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Particella α

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Emissione di una particella alfa

Le particelle alfa o raggi alfa (α) sono una forma di radiazione corpuscolare ad alto potere ionizzante e con una bassa capacità di penetrazione dovuta all'elevata sezione d'urto. Consistono di due protoni e due neutroni legati insieme dalla forza forte. Si tratta, quindi, di nuclei di elio-4 (4He). Da un punto di vista chimico possono anche essere identificati con il simbolo 4He++. Assieme all'isotopo elio-3 (3He) le particelle alfa appartengono alla famiglia degli elioni. Il decadimento beta è mediato dall'interazione debole, mentre il decadimento alfa è mediato dall'interazione forte.[1]

Le particelle alfa sono tipicamente emesse da nuclidi radioattivi degli elementi pesanti, per esempio dagli isotopi dell'uranio, del plutonio, del torio e del radio, in un processo denominato decadimento alfa. A volte questo decadimento lascia i nuclei in uno stato eccitato, e conseguentemente l'eccesso di energia può essere rimosso con l'emissione di raggi gamma.[2]

I raggi alfa, a causa della loro carica elettrica, interagiscono fortemente con la materia e quindi vengono facilmente assorbiti dai materiali e possono viaggiare solo per pochi centimetri nell'aria. Possono essere assorbiti dagli strati più esterni della pelle umana e così generalmente non sono pericolosi per la vita a meno che la sorgente non venga inalata o ingerita, come nel caso del gas Radon. In questo caso i danni sarebbero invece maggiori di quelli causati da qualsiasi altra radiazione ionizzante. Se il dosaggio fosse abbastanza elevato comparirebbero tutti i sintomi tipici dell'avvelenamento da radiazione.[3]

Nel 1909 Ernest Rutherford con i suoi assistenti Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden, sfruttò le proprietà delle particelle alfa per confermare i suoi studi sugli atomi[4]. Egli misurò l'angolo con cui veniva riflesso un fascio di queste particelle da parte di una lamina d'oro sottile (spessa 0,00004 cm, contenente circa 1400 atomi) e trovò che solamente una piccola percentuale di queste particelle (1 su 20.000) veniva riflessa con un angolo maggiore di 90°. Erano queste le particelle che colpivano i nuclei, mentre le altre continuavano linearmente il loro spostamento: questo mostra come il raggio di un atomo (distanza nucleo-elettrone) sia circa 10 000 volte superiore del raggio del singolo nucleo (protoni e neutroni).[5]

L'esperimento di Rutherford cambiò la visione dell'atomo che si aveva all'epoca: si abbandonò il modello Thomson a panettone, a favore del nuovo modello atomico di Rutherford il quale, a sua volta, costituì la base per il modello proposto da Niels Bohr nel 1913.[6][7]

  1. ^ Giorgio Bendiscioli, Fenomeni Radioattivi, Springer, 2013, ISBN 978-88-470-0803-8.p.113
  2. ^ Giorgio Bendiscioli, Fenomeni Radioattivi, Springer, 2013, ISBN 978-88-470-0803-8.p.115
  3. ^ Maurizio Pelliccioni, Fondamenti Fisici della Radioprotezione, Pitagora Editrice Bologna, 1993, ISBN 88-371-0470-7.pp. 21-23
  4. ^ Multimedia Service, Al cuore della materia, su asimmetrie.it. URL consultato il 23 settembre 2017.
  5. ^ Peter W. Atkins, Chimica Generale, Bologna, Zanichelli, 1992, ISBN 88-08-15276-6.pp.645-647
  6. ^ G.Valitutti, M.Falasca, A.Tifi, A.Gentile, Chimica: concetti e modelli, su ebook.scuola.zanichelli.it. URL consultato il 3 aprile 2018.
  7. ^ Gianpaolo Parodi, Marco Ostili, Guglielmo Mochi Onori, L'evoluzione della Fisica (Volume 3), Paravia, 2006, ISBN 88-395-1611-5.pp.450-453
  • Giorgio Bendiscioli, Fenomeni Radioattivi, Berlino, Springer, 2013, ISBN 978-88-470-0803-8.
  • Gian Paolo Parodi, Marco Ostili e Guglielmo Mochi Onori, L'evoluzione della fisica, vol.3, Torino, Paravia, 2006, ISBN 978-88-39-51610-7.
  • Maurizio Pelliccioni, Fondamenti Fisici della Radioprotezione, Bologna, Pitagora Editrice, 1993, ISBN 88-371-0470-7.

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