Strada regia delle Puglie

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Strada regia delle Puglie
Denominazioni successiveStrada nazionale 54 delle Puglie
Strada nazionale 80 della Campania e delle Puglie
Strada statale 90 delle Puglie
Localizzazione
StatoRegno di Napoli (bandiera) Regno di Napoli
Dati
ClassificazioneStrada regia
InizioNapoli
FineFoggia / Bari
Percorso
Località serviteAvellino, Ariano
Il tortuoso tracciato della strada règia (linea sottile) all'altezza della sella di Ariano, al confine tra le province di Principato Ultra (a sinistra della linea spessa) e Capitanata (a destra), nell'anno 1808.

La strada regia delle Puglie era una via regia del regno di Napoli. Progettata fin dal Cinquecento da re Filippo II d'Asburgo, ma aperta al transito soltanto agli inizi del Seicento, fu poi integralmente ristrutturata nel corso del Settecento per volere di re Carlo III di Borbone[1].

L'arteria collegava Napoli, capitale del regno, con le province di Terra di Lavoro, Principato Ultra, Capitanata e Terra di Bari. Col passare del tempo il tracciato si arricchì di numerose diramazioni.

La strada usciva da Napoli da porta Capuana dirigendosi quindi verso Mugnano del Cardinale. A partire da quel punto la via penetrava negli Appennini, ove superava in successione quattro dorsali tra loro parallele (attraverso il valico di Monteforte, il passo della Serra, il passo di Mirabella e la sella di Ariano, quest'ultima posta lungo la linea spartiacque) e tre fiumi tra loro confluenti (il Sabato, il Calore e l'Ufita). La strada raggiungeva la massima altitudine (765 m s.l.m.)[2] nel centro abitato di Ariano; tale grosso borgo fu perciò definito "la chiave delle Puglie"[3].

Sul versante adriatico la via discendeva per molte miglia alla sinistra idrografica del fiume Cervaro, fino all'altezza del ponte di Bovino, ove si concludeva il tratto appenninico. In quel punto la strada si divideva in due tronchi, uno diretto a Foggia (al centro del Tavoliere delle Puglie), l'altro a Bari; quest'ultimo tratto, assai più lungo e complesso (occorreva superare i fiumi Cervaro, Carapelle e Ofanto per poi costeggiare il mare Adriatico a partire da Barletta[4]) fu ultimato soltanto nel primo quarto dell'Ottocento[5], sebbene nel 1789 fosse stata già raggiunta Bisceglie[6].

La règia fontana di Camporeale in prossimità del ponte Gonnella, nell'alta valle del Cervaro

La strada ricalcava almeno in parte tracciati preesistenti (risalenti per lo più all'epoca angioina) i quali risultavano però impervi e disagevoli, oltre che malsicuri[7]; il nuovo progetto mirava invece a realizzare una via moderna, ampia e transitabile in ogni stagione e con ogni tipo di vettura. L'obiettivo primario era quello di agevolare al massimo i rifornimenti di merci e derrate (soprattutto cereali) dalle province pugliesi verso la capitale, all'epoca in fase di forte crescita demografica; non a caso la strada divenne poi nota come la via del grano[8].

I lavori di costruzione si protrassero per lunghi decenni; intorno al 1567 i cantieri stazionavano ancora in Valle Ufita, circa a metà percorso. Risale invece al 1608 l'edificazione delle cosiddette fontane reali, tuttora esistenti, realizzate lungo tutto il tratto appenninico (il più ricco di sorgenti idriche) dai maestri muratori Scipione Galluccio e Andrea Insano di Cava dei Tirreni.[9]

La funzionalità attiva della strada nova reale de tutta la Puglia è attestata in Ariano fin dal 1631[10]; fu però re Carlo III che, nel secolo successivo, prescelse la denominazione di strada regia delle Puglie, ove la forma plurale ("Puglie") sottintendeva l'insieme delle province orientali del regno. Egli fece inoltre restaurare le undici regie fontane alle quali fu apposto lo stemma reale con impresso il nome del sovrano.[11]

Un grave problema logistico fu determinato dall'instabilità delle pendici nella valle del Cervaro, lungo una tratta costruita ex-novo onde evitare di dover varcare in altura i monti della Daunia (come invece accadeva per il preesistente tratturello Camporeale-Foggia, l'antica via di collegamento tra Campania e Puglia)[12]. In particolare, nel 1763 una grave frana mise a repentaglio i collegamenti lungo la strada règia e soltanto l'intervento di una squadra di ingegneri, inviata appositamente da Napoli, riuscì a stabilizzare la situazione (alcuni secoli più tardi quello stesso smottamento si sarebbe però riattivato, dando così origine alla gigantesca frana di Montaguto).[13]

Inoltre, al fine di garantire la sicurezza pubblica re Ferdinando IV (figlio di re Carlo III) fece radere al suolo alcune antiche rocche situate presso il tracciato (tra cui la torre d'Amandi, presso Ariano), nel timore che esse potessero costituire un ricettacolo per ladri e briganti; tuttavia rimanevano alquanto insicure le numerose aree boschive attraversate dalla strada. Il tratto più pericoloso era rappresentato dalla già citata valle del Cervaro, all'epoca nota come vallo di Bovino, ove gli assalti ai carriaggi e alle diligenze erano tutt'altro che infrequenti; nonostante ciò il vallo di Bovino era assai apprezzato dal sovrano per la sua rilevanza naturalistica e venatoria, e lo stesso re Ferdinando, opportunamente scortato, vi si recava spesso a caccia. Tuttavia l'insicurezza continuò a rappresentare un grave problema anche nel corso dell'Ottocento, e anzi all'atto dell'unità d'Italia l'intero tratto appenninico era ormai infestato da briganti; la reazione delle autorità italiane fu però durissima e, nel giro di non molti anni, il brigantaggio postunitario fu definitivamente stroncato.[12]

In seguito la strada regia fu dapprima ribattezzata strada nazionale 54 delle Puglie, poi (dal 1923) strada nazionale 80 della Campania e delle Puglie e infine (dal 1928) strada statale 90 delle Puglie; quest'ultima arteria comprende però soltanto una parte dell'antico tracciato.

  1. ^ Giampiero Galasso, Grottaminarda - Storia, arte, immagini, Avellino, De Angelis Editore, 2001, p. 15, ISBN 88-86218-32-X.
  2. ^ Istituto Geografico Militare, Carta topografica d'Italia, Firenze, 1962, foglio 174 Ariano Irpino.
  3. ^ Paolo Macrì e Pasquale Villani, La Campania, Storia D'Italia: Regioni dall'Unità a oggi, vol. 9, G. Einaudi, 1990, pp. 110-111, ISBN 9788806118761.
  4. ^ Rapporto generale sulla situazione delle strade sulle bonificazioni e sugli edifizj pubblici dei reali dominj al di qua del faro diretto a S. E. il Ministro delle Finanze dalla Direzione Generale di ponti e strade e delle acque e foreste e della caccia, 1827, pp. 40-43.
  5. ^ Angelo Massafra, Campagne e territorio nel Mezzogiorno fra Settecento e Ottocento, Mezzogiorno, società, cultura, vol. 39, Dedalo, 1984, p. 221, ISBN 9788822060396.
  6. ^ Giuseppe Maria Galanti, Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, vol. 3, Gabinetto Letterario, 1789, p. 111.
  7. ^ Università degli studi di Bari, Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo, a cura di Giosuè Musca, Dedalo, p. 133, ISBN 9788822041449.
  8. ^ Giuseppe Barone, Le vie del Mezzogiorno: storia e scenari, a cura di Giuseppe Cirillo, Donzelli, 2002, pp. 81-82.
  9. ^ Comune di Bonito, Dizionario di toponomastica bonitese - I nomi di luogo: origine e significato (PDF), a cura di Emanuele Grieco, 2012, pp. 64-65 (archiviato il 28 dicembre 2020).
  10. ^ Emilio Ricciardi, Irpinia antica (PDF), Aracne, 2007, pp. 39-40, ISBN 978-88-548-1091-4 (archiviato il 27 maggio 2020).
  11. ^ Fontane in mostra, su Sannio Portale, Ottopagine (archiviato il 16 maggio 2020).
  12. ^ a b Nicola Flammia, Storia della città di Ariano, Ariano di Puglia, Tipografia Marino, 1893, pp. 20-38 e p. 247.
  13. ^ Frana di Montaguto (PDF), su Centro Alpino Italiano. URL consultato il 26 novembre 2017 (archiviato il 1º dicembre 2017).

Voci correlate

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