Nell'anno del Signore: differenze tra le versioni
Nessun oggetto della modifica |
Nessun oggetto della modifica |
||
Riga 23: | Riga 23: | ||
*[[Robert Hossein]]: [[Leonida Montanari]] |
*[[Robert Hossein]]: [[Leonida Montanari]] |
||
*[[Renaud Verley]]: [[Angelo Targhini]] |
*[[Renaud Verley]]: [[Angelo Targhini]] |
||
⚫ | |||
*[[Stelvio Rosi]]: ufficiale guardie |
*[[Stelvio Rosi]]: ufficiale guardie |
||
⚫ | |||
*[[Ugo Tognazzi]]: [[Agostino Rivarola|Cardinal Rivarola]] |
*[[Ugo Tognazzi]]: [[Agostino Rivarola|Cardinal Rivarola]] |
||
*[[Pippo Franco]]: Bellachioma |
*[[Pippo Franco]]: Bellachioma |
||
Riga 30: | Riga 30: | ||
*[[Britt Ekland]]: Principessa Spada |
*[[Britt Ekland]]: Principessa Spada |
||
*[[Stefano Oppedisano]]: ragazzo ubriaco |
*[[Stefano Oppedisano]]: ragazzo ubriaco |
||
*[[Stefano Riva]]: |
|||
*[[Franco Abbina]]: Principe Spada |
*[[Franco Abbina]]: Principe Spada |
||
*[[Maria Cristina Farnese]] |
|||
*[[Piero Nistri]] |
|||
*[[Marco Tulli]]: il capitano delle guardie |
*[[Marco Tulli]]: il capitano delle guardie |
||
*[[Bruno Erba]] |
|||
*[[Emilio Marchesini]] |
|||
|doppiatoriitaliani = |
|doppiatoriitaliani = |
||
*[[Giuseppe Rinaldi]]: Leonida Montanari |
*[[Giuseppe Rinaldi]]: Leonida Montanari |
Versione delle 19:30, 24 apr 2016
{{{titolo italiano}}} | |
---|---|
I titoli di testa | |
Paese di produzione | Italia |
Durata | 120 min |
Genere | drammatico |
Regia | Luigi Magni |
Soggetto | Luigi Magni |
Sceneggiatura | Luigi Magni |
Produttore | Bino Cicogna per San Marco Cinematografica, Les Film Corona, Francos Film |
Fotografia | Silvano Ippoliti |
Montaggio | Ruggero Mastroianni |
Musiche | Armando Trovajoli |
Scenografia | Carlo Egidi, Joseph Hurley |
Interpreti e personaggi | |
|
Nell'anno del Signore è un film del 1969, scritto e diretto da Luigi Magni e basato su un fatto realmente accaduto, l'esecuzione capitale di due carbonari nella Roma papalina. È il primo della trilogia proseguita con In nome del Papa Re (1977) e In nome del popolo sovrano (1990); film nei quali ricorre il tema del rapporto tra il popolo e l'aristocrazia romana con il potere pontificio, tra gli sconvolgimenti accaduti nel periodo risorgimentale.
Trama
Roma, 1825: è in corso il pontificato di Leone XII, caratterizzato da una politica reazionaria e intransigente, in cui la repressione di qualsiasi forma di libertà individuale è attuata da uno stato di polizia e dalle trame del subdolo cardinale Agostino Rivarola. Gli ebrei sono costretti a rimanere rinchiusi nel Ghetto e continuamente umiliati da forzati tentativi di conversione; la polizia fa rispettare un rigido coprifuoco; perfino gli osti sono obbligati a servire il vino al di fuori dei cancelli delle osterie, per evitare che gli avventori seduti ai tavoli possano creare disordini.
Malgrado tutto, sulla statua parlante di Pasquino vengono continuamente affissi scritti ironici e duramente critici nei confronti del governo; e soprattutto si svolgono nella massima segretezza delle riunioni della carboneria, che auspicano, sia pure in forma vaga e contraddittoria, una rivoluzione popolare che possa portare a una nuova realtà istituzionale. Due carbonari, Leonida Montanari, romano, e Angelo Targhini, modenese, si ritengono costretti a pugnalare un loro compagno, il principe Filippo Spada, che, in crisi di coscienza a causa di una malattia mortale della sua bambina, si era pentito dell'affiliazione alla carboneria e aveva rivelato dei segreti al suo confessore.
Spada, però, riesce a salvarsi dalle ferite di coltello di Targhini e Montanari e li denuncia alla polizia pontificia: la sorte dei due carbonari è segnata, e dopo un processo sommario senza adduzione di prove, i due sono condannati alla ghigliottina. La storia si intreccia con quella del ciabattino Cornacchia e della sua amante Giuditta, una bellissima ragazza ebrea. I due, meno colti e meno inclini ai cambiamenti radicali rispetto ai carbonari, si erano legati però di affetto con Montanari e Targhini (Giuditta, tra l'altro, si era innamorata di Montanari) e si sforzano di aiutarli.
Cornacchia propone al cardinal Rivarola di rivelargli l'identità di Pasquino una volta ottenuta la grazia per i due condannati: dato che Pasquino è lui stesso, il ciabattino offre di fatto la propria vita per quella dei carbonari. Ma è tutto inutile. Qualche giorno prima, infatti, Cornacchia in un moto di orgoglio di fronte alle offese di Giuditta che lo considerava un buono a nulla, aveva corretto un sacrestano che aveva commesso uno sbaglio mentre stava scrivendo, rivelando quindi che lui non era per nulla stupido e analfabeta come faceva credere in giro. Questa notizia, di persona in persona, era arrivata direttamente al Cardinale che, in questo modo mette in trappola Cornacchia/Pasquino consegnandogli una lettera, spacciandola come una grazia per Montanari, ma con su scritto "Arrestate il latore della presente, Cornacchia" e ordinandogli di portarla alle prigioni e di non farla leggere nessuno, tranne al Capitano delle Guardie della prigione, perché la "grazia" è un segreto di stato. Cornacchia si rende conto di essere stato messo all'angolo. Se consegna la lettera verrà arrestato, se non la consegna rivelerà di essere Pasquino. Così come ultimo atto di Pasquino scrive un ultimo epigramma che invita il Papa a giustiziare i due Carbonari dato che questa fine, in fin dei conti, è quella che i due condannati segretamente sperano, visto che come dice Cornacchia "la barca della rivoluzione naviga sul sangue". Infatti questo suo comportamento non è un atto contro Montanari e Targhini, ma paradossalmente cerca di aiutare la loro idea di rivoluzione. Se ci fosse, di fatto, una grazia per i due, come spiega Cornacchia, il popolo considererebbe la Chiesa come un "buon padre" che minaccia punizioni terribili ma senza mai metterle veramente in pratica. Ma se ci fosse infine la condanna a morte dopo un processo farsa, nel corso degli anni questa peserebbe come un macigno e indurrebbe il popolo ad odiare ancora di più la Chiesa/Stato fomentando di continuo nuove rivolte contro di essa. Finito di scrivere affida l'ultimo messaggio al suo successore (Pippo Franco in un breve cameo nella parte di un pastore e futuro nuovo Pasquino) perché lo apponga sulla statua di Pasquino. Dopodiché entra in un monastero per farsi frate. In tal modo, tramite l'asilo chiesto alla chiesa, non può più essere perseguito per i crimini commessi in precedenza.
Targhini e Montanari, in attesa della fine, sono imprigionati in Castel Sant'Angelo. Viene inviato loro un frate, sinceramente devoto e appassionato sostenitore del potere papale, che insiste perché si confessino per salvarsi l'anima in punto di morte (procedura, come spiega lui, assolutamente necessaria per poterli assolvere e in seguito permettere che vengano giustiziati): ma i carbonari, pur provando una certa simpatia per il frate, sono fermi nel loro ateismo oltre che nella loro opposizione al potere temporale dei papi, e rifiutano qualsiasi conforto religioso. Solo per un momento i due si illudono, sentendo rumori provenienti dall'esterno, che i romani siano dalla loro parte e ci sia stata la tanto sperata sollevazione popolare. Ma è solo una breve illusione e il risveglio è amaro. I popolani infuriati invadono la prigione, ma al contrario desiderano che l'esecuzione dei due avvenga al più presto, e si lamentano perché l'evento viene ritardato di continuo e molti di loro hanno affittato balconi e verande e temono di dover restituire il denaro.
Gli eventi sembrano dar ragione al cardinal Rivarola: il popolo non vuole la libertà, ma il quieto vivere e ogni tanto qualche diversivo, costituito nella fattispecie da un ghigliottinamento pubblico. Targhini e Montanari vengono così portati in Piazza del Popolo davanti al boia (allora chiamato, a Roma, Mastro Titta). In quel momento il povero frate irrompe e va verso i due. Nonostante le sue suppliche (inascoltate) al cardinale di liberare i due, decide almeno di assolverli nella pubblica piazza, ma viene bloccato proprio su ordine di Rivarola e trascinato via.
I due devono essere giustiziati senza neanche il conforto dei sacramenti. Decapitato per primo Targhini, Montanari sale per secondo sul patibolo. "Siete l'omo più moderno de Roma" dirà ironicamente Montanari al boia, sottolineando che rispetto alla società di antico regime quella della Restaurazione aveva riportato indietro la società al secolo precedente lasciando solo, come unica innovazione, la ghigliottina.
Commento
È il primo di una trilogia di film di Magni dedicati alla Roma papalina del periodo risorgimentale. A questo film seguiranno infatti In nome del Papa Re (1977) e In nome del popolo sovrano (1990), che proseguono sullo stesso solco. In Nell'anno del Signore, come negli altri due film, viene raffigurata una Roma sottomessa e assuefatta al potere temporale della Chiesa, in un graffiante alternarsi di situazioni farsesche e drammatiche, che smascherano le ipocrisie del potere.
Un film che, attraverso la falsariga della commedia, vuole far luce sugli aspetti meno edificanti del potere pontificio nel secolo XIX disegnando sarcasticamente una amara parabola sul potere più in generale. Il film, che consacrò Luigi Magni come uno dei migliori registi italiani, ebbe grande successo in Italia grazie anche alla contemporanea presenza di molti dei migliori attori della commedia all'italiana, che all'epoca erano ancora tutti nel pieno della loro carriera e maturità artistica, come Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Enrico Maria Salerno.
Incongruenze storiche
- Targhini non era modenese, come mostrato nel film, bensì bresciano, residente a Roma, mentre Montanari, anziché romano, era cesenate; Montanari, inoltre, viene rappresentato come un uomo maturo, sulla quarantina, mentre nella realtà entrambi i carbonari erano sui venticinque anni, con Targhini più grande del Montanari di un anno.
- Nel film, la sentenza di morte dei due carbonari viene attribuita al cardinal Rivarola, sebbene sia storicamente accertato che Rivarola non fu coinvolto nel processo e nella condanna, e la pena capitale fu comminata dal governatore di Roma, Mons. Bernetti. Inoltre, il cardinal Rivarola anziché essere veneto, come mostrato nella pellicola, era in realtà genovese.
- Alla proposta di Giuditta di fuggire con lei a Napoli, entrambi i carbonari obiettano che Napoli era sotto il governo non meno terribile del "re Ferdinando": ma l'azione si svolge nel 1825, e Ferdinando I delle Due Sicilie era morto il 4 gennaio dello stesso anno, quindi è da ritenere che fosse in realtà sul trono il suo successore Francesco I.
- Cornacchia cita in un'occasione "santa Rita da Cascia": ma Rita da Cascia fu riconosciuta santa solo nel 1900.
- In una scena girata in Piazza Mattei, nel Ghetto, Giuditta afferma che in un palazzo della stessa piazza abitavano Paolina Bonaparte con la madre Letizia. In realtà Madama Letizia abitava nel Palazzo Bonaparte di Piazza Venezia, ben distante dal Ghetto, e Paolina passò gli ultimi anni della sua vita (morì nello stesso 1825) a Firenze.
Curiosità
- Il film si conclude con Montanari che prima di porgere il capo alla ghigliottina dice "Buonanotte popolo", poi è inquadrata una targa commemorativa apposta nel 1909 da un'associazione libertaria, la scena si allarga e si riconosce, potendo identificarlo come luogo dell'esecuzione, Piazza del Popolo come appariva al tempo della realizzazione del film, fine anni '60, con le auto parcheggiate. All'uscita dalle sale, il pubblico romano faceva la fila per andare a vedere questa targa (a fianco a Porta del Popolo, sul lato sinistro).[senza fonte]
- Il successo del film fu tale che i cinema di Roma provarono per la prima volta le proiezioni all'una del mattino, con grande successo.[senza fonte]
- La scelta del cast fu più complessa di quanto possa sembrare. Il regista avrebbe voluto scegliere attori semisconosciuti ma la produzione, preoccupata per i contenuti anticlericali del film, gli chiese di inserire almeno un nome noto. La scelta era caduta su Nino Manfredi ma non sembrava sensato inserire un unico attore noto in un film con tanti ruoli di primo piano. Si decise così di scritturare attori noti per tutti i ruoli di spicco.
- Nino Manfredi interpreterà ancora il ruolo di un Pasquino (stavolta ambientato nel 1870) nel film La notte di Pasquino.
Colonna sonora
La colonna sonora, composta dal maestro Armando Trovajoli, e che vede la collaborazione della vocalist Edda Dell'Orso (per il celebre Tema di Giuditta), è composta da questi brani:
1. Nell'Anno Del Signore
2. Castel S. Angelo
3. Paolina
4. Angelo e Giuditta
5. I Carbonari
6. Addio
7. Sotto La Ghigliottina
8. Ouverture Nell'anno Del Signore
9. Tema Di Giuditta
10. La Processione Dei Condannati
11. Dichiarazione D'amore
12. Pasquino
13. Sapessi Quanto Amore
14. Coro Della Morte
15. Piazza Del Popolo
16. Nell'Anno Del Signore (Suite)
17. Serenata Per Giuditta
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Nell'anno del Signore
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Nell'anno del Signore
Collegamenti esterni
- Nell'anno del Signore, su Cinematografo, Fondazione Ente dello Spettacolo.
- (EN) Nell'anno del Signore, su IMDb, IMDb.com.