Archeologia industriale
L'archeologia industriale raccoglie più ambiti disciplinari - storico, economico, tecnologico, sociale, costruttivo, architettonico, ingegneristico - attorno alle testimonianze (materiali e immateriali, dirette e indirette) inerenti al processo d'industrializzazione fin dalle sue origini, al fine di approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente industriale. Per tale natura è interdisciplinare, e si avvale, per i diversi temi di indagine, dei metodi specifici delle singole discipline, alla luce di una consapevole interazione tra di esse[1].
Le testimonianze attraverso cui l'archeologia industriale può giungere a questa conoscenza sono i luoghi e le tecnologie dei processi produttivi, le tracce archeologiche generate da questi, i mezzi e i macchinari attraverso cui questi processi si sono attuati, i prodotti di questi processi, tutte le fonti scritte a loro inerenti, le fonti fotografiche, orali, i paesaggi segnati da questi processi e perciò detti paesaggi industriali.
Il periodo studiato dall'archeologia industriale è quello che va dalla seconda metà del Settecento ai giorni nostri, e più precisamente quello della rivoluzione industriale; tuttavia, questa disciplina prende in considerazione anche talune forme d'industria sviluppatesi prima di questo intervallo di tempo, e cioè le attività preindustriali e protoindustriali[2]. Data la sua vicinanza temporale e la tipologia delle materie oggetto di ricerca, l'archeologia industriale si avvale della applicazione di molte discipline per il suo studio, tra le quali: l'archeologia, l'architettura, l'ingegneria, la tecnologia, la pianificazione urbanistica.
Origine dell'archeologia industriale
[modifica | modifica wikitesto]L'archeologia industriale quale disciplina di studio nasce nella prima metà degli anni cinquanta in Inghilterra. L'espressione archeologia industriale venne usata per la prima volta nel 1955 da Michael Rix, professore dell'Università di Birmingham, in un suo articolo pubblicato nella rivista The Amateur Historian. In realtà, come hanno precisato alcuni studiosi, tra cui Neil Cossons, questa espressione circolava già da qualche anno nei primi circoli di appassionati formatisi in Gran Bretagna[3].
L'Inghilterra, nella seconda metà del Settecento, era stata tra le prime nazioni ad essere coinvolta dalla rivoluzione industriale, e sin dalla seconda metà dell'Ottocento ebbe modo di svilupparsi in determinati ambienti culturali una certa attenzione per alcune testimonianze dell'industrializzazione. La Grande Esposizione Universale di Londra del 1851 fu uno dei primi momenti in cui tale sensibilità ebbe modo di manifestarsi; a questo seguì la creazione del Museo della Scienza di Kensigton qualche anno più tardi e tra la fine del secolo e l'inizio del Novecento il fiorire di una moltitudine di associazioni di appassionati, i trusts, con lo scopo di conservare alcuni monumenti industriali. Tra questi, grande importanza ebbe la Cornish Engine Preservation Society, nata con lo scopo di conservare i mulini ad acqua sorti nelle campagne inglesi.
Dopo la seconda guerra mondiale, l'opera di ricostruzione nella quale furono coinvolte le principali città del Regno Unito, a partire da Londra, portò alla distruzione di numerosi edifici e strutture che avevano avuto importanza nel Settecento e nell'Ottocento per l'evoluzione economica, industriale e sociale del Paese e che alla fine degli anni quaranta non avevano più nessuna utilità. Alla loro demolizione si opposero associazioni di cittadini, che vi vedevano una traccia importante del proprio passato. In particolare, nel 1962 l'attenzione dell'opinione pubblica fu attirata dalla decisione di demolire la Euston Station, una delle più antiche stazioni ferroviarie di Londra, e il portico di colonne doriche che la precedeva, lo Euston Arch. Nonostante le vive proteste dei comitati e della Comunità Internazionale, l'abbattimento della stazione fu inevitabile, seguito da un comune vivo risentimento. L'insuccesso di questo provvedimento portò, l'anno seguente, a dichiarare il ponte di ferro sul fiume Severn, in località Coalbrookdale, nel Galles, monumento nazionale. Il patrimonio di archeologia industriale veniva così ufficialmente riconosciuto nella sua importanza culturale dalle autorità anglosassoni.[4]
Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale
[modifica | modifica wikitesto]In un noto saggio del 1978, Andrea Carandini delimita il campo di interesse e di azione dell'archeologia industriale a quanto riferito alla sola visione anglosassone della rivoluzione industriale[5]. Questo implicherebbe che l'archeologia industriale debba riguardare fabbriche, siti industriali et similia relativamente recenti e posteriori all'adozione della macchina a vapore, mentre escluderebbe tutti i processi di automazione e meccanizzazione della produzione, nonoché di sviluppo del management, manifestatosi almeno a partire dalla fine del XIV secolo[2][6]. Tra l'altro, per le conoscenze intrinseche al manufatto industriale, opificio, ecc., porterebbe indurre a restringere l'archeologia industriale ad una scienza per ingegneri ed architetti. Su tali temi si sono dibattuti i fondatori dell'archeologia industriale in Italia che, per le diverse posizioni poi confluite in AIPAI, hanno generato la profonda caratterizzazione interdisciplinare dell'archeologia indusriale in nazionale[1][2]. Alle origini del dibattito in Italia vi sono infatti da un lato gli storici economici, come Bruno Corti, Giovanni Luigi Fontana, Renato Covino, Ivan Tognarini, dall'altro gli storici dell'architettura, come Franco Borsi, Giorgio Muratore, Gregorio Rubino e Cesare De Seta, nonché tecnologi dell'architettura e urbanisti, come Franco Mancuso e Augusto Vitale. Dall'attività di tali studiosi impegnati anche nella progettazione e nella politica scaturisce la fondazione di una moltitudine di cenacoli regionali, i principali in Lombardia, Campania, Umbria, Piemonte, Toscana, Veneto e Ligura, che nel 1997 convergono verso la fondazione dell'Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale - AIPAI nominando primo presidente Giovanni Luigi Fontana.
È vero, tuttavia, che in certi interessanti e meritevoli casi strutture industriali (officine, opifici, ecc.) siano stati in questi ultimi decenni riscoperti, restaurati e rivalutati in modo da divenire contenitori per centri studi e poli museali (come nel caso dell'ex fabbrica tessile Pria di Biella, al centro negli anni novanta di un progetto di recupero archeologico-industriale da parte di Gae Aulenti o come nel caso della fabbrica Campolmi a Prato che, a seguito di un importante intervento di restauro eseguito dal Comune di Prato su progetto dell'architetto Marco Mattei, oggi ospita il Museo del Tessuto e la Biblioteca Comunale), centri commerciali o espositivi come Le Ciminiere di Catania, ecc., diversamente da come è organizzato un sito archeologico tradizionale. Sotto questo aspetto, è evidente come la mano ingegneristico-architettonica risulti determinante.
Esempi di queste ristrutturazioni sono il Lingotto e il Parco Dora di Torino, storico stabilimento di produzione FIAT, il Museo della Gare d'Orsay, ex stazione ferroviaria a Parigi, l'ex zuccherificio di Cecina vicino a Livorno.
Si ritiene che l'archeologia industriale possa avere in futuro un sicuro sviluppo. Questo presupposto muove dalla considerazione che tanto in Europa quanto nelle Americhe si assiste ad un sempre maggiore interesse per gli aspetti dell'industrializzazione che vengono con il passare del tempo, visti in chiave maggiormente storica. Lo stesso rilievo che è dato alla creazione degli Ecomusei come quello sull'Adda, questi spesso sono collegati, nei maggiori centri urbani o nei loro pressi, alla rivalutazione ed alla divulgazione alle giovani generazioni della primigenia fase di industrializzazione conserviera, tessile, metalmeccanica, che contraddistingueva comunemente quelle zone in un passato non ancora remoto.
Esempi di patrimonio di archeologia industriale in Italia
[modifica | modifica wikitesto]Numerosi e capillarmente diffusi nel territorio sono i siti di archeologia industriale in Italia. Di seguito alcuni esempi.
Campania
[modifica | modifica wikitesto]- Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa di Napoli
- San Leucio, stabilimento tessile
- Italsider di Bagnoli, Napoli.
Calabria
[modifica | modifica wikitesto]- Ecomuseo delle ferriere e fonderie di Calabria:
- Mongiana, fonderie e fabbrica d'armi (Museo delle reali ferriere borboniche)
- Pazzano, miniere
- Bivongi, miniere, centrale idroelettrica
- Stilo, fonderia Ferdinandea, altoforno
Emilia-Romagna
[modifica | modifica wikitesto]- il Museo Magi'900 di Pieve di Cento, ricavato in un silo del grano di inizio secolo[7]
- la Fornace Cavallini
- l'ex Mangimificio Martini di Ravenna
Friuli-Venezia Giulia
[modifica | modifica wikitesto]- Parco Internazionale Geominerario del Raibl - Miniera Cave del passo del Predil[8]
Lazio
[modifica | modifica wikitesto]- Ex mattatoio a Roma, via Beniamino Franklin, rione Testaccio
- Ex Pastificio Pantanella a Roma, via dei Cerchi, rione Ripa
- Centrale Montemartini[9] a Roma, via Ostiense, quartiere Ostiense
- Ex Pastificio Pantanella, a Roma, via Casilina, quartiere Prenestino-Labicano
- Ex Istituto farmaceutico Serono, a Roma, via Casilina, quartiere Prenestino-Labicano
- Ex fabbrica SNIA Viscosa, a Roma, via Prenestina, quartiere Prenestino-Labicano
- Ex fabbrica di penicillina LEO Roma, a Roma, via Tiburtina, quartiere Ponte Mammolo
- Gazometro, a Roma, via del Commercio, quartiere Ostiense
- Opifici installati nell'antico santuario di Ercole Vincitore a Tivoli (RM)
- Regia Zecca di Roma[10], via Principe Umberto
Liguria
[modifica | modifica wikitesto]- Langer Heinrich, Genova
Lombardia
[modifica | modifica wikitesto]- Crespi d'Adda - sito protetto dall'UNESCO
- il Cotonificio Muggiani a Rho
- le centrali idroelettriche Bertini ed Esterle a Porto d'Adda
- il corso del fiume Caldone (a Lecco), dove sono presenti sistemi idraulici per sfruttare l'energia dell'acqua. Questi sistemi servivano a fornire energia alle numerose officine che lavoravano materiale ferroso nate e sviluppatesi nell'Ottocento
- Archeologia industriale in provincia di Varese
- il Parco archeologico industriale ex-Breda a Sesto San Giovanni
Marche
[modifica | modifica wikitesto]Piemonte
[modifica | modifica wikitesto]- Villaggio Leumann a Collegno, provincia di Torino, villaggio operaio fine Ottocento - inizio Novecento per le maestranze dell'omonimo cotonificio
- il complesso del Lingotto a Torino, costruito fra il 1919 e il 1923 da Giacomo Mattè-Trucco come stabilimento FIAT, trasformato dal 1984 da Renzo Piano in centro commerciale, fieristico e culturale polifunzionale
- il Mattatoio di Rivoli (Torino), opera del 1907 dell'ingegner Eugenio Mollino
- le Officine Grandi Riparazioni di Torino, fabbricati industriali adibiti alla riparazione e manutenzione dei vagoni ferroviari (1885-1895)
- la Fabbrica della ruota a Pray (1877-1966, ex azienda Fratelli Zignone fu Carlo)
- Archeologia industriale ad Asti
- Parco Dora, Torino
- Ex stabilimento Lancia, Torino
- Filatoio Rosso, Caraglio (CN)
Sardegna
[modifica | modifica wikitesto]- Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna (il primo[senza fonte] parco geominerario istituito dall'UNESCO nel mondo)
Sicilia
[modifica | modifica wikitesto]- Ciminiere Di Catania
- la Fornace Penna (Scicli)
- Chimica Arenella (Palermo)
- Cantieri Ducrot (oggi Cantieri Culturali alla Zisa) (Palermo)
- Tonnara Florio (Favignana)
- Parchi minerari per l'estrazione dello zolfo nelle provincie di Caltanissetta ed Enna.
- Piloni dello Stretto
Toscana
[modifica | modifica wikitesto]- Gazometro, Firenze, via dell'Anconella, quartiere 4
- Prato, complesso industriale ex Cimatoria Campolmi: antico opificio tessile, di origine ottocentesca, occupa una superficie di circa 10.000 m² e ospita Il Museo del Tessuto di Prato e la Biblioteca comunale A. Lazzerini.
- Parco tecnologico e archeologico delle Colline Metallifere grossetane
Veneto
[modifica | modifica wikitesto]- Schio, con i suoi vari lanifici storici ubicati nel centro urbano (lanificio Cazzola, lanificio Lora (resti), Lanerossi - con la Fabbrica Alta, lanificio Conte), tutti fondati lungo il tracciato della roggia Maestra, un canale artificiale un tempo utilizzato per la produzione di energia. Accanto a questi antichi opifici sorgono altri manufatti quali il nuovo quartiere operaio; sparse nel territorio comunale esistono altre testimonianze (stabilimento Italcementi, fabbrica Saccardo ed essiccatoi di caolino al Tretto, filanda Bressan a Magrè, la centrale idroelettrica Molino di Poleo, ecc.).
Organizzazioni
[modifica | modifica wikitesto]In molti paesi esistono associazioni nazionali di archeologia industriale. Essi si occupano della ricerca, catalogazione, conservazione e divulgazione del patrimonio industriale del passato. Tra i temi studiati dai membri di queste associazioni vi sono: gli stabilimenti industriali, siti estrattivi, tecnologie per la produzione energetica, il turismo industriale, il riutilizzo dei siti industriali, le tecnologie del trasporto. Molti dei gruppi pubblicano materiale ed organizzano conferenze, seminari, organizzano visite guidate nei siti d'interesse[11][12]. Molte organizzazioni infine sono attive in materia di conservazione di luoghi di interesse archeologico industriale attraverso la sensibilizzazione o alla segnalazione alle istituzioni gli episodi di ristrutturazioni, o demolizioni di siti interessanti.
Acronimo | Nome dell'organizzazione | Paese | Anno | Sito web |
---|---|---|---|---|
AIA | Association for Industrial Archaeology | Gran Bretagna | 1973 | industrial-archaeology.org. |
AIPAI ets | Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale - ente terzo settore | Italia | 1997 | https://www.aipaipatrimonioindustriale.com/ |
Associazione Archeologiaindustriale.net | Italia | 2015 | www.archeologiaindustriale.net. | |
ACAI | Associazione Calabrese Archeologia Industriale | Italia | 1982 | Ecomuseo Calabria, su ecomuseocalabria.it (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2007). |
APPI | Associação Portuguesa para o Património Industrial | Portogallo | 1997 | www.museudaindustriatextil.org/appi. |
CILAC | Comité d'Information et de Liaison pour l'Archéologie, l'étude et la mise en valeur du patrimoine industriel | Francia | 1979 | www.cilac.com. |
E-FAITH | European Federation of Associations of Industrial and Technical Heritage | Europa | www.e-faith.org. | |
FIEN | Federatie Industrieel Erfgoed Nederland | Paesi Bassi | 1984 | www.industrieel-erfgoed.nl. |
IHAI | Industrial Heritage Association of Ireland | Irlanda | 1996 | www.ihai.ie. |
JIAS | Japan Industrial Archaeology Society | Giappone | 1977 | jias.o.oo7.jp/index.html. URL consultato il 9 novembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 giugno 2013). |
LIMF | Latvijas Industriālā mantojuma fonds | Lettonia | 1992 | English version. |
AIR | Romanian Association for Industrial Archaeology | Romania | 2007 | |
PIWB | Patrimoine Industriel Wallonie-Bruxelles | Belgio | 1984 | http://www.patrimoineindustriel.be/en/piwb. |
SIA | Society for Industrial Archeology | Stati Uniti d'America / Canada | 1971 | www.sia-web.org. |
Selskabet til Bevaring af Industrimiljøer | Danimarca | 1979 | www.fabrikogbolig.dk/index.php. | |
SGTI / ASHT | Swiss Society for the History of Technology and Industrial Heritage | Svizzera | www.sgti.ch. or www.asht.ch. | |
SIM | Svenska industriminnesföreningen | Svezia | 1989 | www.industriminnen.se/index. |
TICCIH | The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage | internazionale | 1978 | www.ticcih.org. |
TICCIH (Italia) riconosce AIPAI come associazione nazionale italiana | Italia | 1997 | https://www.aipaipatrimonioindustriale.com/ | |
TICCIH (Spagna) | Spagna | 1999 | www.ticcih.es. URL consultato il 27 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2014). | |
TICCIH (Germania) | Germania | German TICCIH National Committee. URL consultato il 27 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2013). | ||
TICCIH (Messico) | Messico | 2006 | www.ticcihmexico.org. | |
TICCIH (Australia) | Australia | 2008 | TICCIH in Oz discussion group. |
Organizzazione nazionale italiana
[modifica | modifica wikitesto]L'AIPAI, Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale è l'organizzazione riconosciuta dal TICCIH come associazione nazionale. L'AIPAI ha per oggetto e senza scopo di lucro, all’interno di quanto statuito D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 dall’Art. 5 lettere: d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa; f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni; g) formazione universitaria e post-universitaria; h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale; i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo.
Riviste scientifiche
[modifica | modifica wikitesto]Le riviste scientifiche riconosciute da ANVUR per gli studi del settore sono Patrimonio Industriale., ISSN 2037-2353, curata da AIPAI e edita da ESI Napoli, e the TICCIH Bulletin., ISSN 1605-6647, curata e edita dal TICCIH.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Renato Covino, Archeologia industriale in Italia: ambito disciplinare, termini cronologici, in Quaderni storici, vol. 15, n. 43, 1980, pp. 218-229.
- ^ a b c Ivan Tognarini e Angelo Nesti, Archeologia industriale. L'oggetto, i metodi, le figure professionali, Roma, Carocci, 2003.
- ^ Michale Rix, Industrial Archaeology, 1967.
- ^ Marco Milanese, L'archeologia postmedievale e industriale in "Il Mondo dell'Archeologia", su Treccani, 2002. URL consultato il 26 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 27 novembre 2019).
- ^ Andrea Carandini, Archeologia Industriale, in Ricerche di storia dell'arte, vol. 7, 1978.
- ^ Franco Borsi, Introduzione all'Archeologia Industriale, Firenze.
- ^ il Museo delle eccellenze artistiche e storiche, su Magi'900. URL consultato il 26 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2013).
- ^ Polo Museale di Cave del Predil [collegamento interrotto], su polomusealecave.coop.
- ^ Antonio David Fiore, Centrale Montemartini. Una nuova luce per Roma, De Luca Editori D'Arte.
- ^ Edoardo Currà, Un palazzo-fabbrica nella Roma del Novecento. Ricerche archeo-industriali per il recupero della Regia Zecca, collana Patrimonio industriale: conoscenza e progetto, Edifir, 2021.
- ^ The Society for Industrial Archeology Annual Conference and Tours, su siahq.org.
- ^ AIA-events (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2013).
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'archeologia industriale
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Presidenza Nazionale AIPAI - DICEA Sapienza Università di Roma.
- (IT, DE, FR) Archeologia industriale, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- (EN, FR) Archeologia industriale, su Enciclopedia canadese.
- AIPAI. sito dell'Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale aderente al TICCIH.
- Rivista Patrimonio Industriale (archiviato dall'url originale il 28 giugno 2021)., rivista scientifica di archeologia e patrimonio industriale a cura di AIPAI
- TICCIH Italy - AIPAI., Sezione italiana dell'International Committee for the Conservation of the Industriale Heritage
- Archeologiaindustriale.net. Progetto per la promozione del Patrimonio Industriale
- Sito del Centro Studi Malfatti - Terni. dedicato all'archeologia industriale, in particolare nell'Umbria
- [1] sito dedicato ai siti di archeologia industriale in Piemonte
- Parco Tecnologico Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane. Parco di archeologia industriale mineraria e siderurgica
- Associazioni di Archeologia industriale, su ips.it.
- Master MPI. URL consultato il 5 novembre 2009 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2008). sito del Dipartimento di Storia dell'Ateneo di Padova, sede del Master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale dall'a.a.2002/2003
- Sito fotografico sull'archeologia industriale e urbana, su thebart.it. URL consultato il 28 marzo 2010 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2008).
- Il Villaggio Crespi a Capriate in Lombardia, sito Unesco di archeologia industriale liberty, su villaggiocrespi.it.
- Il Patrimonio Industriale della Provincia di Pisa, su industriadellamemoria.it. URL consultato il 16 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2007).
- Sito ufficiale del turismo in Toscana, su turismo.intoscana.it.
- sito del Museo all'Aperto di Archeologia Industriale di Schio e Alto Vicentino, su schioindustrialheritage.it. URL consultato il 24 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2011).
- Flavio Biagi, pittore contemporaneo di Archeologia Industriale, su flaviobiagi.it.
- Centro Rete Biellese Archivi Tessili e Moda, su archivitessili.biella.it. URL consultato il 10 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 7 ottobre 2014).
- www.archeomedia.net Nella sezione di Archeologia Industriale contiene articoli e il Manuale di Marco Montesso
- Network Italiano sul Turismo Industriale, su trattopunto.com.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 1067 · LCCN (EN) sh85065824 · GND (DE) 4026806-8 · BNE (ES) XX530892 (data) · BNF (FR) cb119412056 (data) · J9U (EN, HE) 987007548363705171 · NDL (EN, JA) 00576212 |
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