è documentato il sepolcro del presidente della regia corte di giustizia Carlo Onofrio Buglio opera di Lorenzo Marabitti.

  • Deposizione, dipinto di Pietro Novelli.[9]
  • Maria Vergine, dipinto collocato sull'altare del locale.

Monastero benedettino dei Bianchi di Monte Oliveto

[modifica | modifica wikitesto]
  • 1747, Monastero benedettino dei Bianchi di Monte Oliveto sotto il titolo di «Santa Maria dello Spasimo in San Giorgio in Kemonia».[2]

Il magnifico scalone in marmo rosso è progettato dal sacerdote e architetto del Senato Palermitano Nicolò Palma nipote del domenicano Andrea Palma.

Il soffitto dello scalone è impreziosito dal bellissimo affresco settecentesco Trionfo dell'Ordine raffigurante i Benedettini bianchi tra schiere d'angeli che ascendono al Cielo ove sono accolti da Gesù e Maria.

  • XXI secolo, Il monastero è ristrutturato da poco. In epoca successiva al 1866, dopo l'emanazione delle leggi eversive e la confisca dei beni, l'edificio è stato adibito ad alloggi per truppe militari, destinazione d'uso che conserva tuttora.

Carcere delle benedettine

[modifica | modifica wikitesto]

L'ex Carcere delle Benedettine è ubicato dirimpetto alla chiesa di San Giorgio, chiuso da trent'anni e si presenta oggi in avanzato stato di degrado.

Sul portale d'ingresso una targa marmorea recita "CASA D'ISTRUZIONE ED EMENDA DIRETTA DALLE SUORE DEL BUON PASTORE".

Come per l'attigua chiesa di San Giovanni degli Eremiti, il recinto scoperto del luogo sacro in epoca normanna era utilizzato come cimitero per i membri di corte del Palazzo reale.

Similmente all'attigua chiesa di San Giovanni degli Eremiti, la costruzione edificata in epoca araba era stata convertita in moschea.

Galleria d'immagini

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ Pagina 481, Tommaso Fazello, "Della Storia di Sicilia - Deche Due" [1] Archiviato il 29 novembre 2015 in Internet Archive., Volume uno, Palermo, Giuseppe Assenzio - Traduzione in lingua toscana, 1817.
  2. ^ a b c d Vincenzo Mortillaro, p. 37.
  3. ^ a b c Gaspare Palermo Volume terzo, p. 84.
  4. ^ a b c d e Gaspare Palermo Volume terzo, p. 85.
  5. ^ Gaspare Palermo Volume terzo, p. 86.
  6. ^ a b c Gaspare Palermo Volume terzo, p. 87.
  7. ^ Gioacchino di Marzo, pp. 367-371.
  8. ^ a b c d e f g Gaspare Palermo Volume terzo, p. 88.
  9. ^ Gaspare Palermo Volume terzo, p. 90.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]