Alchide

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Struttura chimica del Glyptal, una resina alchidica commercializzata negli anni Quaranta negli USA.

Un alchide (dall'inglese alkyd) o resina alchidica è un poliestere termoindurente modificato con l'aggiunta di acidi grassi, oli o altri componenti. Si tratta di specie chimiche derivate da polioli e acidi dicarbossilici oppure anidridi degli acidi carbossilici.

Il termine deriva dalla fusione dei vocaboli anglosassoni alcohol e acid, ovvero alcol e acido, in relazione alle famiglie di composti chimici che costituiscono il materiale.

I primi tentativi di realizzare una resina alchidica risalgono al 1901, ma fu soltanto nel 1914 che si ottennero i primi risultati lavorando con acido oleico, olio di ricino, acido ftalico e glicerolo. Tuttavia si deve allo scienziato R.H. Kienle la messa a punto del processo produttivo, sfruttando polioli e acidi carbossilici, nel 1927.[1] Le prime produzioni industriali furono avviate negli anni Trenta, ma la crisi economica e le successive conseguenze socio-economiche della seconda guerra mondiale ne ritardarono la diffusione, soprattutto in Italia, dove regnava ancora la politica autarchica di Mussolini.[2]

Perfezionate negli anni 1940, ben presto si imposero come materiale di elezione nell'arte moderna e contemporanea, specialmente con pittori quali Picasso o Pollock, che le preferirono ai tradizionali oli siccativi.[3] Ad ogni modo, soltanto a partire dagli anni Settanta sono diventate il legante chimico prevalente nelle opere pittoriche.[2] Le prime resine furono commercializzate negli Stati Uniti sotto il nome di Glyptal, riflettendo il fatto che si trattava di composti del glicerolo e dell'acido ftalico. Funzionavano come vernici dal colore più pallido rispetto alle resine scure tradizionali o alle resine copali. La struttura del Glyptal è riportata in figura.

Se ne producono circa 200 000 tonnellate ogni anno.[4]

Settori di applicazione

Col passare del tempo le resine alchidiche sono divenute la classe di composti chimici più impiegata nel campo delle vernici e delle colorazioni, grazie allo strato omogeneo e impermeabile che tutela la superficie da molti agenti chimici. Svolgono anche un'azione anticorrosione e isolante. Data la varietà di ambiti in cui sono impiegate, può essere utile suddividerle in quattro categorie commerciali di base, distinte a seconda del contenuto di olio nella loro formulazione.

  • Resine a corto olioː il contenuto di olio va dal 30 al 40%. Sono essenzialmente utilizzante come plastificanti o come vernici per superfici metalliche, con applicazioni soprattutto nel settore meccanico.
  • Resine a medio olioː 45-55%. Usate per smalti a rapida essiccazione.
  • Resine a lungo olioː contenuto dal 55 al 70%. Sono molto resistenti alle intemperie e all'invecchiamento e risultano comode per rivestire le imbarcazioni marine o per scopi architettonici.
  • Resine a lunghissimo olioː il contenuto di olio in questo caso supera il 70% e a questa categoria appartengono le resine comuni al settore dell'edilizia ma anche quelle sfruttate negli inchiostri da stampa.

Le resine alchidiche si possono ulteriormente distinguere in modificate e non modificate, a seconda se presentano o meno monomeri vinilici (ad esempio: stirene), uretani o fenoli.

Note

  1. ^ (EN) W. T. Elliott, Surface Coatings: Volume 1 Raw Materials and Their Usage, Springer Netherlands, 1993, pp. 76–109, DOI:10.1007/978-94-011-1220-8_5, ISBN 978-94-011-1220-8. URL consultato il 16 aprile 2020.
  2. ^ a b Valentina Emanuela Selva Bonino, Dall’olio all’acrilico, dall’impressionismo all’arte contemporanea, il prato publishing house srl, 5 aprile 2016, ISBN 978-88-6336-331-9. URL consultato il 16 aprile 2020.
  3. ^ Francesca Cappittelli, I leganti nella pittura del XX secolo. Storia e indagini diagnostiche, in Kermes, vol. 47, 2002.
  4. ^ Frank N. Jones, Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry, Wiley, 2003.

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