Rezension über:

Leo Andergassen: L’iconografia di sant'Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia (= Centro Studi Antoniani; 60), Padova: Centro Studi Antoniani 2016, 641 S., 281 Abb., ISBN 978-88-85155-93-0, EUR 65,00
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Rezension von:
Pietro Delcorno
Institute for Advanced Study, Central European University, Budapest
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Pietro Delcorno: Rezension von: Leo Andergassen: L’iconografia di sant'Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia, Padova: Centro Studi Antoniani 2016, in: sehepunkte 19 (2019), Nr. 5 [15.05.2019], URL: https://www.sehepunkte.de
/2019/05/32202.html


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Leo Andergassen: L’iconografia di sant'Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia

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Il volume dedicato da Leo Andergassen all'iconografia antoniana procede principalmente per accumulo, raccogliendo una miriade di informazioni sulle raffigurazioni del santo di Padova lungo più di tre secoli, spaziando dalle tavole ad uso devozionale ai grandi cicli di affreschi. I dati sono radunati e schedati senza l'ambizione o il tentativo di giungere a un'interpretazione complessiva. L'autore lo riconosce onestamente nell'introduzione, affermando che il volume intende solo "mettere le basi per una nuova interpretazione e organica sistemazione dell'iconografia di sant'Antonio" (11). Chi cercasse quindi in questo libro uno studio sullo sviluppo e le trasformazioni dell'iconografia antoniana - o ancor più sul mutare della sua funzione nella sfaccettata e dinamica storia religiosa italiana - rimarrà inevitabilmente deluso. Il testo ha infatti un impianto enciclopedico, non il taglio della monografia, prestandosi pertanto ad essere consultato più che letto.

Vitale e utilissimo, in tal senso, risulta il dettagliato indice dei luoghi e delle persone che permette di navigare un testo altrimenti, per ampi tratti, prigioniero di quella che Umberto Eco chiamava "la vertigine della lista". Spesso prevale infatti un diluvio di riferimenti a decine di immagini, ciascuna protagonista di poche righe. Un solo esempio: alle pagine 128-129 si discutono nove opere (una sola riprodotta), dicendo di una di esse che "merita una considerazione speciale", senza però dare seguito a tale affermazione. Inoltre, l'autore avrebbe potuto guidare più chiaramente il lettore attraverso il materiale, ora disposto nei capitoli secondo criteri non sempre chiari e non presentati in apertura (l'introduzione è in realtà una schedatura dei precedenti studi di iconografia antoniana; 13-21).

Più del testo, il vero tesoro è costituito dall'amplissimo apparato iconografico: 150 pagine di riproduzioni a colori, di ottima qualità, dove sono raccolte quasi 300 immagini del culto reso al santo portoghese, dalle prime tavole duecentesche ai cicli di affreschi del tardo Quattrocento. L'apparato di immagini - dalle quali il lettore può partire per esplorazioni personali - è il guadagno più sicuro di un volume che, altrimenti, appare come un'occasione mancata. Il taglio iconografico resta infatti schiacciato sull'elemento descrittivo, senza avanzare un'ipotesi interpretativa del rapporto tra serialità e mutazioni - secondo la lezione di Jérôme Baschet [1] - o provare a cogliere alcune linee di sviluppo, come recentemente proposto per santa Chiara, per restare in ambito 'francescano'. [2]

Rinunciando a fornire una conclusione del volume, così come a dare una chiave di lettura introducendo o chiudendo ciascun capitolo, Andergassen sembra affermare, almeno implicitamente, l'impossibilità di ricondurre a un quadro unitario lo sviluppo dell'iconografia di sant'Antonio. Posizione questa che avrebbe meritato di essere eventualmente argomentata, sottolineando la presenza di una sorta di forza centrifuga nella produzione di immagini del santo padovano. I temi su cui riflettere non mancavano. Valeva ad esempio la pena soffermarsi maggiormente sull'eclisse di un episodio come l'apparizione di Francesco al capitolo di Arles, importante in una prima fase, o sull'affermarsi non solo del santo taumaturgo, ma di alcuni miracoli in particolare. Esempio ne sia l'imporsi progressivo del miracolo del cuore dell'avaro, la cui storia ed evoluzione meriterà studi specifici. Già a fine Trecento, il miracolo del cuore dell'avaro è inserito - unica scena antoniana - nella volta della sala capitolare del convento minorita di Pistoia, là dove le altre vele sono dedicate a san Francesco. Andergassen rileva come questa sia la più antica attestazione iconografica di tale scena, ma si limita ad associarlo alla funzione del Christus Iudex e cogliere la similitudine compositiva con l'esame delle stigmate nella Basilica Superiore di Assisi, senza riflettere sul perché proprio tale miracolo diventi un elemento cardine della raffigurazione di Antonio (259-260). La scena del cuore dell'avaro ritorna ad esempio nella predella dell'altare dei santi Cosma e Damiano commissionato a Firenze da Cosimo de' Medici, dove l'episodio sintetizza l'intera vita del santo portoghese, così come le stigmate condensano quella di Francesco. Lo stesso miracolo - che presenta Antonio come predicatore, e predicatore che denuncia un vizio prettamente sociale come l'avarizia / usura - si ritrova costantemente in cicli quattrocenteschi, da quelli di Deruta all'Ospedale della Scala di Siena, senza parlare dei bassorilievi di Donatello a Padova.

Per gettare luce su tali evoluzioni sarebbe stato utile - accanto alla rapida sintesi delle vite del santo, contenuta nel primo capitolo (23-36) - considerare in maniera più organica lo sviluppo della predicazione in onore di Antonio. Andergassen si limita a brevi cenni, senza sfruttare i recenti e significativi apporti di Eleonora Lombardo e Aleksander Horowski. In tale senso, la ricerca non esce mai dal recinto delle sole immagini, privandole di riscontri che potevano illustrare il tessuto sociale e culturale che le ha prodotte.

Più in generale, la bibliografia appare spesso assai datata, non solo all'altezza della pubblicazione del volume, ma già a quella dell'elaborazione del lavoro come tesi di dottorato (2002). Su questo starà al lettore controllare i dati forniti (non sempre precisi) e integrarli con riferimenti più aggiornati.

La scelta di raccogliere il materiale secondo tipologie di prodotto (tavole; presenza nei polittici; attributi del santo; cicli narrativi; scultura; miniature) se permette un raffronto all'interno delle diverse modalità di produzione, non favorisce uno sguardo diacronico all'evoluzione dell'iconografia. Rivelatore in questo senso è che si debba aspettare fino a pagina 237 perché venga affrontata la famosa vetrata duecentesca della Basilica Superiore di Assisi, trattata nel capitolo 9 ("Scene e cicli narrativi nella pittura monumentale"), là dove ad esempio nel capitolo 4 si era già affrontato, almeno in teoria, "L'influsso dell'Osservanza sulla raffigurazione di Antonio" (123-146). Lungo il volume emerge comunque la ricchezza dell'iconografia del santo di Padova, così come il suo passare da pendant di Francesco d'Assisi a ruoli più autonomi e diversificati, dovuti in parte alla necessità di distinguersi all'interno del crescente pantheon di santi minoritici. Giustamente l'autore rileva come il volume fornisca ampli materiali per la storia dell'iconografia anche degli altri santi della famiglia minoritica, da Ludovico di Tolosa ai Martiri del Marocco.

La pluralità di ruoli ricoperti dal portoghese di Padova è legata non solo all'emergere del santo taumaturgo, protagonista di una serie di miracoli immediatamente riconoscibili (ad esempio, quello della mula), ma anche al crescere del suo profilo da predicatore, visibile non solo nella scena del capitolo ad Arles, ma ancor più dall'affermarsi di temi come la predica ai pesci, il cuore dell'avaro, la predica sul noce. Emerge così come nell'Italia tardo medievale Antonio fosse non solo il santo dei miracoli, ma anche - e forse soprattutto - il santo della parola efficace e il teologo minorita. Starà al vivace cantiere degli studi sul culto e l'agiografia antoniani [3] approfondire quanto in questo volume si può vedere soltanto in filigrana, sfruttando i materiali raccolti da Andergassen, collegandoli ad altri tipi di fonti, così da potere avanzare un'interpretazione complessiva dell'evoluzione e della funzione socio-religiosa del culto reso ad Antonio in quei secoli.


Note:

[1] Jérôme Baschet: Inventivité et sérialité des images médiévales. Pour une approche iconographique élargie, in: Annales 51 (1996), 93-133 e Id.: Corpus d'images et analyse sérielle, in: Les images dans l'Occident médiéval, ed. p. Jérôme Baschet / Pierre-Olivier Dittmar, Turnhout 2015, 319-332.

[2] Nirit Ben-Aryeh Debby: The Cult of St Clare of Assisi in Early Modern Italy, Farnham 2014.

[3] Un aggiornato quadro in: Antonio di Padova e le sue immagini: Atti del XLIV convegno internazionale (Assisi, 13-15 ottobre 2016), Spoleto 2017.

Pietro Delcorno