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Federico Barbarossa

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Federico I di Hohenstaufen
detto "Barbarossa"
Miniatura da un manoscritto del 1188, Biblioteca Vaticana
Imperatore dei Romani
Stemma
Stemma
In carica18 giugno 1155 –
10 giugno 1190
Incoronazione18 giugno 1155, Basilica di San Pietro
PredecessoreLotario II
SuccessoreEnrico VI
Re dei Romani
In carica4 marzo 1152 –
18 giugno 1155
Incoronazione9 marzo 1152, Aquisgrana
PredecessoreCorrado III
SuccessoreEnrico VI
Re d'Italia
IncoronazionePavia, primavera 1155
Duca di Svevia
come Federico III
In carica6 aprile 1147 –
4 marzo 1152
PredecessoreFederico II
SuccessoreFederico IV
Conte palatino di Borgogna
(jure uxoris)
In carica17 giugno 1156 –
10 giugno 1190
(con Beatrice di Borgogna fino al 1184)
PredecessoreBeatrice I
SuccessoreOttone I
Altri titoliRe di Borgogna
NascitaWaiblingen, 1122 circa
MorteSaleph, 10 giugno 1190
DinastiaHohenstaufen
PadreFederico II, duca di Svevia
MadreGiuditta di Baviera
ConiugiAdelaide di Vohburg
Beatrice di Borgogna
FigliDi secondo letto:
Beatrice
Federico
Enrico
Corrado (poi rinominato Federico)
Sofia
Ottone
Corrado
Rinaldo
Guglielmo
Filippo
Agnese

Federico I Hohenstaufen, meglio noto come Federico Barbarossa (Waiblingen, 1122 circa – Saleph, 10 giugno 1190), è stato imperatore dei Romani, re dei Romani e re d'Italia.

Salì al trono dei Romani il 4 marzo 1152, succedendo allo zio Corrado III; nella primavera del 1155 fu incoronato re d'Italia a Pavia, e il 18 giugno dello stesso anno papa Adriano IV lo incoronò Imperatore a Roma. Due anni dopo, il termine sacrum ("santo") apparve per la prima volta in un documento in relazione al suo impero.

Successivamente fu formalmente incoronato re di Borgogna, ad Arles, il 30 giugno 1178. Fu chiamato Barbarossa dalle città dell'Italia settentrionale che tentò di governare; era conosciuto come Kaiser Rotbart, che ha lo stesso significato. La prevalenza del soprannome italiano, anche nell'uso tedesco successivo, riflette la centralità delle campagne italiane nella sua carriera.

Prima della sua elezione imperiale, Federico era per eredità duca di Svevia (1147-1152, come Federico III). Era il figlio del duca Federico II della dinastia degli Hohenstaufen e di Giuditta, figlia del duca di Baviera Enrico IX, del casato rivale dei Welfen. Federico, quindi, discendeva dalle due famiglie leader in Germania, rendendolo una scelta accettabile per i principi elettori dell'Impero.

Gli storici lo considerano tra i più grandi imperatori medievali del Sacro Romano Impero. Combinava qualità che lo facevano apparire quasi sovrumano ai suoi contemporanei: la sua longevità, la sua ambizione, le sue straordinarie capacità organizzative, il suo acume sul campo di battaglia e la sua perspicacia politica. I suoi contributi alla società e alla cultura dell'Europa centrale includono il ristabilimento del Corpus iuris civilis, o lo stato di diritto romano, che controbilanciava il potere papale che dominava gli stati tedeschi dalla conclusione della lotta per le investiture.

Ascesa al trono

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Ritratto ottocentesco di Federico I Barbarossa.

Non è nota con certezza la data di nascita di Federico Barbarossa. È tuttavia certo che sia nato nel castello di Waiblingen, attorno agli anni venti del XII secolo, le ipotesi spaziano tra il 1118 e il 1125. Il padre, che portava il suo stesso nome, era il duca di Svevia Federico II. La madre di Federico era Giuditta di Baviera, sorella del duca di Baviera, di Sassonia e marchese di Toscana, Enrico il Superbo, appartenente alla dinastia rivale dei Welfen, dal cui nome derivò quello del partito dei guelfi in Italia. Federico rappresentava agli occhi dei principali elettori dell'Impero una scelta accettabile per la corona, poiché appunto per linea materna aveva legami anche con la casata dei Welfen.

Nel 1147 Federico succedette al padre come Federico III nell'ufficio di duca di Svevia, e nello stesso anno si aggregò allo zio Corrado III, che guidò la seconda crociata assieme al re di Francia Luigi VII. La crociata si concluse con l'abbandono da parte dei crociati dell'assedio di Damasco, il 28 luglio 1148.

Dalla crisi di potere seguita alla morte di Enrico V, incapace di assicurare in modo definitivo alla propria dinastia la successione al trono dei Romani, si passò invece a una elezione, alla morte di Corrado III[1], condivisa, con un consenso quasi totale. Non si ebbe contesa, come altre volte in precedenza, per l'elezione del re dei Romani fra le due principali casate del regno; si risolse il 4 marzo 1152 a Francoforte pare grazie a un compromesso: il cugino di Federico, il duca di Sassonia Enrico il Leone, della stirpe dei Welfen, uno dei principali pretendenti al trono, rinunciò a esso in cambio della promessa della sovranità sulla Baviera[2]. Fu eletto re dei Romani Federico III di Svevia che prese il nome di re Federico I. Fu incoronato ad Aquisgrana il 9 marzo 1152 all'età di circa trent'anni.

Federico I mostrò subito di volere rafforzare l'autorità imperiale, per cui, nel marzo del 1153, indisse una dieta a Costanza a cui parteciparono anche gli ambasciatori del papa Eugenio III (1145-53)[3]; a essi Federico espresse la convinzione che potere politico e spirituale potessero collaborare su un piano di parità, per cui ribadì i suoi diritti in materia di elezione dei vescovi tedeschi ma allo stesso tempo assicurò di volere rispettare prestigio e potenza della Chiesa in cambio della promessa di essere incoronato imperatore; inoltre fu anche stabilito che nessun territorio della penisola italiana doveva essere ceduto a Manuele I Comneno[4], imperatore bizantino, anzi si presero misure per scacciarlo dalla penisola.

Regno dei Romani

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Lo stesso argomento in dettaglio: Lega anseatica.
Busto in bronzo di Federico Barbarossa datato 1173

Il primo problema che Federico dovette risolvere fu l'assegnazione della Baviera al cugino Enrico il Leone. Il duca di Baviera, Enrico Jasomirgott, che aveva ricevuto il ducato da Corrado III, non voleva consegnarlo a Enrico il Leone. Federico convocò diverse diete per discutere del problema, ma Jasomirgott non si presentò, né a Würzburg, nel 1152, né a Worms, né a Spira, nel 1153. Infine a Goslar, il 3 giugno del 1154, con Jasomirgott sempre assente, il ducato fu assegnato a Enrico il Leone e l'investitura ufficiale avvenne a Ratisbona, nell'ottobre del 1155, dopo il rientro di Enrico il Leone dalla campagna d'Italia. Ma il problema fu risolto solo l'anno dopo (1156), sempre a Ratisbona, dopo che a Enrico Jasomirgott fu assegnato il ducato d'Austria[5], completamente indipendente dalla Baviera.

In quell'anno era morto il conte palatino del Reno e Federico elevò a quella carica il proprio fratellastro, Corrado Hohenstaufen, che aveva ereditato i possedimenti paterni in Franconia. E, sempre in quell'anno, Federico nominò l'ecclesiastico Rainaldo di Dassel, futuro arcivescovo di Colonia, cancelliere imperiale.

Dopo che Enrico il Leone duca di Baviera e Sassonia, nel 1159, aveva rifondato la città di Lubecca[6], concedendole un'ampia autonomia locale e esonerando i mercanti dal pagamento di tasse e pedaggi, l'imperatore Federico, intervenendo prima a confermare, poi ad ampliare e quindi a prorogare le concessioni di Enrico il Leone, mise le basi affinché Lubecca divenisse una città imperiale, libera dalle influenze paralizzanti dei feudatari, e che, in seguito, avesse un ruolo determinante nella Lega anseatica, e diventasse una delle città principali della Lega. Nel 1162 assediò e rase al suolo la città di Milano, per intimare i comuni italiani ad accettare la Constitutio de regalibus.

Enrico il Leone, mentre Federico combatteva in Italia, si prodigò a costruire uno stato efficiente e forte nella Germania nord-orientale. Dopo avere preso sotto la sua protezione il re di Danimarca Valdemaro Enrico intraprese con sistematicità la conquista delle terre slave dei Vendi, sulla sponda orientale dell'Elba. Oltre a conquistare il territorio dei Vendi Enrico ridusse le libertà dei nobili sia in Sassonia sia in Baviera.

Verso il 1170, cominciarono gli screzi tra Federico e il cugino Enrico il Leone, sia per le proprietà dello zio di entrambi, Guelfo I di Toscana, in Italia, comprate da Federico che pur sapeva che le stava trattando Enrico, che al momento era in Terra santa, sia per le buone relazioni tra Enrico e Manuele I Comneno, che però aiutava i lombardi, ed Enrico II d'Inghilterra, che però parteggiava per il papa Alessandro III. Comunque l'ultimo incontro amichevole tra i due avvenne a Ratisbona, nel 1174. L'incontro successivo, a Chiavenna, nella primavera del 1176, a detta dei cronisti fu tumultuoso (Enrico aveva rifiutato di mandare truppe in aiuto a Federico che si trovava in difficoltà in Lombardia) e i due si lasciarono da nemici.

Dopo la pace tra Federico e Alessandro III, del 1177, il vescovo di Halberstadt, Ulrico, spodestato, nel 1160, perché fedele ad Alessandro, riebbe la sua sede e pretese di annullare tutte le decisioni a favore di Enrico, prese negli anni precedenti. Ciò portò a uno scontro che, per ordine dell'imperatore, fu interrotto sino al suo rientro in Germania, che avvenne nell'ottobre del 1178. In novembre, alla dieta di Spira, le due parti sottoposero a Federico le loro lamentele.

Enrico venne convocato a Worms, il 13 gennaio 1179, ma non si presentò, come a Magdeburgo[7], a giugno, a Käina, in agosto e a Würzburg, il 13 gennaio 1180, dove Enrico fu condannato alla perdita dei suoi feudi. In Sassonia furono restituiti ai vescovi tutti i territori loro sottratti da Enrico, la Vestfalia, con poteri ducali fu data all'arcivescovo di Colonia, Filippo di Heinsberg, mentre il ducato di Sassonia fu dato al figlio di Alberto l'Orso, il principe degli Ascani Bernardo di Anhalt (1140-1212).

In Baviera, la Stiria divenne un ducato autonomo e fu concessa al duca di Boemia, Ottocaro I, mentre il ducato di Baviera fu dato a Ottone I di Wittelsbach (1117–1183)[8]. Enrico continuò a combattere, anche dopo la sentenza definitiva e sino al luglio 1180, ebbe la meglio sugli avversari, ma in quel mese l'imperatore, Federico, scese in campo di persona. Il re di Danimarca Valdemaro lo abbandonò e passò con l'imperatore e in pochi mesi la situazione si ribaltò. Dopo la perdita di Lubecca, Enrico si arrese, fece atto di sottomissione a Erfurt nel 1181, riottenendo solo i suoi possedimenti personali (l'allodio) intorno a Braunschweig e Luneburg, ma condannato all'esilio. Enrico partì nell'estate del 1182 recandosi alla corte del suocero, Enrico II, in Inghilterra e Normandia, rientrò in Germania nel 1185, ma, anche se fortemente appoggiato, non riottenne i ducati persi e visse in pace. La caduta di Enrico portò la pace nel nord del paese ma significò anche l'indipendenza del regno di Danimarca il cui re non riconobbe più l'autorità imperiale: il nuovo re Canuto VI, nel 1182, rifiutò di fare atto di omaggio a Federico.

Filippo di Heinsberg, arcivescovo di Colonia e duca di Vestfalia, con l'appoggio del papa Urbano III divenne il capo dell'opposizione all'imperatore, e in un primo tempo era riuscito a raccogliere intorno a sé parecchi nobili e la maggioranza del clero, ma, nel dicembre del 1186, in una dieta a Gelnhausen, l'imperatore Federico, con un lungo discorso riuscì a riportare i vescovi dalla sua parte e le minacce del papa furono inutili. Urbano III però morì all'improvviso, nell'ottobre del 1187[9], e Filippo, che già aveva perso l'appoggio dei vescovi fu lasciato praticamente solo e si presentò all'imperatore, a Magonza, nel marzo del 1188, e fu perdonato.

Quando Federico stava preparandosi a partire per la crociata lasciando il governo dell'impero nelle mani del figlio Enrico VI, che era già stato incoronato re dei Romani, Enrico il Leone cominciò a dare segni di irrequietezza; allora Federico, nell'agosto del 1188, lo convocò alla dieta di Goslar[10], dove condannò Enrico e il figlio maggiore, anche lui di nome Enrico (1173- 1227), futuro duca di Brunswick e conte palatino del Reno, all'esilio per tre anni. Nella Pasqua del 1189 Enrico e il figlio lasciarono la Germania per recarsi nuovamente in Inghilterra e Normandia.

Rapporti con la Boemia

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Al momento dell'elezione di Federico il duca di Boemia Vladislao II si dimostrò subito fedele alleato di Federico, sostenendolo nelle sue campagne militari, dove l'esercito boemo e il suo condottiero dimostrarono notevoli doti di capacità e di coraggio.

Nel gennaio del 1158, in una dieta a Ratisbona, Federico Barbarossa incoronò Vladislao II re di Boemia, concedendogli l'importante privilegio di portare la corona reale e poterla trasmettere[11] ai propri discendenti. E Vladislao, con le insegne regali continuò a servire fedelmente Federico anche nelle campagne d'Italia. Forse anche per questo Federico concesse la Lusazia, che per alcuni secoli fu legata al regno di Boemia, in feudo a Vladislao II.

Comunque alla morte di Vladislao, nel 1172, il titolo reale non fu assegnato perché divampò la lotta per la successione principalmente fra tre membri della famiglia dei Přemyslidi, Federico, Sobeslao II e Corrado II che si protrasse per vari anni sinché Federico intervenne, e, nel 1182, convocò a Ratisbona i due ancora in vita e separando la Moravia dalla Boemia, assegnò il titolo di duca di Boemia a Federico e quello di Margravio di Moravia a Corrado. Infine intervenne ancora, nel 1187, dichiarando il vescovo di Praga principe diretto dell'impero, sottraendo Praga all'autorità del duca di Boemia[12].

Guerre in Italia

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Pretese sull'Italia

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Federico I in una rappresentazione del XIV secolo

Alla dieta di Costanza, del marzo del 1153, avevano partecipato anche gli ambasciatori dei Comuni di Pavia e Como, e due mercanti di Laus (dal 1158 Lodi, fondata proprio dall'imperatore Federico I), venuti a implorare aiuto contro la prepotenza di Milano che, dopo avere distrutto Laus Pompeia nel 1111 e dopo avere vinto una guerra decennale contro Como (1127), ne limitava l'indipendenza e impediva lo sviluppo delle altre città.
Federico I approfittò di queste richieste di aiuto per intervenire nella politica italiana: egli seguiva un ideale di impero universale; il controllo sia sui Comuni a nord sia sul regno di Sicilia a sud era essenziale a questo scopo.

L'Italia era per l'imperatore tedesco il contesto ideale per ottenere alcune prerogative essenziali per realizzare la costruzione dell'impero universale: la supremazia nella contesa con il papato per la potestà civile universale, il legame con la tradizione dell'impero romano, cui Federico I si ispirava, e la sovranità su Comuni e feudatari. A tale scopo dispose un saldo controllo su tutti i territori della Corona, utilizzando funzionari di umili origini e provata fedeltà, i ministeriales, e si pose l'obiettivo di recuperare gli iura regalia, le regalie, ossia gli inalienabili diritti del potere regio (amministrazione della giustizia, difesa del territorio, riscossione delle imposte, battere moneta), poiché il potere comunale in Italia si stava arrogando poteri propri del sovrano sia all'interno sia all'esterno del territorio urbano, come dimostrava l'esempio di Milano, che aveva apertamente aggredito altri sudditi dell'imperatore.

Dopo la dieta di Costanza le condizioni per scendere in Italia c'erano tutte: lo chiedevano le famiglie feudali per limitare il potere comunale, lo chiedevano i piccoli Comuni alleatisi contro Milano, lo chiedeva il papa stesso, Anastasio IV, che auspicava l'intervento di Federico I contro il Comune di Roma, in cui a partire dal 1143 si era formato un regime capeggiato da Arnaldo da Brescia, un riformatore patarino contestatore del potere temporale dei papi, che aveva costretto papa Eugenio a ritirarsi a Orvieto.

Prima discesa in Italia

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Nell'ottobre 1154 Federico partì dal Tirolo e scese in Italia alla testa di un piccolo esercito e, a novembre, convocò una dieta a Roncaglia in cui revocò tutte le regalie usurpate dai Comuni sin dal tempo di Enrico IV. Il 3 dicembre morì il papa Anastasio IV e il 4 dicembre fu eletto il nuovo papa, Adriano IV.

Federico nel frattempo era passato all'azione di forza: distrusse alcune località minori come Galliate e alcuni Comuni maggiori come Asti e Chieri (consegnate poi al marchese di Monferrato, suo fedele vassallo, a cui si erano ribellate), poi fu messo l'assedio a Tortona, alleata di Milano (quest'ultima aveva rifiutato le decisioni dell'imperatore e non aveva agevolato il passaggio delle truppe imperiali sul suo territorio). Tortona, che si era arresa per sete dopo due mesi, nell'aprile del 1155, era stata rasa al suolo e i suoi abitanti dispersi.

Dato che le mire di Federico erano riposte anche sul regno di Sicilia, in quello stesso anno intavolò trattative[13] anche con l'imperatore bizantino Manuele I Comneno (1143-1180), che però non approdarono a nulla, in quanto Federico non poteva riconoscere i diritti che Manuele accampava sull'Italia meridionale, mentre portò avanti anche trattative con le repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa, in vista di una spedizione contro il re di Sicilia.

Pavia, Basilica di San Michele Maggiore, le cinque pietre, già menzionate nelle Honorantiae civitatis Papiae (1020 circa), sopra le quali veniva posto il trono durante le incoronazioni e sulle quali fu incoronato Federico Barbarossa nel 1155. La scritta e la rappresentazione della Corona Ferrea nella pietra centrale furono aggiunte nell'Ottocento.

Passata la Pasqua del 1155 a Pavia, ricevette l'incoronazione a re d'Italia nella basilica di San Michele[14][15][16]. Federico si mise in marcia verso Roma per cingere la corona di imperatore. Presso Siena Federico incontrò i cardinali inviati da Adriano IV[17], che gli chiesero di catturare Arnaldo da Brescia; cosa che l'imperatore fece e Arnaldo fu condannato a morte, dal prefetto di Roma, e mandato al rogo, molto probabilmente a Civita Castellana. Federico incontrò il papa nelle vicinanze di Sutri, dove il papa ebbe da ridire sull'accoglienza ricevuta[18], allora l'incontro fu ripetuto, due giorni dopo sulle sponde di un lago vicino a Nepi. Poi proseguirono per Roma, alle cui porte erano attesi dagli ambasciatori del senato e del popolo romano, che chiesero a Federico un giuramento e un tributo che Federico rifiutò di dare.

Il 18 giugno 1155 il papa Adriano IV incoronò Federico in San Pietro, nella città leonina, contro la volontà del senato romano, che, per quest'ultimo sgarbo, scatenò una serie di violenti tumulti contro le truppe tedesche e la curia. Federico e il cugino Enrico il Leone, accampato fuori le mura, rientrarono in città e, dopo un'intera giornata di lotta, ricacciarono i romani al di là del Tevere. Dopo il bagno di sangue il papa e l'imperatore lasciarono la città e ai primi di luglio erano a Tuscolo, dove Adriano chiese a Federico di marciare contro il re di Sicilia. Federico avrebbe voluto acconsentire, ma i suoi baroni laici furono contrari e lo convinsero a tornare verso l'Italia settentrionale. Federico lasciò il papa con la promessa di tornare per sottomettere Roma e la Sicilia. Sulla strada del ritorno saccheggiò Spoleto che gli si era opposta. Ad Ancona incontrò gli ambasciatori di Manuele Comneno, non aderendo alle loro richieste di attaccare subito il regno di Sicilia. Dovette ancora combattere a Verona e alle Gole dell'Adige e finalmente rientrò in Germania.

Il papa, nel frattempo, per garantirsi comunque una protezione, venne a patti con i Normanni, la cui potenza un tempo era stata in realtà giudicata pericolosa dal pontefice, concedendo al re di Sicilia Guglielmo I il Malo[19] l'investitura di tutto il regno, comprese Capua e Napoli. Questo accordo però veniva meno ai patti tra papa e imperatore e d'altra parte non mancavano altri motivi di contrasto tra i due, a causa dell'eccessiva ingerenza di Federico nell'elezione dei vescovi in Germania.

Un conflitto vero e proprio scoppiò nella dieta di Besançon (1157), dove si scontrarono[20] le due opposte concezioni del cesaropapismo imperiale[21] e della ierocrazia papale:[22] la prima concezione vede il potere temporale dell'imperatore dotato di un'autorità e una libertà decisionale assolutamente superiori in ogni campo a qualsiasi altra autorità, anche quella sacra, mentre la seconda è la concezione del potere riassunta nel Dictatus Papae di Gregorio VII che vede l'indiscussa supremazia del potere spirituale del papa su quello dell'imperatore, anche in materia di concessione di autorità politiche, per cui il papa può perfino svincolare i sudditi dalla sovranità imperiale.
Comunque per il momento la questione fu ricomposta[23], anche perché il clero tedesco si espresse a favore dell'imperatore.

Seconda discesa in Italia

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L'anno dopo (giugno 1158), alla luce di questi contrasti di natura ideologica con il pontefice e dato che Milano aveva ripreso ad agire con una certa autonomia, provvedendo per esempio alla ricostruzione di Tortona, Federico decise per una seconda discesa in Italia, e, inviati Rainaldo di Dassel e Ottone I di Wittelsbach in avanscoperta[24], a luglio, accompagnato dal re di Boemia Vladislao II, alla testa di truppe più numerose, entrò in Italia (è documentato il suo pernottamento alla torre di Maggiana, nel comune alleato di Mandello del Lario sul lago di Como). Sottomessa Brescia, dato inizio alla ricostruzione di Lodi, assediò Milano, obbligandola dopo un mese a sottoporre all'approvazione imperiale la nomina dei suoi consoli. A novembre dello stesso anno venne convocata la seconda, e più importante, dieta di Roncaglia, cui parteciparono importanti esperti di diritto dell'Università di Bologna che fornirono a Federico, su sua esplicita richiesta, l'elenco dei diritti regi, poi inserito nella Constitutio de regalibus: elezione di duchi, conti e marchesi, nomina dei consoli comunali e dei magistrati cittadini, riscossione delle tasse, conio delle monete, imposizione di lavori di carattere pubblico come, per esempio, la costruzione delle mura difensive.

Tutti questi diritti Federico era anche disposto a lasciarli ai Comuni, in cambio però di un tributo annuo e del riconoscimento che l'impero fosse la fonte di ogni potere. In base a quest'ultimo principio Federico emanò anche la Constitutio pacis con cui proibì le leghe fra città e le guerre private. Per quanto riguarda infine i beni fondiari, rivendicò per quelli pubblici (contee, ducati, ecc.) la dipendenza regia e per quelli allodiali il diritto dell'imperatore di dare o meno il proprio consenso a che un proprietario potesse esercitare diritti signorili: gli allodi diventarono quasi dei feudi a tutti gli effetti. Inviò ovunque propri funzionari che ricevessero l'omaggio vassallatico dai signori e controllassero in modo diretto, in qualità di podestà, i Comuni più riottosi.

Tutti questi diritti rivendicati dall'imperatore però cominciarono a scontentare anche le città filo-imperiali, con la vistosa eccezione di Cremona sicura alleata in tutta questa fase. Milano si ribellò apertamente e conquistò il comune di Trezzo, seguita dalle ribellioni di Brescia e di Crema. Vista la mala parata, Federico, che dopo Roncaglia aveva liberato parte delle sue truppe, chiese urgenti rinforzi, che arrivarono guidati da Enrico il Leone e dallo zio di entrambi Guelfo I di Toscana, che veniva a prendere possesso dei suoi domini in Italia. Erano accompagnati dall'imperatrice Beatrice di Borgogna. Nel marzo del 1159 Barbarossa entrò a Como accolto ancora trionfalmente dalla popolazione e dal vescovo Ardizzone che gli consegnò simbolicamente le chiavi della città, mentre a luglio con il determinante appoggio di Cremona mise si occupò dell'assedio di Crema, che si arrese dopo sette mesi e fu rasa al suolo.

Intanto era ripresa la controversia con il pontefice sulla questione del primato del papa, che aveva portato all'esasperazione Adriano IV, che pensava di scomunicare l'imperatore, quando il papa improvvisamente, il 1º settembre morì. Il 7 settembre, la maggioranza dei cardinali elesse come papa Rolando Bandinelli che prese il nome di Alessandro III, e che rappresentava la continuità della politica di Adriano in appoggio ai Comuni, mentre un'esigua minoranza votò per il cardinale Ottaviano dei Crescenzi Ottaviani, buon amico di Federico[25], che prese il nome di Vittore IV e che cercava una politica di intesa coll'imperatore. Federico convocò un concilio a Pavia, nel febbraio 1160, a cui Alessandro rifiutò di comparirvi e, dato che risposero solo i vescovi tedeschi e del nord Italia, il sinodo riconobbe papa Vittore IV, che scomunicò Alessandro III che, a sua volta, scomunicò sia Vittore IV sia l'imperatore.

1º marzo 1162 i consoli di Milano davanti a Federico Barbarossa chiedono clemenza

Milano intanto continuava a rifiutare le direttive imperiali, la lotta infuriò, con alterne fortune, su tutta la pianura lombarda, che fu devastata. Nella primavera del 1161, ricevuti rinforzi da Germania e Ungheria, Federico poté porre l'assedio alla città. Gli assediati resistettero con ostinazione per circa un anno: il 10 marzo 1162 Milano fu costretta alla resa e subito dopo cominciò la sua distruzione e i milanesi furono dispersi in quattro diverse località. Distrutte le mura di Brescia e Piacenza, che dovettero accettare i funzionari imperiali. Federico Barbarossa, all'apogeo della sua potenza, fece ritorno in Germania.

Alessandro III, ritirato nella campagna romana, sentiva però che la simpatia per lui era in crescita ovunque (anche presso l'impero d'Oriente), eccetto che in Germania. Data la scarsità di mezzi di cui disponeva decise di rifugiarsi in Francia e, nel corso del 1162, fu preso un accordo affinché il re di Francia Luigi VII e l'imperatore Federico, accompagnati dai rispettivi papi, si incontrassero a Saint-Jean-de-Losne su un ponte del fiume Saona, al confine tra Francia e Borgogna, dove avrebbero nominato una commissione che avrebbe dovuto fare chiarezza sulla validità della nomina. Alessandro III rifiutò di partecipare ma l'intervento del re d'Inghilterra Enrico II a favore di Alessandro risolse la situazione.

Terza discesa in Italia

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Nell'ottobre del 1163 Federico scese nuovamente in Italia con un piccolo esercito, perché già incalzava la riscossa dei comuni italiani; Verona, Padova e Vicenza si sollevarono, in ribellione congiunta, e rifiutarono le offerte di pace dell'imperatore, che non disponeva di forze sufficienti per domarle, nemmeno con l'aiuto di Pavia, Mantova e Ferrara; il 6 novembre 1163 è segnalata la sua presenza a Città di Castello con due atti in cui pone il Vescovo e i canonici sotto la sua protezione.[26] Intanto Rainaldo di Dassel stava organizzando una campagna militare contro i Normanni di Sicilia, per la quale doveva avere l'appoggio di Pisa e Genova, che però erano impegnate in un'aspra contesa per il controllo della Sardegna, per cui alla fine avevano rinunciato alla spedizione.

L'imperatore, anche a causa di una malattia, dovette tornare in patria: la terza discesa in Italia di Federico era stata breve e si era conclusa quindi con un nulla di fatto. Nell'aprile del 1164 era morto l'antipapa Vittore IV e Federico aveva intenzione di rappacificarsi con Alessandro III, ma prima che potesse contattarlo, Rainaldo di Dassel si era premurato di fare eleggere un altro papa, Pasquale III (a cui poi, nel 1168, ne sarebbe seguito un altro, Callisto III), mentre il papa Alessandro III, ricevuto ormai il riconoscimento della sua autorità dagli altri sovrani d'Europa[27], poteva tornare a Roma nel 1165.

Quarta discesa in Italia e Lega Lombarda

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Lo stesso argomento in dettaglio: Lega Lombarda.

L'assenza dell'imperatore rese più facile ai lombardi di pervenire a un accordo per organizzare una resistenza comune. Nelle città scoppiavano tumulti e a Bologna venne ucciso il podestà imperiale. In Sicilia a Guglielmo I il Malo era succeduto il figlioletto Guglielmo II, detto il Buono, e la madre, Margherita, che era reggente, continuava la politica del marito di alleanza con il papa Alessandro, che aveva l'appoggio anche dell'imperatore bizantino Manuele Comneno e di Venezia.

Federico doveva riconquistare l'Italia, formò un possente esercito e nel mese di ottobre 1166 partì e scese, per la quarta volta, in Italia; a novembre era in Lombardia, dove, alla dieta di Lodi, si rese conto che l'ostilità era maggiore che nel passato, le città filo-imperiali erano molto fredde, Pisa e Genova erano in disaccordo, per cui l'impresa siciliana era da rinviare. Federico avrebbe voluto dirigersi subito su Roma, ma dovette restare in Lombardia, combattendo nelle zone di Bergamo e Brescia, poi si diresse su Bologna da cui si fece consegnare degli ostaggi, quindi, inviata a Roma una parte delle truppe sotto il comando di Rainaldo di Dassel, marciò su Ancona, che oppose una resistenza ostinata. Rainaldo stava occupando la campagna romana ed era arrivato a Tuscolo, con forze esigue, quando i romani gli marciarono contro ma, il 29 maggio 1167, nella battaglia di Prata Porci subirono una disfatta perché nel frattempo erano arrivate le truppe dell'arcivescovo Cristiano di Magonza che presero i romani tra due fuochi. Il 24 luglio giunse anche l'imperatore e su Roma fu sferrato un attacco massiccio e il papa Alessandro, il 29, fuggì a Benevento con i pochi cardinali a lui fedeli. Federico era padrone di Roma dove si fece incoronare imperatore per la seconda volta dall'antipapa Pasquale (1º agosto 1167). Intanto era anche arrivata la flotta pisana per preparare l'attacco al regno di Sicilia.

Ma pochi giorni dopo i suoi soldati cominciarono a morire colpiti da febbri, probabilmente malariche, e morirono anche i suoi comandanti Rainaldo di Dassel, suo nipote il duca di Svevia Federico IV, il duca Guelfo II di Toscana e altri. Allora decise di riparare a Pavia, insieme a Como l'unica città rimastagli fedele, lasciando lungo la via una scia di morti. Dopodiché, con l'appoggio del marchese del Monferrato Guglielmo V il Vecchio, e del conte di Moriana Umberto III di Savoia gli fu possibile tornare in Germania [28].

Nel frattempo le città della Marca di Verona, ribellatesi nel 1164, a cui si era aggiunta Treviso, con l'appoggio di Venezia (che mirava però, più che al riconoscimento del regime comunale, all'ampliamento ulteriore della propria autonomia) avevano fondato la Lega Veronese, venendo meno alla Constitutio pacis, mentre anche in Lombardia la città di Cremona, da sempre fedele all'imperatore ma delusa dall'appropriazione cesarea del terzo dei diritti spettantele sul porto fluviale di Guastalla, gli si rivoltava contro, creando con Crema, Brescia, Bergamo, Mantova e Milano (o meglio i milanesi, dato che non avevano più una città) la Lega cremonese, grazie al (non documentalmente attestato ma comunemente asserito) giuramento di Pontida del 7 aprile 1167. Il 27 aprile 1167 le forze alleate si presentarono di fronte alle rovine di Milano e cominciarono la ricostruzione, comprese opere di difesa per un eventuale attacco da parte di Pavia. Il primo dicembre dello stesso anno dalla fusione delle due leghe nasceva la Societas Lombardiae, la Lega Lombarda. A essa si unirono subito Parma, Piacenza e Lodi, e anche papa Alessandro diede il proprio appoggio, mentre non lo fece il regno di Sicilia, a causa del riassestamento dinastico come già detto; comunque la reggente Margherita, per contrastare il Barbarossa, versò dei denari a papa Alessandro III.

La Lega nel frattempo diventava sempre più potente, le città e perfino i signori feudali che vi aderivano erano sempre più numerosi e ora il regno di Sicilia e perfino l'impero bizantino l'appoggiavano apertamente. Mentre Milano era stata ricostruita molto rapidamente, per neutralizzare la possibilità di intervento da parte di Pavia e del marchese del Monferrato la Lega fondò, alla confluenza della Bormida nel Tanaro una nuova[29] città, chiamata Alessandria in onore del papa (1168). Alla fine anche Pavia e il marchesato del Monferrato aderirono alla Lega.

1168-1174: sei anni in Germania

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Il Giuramento degli Anconetani di Francesco Podesti, raffigurante l'assedio di Ancona

Rientrato in Germania, nel 1168, si dovette dedicare ai problemi tedeschi, specialmente le controversie tra Enrico il Leone e Alberto l'Orso. Nell'aprile del 1169 fece eleggere re dei Romani, alla dieta di Bamberga, e quindi incoronare ad Aquisgrana il figlio Enrico. Inoltre comprò dal vecchio zio Guelfo I di Toscana, che non aveva eredi, i possedimenti svevi e Toscani.
Comunque Federico, nei sei anni che rimase in patria, pensava anche all'Italia, e inviò a Roma il vescovo di Bamberga, Eberardo, in un tentativo di riconciliazione[30] con Alessandro III, che prese in considerazione le proposte, ma, alla fine, sia perché pressato dai lombardi, sia perché di abdicare non ne voleva sapere, respinse le offerte di Federico.

Il Barbarossa si dedicò quindi a risolvere la questione di Ancona che, oltre a essere libero comune, era alleata con l'impero bizantino[31]. L'imperatore si accordò allora con Venezia, che voleva liberarsi di una rivale, e ordinò al suo luogotenente Cristiano di Magonza di attaccare Ancona da terra, mentre le navi veneziane ne occupavano il porto. L'assedio di Ancona si presentò subito difficile: la città dopo sei mesi non aveva ancora ceduto e infine le truppe assedianti furono costrette a ritirarsi all'arrivo dei rinforzi da Ferrara e Bertinoro. Nell'assedio si segnalano gli episodi di Stamira e di Giovanni da Chio[31].

Quinta discesa in Italia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Alessandria (1175) e Battaglia di Legnano.
Battaglia di Legnano, Amos Cassioli (1860-1870, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti)

Nel 1174, risolti i problemi in Germania, Federico radunò nuovamente un grosso esercito[32] e scese per la quinta volta in Italia. Cominciò la sua campagna nel settembre 1174 scendendo in Italia distruggendo Susa, ribelle a Umberto III di Savoia[28], poi prese Asti, Alba, Acqui, Pavia e Como. Non riuscì, tuttavia, nell'assedio di Alessandria, che resistette agli attacchi per sei mesi, usando stratagemmi quali il fuoco greco e un sistema di mura galleggianti[33]. L'imperatore, a corto di uomini e risorse per via di questa sconfitta, si decise a negoziare la pace con la Lega.

Federico incontra Enrico il Leone a Chiavenna nel 1176

Nel frattempo la Lega aveva approntato un imponente esercito che Federico riuscì a rallentare inviando una parte delle sue truppe a Bologna. I due eserciti stipularono un armistizio nella zona di Pavia, a Montebello. Dopo mesi di trattative la possibilità di risolvere la guerra diplomaticamente saltò e, perciò, ripresero le ostilità. Nella primavera del 1176, a Chiavenna, Federico ebbe un incontro con Enrico il Leone e altri feudatari per ricevere truppe per proseguire la campagna d'Italia, ma quando i rinforzi militari arrivarono, sempre in primavera, Federico si accorse che non erano così numerosi come aveva sperato e soprattutto mancava il cugino Enrico[34].
E proprio mentre, aggregatesi le truppe di rinforzo, lasciate le vallate alpine, aveva ripreso la marcia verso sud, l'imperatore venne travolto a Legnano il 29 maggio 1176 dall'esercito della Lega, nell'occasione capitanata da Guido da Landriano[35], incappando in una disastrosa sconfitta, della quale massimi artefici furono non a caso i milanesi.

L'esercito tedesco con difficoltà, trovò rifugio, ancora una volta, a Pavia, dopodiché Federico si affrettò a cercare di risolvere la questione con la diplomazia, avviando le trattative di pace direttamente con il pontefice, con il quale si giunse a un accordo: Federico disconobbe l'antipapa e restituì al Comune di Roma le sue regalie e i suoi territori, mentre Alessandro III garantì la propria mediazione con i Comuni (accordi preliminari di Anagni, novembre 1176), che però la rifiutarono, non gradendo il cambiamento di atteggiamento del pontefice.

Pace di Costanza

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Lo stesso argomento in dettaglio: Pace di Costanza.

Si giunse così alla Pace di Venezia nel luglio del 1177, cui parteciparono papa, imperatore, Romualdo Guarna in rappresentanza del re di Sicilia Guglielmo II il Buono e delegati dei Comuni. Il 23 luglio fu confermata la pace con il papa secondo gli accordi di Anagni, fu concordata una tregua con il re di Sicilia di quindici anni e una, con i Comuni, di sei anni. Federico e Alessandro alloggiarono presso il centro monastico di San Niccolò al Lido, dove l'imperatore ripudiò l'antipapa Callisto III, ammise i suoi errori e riconobbe come capo della cristianità Alessandro III. Successivamente, in Piazza San Marco, durante una cerimonia solenne, Federico si inginocchiò e baciò la pantofola del pontefice, il quale, aiutatolo ad alzarsi, lo abbracciò paternamente. Inoltre, il papa fu sollevato sulla sella del cavallo mentre l'imperatore compì la cerimonia di reggergli la staffa.[36] Federico rimase in Italia sino alla fine dell'anno; poi nel 1178 tornò in Germania dove risolvette definitivamente i contrasti con i suoi feudatari, in modo particolare con il cugino, Enrico il Leone, reo di non avere sostenuto l'imperatore nel modo adeguato dal punto di vista militare, scatenando contro di lui una campagna e sottraendogli i suoi ducati ed esiliandolo dall'impero.

In Italia la situazione per Federico andava migliorando, dal momento che la pace con il regno di Sicilia reggeva e i principali alleati dei Comuni erano morti: Manuele Comneno il 24 settembre 1180, Alessandro III il 30 agosto 1181, e inoltre la Lega si stava sfaldando a causa di contrasti e rivalità interne fra i Comuni. La "pace definitiva" fu negoziata a Piacenza e ratificata a Costanza il 25 giugno 1183: l'imperatore riconosceva la Lega e faceva alle città che la componevano concessioni riguardanti tutti gli ambiti, amministrativo, politico e giudiziario, regalie comprese; rinunciava inoltre alla nomina dei podestà, riconoscendo i consoli nominati dai cittadini. I Comuni si impegnavano in cambio a pagare un indennizzo una tantum di 15000 libbre e un tributo annuo di 2000, a corrispondere all'imperatore il fodro (ossia il foraggio per i cavalli, o un'imposta sostitutiva) quando egli fosse sceso in Italia, a concedere all'imperatore la prerogativa di dirimere in prima persona le questioni fra un Comune e l'altro. I Comuni, inoltre, dovevano promettere il ricorso al tribunale imperiale avverso le sentenze dei giudici cittadini.[37] Si trattava di un compromesso che segnava la rinuncia all'ormai anacronistico concetto di "impero universale" e, dunque, al piano di dominio assoluto di Federico, mentre i Comuni avrebbero mantenuto la loro larga autonomia.

Quella di Federico I non fu di certo una capitolazione, perlomeno dal punto di vista economico. Dal 1183 al 1190 gli introiti annuali fissi del Barbarossa in Italia ammontarono a 100000 libbre. In seguito a Costanza, Federico divenne il sovrano più ricco dell'Occidente dopo il re inglese. È corretto pertanto ritenere che la prosperità della casata sveva derivò molto di più dall'accordo con i Comuni che non dalla guerra.[37]

Federico, durante i festeggiamenti per la pace, tenutisi in un Hoftag a Magonza, nella primavera del 1184, propose un accordo matrimoniale tra suo figlio Enrico VI e Costanza d'Altavilla, ultima erede della dinastia normanna riuscendo finalmente a legare, con il matrimonio, nell'aprile del 1186, l'Italia meridionale all'impero.

Privilegio concesso da Federico nel 1188

Nel settembre del 1184 Federico tornò per la sesta volta in Italia grazie all'aiuto del vescovo d'Aosta, ma questa volta senza esercito, ed ebbe un'ottima accoglienza da parte dei comuni lombardi. Essi lo aiutarono nel distruggere nuovamente Susa, contro il conte di Savoia Umberto III, messo al bando.[38] Federico ebbe poi un incontro a Verona con il papa Lucio III per chiedergli l'incoronazione a imperatore del figlio Enrico VI, che gli fu negata anche in considerazione del futuro matrimonio di Enrico e Costanza[39], che di fatto avrebbe reso la carica ereditaria, ma soprattutto per l'opposizione della nobiltà tedesca. In occasione di quell'incontro, oltre che di alcune investiture vescovili (in special modo quella del vescovo di Treviri, che si trascinava da oltre un anno) e della situazione in Terra santa, dove il Saladino passava di successo in successo, fu trattata inutilmente la questione dei feudi toscani di Federico[40], che la chiesa in parte reclamava, e infine fu affrontato il problema degli eretici e venne stabilito che i vescovi dovevano avere grande cura di interrogare gli eretici e scomunicare gli ostinati e che le autorità civili dovevano fare in modo che venissero applicate le pene del bando imperiale, cioè l'esilio, la privazione dei diritti civili, la demolizione delle case contaminate e la confisca dei beni[41].

Il 25 novembre 1185 il papa Lucio III morì e gli succedette Urbano III, che non aveva molta simpatia per l'imperatore Federico e che appoggiò la rivolta di Filippo di Heinsberg, arcivescovo di Colonia e duca di Vestfalia. Inoltre, per vendicarsi di Umberto III di Savoia nel 1186 l'imperatore sciolse l'arcivescovo di Tarantasia dai legami vassallatici con il conte [38].

Terza crociata

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I preparativi

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La terza crociata venne organizzata dopo la caduta di Gerusalemme, nel 1187, che sembra portò alla morte per il dolore provato Urbano III. Il nuovo papa Gregorio VIII decise di preparare una nuova crociata, la terza. Federico si fece crociato il 27 marzo 1188 a Magonza, seguito dal figlio, il duca di Svevia Federico VI, dal duca d'Austria Leopoldo V e da altri nobili e vescovi. Federico, conscio che la seconda crociata, a cui aveva partecipato era stata condotta male, prese alcune precauzioni, accettando nel suo esercito solo chi si poteva mantenere per due anni e scrivendo al re d'Ungheria, all'imperatore di Bisanzio e al sultano di Iconio chiedendo e ottenendo l'autorizzazione ad attraversare i loro possedimenti; infine scrisse al Saladino per avere restituite le terre di cui si era impadronito, altrimenti avrebbe usato la forza, a cui il Saladino rispose che accettava la sfida. Federico, lasciato il figlio Enrico VI a governare l'impero, con circa 20.000 cavalieri, partì per primo da Ratisbona nel maggio del 1189, seguito poi dal re di Francia Filippo Augusto e dal nuovo re d'Inghilterra Riccardo I (noto anche come Riccardo Cuor di Leone).

Viaggio e morte

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Federico attraversò l'Ungheria sostando a Esztergom o Strigonio, alla corte ungherese del re Bela III. Dopo avere attraversato i Balcani Federico, avvicinandosi ai domini dell'imperatore bizantino Isacco II Angelo[42], inviò ambasciatori per concordare il passaggio in Anatolia; ma Isacco, che temeva i Latini e i Tedeschi e che si era accordato con Saladino, imprigionò gli ambasciatori. Allora Federico inviò un messaggio al figlio Enrico VI che, con la flotta fornita dalle repubbliche marinare con il permesso del Papa di attaccare Costantinopoli, occupata Filippopoli e poi la Tracia, si avviò verso Costantinopoli.

Isacco venne a patti, così nel febbraio del 1190 fu firmato il trattato di Edirne (Adrianopoli), che permise alle truppe dell'imperatore Federico di attraversare l'Ellesponto nel mese di marzo. Giunti in Asia Minore, dopo avere ricevuto i dovuti approvvigionamenti, cominciarono la marcia verso sud attraversando il sultanato d'Iconio, dove furono sottoposti a continui attacchi di bande di Selgiuchidi e furono tagliate le sue linee di rifornimenti. Ridotto alla fame, l'esercito tedesco attaccò il sultano, Qilij Arslan II, occupando temporaneamente la sua capitale, Konya, e obbligandolo a mantenere gli impegni presi: concedere loro libertà di transito, rifornirli dei necessari approvvigionamenti e poi, con l'aiuto di guide armene, guidarli attraverso il Tauro sino sulle sponde del fiume Saleph[43] in Cilicia, nel Sud-Est dell'Anatolia, in prossimità della Terra santa. Tuttavia Federico affogò durante il guado del fiume, il 10 giugno 1190, causando la dispersione dell'esercito imperiale, che non poté così unirsi alle truppe francesi e inglesi per l'attacco alle truppe del Saladino.

A Federico succedette sul trono reale e imperiale il figlio Enrico VI.

La morte di Federico Barbarossa, Sächsische Weltchronik.

Morte nel fiume

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Le esatte circostanze della morte di Federico nel fiume Göksu (anche conosciuto come Saleph) sono sconosciute. È ipotizzabile che l'anziano imperatore sia stato disarcionato da cavallo, oppure che, stanco della marcia attraverso i monti e oppresso dalla calura, abbia voluto rinfrescarsi e lo shock dovuto all'acqua fredda gli abbia causato un arresto cardiaco, oppure che, appesantito dalla sua stessa armatura e fiaccato dall'intensa calura del giugno in Anatolia, Federico I, data anche l'età, non abbia resistito all'impeto della corrente. Federico annegò nelle acque che a malapena arrivavano ai fianchi, secondo quanto riferisce il cronista arabo Ibn al-Athīr nel suo al-Kāmil fī taʾrīkh (La perfezione nella storia). Il peso dell'armatura di quel giorno, progettata per essere la più leggera possibile, fu tale comunque da trascinare con sé un uomo in salute in acque poco profonde.

La morte di Federico gettò il suo esercito nel caos. Senza comandante, in preda al panico e attaccati da tutti i lati dai turchi, molti tedeschi furono uccisi o disertarono. Il figlio di Barbarossa, Federico VI di Svevia, proseguì con i soldati rimasti, con l'obiettivo di dare sepoltura all'imperatore a Gerusalemme, ma gli sforzi per conservare il cadavere utilizzando l'aceto fallirono. Quindi le spoglie di Federico Barbarossa furono seppellite nella chiesa di San Pietro in Antiochia di Siria, le ossa nella cattedrale di Tiro e il cuore e gli organi interni a Tarso. Solo 5000 soldati, una piccola frazione delle forze iniziali, arrivarono ad Acri, verso la fine del 1190. Nell'assedio di San Giovanni d'Acri, nel 1191, perse la vita, forse per malaria, anche Federico VI.

L'improvvisa morte di Federico lasciò l'esercito crociato sotto il comando dei rivali Filippo II di Francia e Riccardo I d'Inghilterra che, giunti in Palestina separatamente via mare, lo portarono infine a dissoluzione. Riccardo Cuor di Leone continuò verso Est dove affrontò il Saladino con alterni esiti, ma senza raggiungere il suo obiettivo finale: la riconquista di Gerusalemme.

Federico I di Svevia è il protagonista di molte leggende ed era tenuto in grande onore dalle popolazioni germaniche sue contemporanee, che diffusero la leggenda per cui Federico non fosse realmente morto ma che si fosse nascosto ai suoi nemici per tornare più forte di prima.

Una versione più mitologica della sua morte è basata sull'ipotesi che fosse in possesso della leggendaria Lancia del Destino. Secondo il mito chiunque possedesse la lancia era imbattibile, ma se il portatore ne fosse stato privato, avrebbe perduto la vita di lì a poco. Federico morì guadando un fiume e, in quel momento, alcuni fantasiosi resoconti dicono che la lancia cadde dalle sue mani.

Un'altra leggenda è quella dell'eroe dormiente, come le più antiche leggende britannico-celtiche di re Artù e Bran il Benedetto. Tale leggenda vuole che egli non fosse morto, ma addormentato con i suoi cavalieri in una caverna nelle montagne di Kyffhäuser in Turingia e che quando i corvi avrebbero cessato di volare intorno alla cima, si sarebbe destato e portato la Germania alla sua antica grandezza. Secondo la leggenda, la sua barba rossa sarebbe cresciuta attraverso il desco al quale sedeva. I suoi occhi sarebbero mezzi chiusi nel dormiveglia, ma di quando in quando avrebbe alzato la sua mano e avrebbe inviato un fanciullo all'esterno per vedere se i corvi avessero smesso di volare.

La saga di Kyffhäuser era nata per suo nipote Federico II, ma nel corso del XIX secolo alcuni scrittori, tra cui i fratelli Grimm, nell'opera le Saghe germaniche, ripresero la saga di Kyffhäuser, attribuendola al Barbarossa. In essa egli è addormentato, seduto a un tavolo e la sua barba rossa cresce smisuratamente e ha già fatto due giri intorno al tavolo. Quando si completerà il terzo giro Federico si sveglierà e combatterà una straordinaria battaglia: sorgerà il Giorno del giudizio.

Matrimoni e discendenti

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Lo stesso argomento in dettaglio: Beatrice di Borgogna.
Federico I Barbarossa tra i suoi figli, Enrico e Federico. Miniatura tratta dalla Historia Welforum (1179-91), Fulda, Landesbibliothek.

Il 2 marzo 1147, Federico sposò a Eger Adelaide di Vohburg (1122 - 1190), figlia del margravio di Vohburg, Diepoldo III (? - † 1146) e della sua seconda moglie, Cunegonda di Beichlingen. Da questo matrimonio non nacquero figli, e fu annullato, nel marzo del 1153, da un concilio tenutosi a Costanza.

Il giorno di Pentecoste, il 17 giugno 1156, Federico sposò a Würzburg Beatrice di Borgogna (1145 – Besançon, 15 novembre 1184), figlia unica ed erede del conte di Borgogna Rinaldo III e di Agata di Lorena, figlia di Simone I di Lorena. Federico governò in prima persona la contea e, nel 1177, si fece incoronare[44] re di Arles[45].

Federico da Beatrice ebbe undici figli:

Nella cultura di massa

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Federico di Büren Federico  
 
Adelaide di Filsgau
(forse)
 
Federico I, duca di Svevia  
Hildegarda di Egisheim Gerhardo III, conte di Egisheim-Dagsburg  
 
Hildegarda di Schlettstadt  
Federico II, duca di Svevia  
Enrico IV di Franconia Enrico III il Nero  
 
Agnese di Poitou  
Agnese di Waiblingen  
Berta di Savoia Oddone di Savoia  
 
Adelaide di Susa  
Federico Barbarossa  
Guelfo II di Baviera Alberto Azzo II d'Este  
 
Cunegonda di Altdorf  
Enrico IX di Baviera  
Giuditta di Fiandra Baldovino IV di Fiandra  
 
Eleonora di Normandia  
Giuditta di Baviera  
Magnus di Sassonia Ordulfo di Sassonia  
 
Wulfhilde di Norvegia  
Wulfhilde di Sassonia  
Zsòfia d'Ungheria Béla I d'Ungheria  
 
Richeza di Polonia  
 
  1. ^ L'imperatore Corrado III, nel 1150, aveva perso il figlio maggiore, Enrico Berengario, che era già stato associato al trono e incoronato, nel 1147, ed essendo il secondo figlio Federico (il futuro duca di Svevia, Federico IV) in tenera età, aveva preferito indicare, come suo successore, il nipote Federico Barbarossa.
  2. ^ Enrico il Leone ottenne il ducato di Baviera, dal cugino Federico, nel 1156.
  3. ^ Dato che il papa Eugenio III (1145-53) morì pochi mesi dopo la dieta di Costanza le conclusioni furono confermate anche al suo successore, il papa Anastasio IV (1153-54)
  4. ^ Tra il 1153 e il 1155 tra gli ambasciatori di Federico e di Manuele I Comneno vi furono incontri diplomatici che prevedevano anche un possibile matrimonio tra Federico e la nipote del Basileus, la principessa Maria, figlia di Isacco, fratello di Manuele; ma il matrimonio non venne concluso.
  5. ^ Enrico Jasomirgott era oltre che duca di Baviera, margravio d'Austria, vassallo del duca di Baviera. Ora il nuovo ducato era donato a lui e ai suoi discendenti, con l'unico obbligo di partecipare alle diete che si svolgevano in Baviera e alle operazioni militari in Austria e nelle immediate vicinanze.
  6. ^ Lubecca, dopo che Enrico il Leone ne aveva chiuso il porto, nel 1152, era stata distrutta da un incendio.
  7. ^ dopo la dieta di Magdeburgo pare che Federico e Enrico il Leone si incontrarono e il prezzo della pace fu stabilito in 5 000 marchi, ritenuto troppo alto da Enrico. Così la giustizia completò il suo corso.
  8. ^ Il regno di Germania di 4 o 5 grandi ducati veniva sostituito da un regno con più feudi di dimensioni inferiori.
  9. ^ Secondo la leggenda Urbano III morì di dolore udendo le notizie della sconfitta crociata nella battaglia di Hattin del luglio 1187.
  10. ^ Federico a Enrico il Leone presentò tre opzioni:
    • Accontentarsi di una parziale restituzione delle sue terre
    • Riavere tutti i possedimenti al rientro dalla crociata, al seguito e a spese dell'imperatore
    • lasciare la Germania con il figlio maggiore per altri tre anni.
      Al termine dell'incontro Enrico scelse per la terza opzione.
  11. ^ In Boemia il potere era tenuto dalla famiglia dei Přemyslidi, ed era trasmesso solitamente al più anziano della famiglia, ma non vi era una regola precisa.
  12. ^ Questo crollo di potere dei duchi di Boemia durò pochi anni. Già prima della fine del XII secolo, il duca di Boemia, Ottocaro I, avrebbe riportato il ducato alle dimensioni del 1158 e avrebbe riottenuto il titolo di re.
  13. ^ Le trattative con Manuele I Comneno furono poi riprese, nel 1160, ma anche questa volta non andarono a buon fine.
  14. ^ (EN) Gillian Elliott, Representing Royal Authority at San Michele Maggiore in Pavia, in Zeitschrift fur Kunstgeschichte, n. 77, 2014, p. 145, ISSN 0044-2992 (WC · ACNP).
  15. ^ (EN) Piero Majocchi, The treasure of Theodelinda: ideological claims and political contingencies in the construction of a myth, in Walter Pohl e Mathias Mehofer (a cura di), Archaeology of Identity – Archäologie der Identität, Wien, Verlag der Österreichische Akademie der Wissenschaften, 2010, p. 248, ISBN 978-3-7001-6502-6.
  16. ^ Piero Majocchi, "Papia civitas imperialis”. Federico I di Svevia e le tradizioni regie pavesi, in Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, n. 105, 2005, pp. 42-44, ISSN 2239-2254 (WC · ACNP).
  17. ^ Tra essi vi era anche il cardinale Guido da Crema, il futuro antipapa Pasquale III
  18. ^ L'imperatore Federico, all'arrivo del papa, non gli aveva preso la briglia del cavallo e non gli aveva tenuto la staffa al momento di scendere. Dopo un'intera giornata di discussioni fu deciso di spostare il campo e ripetere l'incontro.
  19. ^ Guglielmo I il Malo, con il trattato di Benevento, del 1156, ottenne dal papa Adriano IV tutto il sud d'Italia e da quel momento fu fedele alleato del papato anche con il successore di Adriano IV, Alessandro III.
  20. ^ La rottura dei rapporti fino ad allora amichevoli fu dovuta alla lettera di Adriano IV, che rammentava a Federico di «avergli conferito la corona imperiale», dove il termine conferire aveva il significato di concedere un feudo al proprio vassallo (almeno secondo il legato papale, il cancelliere Rolando che pare abbia detto: «E da chi mai l'imperatore avrebbe ricevuto l'impero se non dal papa?»). I principi tedeschi si sentirono oltraggiati e l'imperatore rispedì in Italia i legati.
  21. ^ da Cesare, ovvero imperatore, che ha controllo sul papa.
  22. ^ da ieròs- "sacerdote" e cratos-"potere"
  23. ^ Il papa Adriano IV inviò nuovi delegati che spiegarono che il termine conferire voleva dire solo imporre la corona sul capo dell'imperatore.
  24. ^ Rainaldo di Dassel e Ottone I di Wittelsbach si erano assicurati il controllo delle gole dell'Adige, si erano impossessati di Rivoli e si erano assicurati la fedeltà di molte città, tra cui Piacenza, strappata alla lega antimperialista.
  25. ^ Ottaviano dei Crescenzi Ottaviani, legato papale in Germania presso Corrado III, tra il 1150 e il 1151, fece la conoscenza di Federico, giovane duca di Svevia, stabilendo con lui rapporti cordiali e amichevoli.
  26. ^ Risulta da una pergamena conservata presso il museo del Duomo di Città di Castello.
  27. ^ Nel 1165 Rainaldo di Dassel, sfruttando la lotta tra il re d'Inghilterra Enrico II e il primate d'Inghilterra Tommaso Becket, riuscì a portare Enrico II nel campo di Pasquale III contro Alessandro III.
  28. ^ a b Alessandro Barbero, Valle d'Aosta medievale, Napoli, Liguori Editore, 2000 (ISBN 8820731622) pagine 25, 26
  29. ^ Per la verità, da alcuni anni, un borgo denominato Civitas Nova era stato costruito ampliando l'antico borgo di Rovereto, con l'aiuto dei comuni e di alcuni feudi con l'intenzione di ribellarsi agli Aleramici, allora marchesi del Monferrato.
  30. ^ Il vescovo di Bamberga, Eberardo, aveva l'ordine di parlare al papa in udienza privata, poteva fare parecchie concessioni, ma non cedere sull'elezione di Alessandro III, che era da invalidare, come quella dell'antipapa e quindi indire un nuovo conclave.
  31. ^ a b Boncompagno da Signa, De obsidione Anconae
  32. ^ L'esercito di Federico era più modesto di quello del 1166, in quanto Enrico il Leone e altri baroni avevano disertato la chiamata.
  33. ^ “Così gli alessandrini sconfissero Barbarossa” - La Stampa
  34. ^ Enrico il Leone, nell'incontro di Chiavenna, nella primavera del 1176, aveva rifiutato di mandare truppe in aiuto a Federico che si trovava in difficoltà in Lombardia. Federico però sperava in un ripensamento di Enrico.
  35. ^ Grillo, 2010, pp. 157-163.
  36. ^ Ludovico Gatto, L'Italia dei Comuni e delle Signorie, Roma, Newton & Compton, 1996, pp. 44-45, ISBN 88-8183-491-X.
  37. ^ a b Ludovico Gatto, op. cit., p. 42.
  38. ^ a b Alessandro Barbero, Valle d'Aosta medievale, Napoli, Liguori Editore, 2000 (ISBN 8820731622) pagina 26
  39. ^ Il papa diffidava di un imperatore che fosse anche re di Sicilia.
  40. ^ La chiesa reclamava alcuni feudi che erano appartenuti alla contessa Matilde
  41. ^ Il primo editto che prevedeva il rogo per gli eretici che non lasciavano il regno di Aragona fu emanato, nel 1197, dal re d'Aragona Pietro II. Pare però che Raimondo V di Tolosa, poco prima di morire nel 1194, per combattere l'eresia, emanasse un editto dove decretava la pena di morte per ogni eretico della città di Tolosa e dintorni (l'editto originale non si è trovato, ma una lettera scritta nel 1211 dal municipio di Tolosa al re Pietro II di Aragona conferma che il conte Raimondo V aveva emanato l'editto del 1194).
  42. ^ Isacco II Angelo si considerava l'unico vero imperatore e definiva l'imperatore Federico «re di Alemannia».
  43. ^ Oggi Göksu.
  44. ^ Dopo Federico Barbarossa nessun altro imperatore si fece incoronare re di Arles, eccetto Carlo IV, che si fece incoronare nel 1365.
  45. ^ Titolo che spettava agli imperatori dal 1034, dopo la morte dell'ultimo re di Arles, Rodolfo III di Borgogna.
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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Imperatore del Sacro Romano Impero Successore
Corrado III
Soltanto Re dei Romani
1152 – 1190
Re dei Romani fino all'incoronazione nel 1155
Enrico VI

Predecessore Conte di Borgogna Successore
Beatrice I 1184 – 1190 Ottone I

Predecessore Duca di Svevia Successore
Federico II 1147 – 1152 Federico IV
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