Secondo un apprendistato classico, il principio di composizione albertiano (compositio superficierum, membrorum, corporum) si pone a fondamento del processo figurativo che conduce alla rappresentazione del corpo armonico e funzionale...
moreSecondo un apprendistato classico, il principio di composizione albertiano (compositio superficierum, membrorum, corporum) si pone a fondamento del processo figurativo che conduce alla rappresentazione del corpo armonico e funzionale (gravis e connotato da un certo senso di dignitas). In tal senso, sin dalla prima età moderna, anatomia e studio dal vero divengono strumenti indispensabili per il giovane artista.
Già allora, tuttavia, l’applicazione pura e semplice di queste conoscenze non era ritenuta sufficiente. Al corpo raffigurato, infatti, occorreva una qualità supplementare, rintracciabile in quella caratteristica disposizione al movimento che, mostrandosi come vivacità, riusciva a renderlo espressivo, avvicinandolo alle forme naturali. Solo animando la materia inerte, l’artista poteva sperare di raggiungere il proprio obiettivo: in tal caso, il corpo sarebbe apparso dotato di dinamismo, vigoria e bellezza. Alberti, in proposito, traeva dal campo della retorica i termini di copia (abbondanza) e varietas (varietà) e, riattivandoli in ambito pittorico, li legava indissolubilmente al concetto di voluptas.
Se da un lato la condivisa esigenza di vitalità rimpinguava le casse di quella mitologia che leggeva nell’opera d’arte il coagularsi delle qualità demiurgiche del suo autore, dall’altro essa si presentava fortemente determinata da una ragione di ordine pratico. La raffigurazione, infatti, aveva bisogno di mostrarsi libera da equivoci e fraintendimenti, leggibile agli occhi dello spettatore per il quale era pensata. Scrivendo: «si dovrà lodare solo quella copia che nella raffigurazione sia conveniens all’evento che viene rappresentato», Alberti sceglieva di reimpiegare un altro concetto retorico, quello di decorum, che, dall’indicare il perfetto accordo tra stile e argomento, passava a designare il riferimento univoco di tutte le entità raffigurate a un unico scopo.
Questa necessità, che potremmo esemplificare nel concetto di eloquenza dell’immagine, pur essendo un leitmotiv nella storia dell’arte, tra gli anni ottanta del Settecento e i primi tre decenni del secolo successivo si mostrò con un’impellenza che non trovava precedenti. Nel periodo contrassegnato dalla Rivoluzione francese e dalla successiva Restaurazione, assistiamo, infatti, al rinnovamento degli interrogativi riguardanti il carattere edificante dell’arte, e in particolar modo di quelli che si riferivano alla convenienza della pittura di storia.
Tutto sembrava giocarsi sul limite impervio e scivoloso della rappresentazione del corpo umano. Questo, infatti, se correttamente inteso, avrebbe dovuto mostrare un meraviglioso rispecchiamento tra moti dell’animo e moti delle membra, tra interno ed esterno. Lo studio classico dell’anatomia e quello, altrettanto canonico, del modello vivente trovavano nuova energia nel tentativo di plasmare una vera e propria fenomenologia del corpo, in grado di guidare la scelta dei gesti e la disposizione dei personaggi nel quadro: una strategia che, per quanto si rivolgesse all’antichità, desiderava aggiornare le norme compositive proprie della pittura e della scultura che la precedevano.
Il corpo eloquente si contrappose, nella sua dimensione più ampia, alla consuetudine che leggeva traccia dei sentimenti provati dalla figura nel solo volto (fisiognomica). L’articolazione complessiva della macchina umana e la sua disposizione conveniente all’interno della scena divennero, perciò, leggi indispensabili per la composizione di una rappresentazione efficace.
Assunti e riconsiderati questi aspetti della teoria albertiana, l’intervento intende affrontare la questione dell’eloquenza e dell’esemplarità del corpo raffigurato prendendo in considerazione una particolare varietà di dipinti. Questa, pur accomunando opere che esibiscono un’unica figura, si potrebbe includere nella nutrita schiera delle pitture di storia, costituendone il grado zero, la forma minima. Tale tipologia, infatti, è formata da quelle peculiari prove accademiche in cui lo studio dal vero del modello (solitamente maschile) è occasione per disporre la figura in modo tale che essa, anche se solitaria, sia in grado di narrare un evento (l’historia albertiana). Si scelgono così le pose esemplari (“parlanti”) del Gladiatore ferito, di Filottete straziato dal dolore, di Endimione addormentato, di Prometeo legato alla rupe, e ancora quelle del Caino disperato, di Abele morente e dell’atleta trionfante.
L’interesse di questi dipinti non si esaurisce nell’analisi del soggetto e nella loro contestualizzazione all’interno della specifica storia formativa dell’autore. A queste prospettive ne va aggiunta almeno un’altra, quella che indaga il rapporto tra il modello e l’artista, e che consente di leggere nella scelta della posa e nella trattazione del corpo nudo non solo prove di abilità tecniche e compositive, ma anche il rispecchiamento del creatore nella sua opera. In questo senso, la scelta delle iconografie assume spesso un valore morale e l’eloquenza dell’immagine esprime talvolta tormenti, sfide e ideali dell’autore stesso.
Questa particolare categoria della pittura, dunque, in un arco di tempo che si dispone a cavallo tra due secoli, fu un banco di prova insostituibile per il giovane artista. Nei dipinti che ne fanno parte, si addensano questioni divergenti: da quelle classiche sulla pittura di storia e sul suo ruolo nella società a quelle riguardanti più specificamente il tema dell’espressività del corpo e della sua eloquenza, da quelle tecniche sull’anatomia e sulla fisiologia della macchina umana a quelle più intime che velatamente emergono nelle scelte delle pose e dei modelli.
Alla luce dell’ampia bibliografia sul tema, si è pensato di creare un percorso che, analizzando casi specifici, sappia mostrare la complessità della materia e lasciare aperte interessanti vie per la critica, quali, ad esempio, l’influente ruolo delle immagini nelle strategie di comunicazione e l’evoluzione dei concetti di bellezza e di canone.