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Guido Ceronetti

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Guido Ceronetti nel 1982

Guido Ceronetti (1927 – 2018), poeta, filosofo, scrittore, giornalista e drammaturgo italiano.

Citazioni di Guido Ceronetti

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  • A me, la sensazione di vivere in un mondo nuovo la diede il testo sanscrito della Bhagavad Gita, un mucchio di anni fa. Aprirlo a caso è una mano di soccorso. Non promette felicità impossibili, ma una salvezza fuori dall’illusione dell’esistenza.[1]
  • [Cioran] [...] buon Esculapio del Sesto Arrondissement, ruga di tronco solitario, occhio veggente al cannocchiale del mondo da una minuscola mansarda che naviga sopra l'umano e il disumano della città alchemica e sillogizzante [...][2]
  • Cioran, lo squartatore misericordioso.[3]
  • Con troppa musica in corpo, maldigerita, non si cerca il libro. La stampa ha tenuto bene finché non ha passato la linea d'ombra oltre cui cessa di essere una modificazione e una trasposizione della scrittura manuale, mentre ormai promana dalla scrittura elettronica e il libro è figlio del dischetto: la lettura è attirata dalla stampa finché le resta odore di scrittura morta, di manualità viva mutata in segni piombati. Chi visita la stamperia dell'editore Tallone ad Alpignano avrà la percezione immediata di questo: il rapporto con la scrittura manuale, intatto, come condizione essenziale della vita del libro tra mani vive. Allora tu dici: questo è un libro, e palpi la scrittura-madre, come riconosci un una fotografia buia, dove un'immagine dissolvente, mossa, rivela una chioma di Berenice, una donna.
    Voi dite che mancano i lettori: ma queste sono verità falsanti, senza paradosso vivificante. L'editoria è sterminata: è il libro che manca. (Dalla rubrica Lanterna rossa de La Stampa[4])
  • Cristina Campo, bagliore letterario, fu ben più che una "donna letterata". O non la sentirei così vicina, così tuttora fraterna...
    Essa invita a meditare non sulla propria soltanto, ma sulla scrittura, sull'ars dello scrivere, sulla Parola originaria che diventa, in una diaspora stellare illimitata, scrittura alfabetica, stile che afferra, forma metaparlante, pane soprasostanziale: miracolo possibile solo a chi ebbe con gli archetipi un rapporto stretto stretto, a chi fu reso atto a percepire le sonorità misteriose, oscure, che secerne il silenzio prudente delle Madri. (da Agli dei Mani di Cristina[5])
  • Da molti anni sono vegetariano e posso dire di averci guadagnato in salute fisica e mentale. Non ho perduto che le macabre catene del conformismo onnivorista.
    Dati i prezzi del mercato delle carni, una famiglia volontariamente vegetariana galleggia meglio, può spendere in raffinatezze quel che risparmia in pezzi di cadavere, ha un bilancio meno pesante e lo stomaco meno guasto. Meglio sia un'intera famiglia a nutrirsi vegetarianamente, e non un solo componente, perché così non c'è separazione a tavola, tutti unisce in un magico circolo l'ideale comune. Siate diversi, sostanzialmente diversi da come vi vogliono, da come vi fanno essere! E per esserlo infallibilmente, bisogna cominciare dal nutrimento, tutto è lì. Il vegetarianismo familiare è un'incrinatura sensibile dell'uniformità sociale, una piccola porta chiusa al male, in questa universale condanna a essere tutti uguali a servirlo. I bambini non sono un problema: quasi tutti sono, spontaneamente, vegetariani, e un vegetariano avveduto non li priva certo di proteina. La carne gli viene imposta dall'idiozia carnivorista degli adulti.[6]
  • Dare gioia è un mestiere duro.[7]
  • È più che legittimo che il Papa pensi alla sua Polonia. Ma anche un pappagallo è Polonia. Anche un agnello trascinato al mattatoio è disperata Polonia. Anche una piccola foca bianca del Labrador è Polonia, e addirittura più Polonia della patria polacca che anche noi amiamo. E verso le povere bestie, l'uomo è cento volte Unione Sovietica! Guai a esaltarne la sinistra potenza! La compassione non è divisibile.[8]
  • "E tu dagliene, dagliene ancora!" | Dietro l'uscio Elettra gridava | "Dagliene ancora ancora!" | Mentre Oreste la madre pugnalava || A Novi Ligure una ragazzina | Madre e fratello tranquilla sventra | Fa un mattatoio di quella villa | Con un coltello tolto in cucina. || Guàrdati madre da quel faccino | Che va alla scuola covando morte. | Domani sera ti verrà incontro: | Nei suoi occhi vedrai chi ti assassina [...] || Duemila e uno e pur sempre scruti | Gli stessi abissi torvi dei miti. || D'Argo Dioniso trasse più vita | Discetta il dotto d'Ellade e Fato. | Ma a Novi giace un sangue impurgato, | Cronaca smorta, irredimita || Dice la gente: sia demolita | La casa invasa da tanto crimine. | Il padre invece ne lava i muri, | Spera il cancello spinga una sera | L'amara figlia. (da Ballata della ragazza di Novi[9])
  • Gente capace di portare la Santa Inquisizione tra i Maya, di far sparire il bisonte dalle praterie, di mandare missionari a convertire i buddisti, di chiamare crociate volute da Dio certi vomitamenti di pura canaglia su modi di vivere che li rifiutavano, sembrava bene indicata per coprire di petrolio i mari e far scivolare il DDT nei visceri dei pinguini. Gente che conserva il culto di un bandito come Cristoforo Colombo, un colombo portatore-di-Cristo a quel che il nome dice, non avrà pietà dell’ultimo gatto selvatico, o dell’ultimo filo d’erba. Scienziati e giornali chiedono leggi: nazionali, internazionali ec. Nello stesso tempo, psicologi, sociologi e altra malavita, perquisiscono tutte le forme di vita associata in cerca degli ultimi tabù da incenerire. Come possano tenere, senza tabù, le leggi, si può vedere dallo stato delle leggi, dove non sia il terrore a puntellarle. Le leggi servono a poco, perché la Legge è stata abolita, e la vita facendosi sempre più disperata, piange segretamente la Legge che non ha più. (da Difesa della Luna, p. 47[10])
  • Ho potuto scrivere sul delitto di Novi Ligure perché s’imparenta col mito greco tragico. In compagnia di un’attrice ho letto «Le ballate dell’«Angelo ferito» in un carcere di Spoleto. Davanti a me erano quasi tutti ergastolani. Avevano delle forti reazioni; specialmente per la ragazza di Novi Ligure non c’era pietà; nel loro applauso al termine della lettura leggevo la loro condanna per l’uccisione così gratuita di una madre e di un fratello. Io sono tutt’ora in corrispondenza, per quanto non così regolare, con un uxoricida che in carcere si è laureato in filosofia con una tesi sul suicidio, un gesto non vissuto astrattamente, perché lui lo ha tentato più di una volta dopo avere ucciso la moglie. Finché ha incontrato una signora che insegnava in carcere e ne è uscito sotto la sua ala. Non so se un giorno potrebbe ritentare la cosa, ma i giudici secondo me hanno avuto ragione. Quei gesti non si ripetono e una volta che si è espiata la pena è inutile infierire.[11]
  • Ho intervistato Erich Priebke. Per me è sempre stato un essere umano e non un mostro. E penso ancora che sia stato creato "Mostro delle Ardeatine" e "vittima di una giustizia dell’odio", come ho più volte scritto. Penso poi che la scena della folla che prende a calci la sua bara – una qualunque bara – faccia schifo. Io volevo sottolineare il processo di trasformazione mediatica di una persona in un mostro, al di là delle sue responsabilità. Voglio dire che lui non è mai stato visto come un imputato, ma subito come un mostro. Era la sua caricatura. Detto questo, io ho sempre pensato che le Fosse Ardeatine siano state un crimine commesso da entrambe le parti. Prima della rappresaglia, c’era stato un atto terroristico dei gappisti, voluto dal Pci che voleva indurre i romani a insorgere.[12]
  • I cristiani non reagiscono più a niente! Non c'è più gusto ad attaccarli se i punti vitali di questa religione non trovano più difensori. In fondo c'è unità soltanto tra spiriti profondamente discordi, ma che credono ancora all'importanza assoluta di tre o quattro interrogativi, circa il destino umano, d'ordine metafisico.[13]
  • Il popolo che sbarca è di uomini validi, tra i diciotto e i quaranta, che pagano un esoso biglietto. Le donne sono rare ed è facilissimo metterne qualcuna per la commozione, possibilmente incinta, in Paesi dove né le donne né i bambini contano troppo. In qualità di profughi da guerre, lo scenario di guerra è da trovare. Le folle di veri profughi le conosciamo: prevalgono le donne e i bambini, ci sono immagini strazianti di vecchi che si trascinano... Qui l'anomalia è sbadigliante: di vecchi neanche l'ombra, e di aneliti a trovare lavoro non ce n'è spreco. Allora, c'è un plausibile scopo? Portare scompiglio politico e sociale in una Italia afflitta da sgoverno cronico? Saldarsi ad una comunità religiosa islamica preesistente già forte di voce, e da tempo? Azione in vista di un sogno, che potrebbe prendere corpo, di califfato europeo in cui l'europeo autoctono diventerebbe dhimmi (cristiano o ebreo tollerato, pagante tassa)? Italia come prima e più fragile preda?[14]
  • [Su Lenin] [...] inviato della Tenebra, fondatore imitabile dell'universo concentrazionario. (da Ti saluto mio secolo crudele, Adelphi, Milano, 2011[15])
  • L'abolizione della Messa tridentina, la sparizione del predicatore dai pulpiti, il gregoriano ammutolito, degradato ad attrattiva per turisti acustici, anch'io, quantunque fuori dalla Chiesa, li ho patiti come un sinistro sfregio. Quei riti erano dei protettori e dei messaggeri. Potevi pensare: «non voglio quella protezione, non è quello il messaggio» e tuttavia vederli imbarcare per il Nulla creò, tra i non indifferenti, tutto un popolo di orfani... Non fu la chiesa soltanto, a perderci, in questa automutilazione atroce. (da Agli dei Mani di Cristina[16])
  • L'allevamento industriale, col suo commercio mondiale, è una planetaria camera di tortura: i lunghi viaggi strazianti per mare e ferrovia, le isterectomie per mettere i feti nelle incubatrici, le continue iniezioni, le fecondazioni artificiali, le nutrizioni intensive, impregnate di orrore chimico, nel buio e nella semiparalisi, per fare lombi più grassi e carni più anemiche, i terrori, le catene, le mutilazioni, ne sono i principali strumenti. L'allevamento all'aria aperta è quasi scomparso, e l'animale nasce e muore in una prigione perpetua.[6]
  • L'enormità del crimine dei due giovani romani che hanno torturato e ucciso in un'orgia di droga, sesso e alcool un loro compagno attirato e designato vittima ha fatto sparire presto il caso dalla stampa quotidiana. Un meccanismo psicologico ha fatto stendere un velo di pudore su qualcosa che si andava scoprendo come oltrepassante la misura, e necessitante, come dice Stavrogin nella confessione finale dei Posseduti o Indemoniati di Dostoevskij, di una pena smisurata, molto eccedente il nostro diritto ma non il profondo dell’anima umana.[17]
  • L'Europa oggi è una tana enorme di antisemiti che s'ignorano e si mascherano. Quando si trattasse di accogliere i nostri fratelli israeliani profughi le porte spontaneamente aperte sarebbero poche; le molte cristiane e atee chiuse farebbero il ripugnante gesto della quenelle di Dieudonné. I preti si affannano per accogliere islamici da tutta l’Africa, ma non so quanti parroci e vescovi per il controesodo degli Ebrei che scegliessero la via della nuova Golah si muoverebbero. Nello stesso tempo non ci sarebbe nessun ritorno a una Palestina indipendente come predicano i nostri intellettuali: non ci sarebbe che un immenso vuoto. Israele di cento anni dopo insediato dalla fine del secolo XIX e l’entità Palestina sono due siamesi: se li separi li uccidi: Intendersi o morire. Gaza di Hamas esulterebbe, forse, Teheran avrebbe raggiunto il fine insensato di Khomeini, ma Gerusalemme non pullulerebbe che di focolari spenti, di fornelli con ragnatele.[18]
  • L'omosessualità è un'invasione della Tenebra, hanno un bel volerla normale e alla luce del sole, è pratica ctonia, necrofilia.[19]
  • L'ossessione ideologica tinta della peggiore Europa del passato ha un fondamento reale, perché gli sbarchi in Sicilia hanno ormai un carattere preciso di invasione territoriale che è premessa sicura di guerra sociale e religiosa incombente.[20]
  • L'unica civiltà che abbiamo potuto scavare nella belva umana, inventando messianicamente i diritti dell'uomo nel 1789, è questa. Qui almeno la legge, un qualcosa, l'abbiamo. Io penso che non pretendere di fare del bene a dei continenti ma pensare alla salvezza individuale sarebbe già una buona cosa, come insegna il Buddha.
    La Bhagavadgita è il mio libro sacro, con la Bibbia, Sofocle, Shakespeare, Céline, perché lavora nella materia umana bruta, ma è inaccettabile quando fa l'antisemita. E ho molto amato anche Kant, però l'ho capito poco.[21]
  • L'uomo è degenerato. La bellezza gli bussa alla porta ma è come se in casa non ci fosse nessuno. Martin Heidegger, nella sua ultima intervista, dice che solo un dio può salvarci. Ma questo dio potrebbe anche infischiarsene. Ammesso che le sorti del mondo siano in mani divine, se si trattasse di un dio coranico avremmo più di un motivo per dubitare di essere in buone mani. Sono mani che minacciano.[11]
  • La donna è la porta dei sogni. Non dimenticando, certo, che sono donne le Parche...[22]
  • La più nobile delle lingue umane è il castigliano – tanto nobile che io mi accosto ai suoi testi di rado e con venerazione, come a una scheggia del trono di Dio [...][23]
  • Le sinistra e destra sono vecchi fantasmi arcidefunti.[12]
  • Ma un uomo al telefono è ancora un uomo?[24]
  • Ma voglio indicare [...] un testo sacro che resta per me, fin dagli anni di giovinezza, di tutte le Scritture sacre la più vera, e il più San Giorgio per decapitare le illusioni false e le cause delle depressioni. Perché nulla resiste al potere di vincere il male e sciogliere i nodi che angariano l'anima con più forza di parola della Bhagavad Gita, rivelazione dell'India. Ce ne sono in italiano decine di edizioni [...] perché un testo in sanscrito risente sempre dell'interpretazione del traduttore e ancor più del commento che ne viene fatto. Utili anche i confronti con versioni in francese e in inglese, numerosissime come pannocchie di granturco. Ma credo in tutte sia tradotta allo stesso modo l'esortazione di Krishna (avatar di Vishnù) al guerriero perplesso Arjuna: «Va e combatti!» e la promessa essenziale del dio: «Chi pensa a me nell'ultimo istante verrà a me, non dubitare di questo».[25]
  • Mi sono innamorato di loro per estendere l'amore. Mia moglie ed io avevamo deciso di perfezionare il nostro matrimonio mettendo al mondo delle marionette.[26]
  • Nei Vangeli gnostici si domanda a Gesù: quando verrà la fine? La risposta è inequivoca: quando la donna sarà resa maschio e i due diventeranno uno. La Babele linguistica, la Babele antropologica...[27]
  • Nelle sue poche pagine su Domenikos Theotokopulos (El Greco e lo sguardo cretese) Nikos Kazantzakis nomina i quattro gradini della propria ascesa iniziatica: Cristo, Buddha, Lenin, Odisseo. Mi fece rabbrividire la presenza indicibilmente incongrua di Lenin, despota sanguinario e apostolo di una religione maledetta, capo di una setta di assassini. Lo vedeva come un angelo liberatore, anche se tutta la sua vita testimoniava il contrario. Il gradino Lenin non serve ad ascendere, ma ad inciampare e precipitare. (da L'occhio del barbagianni, 122[28])
  • Paradossalmente mi dà felicità Heidegger, che non è confortante per niente, però ti trasporta in un mondo esistenziale talmente astratto da costituire una specie di felicità matematica (che chi la prova dice tale): si capisce, l’effetto è di breve durata, il tempo di una sonata per pianoforte...[1]
  • Per molti anni, non sono uscito di casa senza aver prima verificato se c'era, nelle mie tasche interne, come una chiave o una medicina d'urgenza, una mia minima edizione dell'adorabile Gītā.[29]
  • "Per noi, se non siamo bruti, donna significa molto di più. L’etimologia latina ne restringe il ruolo allo spazio domestico (domina); il Medioevo occidentale l’ha inventata (o rivelata) ideale, e su quel trono è rimasta, anche quando trattata a frustate”. Ho proposto di sostituire “femminicidio” con “ginecidio”. Non è che sia un neologismo bellissimo, ma appartiene alla schiera dei derivati dal greco classico (giné-gynekòs): gineceo, ginecologia, misoginia. Non pensavo mi toccasse di proporre un termine più accettabile per una cosa tanto ripugnante. Però “femminicidio” è rimasto nel linguaggio. Avevo scritto “Se riuscirò me ne farò un merito”, però le abitudini linguistiche sono dure a morire.[12]
  • Politica è menzogna incarnata, perché surrogato incruento della guerra civile. Là è il viadotto dei messaggeri infernali e ogni tanto di angeli buoni destinati a esserne vittime. Quando Lenin arrivò in Russia nell’aprile 1917 subito si mise a predicare la trasformazione della guerra europea in aperta guerra civile: così la menzogna della guerra attinse apici inauditi nell’hitlerismo, nel leninismo e nel mussolismo. Oggi nel mondo si salvano le perplessità di Obama o quella eccezionale donna birmana...[12]
  • Salvate il mondo. Mangiate esclusivamente carne umana.[30]
  • Sedici anni di trionfo scientifico: il coma protratto, l’alimentazione forzata, la coscienza sommersa ma fino a che punto, e se davvero totalmente, chi può saperlo? – e c’è voluto un tribunale misericordioso per liberare quella sventurata ragazza Eluana da una così spietata galera. Ma sarà inevitabile il colpo di grazia clinico per scamparla da una pena ulteriore, piccola martire: la macchina che ci abbandona, come un arto amputato non lascia mai del tutto la presa, e in quel funesto vuoto subentrerebbero sintomi di lunga agonia… Che cosa stanno facendo degli esseri umani? Che cosa stiamo facendo agli esseri umani? E a questo punto, immancabile, si mette in moto l’ammonizione vaticana. Colpe gravi: eutanasia, omicidio, soppressione di una vita... E qui, come sempre, le vie della semplice umanità e quelle della sofistica disumanità paludata di religioso (e perfino di conformità ai decreti divini) conoscono soltanto la Divergenza. Fai bene, padre carnale (non celeste, non Padre Santo) a dar retta alla voce imperiosamente muta di tua figlia, graziata finalmente da giudici compassionevoli, e a rigettare quell’altra, che in nome di una non-vita tecnologica di quel poco di materia assopita che resta di lei, ammonisce, si agita, ricatta moralmente, gelandoci il sangue da luoghi inferi e anticristici. (La stessa voce che aveva negato all’ancor più infelice Welby la gentilezza estrema di un richiesto funerale in chiesa – memorabile infamia). L’eterno contrasto tra la superiore legge della pietà di Antigone e il decreto arrogante e cieco di Creonte. Pace a te, povera bambina addormentata, un fiore alle tue tempie.[31]
  • Sulla distruzione gastropantagruelica, organizzata, ingentissima, di animali a sangue caldo eccessivamente miti quando cadono queste strazianti feste religiose, vale la pena che anche una pagina politica dica qualcosa. Trattandosi di un ottimo affare, industriale-commerciale e turistico, parlarne sveglia subito il cane politico, nella sua funzione di guardiano degli affari. Ma la faccenda riguarda un po' tutto. In quanto un consumo di massa è costume, è comportamento, e un consumo di massa che gronda sofferenza e sangue di esseri viventi non è un fatto privo di conseguenze...
    Di conseguenze che la ragione calcolante non può mettere in percentuali. Si tratta di conseguenze che non si vedono. Ma nessun atto passa senza lasciare un segno. Tiratemi fuori dai libri un qualsiasi greco antico e vi dirà che uno o dieci animali sacrificati possono chiamarsi un rito propiziatorio, ma trecento-cinquecentomila messi in fila per macellazione in serie e poi a sgocciolare in giganteschi mercati refrigerati, per milioni di bocche indifferenti, e neppure affamate, in base a un appuntamento col calendario, sono peccato di Ybris, di Misura Oltrepassata, di legge divina violata, il più certo dei peccati in qualsiasi società o tempo, e l'unico che non resti mai impunito, l'unico che non sia perdonato.[32]
  • Tra minorenni che stuprano, che rapinano, che ammazzano, che si pervertono nelle fogne dell'eroina, in un mare, in un Oceano Pacifico di vigliacchi, guardane lì uno, magrolino, inerme, dagli occhi d'infinita innocenza, che si butta a fare da scudo... che si tira addosso la furia assassina per proteggere... Ti sei buttato avanti a fare da scudo per destino di luce... perché 'non potevi fare altrimenti' e non si può altrimenti quando si è nati per questo, per testimonianza della luce, per provare con un atto assoluto d'immolazione la clandestina presenza di un'Incorruttibilità.[33]
  • Tutto è dispersione, lacerazione, separazione, rotolare di ruota senza carro, e questo ha nome esilio, o anche mondo.[34]
  • [La parola "reazionario"] Una definizione non illegittima, vero, ma che non mi comprende. Reazionario perché nelle notti o veglie di Pietroburgo di De Maistre riconosco svariate affinità. Vade retro, prima di tutto, il Terrore della Rivoluzione francese.[27]
  • Un elementare senso del pericolo (territoriale, identitario, genericamente nazionale, e in questo caso anche religioso) dovrebbe suggerire la semplice idea che, quando gli sbarchi sulle coste italiane diventano di migliaia, si pone un problema di difesa militare. Quello che è strano, in questo dramma dell'assurdo, è che si invochino aiuti e scatti di alleanze per prenderne sempre di più, per predisporre modi di accoglienza e non per stabilire e proteggere – umanamente ma fermamente – un confine militarmente invarcabile. Se Israele accogliesse tre o quattromila palestinesi, Gerusalemme, il supremo esito del 1967, sarebbe subito, com'è già in parte, casa loro.[35]
  • Urlate urlate urlate urlate. | Non voglio lacrime. Urlate. | Idolo e vittima di opachi riti | Nutrita a forza in corpo che giace | Io Eluana grido per non darvi pace || Diciassette di coma che m'impietra | Gli anni di stupro mio che non ha fine. | Una marea di sangue repentina | Angelica mi venne e fu menzogna | Resto attaccata alla loro vergogna || Ero troppo felice? Mi ha ghermita | Triste fato una notte e non finita. [...] || Ho bussato alla porta del Gran Prete | Benedetto: Santità fammi morire! | Il papa è immerso in teologica fumata | Mi ha detto da una finestra un Cardinale | Bevi il tuo calice finché sia secco | Ti saluta Sua Santità con tanto affetto || Ho bussato alla porta del Dalai Lama. | Tu il Riverito dai gioghi tibetani | Tu che il male conosci e l'oppressura | Accendimi Nirvana e i tubi oscura | Ma gli occhi abbassa muto il Dalai Lama. || Ho bussato alla porta del Tribunale | E il Giudice mi ha detto sei prosciolta [...] || Ho bussato alla porta del Signore | Se tu ci sei e vedi non mi abbandonare | Chiamami in cielo o dove mai ti pare | Soffia questa candela d'innocente | Ma il Signore non dice e non fa niente || Ho bussato alla porta del padre mio | Lui sì risponde! Figlia ti so capire [...] (da Ballata dell'angelo ferito[36])
  • Va messo in luce questo stupefacente esempio di barbarie medica, politica, sociale: la fabbrica dei giubilati, degli esclusi, dei frustrati del sesso, e dell'amore a sfondo sessuale, a partire da un'età prossima alla settantina, o ancor prima, fino alla spossatezza e alle disperazioni di quelli che la geriatria contemporanea non abbandona neppure al di là dei cento. La rinuncia forzata è, approssimativamente, di una trentina d'anni, la durata media del tempo iuvenile. Per disabili e carcerati, in paesi civili, qualcosa si è mosso e si sta muovendo; ma per i vecchi – maschi, eterosessuali, coniugati o soli (quelli di cui posso conoscere meglio e condividere le sciagure della longevità) si muoverà mai qualcuno? [...] Il ricorso alle prostitute non è certo un rimedio. La prostituzione degrada l'uomo, molto più della donna. Del resto le battone sono una specie in estinzione. Ma dal momento che già esiste nell'Europa non cattolica il servizio erotico volontario per i disabili, non dovrebbe essere fatto un passo successivo estendendolo a tutti i vecchi d'immaginazione vivace e di speranza morta? Le ierodule erano persone sacre che compivano un servizio presso tutti gli antichi templi d'Occidente come d'Oriente: si tratterebbe di far riemergere secondo una socializzazione d'anno Duemila, quella sacralità femminile, del corpo offerto liturgicamente per amore della Divinità, che certissimamente non è mai morta. [...] Disse una volta Buddha a un monaco che, in città, aveva frequentato prostitute: – «Era meglio per te mettere il tuo arnese tra le fauci di una tigre, piuttosto che tra le gambe di una donna!» [...] Però, caro Dottor Buddha, non siamo che poveri esseri mortali, e se ai denti di una tigre preferiamo le carezze compensatrici di una donna illegittimamente giovane – per il diritto di sognare – faremo di colpo scattare l'inesorabile, se la temiamo, punizione karmica?[37]
Dall'intervista di Orazio La Rocca, "Più silenzio che assenso così rischiamo l'orrore", Repubblica.it, 3 febbraio 1999
  • [Sulla legge italiana dei trapianti d'organo] Il rischio è che funzioni più il silenzio che l'assenso. E quindi, c'è il serio rischio che ci sia l'espianto senza il consenso, senza una qualche forma di consenso, il quale è assolutamente necessario. Del resto io vedo male i trapianti in generale. Li vedo male come un qualche cosa di negativo. [...] Sento che può essere la causa che può attirare una catena senza fine di crimini.
  • Ad un certo punto ci si urta sempre in un muro di tragico. E questa dei trapianti è una soluzione tra le più negative del mondo, anche se può presentarsi con qualche forma di bene: del resto, come accade sempre, tutti i mali possono avere anche una parte di bene.
  • Toglierei la concupiscenza di vivere dai nostri poveri organi, perché sono concupiti e strappati – e lo saranno sempre più – a dei viventi. Questo è il rischio: col trapianto gli organi vengono espiantati non a quanti sono o non sono morti – questo è un altro problema, e anche molto grave – ma a dei viventi viventi, a dei viventi sani: è questo è il punto tragico.
  • [...] certamente il trapianto è una forma di carità; cristiana o no, è sempre una forma bella di donazione. Ma a patto che ci sia una donazione spontanea: solo così io la accetto. Il trapianto come forma di donazione spontanea, volontaria, consapevole, resta il meglio di ogni altra cosa. Il dubbio è sul silenzio-assenso.

Albergo Italia

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  • Staglieno! Staglieno! Necropoli senza fine, paradiso del necrofilo mentale, giardino accademico dell'animista ateo! Staglieno, porto sepolto, sotterraneo, alle spalle della città portuale! (La morte vive a Staglieno, p. 9)
  • Staglieno è un'enorme confessione collettiva, uno dei più grandi spettacoli del Teatro della Morte; si possono passare giorni (notti, ancora meglio, nascondendosi in qualche cappella), settimane intere ad ascoltare quelle tirate, quei monologhi, quei battibecchi su chi ebbe più meriti, su chi ha più ammassato patrimoni celesti, e sempre ti direbbero dell'insolito, dell'inaudito sulla nullità, il vuoto, la miseria, la stupidità inarrivabile, l'assurdità rovente, la disperazione infinita che i nostri gusci d'osso nascondono per vomitarli davanti alla faccia del cielo. (La morte vive a Staglieno, pp. 9-10)
  • Staglieno è femmina e orientale, come Genova. Ha il disordine, la smania d'invadere e di straripare con attiva pigrizia, di tutti gli Orienti. I suoi morti sono stati i cittadini orientali di un regno nordico; cessati i doveri verso il re piemontese, si liberavano di ogni freno in morte. (La morte vive a Staglieno, p. 10)
  • Credevo di detestare le cadenze liguri: dopo una settimana di immersione nei superstiti odori delle friggitorie di Genova mi penetrava l'orecchio come una guzla araba, col contrappunto solare di un tamburo semita. In quell'accento che strapiomba sul mare, dove attira e fa precipitare l'idea la funerea sirena della u, che si ripete fino al trionfo del Sonno in cui dolcemente tutto farà naufragio, c'è come una tranquillità di contemplativi, un pessimismo ascetico e lontano. (La morte vive a Staglieno, pp. 11-12)
  • Staglieno affascina squilibrando, ti afferra in tentacoli morbidi di demenza... Mi veniva un pensiero terrificante: se davvero dovessero risorgere, e risorgessero così come appaiono nelle sculture, coi loro angeli custodi, i loro cristi di languore, tra lo sgomento degli ultimi viventi, potrebbe mai la terra sopportare il peso del loro delirio? Per lo più sono morti in pace, confortati dalla Religione, autorizzati dalla Scienza, tra le lacrime dei Congiunti, dopo vite probe, probissime – perché, in morte, sfogarsi in così scomposti deliri? Forse perché Staglieno è femmina, un piagnone, anzi una prèfica, isteria che si scatena al contatto del sepolcro, braccia che brancicano, labbra che succhiano, e ha un'anima di baccante, una febbre dionisiaca nelle vene, proprio lì, a due passi da un Bisagno al di sopra di ogni sospetto. (La morte vive a Staglieno, p. 12)
  • [Sull'Italsider] Chi non abbia visitato questi impianti di Centro Siderurgico a ciclo integrale, isolandosi per un poco nella loro formidabile solitudine, avrà un'immagine ben debole di che cosa sia Potenza, potenza tecnica, potenza oscura. Se l'Altoforno è il tabernacolo della divinità, il Laminatoio è una cattedrale dove le canne d'organo emettono incessantemente lo strano lamento della Materia domata che patisce la costrizione enorme delle manette umane. (Italsider è bello, pp. 46-47)
  • Anche quel che si dice «il posto di lavoro» è un problema di anima: il posto di lavoro non è tanto un posto quanto un bisogno di essere. Se si ha paura di perderlo quando esistono delle salvaguardie e dei ripieghi, e certamente altri modi di inventare una sussistenza, vuol dire che la busta-paga non è l'essenziale, ma una persuasione falsa. (Italsider è bello, p. 47)
  • Il brutto è creato dalla mescolanza, dal suo prevalere sul bello. A Cornigliano ce n'è un punto insigne, la nobile Villa Durazzo-Bombrini, che è inclusa nel Centro, bellezza quando era isolata tra il verde e il mare, bruttezza ora che è, con destinazioni incerte, mescolata a cokerie e altiforni. (Italsider è bello, pp. 48-49)
  • La Vecchia Lanterna del porto è lì nei pressi. Lucciola femmina sperduta, che non salva più, circondata da terreni, scogliere, costruzioni che sembrano in preda a convulsioni ininterrotte, a torsioni di titanio iniettato di stricnina. È conservata, mi dicono, per desiderio degli aspiranti suicidi, che amano spenzolare di là, in faccia al mare [...] (Italsider è bello, pp. 49-50)
  • Bagnoli è sterminata; un impero, uno dei tanti, della pura materia e della pura potenza. Che cos'altro, ormai, possiamo creare? Solo moltiplicare le Bagnoli, o estenderle, come stanno facendo per questa. Forse quell'acciaio non sarà mai venduto, per mancanza di sbocchi, però qui si prepara un futuro tutto d'acciaio, uno Stahlstadt colossale...[38]
  • [Sui genovesi] [...] gente rara e composta, vagabondi che non ne hanno l'aria [...] (Italsider è bello, p. 50)
  • [Su Mario Sironi] Il carattere magnificamente aristocratico ne fa il meno freudiano degli artisti dell'epoca freudiana. L'onirico, il regresso infantile ripugnano al virile mondo sironiano. Il freudismo è in un ordine di pensiero volgare, livellatore: chi è nobile lo respinge d'istinto. Così il marxismo: aristocratico e marxista sono come il Foscolo e l'upupa. (p. 84)
  • Hitler non fu un patriota come non fu uno statista: fu un capo religioso di una setta di assassini. Creò un labile impero del male e non ricostruì una patria; dal 1945 non c’è più una patria tedesca, continuano ad esserci dei naufraghi, tra l’Oder e il Reno, di cui però non so niente. So che l’Italia non è una patria. (p. 193 [1])
  • Se non c'è una Patria, nazione e suolo, unità e legge dipendono dal caso. L’Italia profonda è una creazione del Medioevo, che disfaceva le patrie e unificava il mondo nel segno della croce come un treno ospedale. La cosa più idiota del Risorgimento è stato di credere che la più storica delle città d’occidente, eccola lì nel entro della penisola, fosse anche la più indicata per essere la capitale italiana, il motore della Nuova Storia; madornale e colpevole idiozia. Pigliando Roma, avremmo dovuto smettere subito ogni illusione di patria. D’altra parte Napoli, Palermo Bari cosa c’entravano? La Questione Meridionale in termini spirituali, è: come integrare quelle terre abitate in una patria? Figuriamoci se una capitale inesistente come Roma (solo pus ecclesiastico raffreddato) poteva fornire una risposta. A poco a poco il potere sia quello alla luce del sole (si fa per dire) che quello, apertamente sanguinario, del sottosuolo, si è quasi del tutto meridionalizzato: addio patria, solo un mare di funzioni, di disfunzioni, di funzionari e di criminali. L’idea fissa di questi convitati non sembra essere l’unità e la difesa della patria. (p. 193 [2])

Il silenzio del corpo

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  • L'ottimismo è come l'ossido di carbonio: uccide lasciando sui cadaveri un'impronta di rosa.
  • Una tradizione faceva nascere l'Anticristo da cesareo. Oggi, i nati da cesareo sono innumerevoli. Uno di loro è l'Anticristo, ma il riconoscimento si presenta difficile. E se questo significasse che Anticristo è Tutti?
  • Tutto quel che non si mangia, fa bene alla salute.
  • Il diluvio di carni macellate che cade ogni giorno sulle città dell'Occidente annuncia stragi, malattia, pazzia collettiva, perdita d'anima, oscuramento e imbrattamento mentale. Più energie malsane per teste da sbatacchiare nel buio. C'è dentro la maledizione delle quaglie[39] alle tombe dell'Ingordigia.
  • È meglio morire svuotandosi che riempiendosi, e meglio di fame che d'indigestione.
  • Quanto più si perfeziona l'asepsi nelle cliniche, tanto più si fa orrendo l'insudiciamento dell'ambiente vitale, dell'acqua che deve togliere dalle case l'impurità.
  • Le donne hanno oggi il medico, come ieri avevano il confessore. I disastri che provocheranno questi nuovi confessori non saranno inferiori a quelli che provocavano un tempo quei vecchi medici.
  • Oggi un uomo che legga ad alta voce versi o testi spirituali, in solitudine, passa per squilibrato.
  • Adolescenti che salvano... A mala pena, tra loro, se ne salverà qualcuno.
  • Se un bambino maltratta un animale, anche grosso, bisogna picchiarlo, perché il più forte e il più cattivo è lui.
  • A misura che avanziamo nel tragico, il senso del tragico diminuisce.
  • Spariti gli animali feroci, sgombrati i terrori del cielo, al confronto piacevoli distrazioni, quale fonte unica di paura non resta che l'uomo.
  • Il Terremoto, che non ha cessato di percorrere in tutti i sensi della terra, è una specie di refrigerio (finalmente una paura diversa! una paura senza faccia umana!) per le città malate d'uomo.
  • Tutto è fatto banca, museo, archivio; tutto quel che chiamiamo Vita è già nelle teche; visitatori e clienti gli ex vivi, i Refaim letterali, i Deboli. Avere voglia ancora di questo non-vivere, che per molti è già lo stato normale, è veramente da anime morte, che un filo elettrico fa ballare, perché possano visitare, nelle ore di apertura, il Museo della Vita.
  • Cristo, sei la vera droga! Così lo invocano i drogati della Jesus Revolution (movimento californiano); non immaginano quanto sia vero e confermato da duemila anni di storia umana.
  • È l'interdetto sacro che protegge la natura, non la buona educazione, non la legge civile. Se l'ulivo è sacro a un Dio, l'ulivo non sarà tagliato. Se il maiale è sacro, nessuno lo mangerà.
  • È la religione, anche nelle sue forme superstiziose, anzi sopratutto grazie a queste, così piene di mistero, che preserva la vita. Il più civile dei filosofi[40] brandisce la clava del barbaro puro quando sentenzia: quicquid in rerum Natura extra homines datur, id nostrae utilitatis ratio conservare non postulat; sed pro ejus vario usu conservare destruere vel quocumque modo ad nostrum usum adaptare nos docet. Spinoza geometrifica l'infernale (quel che più fa supporre, alla gnostica, un Elohim come maligno Ialdabaoth) principio biblico di Genesi 9, 2.[41] Con questo nuovo abito, è il vecchio principio che trionfa ma senza più cautele e rispetti sacri. Il caput XXVI di Ethica IV rivela e insegna astrazione e insensibilità, eppure noi godiamo di un albero e di un animale come e anche più dell'uomo. L'utilitatis ratio anche quando comanda di conservare, in realtà lavora per la distruzione; lo prova il fallimento degli attuali ecologi che parlano in nome di un'utilitatis ratio conservatrice, completamente priva di autorità in un mondo dove domina la distruttiva, e impotente a suscitare un forte movimento contrario. Facendo quel che vuole della Natura extra homines l’uomo opera in profondo la propria distruzione. (p. 96)
  • "I crimini dell'estrema civiltà", dice Barbey d'Aurevilly " sono certamente più atroci di quelli dell'estrema barbarie". Eccoli.
  • La nostra povera vita di testimoni della fine. Che cosa si può fare? Endura del silenzio, suicidio, o sottomissione.
  • Un'assuefazione perfetta alla vita urbana odierna è segno di gravissimo squilibrio. È sano soltanto chi ne soffre.
  • Come può una gravida leggere un giornale quotidiano senza abortire subito?
  • E dicono di avere abolito i sacrifici animali! Soltanto il rito hanno abolito: li sterminano ininterrottamente, illimitatamente, senza bisogno.
  • Con l'espressione Olocausto Nucleare l'intera società umana ha assunto l'idea della propria consumazione sacrificale. (Non per ottenere qualcosa, ma per espiare tutto).
  • Il sacro fa paura. Ma anche la sua assenza, anche il mondo dissacrato, senza regole, senza divieti. Liberi, non possiamo esistere. Bisogna eleggere quel che consola di più.
  • Il sistema industriale cessa di essere distruttivo, e di ingoiare vite umane nelle sue fornaci, soltanto per distruggerci meglio, con l'approvazione di tutti, per diventare il sistema della Distruzione Universale. In qualche caso, è addirittura liberatore, nutritore, conservatore di beni immateriali mediante denaro largito; elimina piaghe; si fa invocare come un Dio benevolo, come Dio unico. Ora che ci ha convinti ad accettarlo, può precipitarci tutti nel fuoco dell'abisso.
  • Chi tollera i rumori è già cadavere.
  • La difesa sociale dal crimine comincia a passare per le sale neurochirurgiche. [...] l'estremismo di terapie mostruose.
  • I prodotti farmaceutici per cani e gatti dovrebbero essere prima sperimentati sull'uomo, tenuto in appositi stabulari.
  • La civiltà ci ha sottratti alle spade, per farci meglio sentire la paura dei chirurghi.
  • Come tutti i medici ricchi, Freud era maniaco di collezionismo. La casa in Berggasse era piena di terrecotte e bronzetti antichi. Lo studio dove faceva stendere i pazieniti formicolava di questi pezzi da collezione. L'effetto doveva essere deprimente.
  • Se l'aborto è omicidio, avrà almeno l'attenuante della legittima difesa.
  • Chi tace o non sorride dopo l'amore, degrada Eros.
  • L'Industria, [...] un minotauro a cui bisogna sacrificare tutto.
  • Differenza tra un santo e un filosofo. Il ragno che cattura mosche affascinava Sant'Agostino; Spinoza gliele metteva apposta.[42]
  • Per quanta giustizia possa esserci in una città, basta la presenza del mattatoio a farne una figlia della maledizione. Per quanto nobile possa essere una ricerca di medicina, la sperimentazione su esseri viventi ne farà sempre una figlia della maledizione.
  • La relazione midollare tra industria e cancro è forse qui, nella inesorabile rapina di ossigeno fatta dalla fabbrica a danno di chi ci lavora o abita vicino, proliferazione industriale nel mondo.
  • La collera, nel civilizzato, rientra quasi sempre. Non viene espulsa, lo attossica (anche nella saliva, secondo Bichat). Siamo tutti botteghe chiuse di collere rientrate (rientrate, non dominate realmente ringoiate sprecando tanta preziosa energia nervosa per soffocarle); le botteghe chiuse sono uno spettacolo triste.
  • In questa civiltà di neuropatici c'è chi, senza sporcarsi, arriva a fare il bagno due volte al giorno, e anche di più. [...] L'acqua si vendicherà.
  • Alla pena di morte si può sostituire come cerimonia compensatrice finalmente incruenta la maledizione pubblica.
  • I giornali sono pieni di sacrifici umani: li inscatolano, li rendono accettabili per i lettori; in un certo senso li ritualizzano. La cronaca è un bollettino di esecuzioni.
  • Amore lesbico come umanità e frescura. Zola crea Satin (la divine Satin dice Huysmans) per umanizzare Nanà, quando sta per perdere, presa nel delirio produttore di mostruosi miti del suo autore, la faccia umana.
  • Solo un vero vegetariano è capace di vedere le sardine come cadaveri e la loro scatola come una «bara di latta»; un mangiatore di carne (non mi sento di scrivere «un carnivoro» perché l'uomo non è un carnivoro) neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati. C'è come un velo sulla retina dei non vegetariani, quasi un materializzarsi di un velo sull'anima, che gli impedisce di vedere il cadavere, il pezzo di cadavere cotto, nel piatto di carne o di pesce. (2015, pp. 98-99)
  • Sapere vegetariani Leonardo e Kafka, sopratutto, mi dà frescura: si muovono, nel mondo contaminato, incontaminati, portando una luce non mescolata alle candele piene di lamento, alle lampadine fosche del mattatoio e della stalla sacrificale. (2015, p. 99)
  • Figli del cielo sono l'olio d'oliva, il miele, il riso, il . Impossibile che da alimenti così luminosi possano nascere cattivi odori. Il fungo è un mistero: impastato di luce e di materia, il metabolismo individuale ne cattura secondo l'inclinazione prevalente materia o luce. (2015, p. 99)
  • Fissiamo un attimo l'attenzione su un punto: delle sole pene che costiamo agli animali usati per gli esperimenti si compone una catena di Ibris (che sento esclusivamente come peccato di oltrepassamento della legge morale sovrastante e non rivelata) da coprire di gelido pallore tutte le grecità di questo e di altri mondi. La medicina, in tutto il suo vocabolarificarsi di greco fino all'invasione delle sigle americane, non ha trovato il modo di annettersi Ibris, la sua malattia fondamentale, la sua colpa di potenza che rifiuta il Limite. Quando la terra vomiterà le sue storie tutti quegli occhi di deboli sacrificati li rivedremo. (2015, p. 121)
  • In tutte le latrine pubbliche a sedile ci vorrebbe questo Avviso: «Chi si siede qui lo fa a suo rischio e pericolo». Sarebbe opportuno anche in casa. (2015)

Insetti senza frontiere

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  • Nessuno è perso, nell'infinito. Terribile è perdersi, sentire di essere persi, nel finito. (§ 5)
  • «Date a Cesare quel che è di Cesare». «Date a Dio quel che è di Dio»... Non ci resterebbe niente. Proviamo a non dare niente a nessuno dei due. (§ 21)
  • Se c'è una parola che non comprendi, che ti sembra oscura, perché rimproverarlo a chi l'ha scritta o pronunciata, perché sforzarti inutilmente di capire e arrabbiarti se non penetri in quella parola? Semplicemente quel messaggio non era destinato a te, ma ad altri. Il messaggio, là dove deve arrivare, arriva. (§ 23)
  • Mi stupisco, quando vedo gente giovane mangiare carne. Mi sembra talmente cosa d'altre epoche! La gioventù carnivora non è coi tempi, ha uno stomaco da secolo XIX, che carnivorizzò l'Europa... Cibarsi di pezzi di animali macellati è un'anomalia, fuori della dieta vegetariana non c'è giovinezza vera. La carne è per lo più un'angosciata abitudine dei vecchi. Richiedere piatti di carne, parlarne, ricordarli è cosa da vecchi, e da vecchi incapaci di svecchiarsi con una dieta decisamente alternativa. (§ 34)
  • Senza un'idea concreta, per nulla astratta, famigliare, dominante, della Tenebra, non c'è nessuna luce. (§ 37)
  • «Guardo la mia luce che muore» dice un personaggio di Beckett. È l'unica risposta giusta e sensata che possiamo dare, in vecchiaia, agli insolenti che ci assillano con i loro petulanti, intollerabili: «che cosa stai facendo», «a cosa stai lavorando», «quali programmi hai», «che cosa farai l'anno prossimo». La luce che muore non fa confidenze e ha altro da pensare. (§ 42)
  • Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (§ 43)
  • Le parole degli ottimisti pugnalano nella schiena l'infinità di martirio degli esseri umani sulla terra. (§ 49)
  • L'importanza di non aver niente da dire: questo fa inviare una illimitata quantità di messaggi. (§ 52)
  • Imparare la bellezza del verbo subire e tenerselo come stella polare. Non servono ribellioni perché tutto è incessante subire e patire violenza. Comprendere l'inevitabilità del subire non è rassegnazione: è attivo conoscere. Di sopruso in sopruso, di violenza in violenza subite, si arriva alla fine della corsa, della strada maestra, della notte. Si può subire disprezzando, respingendo, uccidendo mentalmente chi ci obbliga a subire, naufraghi nella bellezza malinconica e pura dell'accettare. (§ 57)
  • Più è forte la consapevolezza di aver sbagliato tutto nella propria vita, più l'anima ne riceve cura di consolazione. Fa bene anche pensare che la vita di tutti non è che una successione di errori e che la storia del mondo non è che apparenza e follia. Fa bene pensare che tutto poteva andare diversamente e che c'è un oscuro peccato d'origine, che la rivoluzione industriale è stata un crimine e che il dominio attuale della tecnica è la perdita di ogni autenticità e sostanza umana, una sottomissione a un potere mostruoso. Fa bene e illumina, fa vivere e morire un po' meglio. (§ 62)
  • Se la loro voglia di farsi del male e di procurarne agli altri avesse tregua (pur non cessando i dubbi sul che fare e il rifiuto della famiglia e dell'esistenza così com'è oggi) folle di giovani, invece di intossicarsi orribilmente nei modi che sappiamo, cercassero estasi e oblio, con dosi quotidiane, anche forti, di ragione e di bellezza, le città di notte si riempirebbero di pensatori che bisbigliano, di solitari persi in un libro, di filosofi in agguato dietro un angolo... Qualcuno morrebbe, verso il mattino, per overdose di conoscenza. (§ 75)
  • Il sondaggio e le statistiche hanno sostituito gli oroscopi, ma hanno valore e probabilità uguali. (§ 77)
  • Il bodhisattva percepisce i suoni della Sofferenza del Mondo, sconfinata... Ma occorre essere bodhisattva? O Arthur Schopenhauer? Io sono uno qualsiasi nel grande mucchio, eppure li ho percepiti e mi hanno fatto da bussola. (§ 98)
  • Edgar Cayce, il veggente americano, individuava in Hitler e Stalin - ben più lucidamente di Jung nel 1939 - dei discendenti (intendeva certamente reincarnazioni, non può trattarsi di trasmissione genica) degli Atlantidi degenerati, che non potevano scomparire come dei dinosauri qualsiasi, senza lasciare nell’ordine cosmico, in cui tutto si lega, un’impronta di male futuro destinato a manifestarsi in un tempo scritto. Il secolo XX è stato fertile di Atlantidi degenerati: oltre ai due già detti, Lenin, Pol Pot, Mao, Manson, Francis Bacon, Eichmann, Beria, Mengele, Bin Laden e tutti gli istruttori di terroristi suicidi, Enrico Fermi e tutti i fìsici che spinsero Truman a sperimentare la Bomba. Di molti altri ho forti sospetti: Anna Caterina Emmerich, camminando sulle loro sepolture, li riconoscerebbe. La loro marcia contìnua. Tutti sono stati e sono impegnati a distruggere l’Essenza umana - a sommergerla, come fu giustamente sommersa Atlantide. (§ 128)
  • «Abbiamo tutti bastante forza per sopportare i mali d'altri»: una delle più squartanti, tra le massime del duca di La Rochefoucauld (Maximes, XXII, ed. 1665). Possiamo constatare ogni giorno, ogni momento, che la massima è vera: ma se non fosse così chi avrebbe la forza per portare soccorso? E nello stesso tempo la Valle delle Lacrime è anche piena di smentite alla massima, che risulta così acuminata e spuntata insieme, un paradosso psicologico. Molti medici hanno mente e vita funestate, disarticolate dall'ininterrotto contatto coi mali e la morte d'altri. Moltissime donne darebbero senza pensarci troppo la vita per dare sollievo (per non doverli sopportare) ai mali di padri, mariti, amanti, sorelle, o di loro assistiti per obbligo di lavoro. Perché la sofferenza d'altri contagia, in un modo o nell'altro, sempre. (Forse soltanto per i bambini la massima XXII resta del tutto incontestabile: la loro specifica insensibilità naturale li rende invulnerabili al contagio). (§ 133)
  • Il secolo XX, con mani prestate dal XIX, non ha ucciso Dio ma – con ben più forte evidenza – ha perso l'uomo. Tra queste immense moltitudini depravate e in perpetua fuga su un'inesorabile pista circolare lo cercheresti invano. (§ 142)
  • La storia, nell'Occidente tramontato e nell'Oriente ridotto appendice d'Occidente, sterminatrice, è da un pezzo un disco di vinile a 33 giri (oggetto che vivamente rimpiango, che mi aiutava a pensare e mi dava gioia) con un solco guasto, che ripete senza fine, e non puoi fermarlo, le stesse, stesse note. Solo un Dio ferito ma non morto potrebbe spostare la puntina dal solco dov'è incagliata, ma guarda e sorride. Tutti noi che parliamo siamo quella nota che si ripete, che non può districarsi dal solco guasto. (§ 143)
  • Un segno di vecchiaia è l'inettitudine a creare aforismi. A settanta e oltre la natura ti ha già dato per morto, ti dà alle pale e agli angeli della reincarnazione. L'aforisma è un'illuminazione spermatica metafisica, tra i quaranta e i cinquanta è la sua età ideale. Aforismi di un Flaiano ottuagenario sono impensabili. Si ha paura di isolare il proprio pensiero in una riga e mezza come di perdere l'equilibrio e di cadere in strada; venti righe già valgono come un braccio di accompagnatrice, ti senti protetto, c'è qualcuno. (§ 144)
  • Trarre da una scrittura sacra filosofia è trasformare una colata incandescente in una azzurrina fiamma di gas da cucina – per riscaldare le nostre anime timide a bagnomaria. (§ 154)
  • Voi mangiate il vostro foie gras insieme ai chiodi di Gesù Cristo. (§ 155)
  • Spia dell'autenticità della Compassione, la tenerezza ne restringe il campo. La compassione buddhista per tutti gli esseri viventi ne fa una pura dichiarazione di principio, è astratta come l'universale amore cristiano. La tenerezza non va oltre i pochi e qualche animale, si piglia cura di un solo angelo ferito. Non c'è né vera compassione né vera tenerezza senza alimentazione rigorosamente vegetariana: dunque tutti i preti fuori. (§ 161)
  • Diceva un astrofisico che dopo avere ininterrottamente esplorato e ascoltato, percorso, calcolato l'inanimato delle galassie mediante i più potenti radiotelescopi d'Europa e d'America, era certo di aver percepito il grande grido emesso dalla totalità dell'Universo, molto simile allo straziante lamento di un ferito moribondo che non riceve soccorso da nessuno – un incessante segnale di S.O.S. di viventi irraggiungibili, come se uno sterminato oceano di entità vocali (bocche temeva di dirlo) di mondo in mondo lo emettesse senza speranza. (§ 167)
  • L'uomo che invecchia solo deve togliere dalla sua camera il letto che sia stato della coppia che non c'è più, il letto dei suoi molti amori dove infinite carezze sono state date, scambiate e rese. Perché un letto troppo largo che ha cessato di essere condiviso è fatto di chiodi di fachiro, e non essendo un sàdhu avrai soltanto il tormento dei chiodi, nessun pensiero elevato in grado di trascendere la carne orfana verrà a visitarti se ti coricherai tra lenzuola di ricordi. Dormi in un letto dove non potrai starci che tu solo, i lerci mostri dei padri del deserto non oseranno avvicinarsi. (§ 168)
  • Un fine autentico può fare a meno di speranze e anche di ogni probabilità di essere raggiunto. (§ 174)
  • La Terra non rimpiangerà l'uomo, né l'Uomo la Terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini. (§ 176)
  • Per luogo comune si fa passare la verità per una nudista. Ma se mai la incontriamo si mostra accollata come una Mantellata o addirittura avvolta in un burqa. (§ 185)
  • L'esempio più grandioso di schizofrenia è il Dio di Mosè e dei Profeti, del Vecchio e del Nuovo Testamento, e non c'è psichiatra in grado di prescrivergli una cura. (§ 198)
  • L'uomo fa orrore. La donna molto meno, ma soltanto finché non arriverà a somigliargli del tutto. (§ 199)
  • Il governo italiano (astuzia o filantropia?) ha imposto la scritta IL FUMO UCCIDE sui pacchetti di sigarette. E anche «Il fumo invecchia la pelle» per distoglierne le donne. [...] Le donne hanno così un'occasione in più per trasgredire. Mettete una fascetta sui libri di filosofia: LA FILOSOFIA UCCIDE. Dopo qualche mese la statistica delle vendite stupirebbe. (§ 200)
  • Oh epitaffio di Sicilo! Approdo luminoso, figlio di una Sofia che non mente! Eccolo, a voi che andate per i meandri della vita senza il soccorso delle antiche voci: FINCHÉ SEI VIVO RISPLENDI. NON TI AFFLIGGERE TROPPO. DURA POCO, LA VITA. IL TEMPO BRAMA FINIRE.[43] (§ 213)
  • Il latitante non è uno che applica per sé la grande massima di Epicuro «vivi nascosto»? E allora perché gli si dà la caccia per infliggergli una pena? Per farlo vivere più nascosto in una prigione di Stato? Il latitante più imprendibile e famoso è Dio, da migliaia di anni gli diamo la caccia e sappiamo che il suo vivere nascosto – da ben prima di Epicuro – è per sempre. (§ 225)
  • Facile è amare insetti che troviamo bellissimi, rari, figli del musicale ronzare lontano dei Tristi Tropici - diffìcile l'amore per mosche, scarafaggi, zanzare. Se li ami, se gli concedi un angolo della tua carne perché si sfamino, sei già rinato Buddha. (§ 230)
  • Il monoteismo biblico e islamico, questa decapitazione integrale del Divino policefalo, questa insensata instaurazione (auto crocifissione?) del Divino nello squallore di un po' di sabbia e pietra, domina ancora tutte le nazioni del mondo. (§ 232)
  • L'amore è un volo che sfugge ai radar della percezione. (§ 241)
  • Non ci sono fiori nelle abitazioni degli assassini. (§ 267)
  • Quando si estingueranno i piccoli rapaci notturni, spariranno i filosofi. (§ 280)
  • Il più straordinario degli innumerevoli enigmi umani è l'esistenza (certa, dimostrabile, indubitabile, e sempre nuova sotto il sole) – qua e là – dei buoni. (§ 283)
  • Alligatore mi sembra indicare, più che un animale, un mestiere. «Mio figlio fa l'alligatore a Bologna. Un altro fa il formichiere a Berlino. Si trovano bene». (§ 298)
  • Ilozoismo è bellissimo, è seducente, parola e dottrina - ma va accolto con un certo scetticismo. Una volta l'umanità ridotta al silenzio, quale fremito percorrerà le pareti di roccia? La costellazione del Granchio porterebbe il lutto? Poi guardi una tela di Van Gogh, e la tela stessa, infuriata da quel paesaggio incandescente, s'illumina di Vivente. (§ 299)
  • L'uomo che pensa non predica, non ha microfoni, [...] in verità tende a non fare. È già molto non risvegliare credenti, agitare con leggerezza le foglie di tè perché l'acqua bollente ne assuma appena il colore, il tè della verità predestinato a pochissimi. (§ 321)
  • Libri. Quanti di noi sarebbero naufraghi senza speranza in una notte atlantica, senza le voci che si levano e ci chiamano dai libri. (§ 322)
  • La bellezza è il ponte unico che ci collega con l'infinito. È apparsa per frenare l'intollerabilità del male umano e del suo lamento nella porzione di Essere che ci limita e opprime. (§ 343)
  • Nelle espressioni che implicano aprirsi (a tutte le culture, alle diversità, a tutti i poveri, a tutti quelli che chiedono di entrare, anche a tutte le sofferenze) c'è vocazione e quasi smania di prostituirsi, è buttarsi via su qualsiasi marciapiede.[44])

La fragilità del pensare

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  • A chiunque s'imbratti nella turpitudine nucleare – anche di lontano, con un consenso, un voto – negate le fessure.
  • Dentro la scienza non si rintraccia neanche un aborto di pensiero.
  • Dove i galli non cantano, la tenebra resta per ventiquattrore attaccata al giorno.
  • I demoni non sono più esclusivi abitatori di rovine. Hanno capito che questa civiltà è tutta un immenso brulicare di rovine, perché riflette l'uomo nella sua integrità di male.
  • Il disastro più profondo non è la distruzione delle città con più milioni di abitanti, ma il loro sussistere.
  • Infallibile, Leopardi chiama canto la voce notturna della rana[45]; e Leopardi era un angelo disceso, un messaggero.
  • La campagna sanguina per i misfatti dell'intelligenza umana.
  • La civiltà uccide gli alberi col fiato.
  • La grandiosa vampa capace di liquefarci tutti risponde a un antico sogno.
  • La misoginia è figlia del mistero. Al contrario, la misantropia è figlia della conoscenza: più si conoscono gli uomini, più si è misantropi. Ma il buon misantropo non fa distinzione di sesso: l'uomo, nelle due versioni proposte dal Creatore, non gli piace.
  • L'anima in decomposizione è molto peggiore della carne.
  • L'esperienza della società e della storia insegna che l'uomo è, per eccellenza, l'essere non pensante.
  • Non capire il senso profondo e la centralità dell'inquinamento è, qualunque sia il sapere ec., una prova di idiozia.
  • Sprecate pure le parole e le occasioni, ma non l'acqua.
  • Tutta la vita vegetale e animale del fiume lottava contro il veleno, che penetrava dappertutto in quantità mortali, e i pesci soccombevano senza capire perché non fosse un pesce più grosso a farli morire, o uno scimunito armato di lenza a pigliarli all'amo.
  • La domanda più indiscreta, più insolente, più insoffribile, e la più comune anche, la più poliglotta, la più persecutoria, al telefono e faccia a faccia, la domanda che mette alla tortura chi ama la verità perché la si formula per avere in risposta una miserabilissima bugia è: "Come stai?"

La pazienza dell'arrostito

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  • I santi non sono quelli che fa la Chiesa ma quelli che noi eleggiamo tali. Solo questi diventano «protettori». [...] I miei, di una vita, mi provo ad elencarli: Mani l'apostolo, Caterina da Siena, Teresa di Gesù, Bernadette Soubirous, Baruch Spinoza, Carlotta Corday, Ignazio Filippo Semmelweiss, Charles Baudelaire, Giacomo Leopardi, Vincent Van Gogh, Franz Kafka... Ci sono anche i santi che ci vengono incontro come ombre anonime, avendo rinunciato al guscio inane dell'Io. (p. 72)
  • [Dodes'ka-den] Film di Kurosawa del 1970, mediocre ma con vita: tutto un popolo che vive dei e tra i detriti dell'Acittà industriale, non un filo d'erba, rottami a perdita d'occhio, rottami abitati, rottami di rottami, per cibo avanzi di scatolette, rumori, inutile sopportazione. (p. 47)
  • L'animale torturato, straziato e svaginato del proprio essere naturale, in ogni momento di tutti i secoli del predominio umano.
    Il suo grande urlo dal neolitico attraversa tutto l'arco sgocciolante sangue e lacrime della nostra maledizione in terra... Per chi abbia un cuore che abbia orecchi non è un silenzio, è veramente un urlo spaventoso, che si avvinghia ai lobi, che ci preme il petto con ginocchio di ferro...
    Ogni atto di tenerezza e di pietà, anche minimissimo, è infinitamente prezioso nella straziante giostra cosmica perché la storia non dà primati che alla martellante brutalità della Tenebra, non ha da esibire che strepiti e cori di vigliaccherie di forti calpestanti le debolezze...
    Chi tirerà fuori anche un solo topo da una gabbia sperimentale sarà scritto nei libri delle Sibille angeliche. (pp. 99-100)
  • Non è il congiungimento della luce del cielo e del mare a dare tanta immateriale luminosità, tanta diafanità vetrosa e sepolcrale alla cattedrale di Trani: è la cattedrale a fare luminoso il mare, a fare trasparente il cielo rendendone visibili gli abitatori antichi ed eterni, le animule, gli eroi, gli Dei, gli spiriti malvagi che non osano avvicinarsi alla sua mano alzata. (p. 116)
  • Bari, un triste scarafaggiaio di auto e moto, tra ciuffi torvi di canaglie appesi ai muri in vicinanza di bar e pizzerie che al passaggio di una faccia pensosa si esercitano in sghignazzamenti, fischi, rutti, strida, insulti. (p. 118)
  • Nessuna musica di grande compositore (salvo l'organo in una chiesa) può avere effetti psicologici così forti e teneri quanto, a volte, la più povera delle canzoni, se c'è la voce, la casa, la strada. (p. 131)
  • Non si vive «in attesa di una catastrofe», la catastrofe è vivente dentro l'umanità contemporanea come una divinità terribile nel suo santuario di elezione; e ogni avanzamento conquistatore della Tecnica provoca trambusti catastrofici che dovrebbero gelarci il cuore, se non fosse diventato insensibile. La sensazione di precipitare si annulla per paralisi cardiaca in chi sta precipitando. (p. 134)
  • Non mangiare carne è un'etica assoluta: per chi sia cosciente di quel che significa allevare-macellare-trafficare carni, e non è disposto ad approvare tutto, e tuttavia non si astenga, non ci sarà perdono. (p. 138)
  • L'utero, come la ruota, è un'invenzione molto semplice e non povera di conseguenze. (p. 139)
  • È in uso ormai negli allevamenti l'Ingozzatrice Meccanica (regolata da calcolatore...) che ingozza oche ed anatre [...] attraverso un tubo piantato in permanenza nell'esofago della vittima: gli entra mais cotto e salato tre volte al giorno per tre settimane, in tutto quindici chilogrammi di mais, col martirio supplementare di quattordici ore di bombardamento luminoso ogni giorno, in stabulari stipatissimi. [...] L'unica punizione per chi a sua volta s'ingozzerà di quel fegato, i residui chimici del trattamento... Un sistema naturale è invece di lasciare senza cibo le neonate all'uscita dalle immense covate artificiali: con quel ricordo in corpo l'animale adulto avrà una fame insaziabile e collaborerà con entusiasmo all'industria del foie gras. (p. 179)
  • [Gli allevamenti] sono una parte del dolore della storia, eterna crocifissione di un Servo del Signore agli orrori della Materia, e non tenerne conto è da storiografia amputata e complice delle tenebre. (p. 180)
  • Passare i cancelli di Rebibbia e trovarsi dentro è un sollievo, tanta è la bruttezza carceraria della Roma di borgata che lo circonda. (p. 181)
  • Con la Guinness, nerastra, rigagnolo impuro, ho fornicato per un po' di tempo: mi dicevano che la Guinness è salutare. Non capivo perché, se la birra fa bene, le mie digestioni fossero così piene di chiasso. (pp. 184-185)
  • Il [...] le poche volte che ho dovuto prenderlo in compagnia [...] è stato una specie di pena, perfino di smarrimento... Qualcosa che ne strangola il piacere, obbligando a scambi futili di parole, e ne annulla l'effetto magico sui nervi e sul pensiero. Gli altri, in quell'attimo d'amore tra uomo e foglia del tè, diventano degli spiacevoli voyeurs... Così, finché potrò, prenderò il tè in solitudine. (p. 185)
  • [...] amo tuttora moltissimo il crisantemo, che devo comprarmi, nessuno mi regalerebbe crisantemi perché una fortissima invalsa stupidità li associa vergognosamente alla morte e ai cimiteri. (p. 218)
  • Millet, grano di miglio della Sofia divina. (p. 226)
  • Si parla dell'acqua, di fra quanti anni cominceranno a diffondersi i tumori e le leucemie di Cernobil. Ma quando questo accadrà l'avremo dimenticato e rubricato come «errore che non si ripeterà». Ci vuole un po' per scuotere l'incubo, farlo uscire dalla stanza. (p. 241)
  • Quel che non dimenticherò è l'allegria generale, creata dai giornali e rimbalzata su tutte le facce, dopo la bomba di Hiroshima: «Questo fa finire la guerra: tutte le guerre, per sempre» – «Siamo entrati in un'epoca di prodigi mai visti». Era sbarcato Cortés e gli Indiani poveretti accoglievano come un Dio il loro massacratore. Erano calate dal cielo le quaglie dei Numeri[39] e tutti correvano a farle girare sugli spiedi. (pp. 241-242)
  • Poche notizie da quel misterioso rogo, in Ucraina, dove si sono immolati dei pompieri e dei piloti, portati a morire in lontani ospedali. Ancora respirano e penano e già il monumento, per loro, è decretato. Ma fatelo al Tumore trascendente che ci ha intenebrato la testa e gli occhi, il monumento: si terranno per mano, la pietra del monumento e l'incendio innaffiato inutilmente di sangue sacrificale, e che non si riuscirà più a domare (a domare col pensiero, soprattutto). (p. 242)
  • Ma sempre sempre preferirò il Vecchio Testamento alla rivelazione coranica. Perché l'uomo là resta presente, e non è mai passivo del tutto di fronte a quell'unica Divinità; l'essenza della Scrittura veterotestamentaria è critica, un messaggio divino passato in un setaccio critico, di rado il raggio cosmico è nudo [...]. (p. 257)
  • Ero a Cernobil. C'era una targa blu, con in cirillico: cernobil. Non pianura ucraina, ma collina astigiana, con vigne, coperta di vigne, come sono ora, senza più alberi tra i filari. [...] Dove ci portano i cavalli della notte: a Cernobil, a vedere, a guardare in faccia chi c'era. Ed è Cernobil anche la collina astigiana, certamente, come il bosco carnico, la genzianella del Carso. Qui dove sono, l'acqua che bevi, l'arnia che ti fabbrica il miele, è Cernobil. Non percepimmo invece come tutti i luoghi (fu errore) Hiroshima. (pp. 258-259)
  • Un libro che mi fu decisivo [...] fu La Philosophie de la Douleur del grande René Leriche, il chirurgo di Lione. Me ne copiai molti passi, conquistato dalla sua attenzione al vim patior della carne malata, al grido del corpo, alla realtà piena della sofferenza creduta immaginaria. Pessimista e moderno, Leriche non credeva alla bontà del dolore, alla trasformazione della pena fisica in farfalla pneumatica, e lavorò tutta la vita per indebolirlo, per minarne chirurgicamente l'onnipotenza. (p. 278)
  • Tracce d'impurità carnivora mi restavano e ogni tanto, ancora, ordinavo della carne con un po' di cipolla, cessai del tutto ogni necrofagia soltanto nel Settanta, mi pare, da allora non ho più toccato nutrimento cadaverico, qualunque fosse la tecnica o il rituale di strage. Se si voglia vivere secondo un codice etico decente non dovrà esserci sulla via che percorriamo nessuna ombra di mattatoio. (p. 280)
  • Non si finisce di enumerarli, i modi che abbiamo inventato di versare il sangue. La Roma cristiana è stata edificata tutta su quella dei Cesari: ne è risultata una eterna fogna. Come capitale di uno Stato moderno è delle più svaporate e miserabili, ma come fogna di liquefazione etica la stringiamo bene, è vivente signum iniquitatis. E qua, sotto la Città delle Scienze, scorrono le fogne gorgoglianti di muggiti e di belati del mattatoio napoleonico: l’architetto Adrien Fainsilber le ha fatte emergere in forme rette e curve, in spazi di costante lavaggio mentale che si rincorrono angosciati, con decine e decine di soste igieniche per folle da marchiare con l’importanza assoluta del Guadagno, universale massima rovente. (p. 283-284)
  • Qohélet è un rotolo orientale in cui ritroviamo un tipico orrore del più moderno Occidente, l'orrore di essere mangiati dal Tempo, di non avere neppure il tempo di finire il boccone. (p. 285)
  • Ero solo in casa e Petalo come al solito si era messo a grattare la porta e a gemere nel modo più molesto e inurbano, disturbando indicibilmente la mia concentrazione profonda di filosofo. [...] Con una scopa corsi alla porta e... ma non ricordo di avergli dato un colpo... forse glielo minacciai soltanto, urlandogli istericamente di filare [...]. Quel che ricordo nitidamente, come se guardassi una istantanea di quel momento, è la fuga del maleamato sulla rampa della scala [...]. Su ogni gradino c'erano gocce di sangue. Petalo era ferito. Era venuto a supplicarmi soccorso e si era ricevuto un colpo di scopa.
    Andai su a vedere, temendo di essere stato io il feritore... (Forse glielo diedi, il colpo). Stava leccando del latte, disperatamente. Una zampina era stata portata via di netto da qualcosa di terribile, e sulla schiena aveva uno squarcio, vicino al collo, un cratere di sangue. Non si lamentava più, ogni tanto ci guardava, come fossimo stati i suoi giudici, o i suoi medici.
    Chiamai il veterinario, che aveva il rimedio nella borsa e che consigliò di adoperarlo subito. Era stato un cane a ridurlo in quello stato [...]. Mentre il misericordioso Dottore preparava l'iniezione, [Petalo] mi fissò in modo indimenticabile e volle – proprio così – che la mia mano si posasse dolcemente sulla sua mutilazione, un grumo di dolore che spenzolava. Non so se mai più mi capiterà di supplicare mentalmente, con tanta angoscia e febbrile vergogna, qualcuno, qualche groviglio di visceri viventi, di perdonarmi, sul punto della morte. (pp. 286-288)
  • Se Spinoza l'avesse davvero sposata, Clara Maria[46], sarebbe stato un disastro. Ci avrebbe lasciato un mediocre canzoniere in latino, invece dell'astro che mai sarà Buco Nero dell'Ethica. (p. 320)
  • [...] quel che non posso tollerare è che al posto di questa penisola che nel Mediterraneo innalzava santuari greci etruschi cristiani e gnostici coprendoli di muffe riparatrici, dopo mezzo secolo di pace ai confini non sia coricata che una lurida fogna, di disonore e di delitto. (p. 328)
  • [...] Napoli è color ferro rugginoso, Trieste è nocciola chiaro, da gabardine, Lucca è nera e argentea... (p. 336)
  • La Vasocostrizione è un cobra che quando non morde finge soltanto di dormire. (p. 312)
  • Il giallo è dissolvente: un'umanità gialla è un'umanità spenta. (p. 346)

Meditazione vegetariana

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  • La mia grande buonasorte è di essere diventato [...] un avversario dell'alimentazione onnivora, cancro dell'Occidente, vizio di mente. Non sposate una donna onnivora, prima o poi divorerà anche voi, cannibalico è l'onnivorismo. (p. 23)
  • Mi è anche difficile comprendere chiunque detesti l'aglio, divino nettare, e la cipolla, avvocata nostra: che cosa diventa una cucina orfana di aglio? La mia origine francamente trovadorica, occitanica, provenzale mi ha reso squisitamente agliofilo, quantunque, dello spaventoso intingolo piemontese detto Bagna Cauda, nemicissimo. (p. 24)
  • La patata, grossolano cibo che trattiene lo spirito nella Materia, mi commuove nei Mangiatori di patate di Van Gogh e nell'incantevole, sublime Angelus di François Millet. (p. 24)

Pensieri del Tè

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Due volte al giorno, verso le sei del mattino e le cinque della sera, tazza ripetuta di Tè verde della Cina arriva con la sua infallibile virtù unitiva, confirmativa, risuscitativa, a disincagliarmi e a preservarmi da ogni specie d'inerzia, d'inebetimento, di abbattimento.

Citazioni

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  • Non sono un Orientale. I miei gesti rituali non vengono dai Maestri; somigliano piuttosto ad un'abitudine carceraria, continuata negli anni. In piedi, sempre, vicino ad una finestra con la tendina scostata... Ma di Oriente orientante mi resta la fiducia che nell'uscire in giusta misura da se stessi, e abitualmente, non c'è nulla di pericoloso, e che vedere, sentire e incontrare spiriti non è inquietante. (p. 9)
  • L'uomo beve il perché lo angoscia l'uomo.
    Il Tè beve l'uomo, l'erba più amara. (p. 10)
  • Tutte le torture, i patimenti, i terrori (per Némesis, imperdonabili) inflitti agli animali appartengono legittimamente al dolore infinito della storia e ne modificano il senso, se ne abbia uno (patire è essere modificati: tutta la storia, da quel patire oscuro, invendicato dalla parola, il più privo di giudici e tribunali, è modificata). (p. 12)
  • I corpi li unisce il piacere, le anime la pena. (p. 19)
  • A chi non capisce l'allusione è inutile fornire la spiegazione. (p. 21)
  • In una chiesa semideserta se ci sono tre o quattro vecchie in preghiera è come nessuno; se c'è un vecchio c'è qualcuno e il Dio non è solo; il vecchio ha un presente da confidare e un passato che gli rimorde. (p. 22)
  • Apparizioni della Vergine (Salette, Lourdes, Fatima, ec.), credibilissime ma destruende. Non farsi incatenare come Léon Bloy, ma piuttosto imparare il superiore distacco di Bernadette. La via di Ramakrishna è la giusta: "Quando davanti a me si presentò la forma della Madre Divina, la spezzai in due con la spada della discriminazione". Intendo discriminazione come furqān, legge rivelata, decisiva, necessaria, infallibile. Il furqan vuole che l'apparizione della Vergine sia creduta, venerata e distrutta, perché rischierebbe di distruggere l'Unità. Solo vederla come figura dell'Unità, che all'improvviso si accende in una grotta pirenaica, e chiede una vittima innocente, per far scorrere dell'acqua per i paralitici della Molteplicità. (p. 23-24)
  • AQUERO (...) Meravigliosa portatrice di verità, Bernadette non disse mai di aver visto la Madonna.
  • A Massabielle Bernadette vide certamente (in figura di Signora) l'Atman-Brahman, ma dopo l'estasi dell'Unità provata tornò, anche perché torturata dalla bassezza mentale che la circondava, alla dispersione molteplicitaria. Così sopravvisse qualche anno, tollerata e perfino venerata...
  • Il cremlinologo dev'essere prima di tutto criminologo, essersi bene esercitato in profonda psicologia criminale. (p. 24)
  • Strana ricorrenza: alla fine della Grande Guerra, nel 1918, il presidente americano era semidemente; nel 1945, di nuovo il presidente americano, Roosevelt, rincoglionito. Nella prossima guerra lo sarà all'inizio. (p. 24)
  • Giù a testa bassa nella Tecnica! Dentro la Tecnica sono dentro il peccato più che Taide nella merda, ed è questo bagno che li perde, prima di ucciderli. (p. 27)
  • Mi avvicinai a Spinoza perché mi sembrava che avvicinasse Dio; me ne sono allontanato, scoprendo che lo allontanava. Ora non so più. (p. 34)
  • Chi vede, altro non vede che questo: la luce, le tenebre. Anna Caterina Emmerich vedeva la luce e le tenebre come realtà positive, forme viventi, vedeva ogni realtà visibile sotto specie di luce e tenebra e loro emanazioni. Se si costruiva una casa su ossa maledette, Anna Caterina lo vedeva e sentiva. La Russia era vista come un mare di tenebre. Quando luce e tenebre non sono viste che come metafore, perde luce il pensiero. (p. 34)
  • L'appuntamento con le esalazioni dal profondo del Male, ci aspetta tutti i giorni dal giornalaio ma «quel che viene dall'alto all'alto ritornerà» (Sirac. 40, 11b). (p. 38)
  • Un vecchio che non prega è un puro e semplice rottame muto. (p. 38)
  • Ci sforziamo di conservarci in salute per poter morir bene di radiazioni o di aria avvelenata. (p. 41)
  • «Tanti muri, perché?».
    E le teste, allora, dove sbatterebbero? (p. 42)
  • Una cosa a cui non si pensa: che una grandissima parte delle possibilità di pensiero e del linguaggio umano è già irreparabilmente perduta per la desertificazione tecnica del mondo (e non si pensa a questo, perché è bruciata la libertà di pensarlo, scancellato il sentiero per arrivarci). (p. 42)
  • La natura rifiutandosi clamorosamente di servire all'uomo, avendo altri fini, l'uomo sempre più sarà asservito all'uomo. Le conseguenze saranno una schiavitù illimitata universale, sodomia obbligatoria, antropofagia legalizzata. (p. 43)
  • Ricevere un saluto da chi resta seduto, uomo o donna, è una delle offese di primo grado di cui pochi si accorgono, abituati come sono alle inciviltà del mondo. Ma salutare rimanendo seduti è saluto di malavita, di ambienti di sottosuolo: diventa normale se il confine si perde. È bello e giusto alzarsi anche per salutare un bambino, un poveraccio, un cane. (p. 51)
  • Il simbolismo fallico della bombarda e del cannone si è dissolto. L'artiglieria missilistica riflette l'affievolimento virile e l'abbigliamento unisessuale. Il missile è un phallus, ancora, ma estremamente stilizzato (come in certi vasi greci); incapace di eiaculare, non può far altro che esplodere per disperazione. La forma del suo sadismo è la precisione. (p. 53)
  • L'uomo è un'anima che trascina un cadavere. Noi deploriamo come morte il suo stancarsi, alla fine, di fare da spazzino. (p. 55)
  • Così impregnati come sono ormai di menzogna umana, come possiamo fidarci degli astri? (p. 61)
  • Come può riemergere, in un pensiero contemporaneo, nella sua integrità, il tragico greco? Eppure eccolo, in un pensiero di Artaud: Je représente la fatalité qui m'élit. (p. 61)
  • In genere, l'uomo di scienza contemporaneo è un uomo molto ilare. Non si capisce perché. Non ha nessun motivo per esserlo. Tutto quel che conosce, manipola, trasmette, provoca e produce è enormemente deprimente; dopo che uno ha saputo i risultati delle loro ricerche ha bisogno di distrazioni, vorrebbe una donna, un cinema subito... (p. 62)
  • C'è la scuola, la scuola come obbligo, come prigione mentale. Basterebbe questo. Come tollerare di mandarci degli esseri indifesi, di saperli chiusi là dentro, la loro mente confusa messa a friggere in quelle sudicie padelle... Perché sappiamo quanto vigliaccamente li corromperebbero quei libri, quelle bocche, quella scienza. E come sottrarli? Dappertutto è scuola, il carcere scolastico ti segue come un agguato in qualunque posto. E poi l'Università, un concentrato di deliri, Zecca di libri falsi, anticamera dell'inferno tecnico, martello di orizzonti ciechi... (pp. 64-65)
  • Nel non volere che siano posti limiti alle nascite, la Chiesa mostra che non si è estinta tutta la sua vocazione primitiva alla catastrofe assoluta. (pp. 71-72)
  • I papi benedicono lupi e pecore insieme, sgozzatori e sgozzati. (p. 72)
  • In un teatro giapponese, nel 1945, gli spettatori entusiasti gridarono ad un attore, per aureolarlo di grandezza: «Sei Mac Arthur!» e provarono la propria grandezza. Il generale nemico, come colui che è stato capace di battere una così invincibile nazione di guerrieri, diventa il paragone di ogni bravura. È così che riaffluisce la forza dopo la sconfitta. (pp. 73-74)
  • Dolores Ibarruri era stata pescivendola, e prima di diventare Pasionaria (passiflora, fiore della Passione di Cristo) era nota come la Sardinera, Dolores delle Sardine. Spagna è umorismo stringente e iperbole incalcolabile: mentre la voce della Pasionaria faceva sussultare le bandiere rosse in processione, per molti, anche dei suoi, Dolores restava voce delle sardine, Dolores la Sardinera. (pp. 78-79)
  • «La natura non è materiale come la ragione»[47] dice meravigliosamente Leopardi. Di qui l'impossibilità per la ragione, con le sue «operazioni materialissime e matematiche»[47] di penetrarla. (p. 80)
  • La terra, fisicamente, si va corrompendo: dunque, Dio ha cessato di respingere certi uomini per mezzo di altri, ha reso questi impotenti e lasciato quelli moltiplicarsi e disfare, disfare tutto. (p. 81)
  • Un luogo non può contenere il Luogo. (Il Tempio e il Dio). (p. 81)
  • Se si sappia vivere da vinti, lo si è un po' meno. (p. 84)
  • Edna, Lita, Oona... forse, Chaplin ha speso tutto il suo genio per comprare sesso [...]. Seppe addirittura fingersi ebreo, cosa difficilissima, per accattivarsi il potere finanziario a Hollywood... Un amabile cinico, creatore di un personaggio umanitario... (p. 85)
  • La scienza fa che i cuori battano più a lungo – ma li ha avviliti. Paghiamola, senza ringraziarla. (p. 87)
  • La cosa più tranquillizzante che possano dirci chirurghi e cancerologi è: «Troppo tardi!». (p. 95)
  • L'ospedale degrada la malattia. La casa esalta il malato. Se il malato è deposto sull'Alef, muore da uomo felice. (p. 95)
  • Tutti saremo messi tra gli assassini e i persecutori, anche le vittime, solo per essere vissuti in questo secolo. (p. 95)
  • Le foglie stanno volando via dal mondo e sopra c'erano dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato. Anche le mani: lette poco, troppo poco; anche le rughe, i lobi... Non abbiamo letto che dei libri. (p. 99)
  • La morte come liberatrice dall'Informazione. (p. 101)
  • Noi, i geofagi... – ex italiani, americani, britannici, tedeschi, russi, giapponesi ec. Un solo popolo, nessuna patria. Il puro divorarsi delle giungle e dei fondi marini. Morire d'indigestione della polpetta Terra non è un glorioso morire. (p. 102)
  • La parola Dio è scomparsa con la parola pidocchio. Dio è morto insieme al pidocchio e per la stessa causa: uno spruzzo d'insetticida. Per questa Morte del Pidocchio l'umanità sprofonda nell'igiene e nella rovina. (p. 102)
  • Geremia si malediceva per essere costretto da Dio a parlare: ma se gli avesse dato la visione costringendolo a restare muto sarebbe scoppiato. E per essere schernito, trattato da pazzo ec. Ma la peggiore umiliazione gli è stata risparmiata: non essere né visto né sentito, e tuttavia richiesto con insistenza, pagato, applaudito. (p. 105)
  • Tragici e profeti non immaginavano quanto tragico umano e cosmico avrebbe potuto un giorno essere significato da qualche tronco d'albero abbattuto elettricamente per ordine di un assessore comunale, per fare posto a delle automobili. (p. 106)
  • Una via sicura per eliminare ogni ricordo del sacro da un luogo sacro (interni di cattedrale, pronai, sagrati, cripte, colonnati ec.) è di farne risuonatori di concerti di musica sacra, dove i partecipanti diventano un pubblico. (p. 107)
  • La maggior parte delle mie paure, circa i mali fisici, riguarda i medici e le loro cure, non la malattia. (p. 111)
  • In un Umanismo Integrale, come quello in atto, non c'è posto per chi non sia nato a compiere o a tollerare qualsiasi crimine. (p. 111)

Rosa Vercesi

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  • A vita è condannata! | La colpa fu provata! | Da corvo in casa entrata | L'amica ha assassinato | Rosa Vercesi || Con faccia tosta e bianca | Ai giudici ha gridato | Sono innocente tutta | Sono un fiore di prato | Rosa Vercesi.
  • Ma i giudici severi | Udendo han sogghignato: | Sei ladra e prostituta | Vittoria hai strangolato | Rosa Vercesi || Tu implori che ti salvi | Maria Ausiliatrice | Ma la Madonna dice | Sei troppo peccatrice | Rosa Vercesi.
  • ROSA: Perdonami, Vittoria, perdonami! Perché mi hai fatta impazzire a quel modo? Nessuno lo crederebbe! O sarà stato qualcosa che ho nel sangue, un'eredità schifosa... mio padre... Me la farei tagliare da una sega elettrica questa maledetta mano... Io non lo volevo! No, no, no...

Un viaggio in Italia

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  • Uscire dalla città, a piedi, è faticosissimo. T'investe la lava bollente del brutto, del rumore, strade sopra strade, tremendi ponti di ferro, treni, camion, Tir, corsie con sbarramenti, impraticabili autostrade, un vero teatro di guerra. (p. 33)
  • Nei caruggi quasi del tutto addomesticati (turismo, denaro, ripuliture, fatuità, sopratutto voglia di cancellare il male di vivere che il tempo marcito mette in mostra) qualcosa di duro e di sinistro ancora lo trovi, bistrots lebbrosi, facce tumefatte, puttane sfasciate, meridionali con aria violenta, Grecia fritta. (p. 56)
  • Staccarsi da terra, per esseri fatti di terra e di carne è sempre un doloroso scandalo e l'enorme macchina galleggiante fatta per rassicurare non basta a vincerlo; il passeggero è un lattante che paga un biglietto per vedere come la mammella dolorosamente si stacca da lui, e mentre la contempla ancora attaccata pensa tra poco si staccherà. (p. 57)
  • La prima volta che dormii in un albergo fu a Portoria, nel 1934, il quartiere era un bagno turco di vapori vitali misteriosi... Era Genova: cariato, incantevole Oriente! Occidente, adesso: la nuova Portoria è brutto assoluto, inintelligibilità pura, geometria satanica; restano le chiese, nomi di strade che brancicano nel vuoto, qualche sospiro di vita moribonda (ancora!) sotto i colpi non sazi del maniaco assassino. Diranno che l'hanno fatto per raschiare via un po' di malavita: ma è la vita che hanno abolito. (p. 57)
  • A Staglieno c'è materia da morbosi sogni, al contatto degli orrori metafisici suggeriti dalle visioni e dalle statue, vagando in una avvolgente voluttà del disgustoso. Se tanta stupidità spenta, risorgendo, andasse a mescolarsi a quella oggi viva, chi reggerebbe? Oh terra tienili sotto per sempre, non riaprirti! (p. 58)
  • [Sul cimitero di Staglieno] È una necropoli che frinisce, che gorgheggia, che urla, che fischia, che di notte non dà regua a noi poveri vivi. (p. 59)
  • Da Genova a Voltri, tutto è incubo industriale, non troppo disumano solo perché gangrenoso. Il cancro più terribile è l'Italsider, vomitata direttamente dal Tartaro in un ex luogo umano chiamato Cornigliano; la collina è un'ossessiva catena di termitai per disperati. (p. 60)
  • Bastano le cose viste e udite perché il giorno abbia malitia sua, le simpatie superficiali a rallegrarlo: una profondità umana è subito molestia, poi a poco a poco, dolore. Non voglio offrire il corpo nudo, senza riparo, ai chiodi che volano per l'aria smaniosi di conficcarsi. (pp. 61-62)
  • Dal mare, costeggiando, l'ITALSIDER è ancora più cancerosa. È una strega che da una bocca masticante interiora ferrose e organi umani insieme emette nuvole di fetore acido. I fumi si alternano: uno bianchissimo, l'altro nerissimo, un colore si precisa netto nel diradarsi l'altro in un perpetuo movimento di titani in figura di vapori. La massa del siderurgico è rossa e nera, di perfetta rottura con tutto quanto lo circonda; si direbbe del gotico diabolico, un gotico senza la tensione musicale, la volontà di trattenere il cielo. (p. 62)
  • Carità romana, titolo idiota o fatto per sviare, di una divina pittura di Guido Reni nel palazzo Cattaneo-Adorno, dove una donna offre da tettare a un vecchio avido di conoscenza (o di vita: ma non c'è vita vera che nella conoscenza). Il gesto e il volto della donna sono un cantico dell'amore infinito, si tocca una delle profondità del mistero erotico, il legame tra il Vecchio e la Bella Fanciulla, in un dilatarsi d'onde della pura Bellezza. Chi ha mammelle così deve offrirle a chi ne ha bisogno intellettuale, non riservarle a lattanti incapaci di capire. (p. 63)
  • I traghetti, navi che non sono più navi, ma prosecuzioni di autostrade. (p. 65)
  • Che cos'altro si può essere in un paese come questo se non disperatamente conservatori? (p. 83)
  • [Sui catanesi] È gente impazzita d'automobilismo che usa le strade con inciviltà spaventosa... (p. 104)
  • I paesi etnei sono orribili aggressioni di geometri deliranti, incrostazioni di rogna sulle pendici sublimi. (p. 108)
  • Rapinarti del silenzio, non è già un crimine? (p. 152)
  • Forse a Genova soltanto, potrei innamorarmi ancora. C'è un elemento esaltante nelle genovesi: probabilmente è l'energia vitale unita alla capacità di compatire. (p. 163)
  • Vico delle Virtù e molto simile a Vico Chiuso delle Formiche (per la stretta relazione tra virtù e formiche: non solo la formica è virtuosa, anche la virtù è formicolosa) ma è aperto. Dalle Formiche si legge: «Si prega di non mettere carta o altra roba – grazie – Romeo» e tutto è fantastica putredine. (p. 163)
  • Tutto qui a Portoria era vita e ragione, adesso è inciviltà e squallore. (p. 163)
  • Vico della Noce: è una cruna d'ago dove passerebbe un cammello molto macilento, ma se un ricco passa viene sicuramente spogliato o assassinato. (p. 164)
  • [Su Genova] Città spirituale, dove il buio e il basso e il sordido non sono che dei trompe-l'œil, mentre di colpo il volo misterioso di una scala che si torce come i reni di un profeta ti rapisce in alto. Anche un gatto, nei caruggi, è come preso nel vorticare di un'iniziazione e fatto entrare e uscire dai portoni per qualche fine occulto. I distruttori di labirinti urbani non temono il delitto, quanto i cammini di espiazione. (p. 164)
  • A Lorsica, delizioso borghino tra le montagne, da mille anni sotto le pallide ardesie si fabbricano i damaschi col filo di seta pura sparpagliandoli con le flotte in tutti gli Orienti e gli Occidenti. (p. 164)
  • L'Italia è ben poco interessante, il popolo, dopo tanta storia, è più che mai rincretinito. (p. 204)
  • È un popolo di presi dallo spirito di vertigine, un gorgogliare di demenze. Non capiscono il male che fanno perché non hanno capito il male che gli hanno fatto. Disumanizzare Napoli non deve essere stato facile, ma sembrano esserci riusciti. Un popolo che ha molto patito superando con la sua vitalità e la sua impressionante saggezza prova dopo prova è facilmente preso alla sprovvista da un'aggressione disumanizzante, che ha lo scopo di ucciderne l'anima fingendo di liberarlo; così mi spiego questo popolo stravolto, paralizzato, che non può più fare nient'altro che gonfiarsi di rumore e produrne, ingoiare caos e trombettarlo fuori. (p. 260)
  • Napoli è uno dei peggiori luoghi d'Italia; ma tutta intera questa nazione non è più che uno sbubbonare di tante Napoli, che se anche non sanguinano come Napoli, ne riproducono sintomi, crolli, abbrutimento. (p. 260)

Per le strade della Vergine

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  • Finalmente una morte da tutti desiderata! Quella del criminale iraniano Khomeini, uno dei grandi sanguinari del secolo. E folle in delirio che piangono la frusta che ha cessato di flagellarle...
  • A Bucarest preso, e subito ammazzato (giustizia finalmente!!) l'ignobile Ceaușescu con la sua infernale moglie.
  • E ieri, a Madrid, è morta Silvana Mangano, volto bellissimo. Era goffa e pesante all'esordio in Riso amaro, poi la crisalide generò l'eleganza di una regina. (Ricordo intenso di lei interprete di Edda Ciano nel Processo di Verona).
  • In Catalogna, a Figueras – dov'erano morte cinquant'anni fa le Cortes della Spagna repubblicana –, è morto l'orribile deturpatore Salvador Dalí.
  • Oggi 7 gennaio è morto finalmente l'imperatore Hiroito, in coma protratto con macchine dal 19 settembre.
  • Dappertutto boschi che bruciano e islamici che sbarcano: c'è un nesso, gli stiamo preparando il deserto al quale sono abituati.
  • Disposizione da prendere: «Non voglio donne in calzoni ai miei funerali. Cacciatele via. Almeno in questa pur insignificante occasione, ma per amore, siano insottanate come le ho sognate sempre, nella vita.

Citazioni su Guido Ceronetti

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  • La erre arrotata, l'autoironia, lo strascicato accento piemontese, la voce sottile, quasi femminea. E le ossessioni vegetariane: invitato al ristorante, anche nel migliore, immancabilmente tirava fuori dalla cartella il suo olio e le sue tisane, mangiava semi di chissà che, grani di miglio. In quell'aspetto di uccello rapace (agli amati barbagianni aveva dedicato un libro di aforismi) si riassumeva il suo stesso carattere, che consisteva nel tenersi fuori dalla mischia per comparire inaspettatamente con il suo becco ricurvo e ritirarsi di nuovo nella sua casa di Cetona, in Valdichiana, con la moglie Erica Tedeschi, insieme alla quale aveva fondato nel 1970 ad Albano Laziale il Teatro dei Sensibili. (Paolo Di Stefano)
  • La sua aria d'uomo che non è di nessuna parte, la sua aria d'inappartenenza originaria, di predestinazione all'esilio quaggiù, mi ha fatto pensare immediatamente a Myṥkin. [...] dà l'impressione di un uomo ferito, allo stesso modo, sarei tentato di aggiungere, di tutti coloro cui fu negato il dono dell'illusione. [...] fra tutte le persone, le meno insopportabili sono quelle che odiano gli uomini. Non bisogna mai fuggire un misantropo. (Emil Cioran)

Note

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  1. a b Da Solo l'Oriente ci potrà curare, La Stampa, 27 luglio 2009
  2. Dall'introduzione a E. M. Cioran, Squartamento, traduzione di Mario Andrea Rigoni, Adelphi, Milano, 1981, pp. 18-19. ISBN 978-88-459-0459-2
  3. Dall'introduzione a E. M. Cioran, Squartamento, p. 9.
  4. Citato in Massimo Gatta, "Questo è un libro", Guido Ceronetti e Alberto Tallone Stampatore-Editore (1891-2008); in Cartevive Periodico dell'Archivio Prezzolini, Biblioteca cantonale Lugano, Anno XX, n.2 (44), dicembre 2009, pp. 103-104.
  5. In Per Cristina Campo, a cura di Monica Farnetti e Giovanna Fozzer, All'insegna del Pesce d'oro di Vanni Scheiwiller, Milano, 1998, p. 249. ISBN 88-444-1450-3
  6. a b Da La carta è stanca: una scelta, Adelphi, Milano, 2015, cap. I vegetariani. ISBN 978-88-459-7679-7
  7. Da Viaggia viaggia, Rimbaud!, Il Melangolo, 1992. Motto del Teatro dei Sensibili.
  8. Da Il telegramma dell'anno, La Stampa, 3 gennaio 1982, p. 3; citato nelle note di Angela Borghesi ad Anna Maria Ortese, Le piccole persone: in difesa degli animali e altri scritti, Adelphi, Milano, 2016, p. 228. ISBN 978-88-459-3070-6
  9. In Le ballate dell'angelo ferito, Edizioni Il Notes Magico, 2009.
  10. Difesa della Luna e altri argomenti di miseria terrestre, Milano, Rusconi, 1971
  11. a b Dall'intervista a Franco Fanelli, Il Giornale dell'Arte, n. 366, luglio 2016; in Guido Ceronetti: «J'ai la mémoire des fleurs», «La bellezza bussa alla porta ed è come se in casa non ci fosse nessuno», ilgiornaledellarte.com, 13 settembre 2018.
  12. a b c d Dall'intervista a Silvia Truzzi, Guido Ceronetti morto, ripubblichiamo la sua ultima intervista al Fatto: "Sono un patriota orfano di patria. Italia, regno della menzogna" ilfattoquotidiano.it, 13 settembre 2018.
  13. Da una lettera a Cesare Cavalieri del 14 dicembre 1970 da Albano Laziale. Citato in Cesare Cavalieri, Quando Ceronetti scriveva: la Rivelazione per me è un enigma, avvenire.it, 19 settembre 2018.
  14. Da Dal mare un pericolo senza nome, La Stampa, 5 aprile 2011; in La flotta che sbarca, islamica, ilfoglio.it, 6 aprile 2011.
  15. Citato in Luca Negri, Miserie e destini di un secolo crudele. Le amare riflessioni di Guido Ceronetti, ilsole24ore.com, 21 giugno 2011.
  16. In Per Cristina Campo, p. 248.
  17. Da Il Filosofo Ignoto, Indemoniati?, ilfoglio.it, 26 aprile 2016.
  18. da Accoglieremmo i nostri fratelli d'Israele?, su la Repubblica, 4 novembre 2015
  19. Da Un tentativo di colmare l'abisso. Lettere 1968-1996, con Sergio Quinzio, Adelphi, Milano, 2014; citato in Camillo Langone, Preghiera, Il Foglio, 17 maggio 2014.
  20. da Tragico tascabile, Adelphi, 2015, google books.
  21. Dall'intervista ad Anna Bandettini, Guido Ceronetti: "Da Buddha alle marionette, vi svelo le mie mille vite", repubblica.it, 3 agosto 2016.
  22. Dall'intervista di Bruno Quaranta, Guido Ceronetti: l'Apocalisse può attendere, lastampa.it, 24 agosto 2017.
  23. Da Il mistero del Cantico, in Il Cantico dei Cantici, a cura di Guido Ceronetti, Adelphi, Milano, 201111, p. 123. ISBN 978-88-459-0952-8
  24. Da D.D. Deliri Disarmati.
  25. da Così il Male Oscuro governa l'Occidente, Corriere della Sera, 7 novembre 2011.
  26. Citato in Maurizio Chierici, Ceronetti. Io, cantore di strada, Corriere della Sera, 23 luglio 1995, p. 17.
  27. a b Dall'intervista di Bruno Quaranta per La Stampa del 24 agosto 2017
  28. Edizioni Adelphi, 2014
  29. Citato in Bhagavadgītā, a cura di Anne-Marie Esnoul, traduzione di Bianca Candian, Adelphi, 2010.
  30. Da L'occhio del barbagianni, Adelphi, Milano, 2014, p. 4. ISBN 978-88-459-7618-6
  31. da Eluana (di Guido Ceronetti da La Stampa), riportato su Associazione Luca Coscioni, 14-07-2008.
  32. La strage di Pasqua, in Lo scrittore inesistente, I Libri de La Stampa, Torino, 1999, pp. 173. ISBN 88-7783-117-0
  33. Un fiore per Emanuele, in Cara incertezza, Adelphi, 1997.
  34. Da Tra pensieri, Adelphi, Milano, 1994, p. 11. ISBN 8845910644
  35. Da Dal mare un pericolo senza nome, La Stampa, 5 aprile 2011.
  36. In Le ballate dell'angelo ferito, Edizioni Il Notes Magico, 2009.
  37. Da Tragico tascabile, Adelphi, Milano, 2015, p. 15. ISBN 978-88-459-7661-2
  38. Da Italsider è bello, citato in Elena Polidori, Una fonderia piena di guai, ricerca.repubblica.it, 14 dicembre 1988.
  39. a b Cfr. Numeri: «Intanto si era alzato un vento, per ordine del Signore, e portò quaglie dalla parte del mare e le fece cadere presso l'accampamento sulla distesa di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall'altro, intorno all'accampamento e a un'altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie. Chi ne raccolse meno ne ebbe dieci homer; le distesero intorno all'accampamento. Avevano ancora la carne fra i denti e non l'avevano ancora masticata, quando lo sdegno del Signore si accese contro il popolo e il Signore percosse il popolo con una gravissima piaga. Quel luogo fu chiamato Kibrot-Taava, perché qui fu sepolta la gente che si era lasciata dominare dalla ingordigia».
  40. Spinoza nell'Ethica
  41. «Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere». (La Sacra Bibbia, traduzione CEI).
  42. Vedi l'aneddoto su Spinoza in Wikibooks.
  43. Cfr. la voce Epitaffio di Sicilo su Wikipedia.
  44. Riportato su il Giornale, 14 settembre 2018, L'innocente Priebke L'invasione africana Il male omosessuale (Ceronetti dixit...).
  45. Giacomo Leopardi, Le ricordanze, nei Canti.
  46. Cfr. la spiegazione dell'episodio in Wikibooks.
  47. a b Giacomo Leopardi, Zibaldone, 107.

Bibliografia

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  • Guido Ceronetti, Albergo Italia, Einaudi, Torino, 1985. ISBN 88-06-58974-1
  • Guido Ceronetti, D.D. Deliri Disarmati, Einaudi, Torino, 1993.
  • Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo: materiali per lo studio di medicina, Adelphi, Milano, 1979.
  • Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo: materiali per lo studio di medicina, Adelphi, Milano, 2015. ISBN 978-88-459-7682-3
  • Guido Ceronetti, Insetti senza frontiere: pensieri del filosofo ignoto, Adelphi, Milano, 2009.
  • Guido Ceronetti, La fragilità del pensare, a cura di Emanuela Muratori, Rizzoli, 2000.
  • Guido Ceronetti, La pazienza dell'arrostito: giornale e ricordi (1983-1987), Adelphi, Milano, 1990. ISBN 88-459-0793-7
  • Guido Ceronetti, Meditazione vegetariana, in Carla Sacchi Ferrero (a cura di), Le ricette del cuore, Blu Edizioni, 2007. ISBN 978-88-7904-043-3
  • Guido Ceronetti, Pensieri del tè, Adelphi, Milano, 2012 (1987). ISBN 978-88-459-0249-9
  • Guido Ceronetti, Rosa Vercesi, Corraini, 2005.
  • Guido Ceronetti, Un viaggio in Italia. 1981-1983, Einaudi, Torino, 2004. ISBN 88-06-17032-5
  • Guido Ceronetti, Per le strade della Vergine, Adelphi, 2016

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