Eminem

Dalle provocazioni degli esordi ai racconti di riscatto di 8 Mile e oltre, l’MC è sempre rimasto fedele alla linea, riflettendo la propria psiche e quella americana con un’incisività raramente eguagliata. Cresciuto nella Detroit della classe operaia, il rapper, nato nel 1972 come Marshall Mathers, ha mosso i primi passi nelle battle, giungendo presto alle orecchie dell’allora CEO di Interscope Records Jimmy Iovine e del futuro mentore Dr. Dre. Solo pochi mesi prima – storia decisiva per la sua carriera - aveva perso il lavoro di cuoco a 60 ore alla settimana che gli consentiva di mantenere la figlia. Divertenti e spesso brutali, i suoi primi album (The Slim Shady LP del 1999 e The Marshall Mathers LP del 2000) lo hanno reso ben presto uno dei più inicisivi spauracchi della cultura pop, un diavolo dai capelli ossigenati capace di mettere tutti alla berlina. Il risultato è un sound che ha scavato nel cuore dell’America suburbana: il rap non come reportage sociale ma come terapia dell’urlo primario, punk per una generazione stordita dai reality. Anche nella sua dimensione matura, con in tasca la fama, la stabilità, la sobrietà e un Oscar (per il pezzo portante di 8 Mile, ‘Lose Yourself’), ha mantenuto il piglio, continuando implacabilmente a lanciare bordate a politica e società. E per quanto sia stato duro col mondo, Em ha riservato la parte peggiore a se stesso, convogliando le sue insicurezze sulla famiglia, sulla musica e sulla propria rilevanza a livello culturale in rime che lo hanno solo fatto apparire più umano.