Congresso di Vienna
Congresso di Vienna | |
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Il Congresso di Vienna in un dipinto di Jean-Baptiste Isabey (1767-1855) | |
Tema | riorganizzazione dell'assetto dell'Europa dopo le guerre napoleoniche |
Partecipanti | principali potenze europee |
Apertura | 1º novembre 1814 |
Chiusura | 9 giugno 1815 |
Stato | Impero austriaco |
Località | Vienna |
Esito | mutamenti territoriali, inizio della Restaurazione |
«Gli abusi del potere generano le rivoluzioni; le rivoluzioni sono peggio di qualsiasi abuso. La prima frase va detta ai sovrani, la seconda ai popoli. [1]»
Il Congresso di Vienna fu una conferenza tenutasi presso il castello di Schönbrunn (Schloß Schönbrunn in tedesco) nell'omonima città, allora capitale dell'Impero austriaco, dal 1º novembre 1814 al 9 giugno 1815 (benché diverse datazioni riportino l'inizio e la fine del Congresso al 18 settembre 1814 e al 9 giugno 1815[2]). Vi parteciparono le principali potenze europee allo scopo di ridisegnare la carta dell'Europa e ripristinare l'Ancien régime dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche. Con il Congresso di Vienna si apre infatti quella che viene definita come l'età della Restaurazione in Europa che può considerarsi conclusa con i moti del 1830-1831.[3]
Per la prima volta gli stati europei decisero che il modo giusto di mettere fine a una guerra era riunire tutti gli stati interessati e discutere una soluzione valida per tutti: un'idea che è sopravvissuta fino ad oggi.[4] L'idea che i grandi conflitti e le questioni internazionali andassero risolte da riunioni a cui partecipavano tutte le nazioni coinvolte era oramai entrata nella cultura della diplomazia europea. Un secolo dopo, questa idea avrebbe assunto la forma della Società delle Nazioni e, a meno di 150 anni dalla chiusura del Congresso, avrebbe portato alla nascita delle Nazioni Unite.[4]
La nuova concezione romantica della storia
«S'identificò la storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico.»
Nel Congresso di Vienna si confrontarono due linee politiche contrapposte: coloro che volevano un puro e semplice ritorno al passato e quelli che sostenevano la necessità di un compromesso con la storia trascorsa; «Conservare progredendo» era la loro parola d'ordine. Questo contrapposto modo di pensare l'azione politica nasceva paradossalmente da un unico punto di origine ideale.
Nell'età della Restaurazione avanzava infatti una nuova concezione della storia che smentiva quella illuminista basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Regime del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.
Dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia. Esiste una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini ingenuamente si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.
La concezione reazionaria
Da questa nuova concezione romantica della storia opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: la prima è una prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla sciagurata storia degli uomini. Napoleone è stato con le sue continue guerre l'Anticristo di questa apocalisse. Dio segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva ed allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato.
Si cercherà in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato. I sovrani restaurati dal Congresso di Vienna tenteranno di ripristinare le vecchie strutture politiche e sociali spazzate via dalla Rivoluzione francese e da Napoleone ma il loro sarà un compito impossibile. «L'aratro della Rivoluzione» scrive lo storico tedesco Franz Mehring[5] «aveva sconvolto troppo in profondità il suo terreno, fino ai campi di neve della Russia; un ritorno alle condizioni che avevano dominato in Europa fino al 1789 era impossibile».
È stato detto che mentre Napoleone veniva sconfitto sui campi di battaglia gli ideali di cui si era fatto portatore ispiravano, sia pure forzatamente, quei sovrani reazionari che lo combattevano. Si erano visti sovrani conservatori pressati dai tempi nuovi come Ferdinando IV di Borbone re di Napoli e Ferdinando VII di Spagna che fin dal 1812 avevano concesso ai loro sudditi addirittura la Costituzione. Vero è che questi stessi sovrani, dopo la caduta di Napoleone, cancellarono con un tratto di penna quanto avevano concesso ma dovettero poi affrontare moti insurrezionali interni che riuscirono a fatica a controllare solo con l'intervento della Santa Alleanza.
Gli ideologi della Restaurazione
La concezione reazionaria politica-religiosa nella Restaurazione la troviamo espressa soprattutto nel pensiero di François-René de Chateaubriand, che nel Génie du Christianisme (Genio del Cristianesimo, 1802) attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del Cristianesimo, e soprattutto nel pensiero mistico-teocratico di Joseph de Maistre, che arrivava nell'opera Du Pape (Del Papa, 1819), al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare, riproponendo il modello delle comunità medioevali protette dalla religione tradizionale contro le insidie del liberalismo e del razionalismo.
La concezione progressista
Un'altra prospettiva, che nasce dalla stessa concezione della storia guidata dalla Provvidenza, è quella che potremmo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una visione dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di Alessandro Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia mazziniana che, nell'opera "Dio e popolo", riteneva ogni popolo, anelante alla libertà, come la manifestazione di un Dio immanente.
L'apertura del Congresso
Il Congresso di Vienna si tenne nella capitale dell'allora Impero austriaco, dal 1º novembre 1814[6] al 9 giugno 1815. Un ruolo di primo piano ebbe la partecipazione delle quattro nazioni europee vincitrici, che tentarono così di dare un nuovo stabile assetto all'Europa dopo l'avventura napoleonica. Insieme ad altre delegazioni di diversi stati anche la Francia partecipò al congresso per l'abile azione diplomatica di Talleyrand, vescovo prima della rivoluzione dell'89, deputato rivoluzionario, collaboratore di Napoleone ed ora ministro degli esteri di Luigi XVIII. Egli riuscì a far applicare per la Francia, vittima del tiranno napoleonico, il principio di legittimità secondo il quale dovevano essere restaurati sui loro troni i sovrani illegittimamente spodestati da Napoleone. La Francia del resto aveva già stipulato la pace con un precedente trattato siglato a Parigi il 30 maggio 1814.
Le discussioni continuarono malgrado il ritorno di Napoleone dall'esilio e la sua riassunzione del potere in Francia nel marzo 1815, e l'atto supremo del Congresso fu firmato nove giorni prima della sua finale disfatta nella battaglia di Waterloo, avvenuta il 18 giugno 1815.
Tecnicamente, il Congresso di Vienna non si svolse come un normale congresso, dato che non si riunì mai in sessione plenaria, e la maggior parte delle discussioni avvenne in sessioni informali tra le grandi potenze.
Le decisioni prese dal Congresso seguirono due linee-guida per l'assegnazione dei territori europei ai vari sovrani:
- il principio di equilibrio concepito con lo scopo di non concedere ad alcun paese la supremazia territoriale in Europa, ma, al contrario, di equilibrare le forze delle varie potenze europee in modo che nessuna di queste potesse prevalere sulle altre: questo principio portò alla nascita, ad esempio, del Regno dei Paesi Bassi (da non confondersi con quello odierno), che funse da "cuscinetto" tra la Francia e la Confederazione germanica.
- il principio di legittimità per riassegnare il trono ai ritenuti legittimi sovrani deposti durante il periodo napoleonico, come ad esempio accadde nella Francia post-rivoluzionaria, a capo della quale venne nominato sovrano il fratello minore del re ghigliottinato, Luigi XVI, Luigi XVIII, considerato come legittimo successore di Luigi XVII[7]; in questo modo veniva ripristinata la monarchia, anche se in questo caso si trattava di una monarchia costituzionale (benché "ottriata", cioè non parlamentare). Questo principio tuttavia non venne sempre rispettato: ad esempio le repubbliche di Venezia e di Genova non vennero ricostituite.
L'ordinamento degli stati ricostituiti venne lasciato ai singoli sovrani, ma fu generalmente quello di monarchie assolute, senza parlamenti o rappresentanze elettive.
Si le Congrès danse, il ne marche pas (Se il Congresso danza, non cammina)
Dopo la caduta e l'abdicazione di Napoleone a Fontainebleau (6 aprile 1814) e la ratifica della prima Pace di Parigi, la sesta coalizione venne sciolta, mentre sul trono di Francia fu posto il legittimo sovrano, Luigi XVIII di Borbone, fratello minore del decapitato Luigi XVI. Secondo l'articolo XXXII del trattato di pace si sarebbe dovuto riunire a Vienna un congresso plenario delle potenze vincitrici per dare un nuovo assetto ed un ordine durevole all'Europa, che per quasi vent'anni era stata calpestata, devastata e ridotta allo stremo dalla lunga guerra contro l'Imperatore francese.
I sovrani vincitori ed i loro ministri plenipotenziari si incontrarono in un primo momento a Londra; soltanto nell'autunno del 1814 il Congresso ebbe inizio a Vienna, al quale presero parte le delegazioni diplomatiche di quasi tutte le nazioni europee. Dall'ottobre 1814 al giugno 1815 Vienna, e soprattutto il luogo d'incontro, il Dipartimento di Stato (più tardi anche la Cancelleria di Stato) nel Palazzo di Ballhausplatz, sede del Principe di Metternich, divenne il cuore del continente per la sua centralità politica. Anfitrione di questo grande consesso fu l'imperatore d'Austria Francesco I d'Asburgo-Lorena. Gli ospiti cercarono di rendere il soggiorno delle personalità d'alto rango il più piacevole possibile.
I lavori del Congresso furono continuamente inframezzati da feste, cene, balli e ricevimenti tenuti dalla corte austriaca, dai nobili viennesi oppure dalle numerose delegazioni convenute.[4] La continua atmosfera di festa fece coniare al principe Charles Joseph de Ligne la famosa immagine del "Congresso danzante"[8] In una lettera al principe de Talleyrand del 1º novembre 1814, Ligne scrisse:
«Mi attribuiscono il motto "Il Congresso danza, ma non va avanti". Ed esso non stilla nulla come il sudore di questi signori che ballano. Credo anche d'aver detto: "Questo è un congresso di guerra, non un congresso di pace."»
Anche diversi contemporanei, nonostante deplorassero l'immobilità politica, misero però in risalto la magnificenza e lo splendore dell'evento. Il segretario-generale del Congresso, il conte Friedrich von Gentz, in una lettera del 27 settembre 1814, scrisse:
«La città di Vienna offre ai presenti una visione spettacolare; tutta l'Europa è qui rappresentata dalle più illustri personalità. L'imperatore, con l'imperatrice e le grandi principesse di Russia, il re di Prussia con parecchi principi della sua casa, il re di Danimarca, i re ed i principi ereditarii di Baviera e del Württemberg, i duchi ed i principi delle case di Meclemburgo, Sassonia-Weimar, Sassonia-Coburgo, Assia ecc., metà dei vecchi principi e dei conti dell'Impero, e poi un numero immenso di diplomatici provenienti dai più vari reami d'Europa. Tutto questo non fa che dar vita ad un movimento ed a una tale varietà di immagini ed avvenimenti che solo la straordinaria epoca, nella quale noi viviamo, sarebbe in grado di produrre. Gli affari di Stato nel frattempo, con lo sfondo di tali singolari cose, non stanno andando avanti affatto.»
Tuttavia alcuni storici sono dell'opinione che il Congresso non trascurò i suoi impegni effettivi tra i vari balli e tutti gli altri intrattenimenti, ma stabilì le linee guida del nuovo ordine di pace e stabilità dell'Europa, anche se la grossolana quanto pungente opinione del feldmaresciallo Blücher sembrerebbe dare un'altra impressione.
«Il Congresso assomiglia ad una fiera in un piccolo paese, in cui ognuno dà una lucidata al dorso del proprio bestiame per venderlo e barattarlo.»
Partecipanti
Al Congresso, il Regno Unito fu prima rappresentato dal ministro degli esteri, il visconte Castlereagh; dopo il febbraio 1815, dal Duca di Wellington; e nelle ultime settimane, dopo che Wellington se ne andò per affrontare Napoleone, dal Conte di Clancarty. L'Austria era rappresentata dal principe Klemens von Metternich, il ministro degli Esteri, e dal suo delegato, Barone Wessenberg. La Prussia era rappresentata dal principe Karl August von Hardenberg, il cancelliere, e dal diplomatico e studioso Wilhelm von Humboldt.
La Francia di Luigi XVIII era rappresentata dal ministro degli Esteri Charles Maurice de Talleyrand-Perigord. Sebbene la delegazione ufficiale della Russia fosse guidata dal suo ministro degli Esteri, il Conte Karl Vasil'evič Nesselrode, lo zar Alessandro I per lo più operò personalmente. Inizialmente, i rappresentanti delle quattro potenze vincitrici sperarono di escludere i francesi da una seria partecipazione ai negoziati, ma Talleyrand riuscì abilmente ad inserirsi nei dibattiti interni sin dalle prime settimane.
Poiché la maggior parte del lavoro al Congresso fu svolta da queste cinque potenze (assieme, per certi temi, con le rappresentanze di Spagna, Portogallo e Svezia; sui temi tedeschi, di Hannover, Baviera, e Württemberg; su quelli italiani, dello Stato Pontificio e dei Regni di Sardegna e di Napoli), la maggior parte delle delegazioni non ebbe molto da fare al Congresso, e l'ospite, imperatore Francesco I d'Austria sostenne splendidi intrattenimenti per mantenerle occupate.
Le materie su cui si discusse furono molteplici e in generale solo le perdite territoriali a danno dei francesi non furono oggetto di discussione. Queste erano già state decise riportando i confini francesi a quelli precedenti le avventure napoleoniche.
Mutamenti territoriali
Il principale risultato del Congresso (a parte la ratifica della perdita dei territori che la Francia si era annessa tra il 1795 ed il 1810, che era già stata stabilita dalla "Pace di Parigi") fu l'accrescimento della Russia, che guadagnò il grosso del Ducato di Varsavia, e della Prussia, che acquistò la Westfalia e la Renania settentrionale.
Il consolidamento della Germania dai quasi 300 stati del Sacro Romano Impero (disciolto nel 1806) in un sistema – molto più gestibile – di trentanove stati fu confermato. Questi stati andarono a costituire una blanda Confederazione Tedesca sotto la guida di Prussia ed Austria.
Europa centrale
In particolare le materie trattate furono quelle polacco-tedesche e italiane.
Per quanto riguarda le prime, lo Zar presentò un piano in cui prevedeva la creazione di una Polonia indipendente satellite della corona russa. Questo piano fu fortemente osteggiato dalle altre potenze, e alla fine si giunse ad un accordo spartendo la Polonia e attribuendo gran parte della Sassonia al sovrano prussiano. In generale si portò la composizione della Confederazione Tedesca a 39 stati sotto il controllo di Austria e Prussia.
L'oggetto più controverso al Congresso fu, infatti, la cosiddetta crisi sassone-polacca. I russi e prussiani avanzarono una proposta secondo la quale la maggior parte dei territori austriaci e prussiani della Polonia sarebbero andati alla Russia, che avrebbe creato un regno polacco indipendente in unione personale con la Russia, con lo zar Alessandro quale re.
In cambio, i prussiani avrebbero ricevuto come compensazione tutta la Sassonia, il cui re veniva considerato abdicante per non aver abbandonato Napoleone abbastanza in fretta. Gli austriaci, i francesi, e gli inglesi non approvarono questo piano, e, ispirati da Talleyrand, firmarono un trattato segreto il 3 gennaio 1815, consentendo alla guerra, se necessario, per impedire che il piano russo-prussiano producesse il suo effetto.
Sebbene nessuna delle tre potenze fosse particolarmente pronta alla guerra, i russi non vollero sfidarle, e si elaborò presto una composizione amichevole, per cui la Russia ricevette il grosso del Ducato napoleonico di Varsavia come Regno di Polonia (chiamato Polonia del Congresso), ma non ricevette il distretto di Poznań (Granducato di Poznan), che fu dato alla Prussia, né Cracovia, che rimase una città libera. La Prussia ricevette il 40% della Sassonia (più tardi nota come provincia di Sassonia), con la restante parte resa al Re Federico Augusto I di Sassonia (Regno di Sassonia).
La Gran Bretagna ne uscì come la potenza che aveva più interesse per l'equilibrio in Europa, ma all'esterno dell'Europa si rafforzò acquisendo le ex colonie francesi delle Indie Occidentali o che appartenevano a stati in passato alleati della Francia: acquisì così dai Paesi Bassi il Sudafrica e il capo di Buona Speranza. L'Inghilterra era rappresentata da lord Castlereagh, ministro degli esteri, un nobile irlandese che aveva ricevuto istruzioni di poter mettere sulla bilancia dei negoziati i territori inglesi extraeuropei per potersi avvantaggiare in Europa. Ma egli non seguì tale indicazione, percependo che gli altri stati non si erano resi conto dell'importanza delle colonie: quest'abile mossa permetterà alla Gran Bretagna di rimanere la più grande potenza coloniale sino alla fine della seconda guerra mondiale.
Il nuovo assetto politico territoriale italiano
Dopo il congresso di Vienna l'Italia fu divisa in una decina di stati (che si ridussero ad otto, entro una trentina di anni dal Congresso, a causa di alcune annessioni di stati minori ad entità più vaste):
- Il Regno di Sardegna, governato dai Savoia, riottenne il Piemonte e la Savoia e venne ulteriormente ingrandito con i territori della ex Repubblica di Genova.
- Nel resto del nord venne costituito il Regno Lombardo-Veneto sotto il controllo dell'Austria, comprendente i territori di terraferma della Repubblica di Venezia (che contrariamente ai principi-guida del Congresso non venne ricostituita), del Veneto, del Friuli e della Lombardia orientale, tutti uniti alla parte rimanente della Lombardia. Al Regno Lombardo-Veneto fu annessa anche la Valtellina, visto che si era opposta alle richieste svizzere, che miravano a far sì che questa valle - sulla quale la Svizzera aveva una sorta di protettorato dal 1512 - ritornasse al Canton Grigioni o fosse unita alla Confederazione, come cantone autonomo. Nel Lombardo-Veneto inoltre fu inserita anche la Transpadana ferrarese, un territorio appartenente allo Stato Pontificio, un lembo di terra a nord del fiume Po, storicamente e culturalmente associato all'Emilia.
Sotto forte influenza austriaca si trovavano inoltre:
- Il Granducato di Toscana sotto la dinastia degli Asburgo-Lorena (che annesse i territori del Principato di Piombino e l'Elba nonché lo Stato dei Presidi; ossia Orbetello e il Monte Argentario).
- Il Ducato di Modena sotto la dinastia degli Austria-Este.
- Il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla venne assegnato a titolo vitalizio alla moglie di Napoleone Maria Luisa d'Austria ed alla sua morte nel 1847 il titolo tornò ai Borbone di Parma (Guastalla venne annessa al Ducato di Modena).
- Il Ducato di Lucca venne assegnato a titolo provvisorio come compensazione per i Borbone di Parma, in attesa della morte di Maria Luisa e quindi del loro legittimo rientro a Parma (Lucca in seguito venne annessa al Granducato di Toscana nel 1847).
- Il Ducato di Massa e Carrara venne assegnato a titolo vitalizio alla madre del Duca di Modena (l'ultima esponente della casa d'Este: Maria Beatrice d'Este) ed alla sua morte nel 1829 venne annesso a Modena stessa.
Indipendenti, ma legati all'Austria da vincoli di alleanza e interesse:
- Il papa fu restaurato nello Stato Pontificio, che oltralpe perdeva però definitivamente la città di Avignone e il Contado Venassino, lasciate al Regno di Francia, mentre mantenne le enclave di Benevento e Pontecorvo[9] entro il regno di Napoli.
- Nell'ambito dei confini pontifici rimase la piccola ed indipendente Repubblica di San Marino, che non venne toccata dagli eventi napoleonici e che rimase sempre estranea agli eventi politici successivi.
- Nel Sud Italia il cognato di Napoleone, il maresciallo napoleonico Gioacchino Murat, fu originariamente autorizzato a mantenere il Regno di Napoli. Tuttavia, in seguito al sostegno da lui fornito all'Imperatore durante i "Cento Giorni", venne deposto e la corona fu riconsegnata a Ferdinando IV di Borbone. L'8 dicembre dell'anno successivo, avvenne il primo cambiamento nella configurazione politica della penisola: il Regno di Sicilia fu unito al Regno di Napoli in un solo Stato chiamato Regno delle Due Sicilie con Napoli capitale e con re Ferdinando IV che assunse la nuova denominazione di Ferdinando I delle Due Sicilie.
La dinastia dei Borbone di Napoli fu rappresentata al Congresso di Vienna da don Luigi de' Medici appartenente ai Principi di Ottaviano.
Altri mutamenti
I rappresentanti al Congresso concordarono numerosi altri mutamenti territoriali. La Norvegia fu trasferita dalla Danimarca alla Svezia. Un grande Regno Unito dei Paesi Bassi fu creato come stato cuscinetto per il principe Guglielmo d'Orange-Nassau, e comprendeva sia le vecchie Province Unite sia i territori precedentemente governati dall'Austria, i quali avrebbero poi costituito dal 1830 in avanti il Belgio.
Ci furono altri, meno importanti, aggiustamenti territoriali che comprendevano significativi guadagni territoriali per i regni tedeschi di Hannover (che guadagnò la Frisia orientale a scapito della Prussia e vari altri territori della Germania nord-occidentale) e di Baviera (che guadagnò il Palatinato renano e territori in Franconia). Il Ducato di Lauenburg fu trasferito da Hannover alla Danimarca e la Pomerania svedese fu annessa dalla Prussia. Il trattato riconobbe inoltre i diritti portoghesi su Olivença, ma essi furono ignorati e l'area rimase sotto controllo spagnolo.
La Santa Alleanza
Effetto del clima romantico dove la politica era concepita in termini di mistica religiosa fu la costituzione della Santa Alleanza. Lo zar Alessandro voleva impegnare in questo patto sacro i contraenti di Prussia, Russia, Austria ad impegnarsi a conformarsi nel governo dei loro popoli ai principi della carità cristiana scritti «nell'eterna religione di Dio salvatore».[10][11]
Il 26 settembre 1815 i sovrani europei vi aderirono, eccetto il Papa, avverso ad un'alleanza che univa assieme cattolici, luterani ed ortodossi; il sultano della Turchia, che non era particolarmente interessato ai princìpi cristiani; ed il Principe-Reggente del Regno Unito, che non poteva assentire ad un tale trattato senza coinvolgimento ministeriale (in effetti egli firmò nel suo ruolo di Reggente di Hannover), ma soprattutto perché il Regno Unito temeva che questa alleanza nascondesse la volontà della Russia di avere mano libera nei Balcani.
In seguito, la Santa Alleanza fu progressivamente associata con le forze della reazione in Europa, e particolarmente con gli orientamenti politici di Metternich, che aveva come supremo criterio di politica internazionale quello del mantenimento dell'ordine europeo.
Quadruplice e Quintuplice Alleanza
Il 20 novembre 1815 fu redatto un secondo patto tra Prussia, Austria, Russia che con l'adesione della Gran Bretagna prese il nome di Quadruplice Alleanza.
Al Congresso di Aquisgrana, dell'ottobre-novembre 1818, gli alleati, in cambio del pagamento delle riparazioni di guerra (ancorché ridotte), approvarono il ritiro dei propri corpi di occupazione, stanziati in Francia sin da Waterloo. La Francia di Luigi XVIII venne invitata ad aderire al patto che prese il nome di Quintuplice Alleanza e che sopravvisse fino alla morte dello zar Alessandro nel 1825.[12]
La presenza della Francia era ancora formale data la diffidenza delle altre quattro potenze europee che avevano stipulato contestualmente anche un protocollo segreto, che confermava la garanzia reciproca in funzione anti-francese.
La vera promozione della Francia da potenza sconfitta ad alleato dev'essere fatta risalire, al Congresso di Verona del 9-14 ottobre 1822, quando, nonostante il dissenso inglese, Austria, Russia e Prussia autorizzarono i ministri di Luigi XVIII alla spedizione militare in Spagna per restaurare il governo assoluto di Ferdinando VII di Borbone: quello fu, in effetti, il vero evento che sancì il reingresso di Parigi nel consesso delle grandi potenze europee. Il corpo di spedizione denominato "I centomila figli di San Luigi" con la vittoriosa battaglia del Trocadero (1823)[13] restaurò l'assolutismo monarchico di Ferdinando VII di Borbone.[14]
Gli strumenti dell'alleanza
Per il mantenimento dell'ordine, l'alleanza si basava sul principio di intervento: nel caso uno Stato avesse avuto dei problemi causati da disordini rivoluzionari che non fosse in grado di sedare e che potessero contagiare gli altri Stati, questi si ritenevano in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato si sostituiva così il principio politico della sovranità limitata degli Stati e l'ideale della solidarietà internazionale, da attuarsi con la periodica consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia internazionale che era la Santa Alleanza.
I paesi coinvolti nel Congresso si accordarono infatti di riunirsi ad intervalli, a norma dell'Articolo VI:
«Per assicurare l'esecuzione del presente Trattato e consolidare i legami ora così uniti i Quattro Sovrani per la felicità del mondo hanno concordato di rinnovare i loro incontri a periodi prefissati […] per la considerazione di misure per la serenità e prosperità delle Nazioni e per il mantenimento della Pace in Europa.»
Ciò portò all'istituzione del sistema del Congresso, ed ai successivi congressi: i più importanti saranno quello di Aquisgrana (1818), di Troppau (1820), di Lubiana (1821) che autorizzò l'intervento austriaco nel napoletano e infine il congresso di Verona (1822) già citato.
I partecipanti alla firma del trattato
Le quattro grandi potenze e la Francia borbonica
Le quattro grandi potenze che in precedenza avevano costituito il cuore della Sesta coalizione furono anche il fulcro del Congresso di Vienna. Alla vigilia della sconfitta di Napoleone esse già avevano delineato la loro comune posizione col Trattato di Chaumont (marzo 1814), e negoziato il Trattato di Parigi con i Borboni durante la restaurazione:
- Austria: Klemens Wenzel, principe di Metternich – Friedrich von Gentz – Adam Müller – Franz Anton, conte di Kolowrat-Liebsteinsky
- Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda: Robert Stewart, marchese di Londonderry e visconte Castlereagh – Arthur Wellesley, duca di Wellington – Robert Banks Jenkinson, II conte di Liverpool – George Hamilton Gordon, IV conte di Aberdeen – Henry John Temple, III visconte Palmerston – Edward Gibbon Wakefield – John George Lambton, conte di Durham
- Russia: Karl Robert, conte di Nesselrode – Ioannis Kapodistrias – Heinrich Friedrich Karl vom Stein
- Prussia: Karl August, principe di Hardenberg – Wilhelm von Humboldt – Alexander von Humboldt – Karl August Varnhagen von Ense
- Francia: Charles Maurice de Talleyrand – Alphonse de Lamartine – François-René de Chateaubriand – Marie-Joseph Motier, marchese de La Fayette – Jean Anthelme Brillat-Savarin
Gli altri firmatari
- Baviera: Maximilian Joseph Graf von Montgelas – Carl Philipp Joseph von Wrede
- Regno di Napoli e Regno di Sicilia: Don Luigi de' Medici appartenente ai Principi di Ottaviano.
- Hannover: Ernst, conte di Münster
- Stato Pontificio: card. Ercole Consalvi
- Meclemburgo: Leopold von Plessen
- Paesi Bassi: Hans Christoph Ernst von Gagern
- Spagna: Marchese Pedro Gómez de Labrador
- Portogallo: Pedro de Sousa Holstein, conte di Palmela, António de Saldanha da Gama, conte di Porto Santo, Joaquim Lobo da Silveira
- Svezia: Conte Carl Löwenhielm
- Sassonia: Detlev conte di Einsiedel
- Svizzera: Hans von Reinhard – Johann Heinrich Wieland – Johann von Montenach
- Württemberg: Georg Ernst Levin, conte di Wintzingerode
Critiche ed elogi
«Raramente l'incapacità dei governi a frenare il corso della storia si è manifestata in maniera più evidente che nella generazione successiva al 1815. Prevenire una seconda Rivoluzione francese, o la catastrofe ancora peggiore di una rivoluzione generale europea sul modello di quella francese era l'obiettivo supremo di tutte le potenze che avevano impiegato vent'anni a sconfiggere la prima; e questo era persino l'obiettivo della Gran Bretagna che non aveva in simpatia gli assolutismi reazionari… e sapeva che le riforme non potevano né dovevano essere evitate, ma temeva una seconda espansione franco-giacobina… Eppure mai nella storia europea lo spirito rivoluzionario era stato così endemico…»
Il Congresso di Vienna fu spesso criticato da storici del XIX secolo e da quelli più recenti per il fatto di aver ignorato gli impulsi nazionali e liberali e per avere imposto una reazione repressiva sul continente.
Per la verità, questa critica era già sostenuta dall'opposizione Whig nel Regno Unito al tempo della conclusione del Congresso. Le decisioni prese dal Congresso di Vienna, dove la pace e la stabilità furono barattate con le libertà ed i diritti collegati alla rivoluzione francese, fecero parte integrante di ciò che divenne noto come l'ordine conservatore.
Nel XX secolo, tuttavia, alcuni storici sono arrivati ad ammirare gli statisti del Congresso, la cui opera, si disse, aveva impedito un'altra guerra generale europea per quasi cent'anni (1818-1914)[15].
L'abolizione della tratta degli schiavi
Uno dei pochi meriti indiscussi del Congresso di Vienna fu la sottoscrizione, «interponendovi i suoi zelanti uffici Pio VII»[16], di una Dichiarazione contro la tratta dei negri contenuta nell'allegato 15 dell'Atto finale (8 febbraio 1815). Sia pure sostenuta dagli interessi inglesi nei confronti delle colonie francesi, fu un passo importante nella lotta allo schiavismo.[17]
Note
- ^ Klemens von Metternich (Gabriele Nicolò, Duecento anni fa si chiudeva il Congresso di Vienna, Osservatore Romano del 9 giugno 2015)
- ^ Bloy Marjie, The Congress of Vienna, 1 November 1814 — 8 June 1815, su victorianweb.org. URL consultato il 30 marzo 2014.
- ^ Sergio Parmentola, "Restaurazione" in Enciclopedia dei ragazzi (2006)
- ^ a b c Il Congresso di Vienna, 200 anni fa, su ilpost.it, 1º novembre 2014. URL consultato il 1º novembre 2014.
- ^ F. Mehring, Absolutisme et Révolution en Allemagne (1525–1848)
- ^ Albert Malet e Jules Isaac, Révolution, Empire et première moitié du siecle XIX, edizioni Hachette, 1929, p. 404
- ^ Dalla morte del padre nel 1793, fu considerato re di Francia e di Navarra col nome di Luigi XVII dai monarchici francesi e dalle corti europee, anche se era stato imprigionato dai repubblicani. Non regnò mai effettivamente e si spense all'età di dieci anni, nel 1795, a causa delle dure condizioni di prigionia.
- ^ L'espressione, riportata in varie forme sembra debba attribuirsi originariamente al commento del Principe di Ligne: «Le Congrès ne marche pas; il danse.» («Il Congresso non cammina; danza).»
- ^ Vincenzo Federici, Gli Statuti di Pontecorvo, ed. Abbazia di Montecassino 2006 p.4
- ^ Patto della Santa Alleanza, art.2 e in Diritto religioni,Pellegrini Editore, p.343
- ^ Sebbene ampiamente derisa da molti statisti al Congresso (Castlereagh lo chiamava «un pezzo di sublime misticismo ed assurdità» e Metternich un «nulla altisonante»)
- ^ Pietro Orsi, Gli ultimi cento anni di storia universale, 1815-1915, Società tipografico-editrice nazionale, 1919, pag.48 e sgg.
- ^ Battaglia nella quale si distinse il pretendente al trono del Regno di Sardegna, Carlo Alberto per farsi perdonare il sostegno dato nel 1821 ai moti liberali di Torino
- ^ John G. Ikenberry, Dopo la vittoria. Istituzioni, strategie della moderazione e ricostruzione dell'ordine internazionale dopo le grandi guerre, Vita e Pensiero, 2003, pag.109 e sgg.
- ^ Henry Kissinger, Diplomazia della Restaurazione, trad. it. di E. Brambilla, Garzanti, Milano, 1973.
- ^ Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro sino ai nostri giorni, Tipografia Emiliana, 1853, p.145
- ^ In effetti lo sviluppo della Rivoluzione industriale che si era avviato in Inghilterra poneva in secondo piano la convenienza economica dell'utilizzo del lavoro servile nel sistema produttivo capitalistico. Era molto più economicamente dispendioso assicurare tutte le necessità materiali per la sopravvivenza dello schiavo e della sua famiglia piuttosto che elargire un salario all'operaio di cui si comprava esclusivamente la sua forza lavoro. Il lavoro servile conservava invece una certa convenienza in quegli stati a prevalente economia agricola basata sulla monocoltura. Ma anche qui ben presto la meccanizzazione dell'agricoltura rese economicamente non produttiva la manodopera servile.
Bibliografia
- Ghervas, Stella. Réinventer la tradition. Alexandre Stourdza et l'Europe de la Sainte-Alliance. Paris, Honoré Champion, 2008. ISBN 978-2-7453-1669-1
- Kissinger, Henry. Diplomazia della restaurazione. Garzanti, 1973.
- Jarrett, Mark. "The Congress of Vienna and its Legacy: War and Great Power Diplomacy after Napoleon". London, I. B. Tauris & Company, Ltd., 2013. ISBN 978-1-78076-116-9
- Criscuolo, Vittorio. "Il Congresso di VIenna". Milano, Il Mulino, 2014
Voci correlate
- Castello di Schönbrunn
- Klemens von Metternich
- Restaurazione
- Legittimismo
- Protocollo (cerimoniale)
- Stato cuscinetto
- Stati italiani dal Congresso di Vienna all'unità d'Italia
Altri progetti
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