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Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/58

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     10Digli, che tante stille onde se’ pieno,
     Non son dell’Alba ma del mio dolore.
E se fia che ti colga, e ponga in seno,
     Scendi alla manca parte, e digli al core:
     Tirsi aspetta pietade o morte almeno.


XX.1


Quando Matilde al suo sepolcro accanto
     La mesta d’Innocenzio urna scoprìo:
     Ahimè il buon Padre (e interrompea col pianto
     Gli accenti) ahimè, dicea, ch’egli morìo!
5Or chi l’Impero e chi la gloria e il vanto,
     Sì ben custodirà del dono mio?
     E in qual parte del Cielo eccelsa tanto
     N’andò, ch’in Ciel nè meno or lo vegg’io?
Così dicea la regal Donna, e il duolo
     10Crescea mirando l’urna umile, incolta,
     Benchè superba del gran nome solo.
Non lungi era la Fama, e disse: ascolta:
     Non ti lagnar: vive Innocenzio, e solo
     La pompa di se stesso ha qui sepolta.


XXI.


Stassi di Cipro in su la piaggia amena
     Un’alta Reggia, dov’Amor risiede:
     Colà mi spinsi, e di quel Nume al piede
     Presentai carta d’umiltà ripiena.
5Sire (il foglio dicea) Tirsi, che in pena
     Servìo finor, la libertà ti chiede;
     Nè crede orgoglio il dimandar mercede,
     Dopo sei lustri di servil catena.
La carta ei prese, e in essa il volto affisse;
     10Ma legger non potea, ch’egli era cieco,
     E conobbe il suo scorno e se ne afflisse.

  1. Pel modestissimo sepolcro, che Innocenzio XII pose a sè stesso dirimpetto al sontuoso monumento della Contessa Matilde in Vaticano.