Maria Stuarda (opera): differenze tra le versioni

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''Palazzo di [[Westminster]]''<br />
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Al termine di un torneo organizzato per lei dall'ambasciatore di Francia, la regina [[Elisabetta I d'Inghilterra]] riceve una proposta di matrimonio dal re di quel reame (''Sì vuol di Francia il Rege''); sebbene queste nozze le permetterebbero di consolidare il suo potere, la regina è incerta se accettarle, poiché è segretamente innamorata di [[Robert Dudley, I conte di Leicester|Roberto, conte di Leicester]]. [[George Talbot, VI conte di Shrewsbury|Talbot]], suo consigliere, perora intanto la causa di [[Maria Stuarda]], chiedendole la liberazione della regina scozzese, detenuta nel castello di Fotheringay (italianizzato in ''Forteringa'') con l'accusa di alto tradimento. [[William Cecil, I barone Burghley|Cecil]], il segretario di Stato, la esorta invece a eliminare la Stuarda, perché gli inglesi [[cattolicesimo|cattolici]] vedono ancora in lei la legittima regina. Elisabetta riflette sul fatto che Maria sia anche sua rivale in amore, poiché anch'ella ama Leicester.
Al termine di un torneo organizzato per lei dall'ambasciatore di Francia, la regina [[Elisabetta I d'Inghilterra]] riceve una proposta di matrimonio dal re di quel reame (''Sì vuol di Francia il Rege''); sebbene sappia che queste nozze le permetterebbero di consolidare il suo potere, la regina è incerta se accettarle, poiché è segretamente innamorata di [[Robert Dudley, I conte di Leicester|Roberto, conte di Leicester]]. [[George Talbot, VI conte di Shrewsbury|Talbot]], suo consigliere, perora intanto la causa di [[Maria Stuarda]], detenuta nel castello di Fotheringay (italianizzato in ''Forteringa'') con l'accusa di alto tradimento, chiedendone la liberazione. [[William Cecil, I barone Burghley|Cecil]], il segretario di Stato, la esorta invece a eliminare la Stuarda, perché gli inglesi [[cattolicesimo|cattolici]] vedono ancora in lei la legittima regina. Elisabetta riflette sul fatto che Maria (della quale è tra l'altro cugina) sia anche sua rivale in amore, poiché anch'ella ama Leicester.


In preda a questi dubbi, Elisabetta convoca a corte Leicester per verificare quale delle due egli ami. Mentre questi attende di essere ricevuto da Elisabetta, Talbot gli consegna una lettera da parte di Maria, a cui è appena andato a fare visita (''Questa imago, questo foglio''). Arriva la regina, che tenta di solleticare la gelosia dell'uomo chiedendogli di consegnare all'ambasciatore francese l'anello col quale accetterà le nozze; l'uomo però non mostra alcuna reazione, cosa che infiamma i sentimenti di Elisabetta. Vedendo la lettera tra le mani dell'amato riesce a farsela consegnare e la legge: in essa Maria chiede a Leicester di intercedere presso per farle ottenere un colloquio privato. Dalla tenerezza con cui parla di lei, Elisabetta comprende che Leicester è innamorato della rivale: al colmo della gelosia, acconsente ad andare a Forteringa, decisa a ottenere la sua vendetta (''Era d'amor l'immagine'' - ''Sul crin la rivale'').<br>
In preda a questi dubbi, Elisabetta convoca a corte Leicester. Mentre questi attende di essere ricevuto da Elisabetta, Talbot gli consegna una lettera da parte di Maria, a cui è appena andato a fare visita (''Questa imago, questo foglio''). Arriva la regina, che solletica i sentimenti dell'uomo chiedendogli di consegnare all'ambasciatore francese l'anello col quale accetterà le nozze; l'uomo rimane impassibile alla notizia, scatenando la gelosia di Elisabetta. Vedendo la lettera tra le mani dell'amato riesce a farsela consegnare e la legge: in essa Maria chiede a Leicester di intercedere presso per farle ottenere un colloquio privato. La tenerezza con cui Leicester parla di lei dà a Elisabetta la conferma che questi sia innamorato della rivale: al colmo della gelosia, acconsente ad andare a Forteringa, decisa a umiliare la Stuarda (''Era d'amor l'immagine'' - ''Sul crin la rivale'').<br>


==== Scena II====
==== Scena II====
''Nel castello di Forteringa''<br />
''Nel castello di Forteringa''<br />


Maria, reclusa ormai da tempo, rievoca con la nutrice Anna Kennedy i momenti felici vissuti da bambina, in Francia (''Oh nube, che lieve''). Improvvisamente si ode lo squillo di trombe che annunciano una battuta di caccia: irrompe Leicester, il quale spiega a Maria che Elisabetta ha organizzato il torneo come pretesto per venire da lei senza prima annunciarsi, allo scopo di impedirle la preparazione di un'arringa e affrontarla a cuore aperto; la invita perciò a non cedere alle provocazioni della rivale (''Da tutti abbandonata'').<br />
Maria, reclusa ormai da tempo, rievoca con la nutrice Anna Kennedy i momenti felici vissuti da bambina, in Francia (''Oh nube, che lieve''). I loro discorsi sono interrotti da uno squillo di tromba: irrompe Leicester, il quale spiega a Maria che Elisabetta ha organizzato una battuta di caccia come pretesto per venire da lei senza prima annunciarsi, allo scopo di impedirle la preparazione di un'arringa e affrontarla a cuore aperto; la invita perciò a non cedere alle provocazioni della rivale (''Da tutti abbandonata'').<br />


Elisabetta arriva col suo seguito: l'imminente incontro delle due regine provoca una tensione palpabile. Entra Maria, scortata da Talbot: ciascuna delle due donne studia l'altra, ravvisandovi alterigia e superbia (''È sempre la stessa''). Maria cerca di mettere da parte questi sentimenti e, prostratasi davanti a lei, implora pietà alla cugina (''Morta al mondo e morta al trono''). Elisabetta tuttavia le si mostra fredda, e con gran crudeltà le ricorda tutti i suoi capi d'accusa: l'infedeltà coniugale, la sua implicazione nella morte del secondo marito [[Enrico Stuart, Lord Darnley|Enrico Stuart]] e numerose congiure; per tali motivi, dichiara di non volerla liberare. Profondamente offesa, in un impeto di orgoglio Maria le risponde con insulti spregevoli, rimarcando che Elisabetta non può parlare di disonore in quanto ella stessa figlia bastarda di [[Anna Bolena]]; dice inoltre che la regina ha profanato il trono inglese coi suoi scandalosi misfatti (''Figlia impura di Bolena''). Elisabetta, al colmo del furore, la fa arrestare e le promette la [[pena capitale]]: Maria rimane però impassibile, entusiasmata da quell'effimera vittoria contro la rivale.
Elisabetta e Maria si trovano dunque a fronteggiarsi: in un clima di palpabile tensione ciascuna delle due donne studia la rivale, ravvisandovi alterigia e superbia (''È sempre la stessa''). Maria cerca di tenersi a bada e, prostratasi davanti a lei, implora pietà alla cugina (''Morta al mondo e morta al trono''). Elisabetta tuttavia le si mostra sprezzante, e con gran crudeltà le ricorda i capi d'accusa per i quali è stata arrestata: l'infedeltà coniugale, la sua implicazione nella morte del secondo marito [[Enrico Stuart, Lord Darnley|Enrico Stuart]] e la presunta partecipazione a numerose congiure; per tali disonorevoli motivi, dichiara di non volerla liberare. In un impeto di orgoglio, Maria insulta Elisabetta, rimarcando che ella non può parlare di disonore in quanto ella stessa frutto delle nozze illegali tra [[Enrico VIII d'Inghilterra|Enrico VIII]] e [[Anna Bolena]]; ella è dunque un'usurpatrice che profana il trono inglese (''Figlia impura di Bolena''). Elisabetta, al colmo del furore, la fa arrestare e le promette la [[pena capitale]]: Maria rimane però impassibile, entusiasmata da quell'effimera vittoria.


=== Secondo atto ===
=== Secondo atto ===
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''Gli appartamenti di Elisabetta''<br />
''Gli appartamenti di Elisabetta''<br />


A mente fredda, Elisabetta si scopre indecisa se confermare la condanna a morte della Stuarda, come le consiglia continuamente Cecil. Leicester torna da lei per convincerla a perdonare Maria, ma le suppliche dell'amato hanno l'effetto contrario: Elisabetta, di nuovo gelosa, firma d'impeto la condanna (''D'una sorella, o barbara'').<br />
A mente fredda, Elisabetta si scopre indecisa se condannare davvero a morte la Stuarda, come le consiglia continuamente Cecil. Leicester torna da lei per convincerla a perdonare Maria, ma le suppliche dell'amato hanno l'effetto contrario: Elisabetta, di nuovo gelosa, firma d'impeto la condanna (''D'una sorella, o barbara'').<br />


====Scena II====
====Scena II====
''La cella di Maria Stuarda''<br />
''La cella di Maria Stuarda''<br />


Passato il momento del trionfo, Maria piange il proprio destino: il suo vero timore è però che la regina si vendichi su Leicester, una volta che lei sarà morta. Talbot e Cecil vengono a portarle la condanna, e le concedono gli estremi conforti: Maria rifiuta con sdegno l'offerta di Cecil di essere confessata da un pastore protestante, e chiede che sia il solo Talbot ad ascoltare la sua confessione. A lui Maria confessa tutti quanti i suoi peccati, compreso il suo coinvolgimento nelle morti del marito e di [[Davide Rizzio]], nonché nel complotto di [[Anthony Babington]], ottenendo l'assoluzione (''Quando di luce rosea'').<br />
Passato il momento del trionfo, Maria piange il proprio destino: il suo vero timore è però che la regina si vendichi su Leicester, una volta che lei sarà morta. Talbot e Cecil vengono a portarle la condanna, e le concedono gli estremi conforti: Maria rifiuta con sdegno l'offerta di Cecil di essere confessata da un pastore protestante, e chiede che sia il solo Talbot ad ascoltare la sua confessione. A lui Maria confessa tutti quanti i suoi peccati, compreso il suo coinvolgimento nelle morti del marito e di [[Davide Rizzio]], nonché nel complotto di [[Anthony Babington]], venendo assolta (''Quando di luce rosea'').<br />


Giunge il momento dell'esecuzione: Anna e i suoi fedeli si recano al patibolo nella speranza di vederla un'ultima volta (''Vedeste? - Vedemmo''). Maria appare, e chiede a tutti loro di pregare per la sua anima (''Deh, tu di un'umile preghiera''); a Cecil domanda invece un unico desiderio: avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, in preda al dolore, tenta di scatenare una rivolta che mandi a monte l'ingiusta esecuzione: perché le proprie colpe non ricadano su lui e sul trono inglese, Maria lo distoglie dal proposito e lo supplica di perdonare Elisabetta, come lei l'ha perdonata; dopodiché si avvia serenamente al patibolo, vestita di rosso come una martire (''Ah, se un giorno da queste ritorte'').
Giunge il momento dell'esecuzione: Anna e i suoi fedeli si recano al patibolo nella speranza di vederla un'ultima volta (''Vedeste? - Vedemmo''). Maria appare, e chiede a tutti loro di pregare per la sua anima (''Deh, tu di un'umile preghiera''); a Cecil domanda invece un unico desiderio: avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, disperato, tenta di scatenare una rivolta che mandi a monte l'ingiusta esecuzione: perché le proprie colpe non ricadano su lui e sul trono inglese, Maria lo distoglie dal proposito e lo supplica di perdonare Elisabetta, come lei l'ha perdonata; dopodiché si avvia serenamente al patibolo, vestita di rosso come una martire (''Ah, se un giorno da queste ritorte'').


== Struttura musicale ==
== Struttura musicale ==

Versione delle 06:56, 3 lug 2024

Maria Stuarda
Disegno per copertina di libretto, disegno per Maria Stuarda (s.d.).
Lingua originaleitaliano
Generetragedia lirica
MusicaGaetano Donizetti
LibrettoGiuseppe Bardari
(libretto online)
Fonti letterarieMaria Stuart di Friedrich Schiller
Attidue
Epoca di composizione1834
Prima rappr.30 dicembre 1835
TeatroTeatro alla Scala, Milano
Personaggi
  • Maria Stuarda, regina di Scozia, prigioniera in Inghilterra (soprano)
  • Elisabetta, regina d'Inghilterra (soprano)
  • Anna Kennedy, nutrice di Maria (mezzosoprano)
  • Roberto, conte di Leicester (tenore)
  • Giorgio Talbot (basso)
  • Lord Guglielmo Cecil, gran tesoriere (basso)
  • Un araldo (tenore)
  • Cavalieri, dame d'onore, familiari di Maria, guardie reali, paggi, cortigiani, cacciatori, soldati di Forteringa, sceriffo ed ufficiali di Giustizia (coro)

Maria Stuarda è un'opera lirica di Gaetano Donizetti su libretto di Giuseppe Bardari rappresentata in prima assoluta alla Scala il 30 dicembre 1835 diretta da Eugenio Cavallini.

Sfortune dell'opera

L'opera ebbe un'infelice genesi: uno fu il ritardo dell'opera, prevista per il 6 luglio, ma fu ritardata a causa del giovane e inesperto librettista (Bardari all'epoca era diciassettenne, studente di legge) il cui libretto dovette essere parecchie volte censurato. Un altro motivo fu la zuffa tra le due prime donne, Giuseppina Ronzi de Begnis e Anna del Serre (nei ruoli di Maria ed Elisabetta), venute alle mani nella scena dello scontro delle due regine, insultandosi tra di loro pesantemente, al punto che la de Begnis accusò la rivale di essere la favorita del compositore. Donizetti, ormai stufo dei litigi, replicò: «Io non proteggo nessuna di voi due, ma due puttane erano quelle (Elisabetta e Maria) e due puttane siete voi due», ponendo fine alle liti tra le due.
L'opera tuttavia incontrò l'opposizione della censura che, vuoi per il soggetto del regicidio, sempre sgradito ai Borboni, vuoi per la lontanissima parentela tra gli Stuart e la regina Maria Carolina, venne riadattata su un libretto di Pietro Salatino e ribattezzata Buondelmonte, ispirato all'episodio di Mosca dei Lamberti citato nel Canto XXVIII dell'Inferno.
Maria Stuarda vide finalmente il debutto solo dopo, con Maria Malibran nel ruolo del titolo, principale promotrice della ripresa scaligera. Sebbene la censura le imponesse di non cantare gli insulti più pesanti con cui Maria oltraggia Elisabetta (Di Bolena oscura figlia in luogo di Figlia impura di Bolena), la Malibran la cantò comunque. L'opera venne ritirata dopo sole sei recite, sia per il soggetto scabroso, sia per la non eccelsa forma vocale della Malibran.
Nonostante qualche ripresa nei successivi cinque anni, l'opera ebbe scarsa circolazione in seguito, e fu ripresa con una certa regolarità a partire dalla "Donizetti Renaissance" nella seconda metà del XX Secolo, seppure nella forma ampiamente rimaneggiata da Nicola De Giosa nel 1865, e solamente negli anni '90 del secolo scorso iniziò a circolare l'edizione critica dell'opera.

Nel ruolo di Maria si distinsero soprattutto Beverly Sills, Montserrat Caballé, Leyla Gencer, Joan Sutherland, Edita Gruberová, Mariella Devia, Denia Mazzola Gavazzeni. Come Elisabetta si sono distinte Shirley Verrett, Anna Caterina Antonacci e Sonia Ganassi. I soprani italiani Carmela Remigio, Maria Pia Piscitelli e il mezzosoprano americano Joyce DiDonato sono le uniche cantanti viventi ad aver affrontato entrambi i ruoli.

Cast della prima assoluta

Ruolo Registro vocale Interprete
Maria Stuarda soprano Maria Malibran
Elisabetta soprano Giacinta Puzzi Tosi
Anna Kennedy mezzosoprano Teresa Moja
Roberto Leicester tenore Domenico Reina
Guglielmo Cecil baritono Pietro Novelli
Giorgio Talbot basso Ignazio Marini

Così come è successo nella Norma belliniana, così pure il contrasto tra i due personaggi femminili che, all'inizio erano soprani, fu sottolineato nel corso del tempo dalla consuetudine di far cantare il ruolo di Elisabetta a un mezzosoprano. In realtà, è sufficiente creare un contrasto tra i due tipi di soprano, secondo quanto prescritto dall'autore.

Trama dell'opera

Primo atto

Scena I

Palazzo di Westminster

Al termine di un torneo organizzato per lei dall'ambasciatore di Francia, la regina Elisabetta I d'Inghilterra riceve una proposta di matrimonio dal re di quel reame (Sì vuol di Francia il Rege); sebbene sappia che queste nozze le permetterebbero di consolidare il suo potere, la regina è incerta se accettarle, poiché è segretamente innamorata di Roberto, conte di Leicester. Talbot, suo consigliere, perora intanto la causa di Maria Stuarda, detenuta nel castello di Fotheringay (italianizzato in Forteringa) con l'accusa di alto tradimento, chiedendone la liberazione. Cecil, il segretario di Stato, la esorta invece a eliminare la Stuarda, perché gli inglesi cattolici vedono ancora in lei la legittima regina. Elisabetta riflette sul fatto che Maria (della quale è tra l'altro cugina) sia anche sua rivale in amore, poiché anch'ella ama Leicester.

In preda a questi dubbi, Elisabetta convoca a corte Leicester. Mentre questi attende di essere ricevuto da Elisabetta, Talbot gli consegna una lettera da parte di Maria, a cui è appena andato a fare visita (Questa imago, questo foglio). Arriva la regina, che solletica i sentimenti dell'uomo chiedendogli di consegnare all'ambasciatore francese l'anello col quale accetterà le nozze; l'uomo rimane impassibile alla notizia, scatenando la gelosia di Elisabetta. Vedendo la lettera tra le mani dell'amato riesce a farsela consegnare e la legge: in essa Maria chiede a Leicester di intercedere presso per farle ottenere un colloquio privato. La tenerezza con cui Leicester parla di lei dà a Elisabetta la conferma che questi sia innamorato della rivale: al colmo della gelosia, acconsente ad andare a Forteringa, decisa a umiliare la Stuarda (Era d'amor l'immagine - Sul crin la rivale).

Scena II

Nel castello di Forteringa

Maria, reclusa ormai da tempo, rievoca con la nutrice Anna Kennedy i momenti felici vissuti da bambina, in Francia (Oh nube, che lieve). I loro discorsi sono interrotti da uno squillo di tromba: irrompe Leicester, il quale spiega a Maria che Elisabetta ha organizzato una battuta di caccia come pretesto per venire da lei senza prima annunciarsi, allo scopo di impedirle la preparazione di un'arringa e affrontarla a cuore aperto; la invita perciò a non cedere alle provocazioni della rivale (Da tutti abbandonata).

Elisabetta e Maria si trovano dunque a fronteggiarsi: in un clima di palpabile tensione ciascuna delle due donne studia la rivale, ravvisandovi alterigia e superbia (È sempre la stessa). Maria cerca di tenersi a bada e, prostratasi davanti a lei, implora pietà alla cugina (Morta al mondo e morta al trono). Elisabetta tuttavia le si mostra sprezzante, e con gran crudeltà le ricorda i capi d'accusa per i quali è stata arrestata: l'infedeltà coniugale, la sua implicazione nella morte del secondo marito Enrico Stuart e la presunta partecipazione a numerose congiure; per tali disonorevoli motivi, dichiara di non volerla liberare. In un impeto di orgoglio, Maria insulta Elisabetta, rimarcando che ella non può parlare di disonore in quanto ella stessa frutto delle nozze illegali tra Enrico VIII e Anna Bolena; ella è dunque un'usurpatrice che profana il trono inglese (Figlia impura di Bolena). Elisabetta, al colmo del furore, la fa arrestare e le promette la pena capitale: Maria rimane però impassibile, entusiasmata da quell'effimera vittoria.

Secondo atto

Scena I=

Gli appartamenti di Elisabetta

A mente fredda, Elisabetta si scopre indecisa se condannare davvero a morte la Stuarda, come le consiglia continuamente Cecil. Leicester torna da lei per convincerla a perdonare Maria, ma le suppliche dell'amato hanno l'effetto contrario: Elisabetta, di nuovo gelosa, firma d'impeto la condanna (D'una sorella, o barbara).

Scena II

La cella di Maria Stuarda

Passato il momento del trionfo, Maria piange il proprio destino: il suo vero timore è però che la regina si vendichi su Leicester, una volta che lei sarà morta. Talbot e Cecil vengono a portarle la condanna, e le concedono gli estremi conforti: Maria rifiuta con sdegno l'offerta di Cecil di essere confessata da un pastore protestante, e chiede che sia il solo Talbot ad ascoltare la sua confessione. A lui Maria confessa tutti quanti i suoi peccati, compreso il suo coinvolgimento nelle morti del marito e di Davide Rizzio, nonché nel complotto di Anthony Babington, venendo assolta (Quando di luce rosea).

Giunge il momento dell'esecuzione: Anna e i suoi fedeli si recano al patibolo nella speranza di vederla un'ultima volta (Vedeste? - Vedemmo). Maria appare, e chiede a tutti loro di pregare per la sua anima (Deh, tu di un'umile preghiera); a Cecil domanda invece un unico desiderio: avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, disperato, tenta di scatenare una rivolta che mandi a monte l'ingiusta esecuzione: perché le proprie colpe non ricadano su lui e sul trono inglese, Maria lo distoglie dal proposito e lo supplica di perdonare Elisabetta, come lei l'ha perdonata; dopodiché si avvia serenamente al patibolo, vestita di rosso come una martire (Ah, se un giorno da queste ritorte).

Struttura musicale

  • Preludio

Atto I

  • 1 Introduzione Qui si attenda - Sì, vuol di Francia il rege - Ah, quando all'ara scorgemi (Coro, Elisabetta, Talbot, Cecil)
  • 2 Recitativo e Duetto Questa imago, questo foglio - Ah, rimiro il bel sembiante (Talbot, Leicester)
  • 3 Scena e Duetto Sei tu confuso? - Quali sensi! - Era d'amor l'immagine (Elisabetta, Leicester)
  • 4 Scena e Cavatina Allenta il piè, Regina! - Oh, nube, che lieve (Maria, Anna, Coro)
  • 5 Duetto Da tutti abbandonata (Maria, Leicester)
  • 6 Finale e Dialogo delle due regine Qual loco è questo? - È sempre la stessa - Morta al mondo, morta al trono (Elisabetta, Leicester, Cecil, Talbot, Maria, Anna, Coro)

Atto II

  • 7 Scena e Terzetto E pensi? E tardi? - Quella vita a me funesta - Vanne, indegno (Cecil, Elisabetta, Leicester)
  • 8 Scena e Duetto La perfida insultarmi volea - Quando di luce rosea (Maria, Talbot, Cecil)
  • 9 Gran scena finale Vedeste? - Deh, tu di un'umile preghiera - D'un cor che more - Ah, se un giorno da queste ritorte (Coro, Anna, Maria, Cecil, Talbot, Leicester)

Brani famosi

  • Quando all'ara scorgemi cavatina di Elisabetta
  • Era d'amor l'immagine duetto tra Roberto ed Elisabetta
  • O nube, che lieve...nella pace del mesto riposo cavatina di Maria
  • Morta al mondo...figlia impura di Bolena scena "del confronto" tra Elisabetta e Maria
  • Quando di luce rosea duetto "della confessione" tra Talbot e Maria
  • Ah se un giorno da queste ritorte cabaletta finale di Maria

Registrazioni discografiche

Anno Cast (Maria, Elisabetta, Leicester) Direttore Etichetta
1967 Leyla Gencer, Shirley Verrett, Franco Tagliavini Francesco Molinari Pradelli Memories
1971 Beverly Sills, Eileen Farrell, Stuart Burrows Aldo Ceccato Westminster Record
1971 Montserrat Caballé, Shirley Verrett, Ottavio Garaventa Carlo Felice Cillario Opera d'Oro
1975 Joan Sutherland, Huguette Tourangeau, Luciano Pavarotti Richard Bonynge Decca
1982 Janet Baker, Rosalind Plowright, David Rendall Charles Mackerras Chandos
1989 Edita Gruberová, Agnes Baltsa, Francisco Araiza Giuseppe Patané Philips

Registrazioni DVD

Anno Cast (Maria, Elisabetta, Leicester, Talbot) Direttore Etichetta
2001, Bergamo Carmela Remigio, Sonia Ganassi, Joseph Calleja, Riccardo Zanellato Fabrizio Maria Carminati Dynamic
2007, Macerata Maria Pia Piscitelli, Laura Polverelli, Roberto De Biasio, Simone Alberghini Riccardo Frizza Naxos Records
2008, Milano Mariella Devia, Anna Caterina Antonacci, Francesco Meli, Simone Alberghini Antonino Fogliani Arthaus Musik
2009, Venezia Fiorenza Cedolins, Sonia Ganassi, José Bros, Mirco Palazzi Fabrizio Maria Carminati Unitel Classica/C Major
2013, New York Joyce DiDonato, Elza van den Heever, Matthew Polenzani, Matthew Rose Maurizio Benini Erato

Bibliografia

  • William Ashbrook, Donizetti. Le opere, prima edizione in lingua inglese: Donizetti and his Operas, Cambridge University Press, 1982, trad. it. di Luigi Della Croce, EDT, Torino 1987, pp. 130–136, 311-312 - ISBN 88-7063-047-1

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • Programma di sala, con libretto e note, per l'allestimento 2009 al Teatro La Fenice di Venezia
Controllo di autoritàVIAF (EN184004731 · LCCN (ENn80057039 · GND (DE300045840 · BNF (FRcb139115913 (data) · J9U (ENHE987007597326705171
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