Reali ferriere ed Officine di Mongiana
Le Reali ferriere ed Officine di Mongiana o Villaggio Siderurgico di Mongiana o Polo siderurgico di Mongiana[1] è stato un importante complesso siderurgico realizzato a Mongiana (Calabria) nel 1770 - 1771 da parte della dinastia dei Borbone di Napoli[2] Parte integrante del complesso industriale e militare del Regno delle Due Sicilie, e impianto di base per la produzione di materiali e semilavorati ferrosi (poi rifiniti sia in loco, che presso il polo siderurgico di Pietrarsa), arrivò nel 1860 a dare lavoro a circa 1500 operai fini alla cessazione dell'attività nel 1881.
Reali ferriere ed Officine di Mongiana | |
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Timbro di carteggio di Mongiana durante il Regno delle Due Sicilie | |
Stato | Due Sicilie |
Fondazione | 1770 |
Fondata da | Borbone di Napoli |
Chiusura | 1881 |
Sede principale | Mongiana |
Persone chiave |
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Settore | Siderurgia |
Prodotti | materiali e semilavorati ferrosi |
Dipendenti | 1 500 (1860) |
Sorta nello stesso periodo e di altrettanta importanza è anche la Ferriera di Razzona nel comune di Cardinale.[senza fonte]
Dislocazione
modificaIl territorio aveva già una forte presenza di infrastrutture per la siderurgia, nelle vicinanze il paese di Stilo aveva all'attivo diverse ferriere, ma i nuovi luoghi prescelti: Mongiana, Fabrizia e tutto il corso alto della fiumara Allaro e Ninfo erano più ricchi di boschi e acqua. In contrada Cima (attuale Mongiana) si costruirono 2 ferriere denominate Nuove Regie Ferriere (in contrapposizione a quelle di Stilo) e una Serra per tavole, a Mongiana si trovava la fonderia, di cui oggi sono rimasti solo i ruderi.[3]
Storia
modificaIl primo periodo borbonico
modificaL'architetto che costruì il primo complesso fu il napoletano Mario Gioffredo nel 1771 sotto la gestione di Massimilano Conty[2] e Il primo direttore diventerà il padre di Massimiliano Giovanni Francesco Conty[2][3]. In questo periodo il polo risultava poco competitivo anche a causa degli alti costi del trasporto del materiale: carbone, legna e ferro[2], a causa del contrabbando del ferro probabilmente scaturito dal pagamento a cottimo e dal non aver fatto rispettare il decreto salva-boschi[non chiaro] del 1773[2]. I metodi di lavorazione non erano moderni e la produzione quindi all'inizio fu modesta, per ovviare a ciò un gruppo di studiosi fu mandato ad osservare in Europa centrale gli altri centri siderurgici. Fu migliorata la combustione negli altiforni, fu razionalizzato il ciclo produttivo e furono aperte anche nuove miniere nel comune di Pazzano: Principe Ereditario, Carolina e San Ferdinando.[3]
A seguito del terremoto del 1783 si ripararono i danneggiamenti subiti dalle strutture[2].
Periodo francese
modificaA partire dal 1806 la Calabria è sotto il controllo dei francesi e il Ministero della Guerra e Marina francese diventa il proprietario del complesso[2] e nel 1808 il nuovo direttore è il capitano Ritucci[2], sostituito il 1811 dal Carrascosa[2] e dal 1814 al 1816 Nicolò Landi[2]. In questo periodo si migliorano i forni fusori, vengono emessi regolamenti per lo sfruttamento boschivo, in più il polo venne restaurato e raddoppiato in dimensioni e la costruzione di un complesso più moderno dislocato nell'area delle Vecchie ferriere di Stilo: Piano della Chiesa. In questa zona si costruiscono nuove ferriere tra cui la Robinson (alla confluenza tra l'Allaro e il Ninfo), una fonderia di cannoni e una fabbrica di fucili nella quale se ne fabbricavano solo i componenti. Fu potenziato il collegamento stradale tra le miniere di Pazzano e Mongiana.
Migliorano anche le condizioni dei lavoratori: orario di lavoro ridotto, assistenza medica, pensione e istruzione pubblica. Il periodo francese quindi è stato motivo di crescita e sviluppo per il polo siderurgico calabrese e per tutti i suoi abitanti.
Il secondo periodo borbonico
modificaGrazie ai cambiamenti apportati durante il periodo di governo francese di Gioacchino Murat, si passa a una fase di produzione anche ad usi civili: il ferro per la ferrovia Napoli-Portici, il ponte Real Ferdinando sul Garigliano e Cristina sul Calore. Il capitano D'Agostino nominato "Istitutore delle fonderie" e il suo allievo Panzera, a conoscenza dei miglioramenti della siderurgia in Francia nel 1838 grazie a un loro viaggio iniziano a modernizzare il complesso calabrese con l'utilizzo di carbone di Faggio ed altre tecniche innovative, le quali trovarono realtà nelle fusioni a partire dal 23 luglio del 1841. D'Agostino fu promosso a Primo Maggiore e Panzera Capo-Fonditore. Nel 1831 vengono completati i lavori della nuova fonderia Ferdinandea[2], iniziati nel 1789. Fu inaugurata da Re Ferdinando II in persona e costò 400.000 ducati[2].
La fonderia di Mongiana, invece, in quel periodo, con i 3 altiforni Santa Barbara, San Ferdinando e San Francesco.
Nel 1852 si conclude la costruzione iniziata due anni prima[2] ad opera dell'Ingegnere e Architetto Domenico Fortunato Savino, una nuova fabbrica d'armi in sostituzione alla fabbrica di fucili del periodo francese: la Fabbrica d'armi di Mongiana[2]. Il 16 ottobre dello stesso anno Re Ferdinando II insieme al conte di Trapani e al Duca di Calabria fece visita all'intero complesso e Mongiana fu ridotta a Colonia militare: le funzioni del sindaco le assumeva il direttore e quelle dei funzionari municipali gli ufficiali[2].
Nel 1855 l'area fu soggetta ad alluvione a seguito dell'esondazione del torrente Ninfo[2], si salvò la sola fabbrica d'Armi[2]. Tutti gli altri edifici vennero ricostruiti[2]. Questo fu il periodo di maggior produttività: vi erano i tre altiforni, 5 ferriere-raffinerie: San Bruno, San Carlo, san Ferdinando, San Francesco, Santa Teresa[2] Successivamente vennero realizzate al Cubilotto e la Real Principe e poi ancora la Robinson.
Regno d'Italia
modificaNel 1861 l'acciaio prodotto a Mongiana riceve un premio Esposizione industriale di Firenze, e l'anno successivo all'Esposizione internazionale di Londra venne premiata per la buona lavorazione delle lame delle spade.[4][5]
Nel 1864 la commissione per le ferriere vende gli stabilimenti e i boschi della zona alla Società Generale del Credito Mobiliare e Banco Nazionale.
La scoperta[di cosa?] provocò incredulità, poi dispetto, risentimento e protesta; infine, violenza. Ci furono furti, saccheggi, vandalismi ai danni delle ferriere.[senza fonte]
Nel 1868-1869 nasce la Società Operaia di Mutuo Soccorso per l'assistenza agli operai degli stabilimenti di Mongiana, dopo qualche anno venne sciolta per mancanza di iscrizioni.
Nel 1874 il governo italiano vende tutti gli stabilimenti siderurgici del polo e i boschi del circondario ad un'asta vinta dall'ex garibaldino e poi parlamentare del nuovo regno Achille Fazzari. Egli tentò di riattivare il centro chiuso. Nel 1875 l'ingegner Dainelli approva l'idea e nel 1881 riprendono i lavori nelle esistenti miniere di Scolo, San Ferdinando e M. Cristina. Si aprono inoltre le nuove miniere Umberto I, Regina Margherita, Calcare, Garibaldi e altre ancora[6]. Secondo l'ingegnere Marhun direttore degli stabilimenti di Krupp si sarebbe potuto estrarre 50 tonnellate di minerale l'anno dalle miniere di Pazzano.
Fazzari alla fine abbandonò i beni di Mongiana, anche per l'assenza di aiuti da parte del governo. Si dedicò tuttavia alla zona della Ferdinandea, dove vi era la produzione di acqua minerale, una piccola centrale idroelettrica, e segherie. Per 40 anni la Ferdinandea diventa un importante centro economico calabrese. A Ferdinandea fu ospite anche Matilde Serao[7].
Ufficialmente il polo siderurgico fu chiuso a causa delle nuove teorie industriali dell'epoca che ritenevano ormai sorpassati gli impianti siderurgici in zone di montagna e non vicino al mare, con fonti energetiche derivanti da salti idrici e da carbone vegetale.[4]
La ferrovia e le teleferica
modificaSempre nel 1875 si realizza una ferrovia e una teleferica per il trasporto dei materiali da Ferdinandea al mare. La ferrovia, in due tratte, partiva dalla località Cerasella, passava per Ferdinandea e arrivava nella frazione di Caulonia a Ziia. La seconda si trovava a Bordingiano, frazione di Stilo, con un ponte in ferro (attuale Ponte Miscinà) si attraversava lo Stilaro e si arrivava a Monasterace Marina, dove vi era un molo realizzato dal Fazzari. La prima tratta era di 20 km la seconda di 10 km. A collegare le due tratte si usavano dei carri e dalla località Baracche (in dialetto calabrese Chjani dei Baracchi) a Bivongi in Località Stazione vi era una teleferica lunga 7 km. Per il trasporto del materiale su strada ferrata si usavano 2 locomotive Decauville.[8]
Direttori
modifica- Giovan Francesco Conty (1771-1790)[2]
- Massimiliano Conty (1791-1799)[2]
- Vincenzo Squillace (1799-1807)[2]
- Capitano Vincenzo Ritucci (1808-1811)[2]
- Capitano Michele Carrascosa (1811-1814)[2]
- Tenente Colonnello Nicola Landi (1814-1820)[2]
- Tenente Colonnello Giuseppe Mori (1820-1838)[2]
- Tenente Colonnello Raffaele Niola (1839-1840)[2]
- Tenente Colonnello Pellegrino (1840-1850)[2]
- Tenente Colonnello Pietro Tonson Latour (1850-1852)[2]
- Tenente Colonnello Ferdinando Pacifici (1852-1859)[2]
- Maggiore Giuseppe Del Bono (1860-1861)
- Colonnello Alessandro Massimino (1861-1861)
- Capitano Crescenzo Montagna (1862-1870)
Vicedirettori
modificaNote
modifica- ^ Danilo Franco, Nascita del polo siderurgico di Mongiana, in Il ferro in Calabria, Reggio Calabria, Kaleidon Editrice, 2003, ISBN 88-88867-01-5.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah Fiorenza 2024
- ^ a b c Il ferro in Calabria. Vicende storico-economiche del trascorso industriale calabrese - Franco Danilo
- ^ a b ISBN 978-88-6621-602-5 Pino Aprile, Terroni, Milano, Edizioni Piemme, 2010.
- ^ (EN) International Exhibition. 1862. Medals and Honourable Mentions Awarded by the International Juries. With a List of Jurors, and the Report of the Council of Chairmen, Londra, Her Majesty's Commissioners, 1862, p. 191.
- ^ Il ferro in Calabria di Danilo Franco, p101-102-103
- ^ Il ferro in Calabria di Danilo Franco, p104,p161
- ^ Il ferro in Calabria di Danilo Franco, p. 161
Bibliografia
modifica- Elia Fiorenza, Le regie ferriere di Mongiana, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2024, ISBN 978-88-498-8007-6.
- Brunello De Stefano Manno, Le reali ferriere ed officine di Mongiana, II edizione, Cosenza, Città Calabria Edizioni, 2008.
- Vincenzo Falcone, Le ferriere di Mongiana. Un'occasione mancata, Cosenza, Città Calabria Edizioni, 2007, ISBN 978-88-88948-48-5.
- Franco Danilo, Il ferro in Calabria. Vicende storico-economiche del trascorso industriale calabrese, Reggio Calabria, Kaleidon editrice, agosto 2003, ISBN 88-88867-01-5.
- Brunello de Stefano Manno; Gennaro Matacena, Le Reali Ferriere ed officine di Mongiana, I edizione, Napoli, casa editrice storia di Napoli e delle due Sicilie, 1979.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Polo siderurgico di Mongiana
Collegamenti esterni
modifica- Ecomuseo, su web.tiscali.it. URL consultato il 30 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2008).
- Altopiano delle Serre, su ancinale.altervista.org. URL consultato il 1º maggio 2010 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2013).