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4 | parte prima |
resistendo alle persecuzioni del più arrogante e superbo clero del mondo, fu proclamata la perfetta eguaglianza degli uomini e l’abolizione d’ogni casta.
Per quanto adunque la religione buddhica possa sembrare a noi occidentali strana ed assurda nelle sue dottrine e nei suoi dogmi, credo tuttavia che non dobbiamo sdegnare di occuparcene, se pensiamo alla parte che ebbe nello svolgimento morale e civile, e nella storia dei popoli asiatici. Anzi nel volgere lo sguardo a ciò che fu per ventiquattro secoli oggetto di venerazione e di culto a immense moltitudini, non può esser che un certo senso di rispetto non si desti anche in noi verso quelle credenze, consacrate oramai dalla pietà e dalla fede di tanti uomini che le professarono: e per gl’inestimabili beni, di cui furono feconde all’umano consorzio, dovremmo tutti sentirci disposti a scusarne gli errori, e più di ogni altro coloro, che per aiuto soprannaturale ne furono immuni.
Il Buddhismo, dice a ragione un moderno scrittore, è il più vasto sistema religioso del mondo; imperocchè abbraccia tutti que’ rami di scienza, che le nazioni d’Occidente sono da gran tempo abituate a considerare come altrettante suddivisioni distinte dello scibile umano. È indubitato che il Buddhismo, esplorando il misterioso libro della natura, ha messe in luce molte verità, che la scienza occidentale doveva scoprire più tardi. Nella ipotesi della pluralità dei mondi e della loro formazione, esso ha anticipato di 2000 anni l’ipotesi herscheliana delle nebulose; nel considerare la vita cosmica e la vita della terra, ha intuitivamente indovinato non pochi resultati della moderna astronomia e della moderna geologia.1