Planh
In occitano il termine planh o plaing (in occitano [ˈplan, ˈplaⁿ], in catalano plany [ˈpɫaɲ, ˈplaɲ], in italiano traducibile con pianto, lamento o lamentazione) sta a indicare un componimento poetico dei trovatori, modellato sul latino medievale planctus (pianto, lamento funebre), in cui il poeta lamenta la morte di una persona cara. Differisce dal planctus in quanto destinato a un pubblico laico. Alfred Jeanroy distingueva tre tipi diversi di planh, quelli dedicati
- - ai grandes personnages (grandi mecenati),
- - alla famiglia e agli amici e
- - alle signore e agli amanti.
Tavola cronologica dei planhs
[modifica | modifica wikitesto]grandes personnages
altri trovatori
signore
amici
In Italia
[modifica | modifica wikitesto]In Italia, un esempio di planh (chiamato più correttamente compianto) è la canzone Ahi lasso, or è stagion de doler tanto attribuita a Guittone d'Arezzo, nella quale egli narra della sconfitta dei guelfi di Firenze ricevuta nella Battaglia di Montaperti (1260) contro i ghibellini di Siena. Nella Divina Commedia è presente il più importante trovatore in lingua d'Oc in Italia: nel canto sesto del Purgatorio Dante incontra infatti Sordello da Mantova, che parla con Virgilio, suo concittadino. Era stato alla corte del signore di Verona.
In Spagna
[modifica | modifica wikitesto]In Spagna, l'equivalente del planh è il planto (o llanto), chiamato anche endecha, è un tipo di elegia, proprio del medioevo. Se è di carattere popolare e sorto dalla lirica tradizionale, si denomina endecha; se l'autore è di carattere colto, planto.
Le endechas popolari
[modifica | modifica wikitesto]Già da un tempo molto antico il popolo era solito intonare canzoni funerarie: Alfonso X il Saggio ordinava ai chierici di allontanarsi dalle sepolture, allorché gli accompagnatori iniziavano a intonare le loro endechas. La più antica conservata è quella cantata dalle dame canarias alla morte del cavaliere Guillén Peraza (1443):
- Llorad las damas, / si Dios os vala,
- Guillén Peraza / quedó en la Palma,
- la flor marchita / de la su cara.
- No eres palma, / eres retama,
- eres ciprés / de triste rama,
- eres desdicha, / desdicha mala.
- Tus campos rompan / tristes volcanes,
- no vean placeres, / sino pesares,
- cubran tus flores / los arenales.
- Guillén Peraza, / Guillén Peraza,
- ¿dó está tu escudo, / do está tu lanza?
- Todo lo acaba / la malandanza.
Nella letteratura storica
[modifica | modifica wikitesto]Nella letteratura castigliana, il primo esempio di elegia funerea o planto che appare è il Planto que fizo la Virgen el día de la Pasión de su Fijo, di Gonzalo de Berceo. Juan Ruiz, arciprete di Hita, incluse un planto per la muerte di Trotaconventos nel suo Libro de Buen Amor (secolo XIV). Già alla fine del medioevo, le Coplas a la muerte de su Padre di Jorge Manrique (secolo XV) pervengono alla massima espressione del genere.
Nella letteratura catalana, le prime manifestazioni di plantos, chiamati planys le troviamo nei trovatori, in lingua d'Oc, lingua utilizzata nella sua versione (koiné) più arcaica per la realizzazione delle loro composizioni.
Nel XX secolo
[modifica | modifica wikitesto]Alcuni poeti spagnoli del XX secolo cercarono di far rivivere il genere, in special modo il gruppo generazionale del 1927, seguendo la sua direttiva di unire tradizione e avanguardia. Così, per esempio, lo Llanto por Ignacio Sánchez Mejías, di Federico García Lorca o la Elegía a Ramón Sijé di Miguel Hernández:
- Un manotazo duro, un golpe helado,
- un hachazo invisible y homicida,
- un empujón brutal te ha derribado.
- No hay extensión más grande que mi herida,
- lloro mi desventura y sus conjuntos
- y siento más tu muerte que mi vida.
- Ando sobre rastrojos de difuntos,
- y sin calor de nadie y sin consuelo
- voy de mi corazón a mis asuntos.
- Temprano levantó la muerte el vuelo,
- temprano madrugó la madrugada,
- temprano estás rodando por el suelo.
- No perdono a la muerte enamorada,
- no perdono a la vida desatenta,
- no perdono a la tierra ni a la nada.
- En mis manos levanto una tormenta
- de piedras, rayos y hachas estridentes
- sedienta de catástrofe y hambrienta.
- Quiero escarbar la tierra con los dientes,
- quiero apartar la tierra parte a parte
- a dentelladas secas y calientes.
- Quiero minar la tierra hasta encontrarte
- y besarte la noble calavera
- y desamordazarte y regresarte.
- Volverás a mi huerto y a mi higuera:
- por los altos andamios de mis flores
- pajareará tu alma colmenera.
- (Miguel Hernández, secolo XX)
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- Alfred Jeanroy. La poésie lyrique des troubadours. Toulouse: Privat, 1934.