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Visione di Ezechiele: differenze tra le versioni

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La '''''Visione di Ezechiele''''' è un dipinto a [[pittura a olio|olio]] [[su tavola]] (40,7x29,5 cm) di [[Raffaello Sanzio]], databile al [[1518]] circa e conservato nella [[Galleria Palatina]] di [[Firenze]].
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==Storia==
==Storia==
L'opera è ricordata da [[Vasari]] in casa del conte [[Vincenzo Ercolani]] a [[Bologna]]: "un Cristo a uso di Giove in cielo e d’attorno i quattro Evangelisti, come gli descrive Ezechiel; uno a guisa di uomo e l’altro di leone e quello d’aquila e di bue, con un paesino sotto figurato per la terra, non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l’altre cose sue nelle grandezze loro".
L'opera è ricordata da [[Vasari]] in casa del conte [[Vincenzo Ercolani (conte)|Vincenzo Ercolani]] a [[Bologna]]: "un Cristo a uso di Giove in cielo e d'attorno i quattro Evangelisti, come gli descrive Ezechiel; uno a guisa di uomo e l'altro di leone e quello d'aquila e di bue, con un paesino sotto figurato per la terra, non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l'altre cose sue nelle grandezze loro".


Esiste una traccia documentaria di un pagamento di 8 ducati d'oro dall'Ercolani al Sanzio nel maggio [[1510]], ma tutta la critica, dal Passavant in poi, ritiene che si trattasse di una semplice caparra, visto che i caratteri stilistici, così legati all'esempio delle ''[[Storie della Genesi]]'' di [[Michelangelo]], impediscono di prendere in considerazione una datazione anteriore al [[1516]].
Esiste una traccia documentaria di un pagamento di 8 ducati d'oro dall'Ercolani al Sanzio nel maggio [[1510]], ma tutta la critica, dal Passavant in poi, ritiene che si trattasse di una semplice caparra, visto che i caratteri stilistici, così legati all'esempio delle ''[[Storie della Genesi]]'' di [[Michelangelo]], impediscono di prendere in considerazione una datazione anteriore al [[1516]].


A Firenze almeno dal [[1589]], venne forse ceduta dal fratello minore dell'Ercolani a [[Francesco I de' Medici]]. Fu collocata agli [[Uffizi]] e nel [[1697]] è ricordata a [[palazzo Pitti|Pitti]], nell'appartamento del [[Gran Principe Ferdinando]]. Nel [[1799]] fu [[spoliazioni napoleoniche|spogliata]] dai francesi, che la portarono a Parigi, fino al [[1816]].
A Firenze almeno dal [[1589]], venne forse ceduta dal fratello minore dell'Ercolani a [[Francesco I de' Medici]]. Fu collocata agli [[Uffizi]] e nel [[1697]] è ricordata a [[palazzo Pitti|Pitti]], nell'appartamento del [[Gran Principe Ferdinando]]. Nel [[1799]] fu [[spoliazioni napoleoniche|spoliata]] dai francesi, che la portarono a Parigi, fino al [[1816]].


Già attribuita a [[Giulio Romano]], su disegno del maestro, è stata riassegnata alla piena autografia del maestro da recenti indagini, con una datazione che può oscillare entro il [[1516]] e il [[1518]]. Riferita prevalentemente al 1518, sarebbe una delle ultime opere interamente autografe del Sanzio, assieme al ''[[Ritratto di Leone X tra i cardinali]]'', che a quell'epoca era preso da mille impegni, tra cui i progetti architettonici per [[San Pietro in Vaticano]], le [[Stanze Vaticane|Stanze]] e gli [[arazzi per la Sistina]]; può darsi però che il formato ridotto non richiedesse il consueto appoggio sugli aiuti.
Già attribuita a [[Giulio Romano]], su disegno del maestro, è stata riassegnata alla piena autografia del maestro da recenti indagini, con una datazione che può oscillare entro il [[1516]] e il [[1518]]. Riferita prevalentemente al 1518, sarebbe, assieme al ''[[Ritratto di Leone X tra i cardinali]]'', una delle ultime opere interamente autografe del Sanzio, che a quell'epoca era preso da mille impegni, tra cui i progetti architettonici per [[San Pietro in Vaticano]], le [[Stanze Vaticane|Stanze]] e gli [[arazzi per la Sistina]]; può darsi però che il formato ridotto non richiedesse il consueto appoggio sugli aiuti.

Nel [[2011]] il dipinto è stato al centro di una vicenda mediatica, quando lo studioso Roberto De Feo rintracciò un altro esemplare di analogo soggetto e analoghe dimensioni in una collezione privata a [[Ferrara]]. Senza alcuna cautela attributiva, fu lanciata la notizia che il dipinto ferrarese fosse originale e il documentatissimo dipinto di Pitti una copia, che iniziò a rimbalzare su numerose testate, che rincararono via via la dose, arrivando perfino a polemizzare su come il museo fiorentino potesse continuare a esporre quello che veniva definito "un falso"<ref>{{Cita web |url=http://espresso.repubblica.it/dettaglio/questo-raffaello-e-un-falso/2150646 |titolo=Questo Raffaello è un falso - l'Espresso |accesso=26 dicembre 2012 |dataarchivio=10 settembre 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110910073635/http://espresso.repubblica.it/dettaglio/questo-raffaello-e-un-falso/2150646 |urlmorto=sì }}</ref>. La vicenda ebbe conclusione con una relazione dello studioso all'[[Accademia dei Lincei]], che peraltro non raccolse consensi dalla critica. Le meccaniche distorte della costruzione di scandali nel mondo della storia dell'arte e degli ormai frequenti rinvenimenti prodigiosi "alla [[Dan Brown]]" sono stati analizzati da [[Tomaso Montanari]] nel breve saggio ''La madre dei Caravaggio è sempre incinta'' (2012).


==Descrizione e stile==
==Descrizione e stile==
Nel [[Libro di Ezechiele]] è narrata la visione del [[tetramorfo]] da cui derivano i simboli dei quattro [[Evangelisti]]. Raffaello, accennando appena un riferimento a [[Ezechiele]] nella figuretta in basso investita da un raggio di luce, rappresentò la sfolgorante apparizione nel cielo di Dio contornato da due putti che gli reggono le braccia distese e poi l'angelo di san Matteo, il [[leone di san Marco]], il bue (alato) di san Luca, e l'aquila di san Giovanni. Pare che la scena sia ispirata, nella composizione, da un rilievo su un sarcofago romano con il ''Giudizio di Paride'' a [[villa Medici]], in cui una divinità levita seduta sopra un altro soggetto, in quel caso uno scudo<ref>[http://www.engramma.it/engramma_v4/warburg/fittizia1/32/032_img/001.jpg ''Giudizio di Paride'']</ref>. Stupiscono soprattutto i bagliori luminosi che invadono la tavola, in cui si riconoscono, della stessa materia delle nubi, una moltitudine di cherubini.
Nel [[Libro di Ezechiele]] è narrata la visione del [[tetramorfo]] da cui derivano i simboli dei quattro [[Evangelisti]]. Raffaello, accennando appena un riferimento a [[Ezechiele (profeta)|Ezechiele]] nella figuretta in basso investita da un raggio di luce, rappresentò la sfolgorante apparizione nel cielo di Dio contornato da due putti che gli reggono le braccia distese e poi l'angelo di san Matteo, il [[leone di san Marco]], il bue (alato) di san Luca, e l'aquila di san Giovanni. Pare che la scena sia ispirata, nella composizione, da un rilievo su un sarcofago romano con il ''Giudizio di Paride'' a [[villa Medici]], in cui una divinità levita seduta sopra un altro soggetto, in quel caso uno scudo<ref>{{Cita web |url=http://www.engramma.it/engramma_v4/warburg/fittizia1/32/032_img/001.jpg |titolo=''Giudizio di Paride'' |accesso=20 marzo 2011 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060515105423/http://www.engramma.it/engramma_v4/warburg/fittizia1/32/032_img/001.jpg |dataarchivio=15 maggio 2006 |urlmorto=sì }}</ref>. Stupiscono soprattutto i bagliori luminosi che invadono la tavola, in cui si riconoscono, della stessa materia delle nubi, una moltitudine di cherubini.


Originalissima è l'impostazione che travalica le consuete leggi di [[prospettiva]], impostando piuttosto un paesaggio a volo d'uccello, fatto di una riva marina o lacustre, con un albero lontano che che offre un metro di misurazione spaziale. Questa sottile lingua è popolata da due figurette, una illuminata in controluce in una radura, e una che incede verso di lui, forse con aureola, che sono state identificate forse come Ezechiele e come [[san Giovanni Evangelista]] che ricevette una visione a [[Patmos]].
Originalissima è l'impostazione che travalica le consuete leggi di [[prospettiva]], impostando piuttosto un paesaggio a volo d'uccello, fatto di una riva marina o lacustre, con un albero lontano che offre un metro di misurazione spaziale. Questa sottile lingua è popolata da due figurette, una illuminata in controluce in una radura, e una che incede verso di lui, forse con aureola, che sono state identificate forse come Ezechiele e come [[san Giovanni Evangelista]] che ricevette una visione a [[Patmos]].


L'alta qualità dell'opera, il respiro grandioso della composizione, lo scorcio ardito delle gambe del Padre Eterno e la rispondenza perfetta tra stesura e disegno sottostante, rivelata in occasione dell'esame riflettografico del [[1984]], ne fanno un sicuro autografo raffaellesco<ref>Franzese, cit., pag. 122.</ref>.
L'alta qualità dell'opera, il respiro grandioso della composizione, lo scorcio ardito delle gambe del Padre Eterno e la rispondenza perfetta tra stesura e disegno sottostante, rivelata in occasione dell'esame riflettografico del [[1984]], ne fanno un sicuro autografo raffaellesco<ref>Franzese, cit., pag. 122.</ref>.
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==Altri progetti==
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==Collegamenti esterni==
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*[http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp?nctn=00295503&value=1 La scheda ufficiale di catalogo]
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[[Categoria:Dipinti di Raffaello]]
[[Categoria:Dipinti di Raffaello]]
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[[Categoria:Dipinti a soggetto veterotestamentario]]
[[Categoria:Dipinti su Dio Padre]]
[[Categoria:Dipinti sugli evangelisti]]
[[Categoria:Dipinti sugli evangelisti]]
[[Categoria:Dipinti nella Galleria Palatina]]
[[Categoria:Dipinti nella Galleria Palatina]]

[[en:Ezekiel's Vision (Raphael)]]
[[fr:La Vision d'Ézéchiel]]

Versione attuale delle 19:31, 27 gen 2024

Visione di Ezechiele
AutoreRaffaello Sanzio
Data1518 circa
TecnicaOlio su tavola
Dimensioni40,7×29,5 cm
UbicazioneGalleria Palatina, Firenze

La Visione di Ezechiele è un dipinto a olio su tavola (40,7x29,5 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1518 circa e conservato nella Galleria Palatina di Firenze.

L'opera è ricordata da Vasari in casa del conte Vincenzo Ercolani a Bologna: "un Cristo a uso di Giove in cielo e d'attorno i quattro Evangelisti, come gli descrive Ezechiel; uno a guisa di uomo e l'altro di leone e quello d'aquila e di bue, con un paesino sotto figurato per la terra, non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l'altre cose sue nelle grandezze loro".

Esiste una traccia documentaria di un pagamento di 8 ducati d'oro dall'Ercolani al Sanzio nel maggio 1510, ma tutta la critica, dal Passavant in poi, ritiene che si trattasse di una semplice caparra, visto che i caratteri stilistici, così legati all'esempio delle Storie della Genesi di Michelangelo, impediscono di prendere in considerazione una datazione anteriore al 1516.

A Firenze almeno dal 1589, venne forse ceduta dal fratello minore dell'Ercolani a Francesco I de' Medici. Fu collocata agli Uffizi e nel 1697 è ricordata a Pitti, nell'appartamento del Gran Principe Ferdinando. Nel 1799 fu spoliata dai francesi, che la portarono a Parigi, fino al 1816.

Già attribuita a Giulio Romano, su disegno del maestro, è stata riassegnata alla piena autografia del maestro da recenti indagini, con una datazione che può oscillare entro il 1516 e il 1518. Riferita prevalentemente al 1518, sarebbe, assieme al Ritratto di Leone X tra i cardinali, una delle ultime opere interamente autografe del Sanzio, che a quell'epoca era preso da mille impegni, tra cui i progetti architettonici per San Pietro in Vaticano, le Stanze e gli arazzi per la Sistina; può darsi però che il formato ridotto non richiedesse il consueto appoggio sugli aiuti.

Nel 2011 il dipinto è stato al centro di una vicenda mediatica, quando lo studioso Roberto De Feo rintracciò un altro esemplare di analogo soggetto e analoghe dimensioni in una collezione privata a Ferrara. Senza alcuna cautela attributiva, fu lanciata la notizia che il dipinto ferrarese fosse originale e il documentatissimo dipinto di Pitti una copia, che iniziò a rimbalzare su numerose testate, che rincararono via via la dose, arrivando perfino a polemizzare su come il museo fiorentino potesse continuare a esporre quello che veniva definito "un falso"[1]. La vicenda ebbe conclusione con una relazione dello studioso all'Accademia dei Lincei, che peraltro non raccolse consensi dalla critica. Le meccaniche distorte della costruzione di scandali nel mondo della storia dell'arte e degli ormai frequenti rinvenimenti prodigiosi "alla Dan Brown" sono stati analizzati da Tomaso Montanari nel breve saggio La madre dei Caravaggio è sempre incinta (2012).

Descrizione e stile

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Nel Libro di Ezechiele è narrata la visione del tetramorfo da cui derivano i simboli dei quattro Evangelisti. Raffaello, accennando appena un riferimento a Ezechiele nella figuretta in basso investita da un raggio di luce, rappresentò la sfolgorante apparizione nel cielo di Dio contornato da due putti che gli reggono le braccia distese e poi l'angelo di san Matteo, il leone di san Marco, il bue (alato) di san Luca, e l'aquila di san Giovanni. Pare che la scena sia ispirata, nella composizione, da un rilievo su un sarcofago romano con il Giudizio di Paride a villa Medici, in cui una divinità levita seduta sopra un altro soggetto, in quel caso uno scudo[2]. Stupiscono soprattutto i bagliori luminosi che invadono la tavola, in cui si riconoscono, della stessa materia delle nubi, una moltitudine di cherubini.

Originalissima è l'impostazione che travalica le consuete leggi di prospettiva, impostando piuttosto un paesaggio a volo d'uccello, fatto di una riva marina o lacustre, con un albero lontano che offre un metro di misurazione spaziale. Questa sottile lingua è popolata da due figurette, una illuminata in controluce in una radura, e una che incede verso di lui, forse con aureola, che sono state identificate forse come Ezechiele e come san Giovanni Evangelista che ricevette una visione a Patmos.

L'alta qualità dell'opera, il respiro grandioso della composizione, lo scorcio ardito delle gambe del Padre Eterno e la rispondenza perfetta tra stesura e disegno sottostante, rivelata in occasione dell'esame riflettografico del 1984, ne fanno un sicuro autografo raffaellesco[3].

  1. ^ Questo Raffaello è un falso - l'Espresso, su espresso.repubblica.it. URL consultato il 26 dicembre 2012 (archiviato dall'url originale il 10 settembre 2011).
  2. ^ Giudizio di Paride (JPG), su engramma.it. URL consultato il 20 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006).
  3. ^ Franzese, cit., pag. 122.
  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008. ISBN 978-88-370-6437-2

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