Pallada
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Pallada (IV-V secolo), poeta e grammatico greco antico.
Antologia Palatina
[modifica]- È per la morte che siamo serbati tutti e ingrassati | branco di porci macellati a caso. (X, 85)[1]
- La donna è tutta fiele; ha due momenti buoni nel letto e nella tomba. (XI, 381)[2]
- Quando io ti vedo e odo la tua voce, ti adoro, | guardando la casa stellata della vergine: | poiché i tuoi atti si estendono al cielo, | o divina Ipazia, ornamento di ogni discorso, | stella purissima dell'arte della sapienza.[3]
- Ὅταν βλέπω σε, προσκυνῶ, καὶ τους λόγους, | τῆς παρθένου τὸν οἶκον ἀστρῷον βλέπων | εἰς οὐρανὸν γάρ ἐστι σοῦ τὰ πράγματα, | Ὑπατία σεμνή, τῶν λόγων εὐμορφία, | ἄχραντον ἄστρον τῆς σοφῆς παιδεύσεως. (IX, 400)
- Vidi ad un trivio un bronzo del figlio di Zeus, | Prima menzionato nelle preghiere, adesso gettato via. | Sdegnato, dissi: "Dio di tre lune, che liberi dai mali, | Mai sconfitto, oggi invece stai steso per terra?" | Di notte il dio mi venne accanto e mi disse ridendo: | "Anche se sono un dio, ho imparato ad adeguarmi ai tempi". (IX, 441)
Note
[modifica]- ↑ Traduzione di F. M. Pontani. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
- ↑ Citato in Prosper Mérimée, Carmen, traduzione di Franco Montesanti, Garzanti Editore, 1984.
- ↑ Traduzione di Augusto Agabiti.
Bibliografia
[modifica]- Augusto Agabiti, Ipazia. La prima martire della libertà di pensiero, 1914.
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