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2014 - Estasi / Ecstasy (_Lexia_n. 15-16)

È estatico ogni discorso che, costruendosi nel linguaggio e col linguaggio, rappresenta nondimeno una fuoriuscita da esso, un bloccarsi della semiosi, un venir meno delle distinzioni che fondano il senso. Trattasi dunque di un’impostura? Dell’evocazione impossibile, fra le maglie dell’immanenza, di una dimensione trascendente nella quale e verso la quale la prima si sfaldi, perdendo la consistenza di strutture e opposizioni? Rispondere affermativamente sarebbe forse semplicistico, sarebbe considerare l’estasi come puro effetto ottico, come sorta di trompe-l’oeil mistico. In realtà, come ogni trompe-l’oeil, anche l’estasi rinvia a qualcosa di più della propria semplice rappresentazione. Essa rimanda ai pregiudizi inconfessati di un’ideologia semiotica, alla trama nascosta, al negativo segreto che regge tutta la concezione moderna del senso e del linguaggio. Il discorso mistico, che corre parallelo e invisibile, spesso represso, a volte perseguitato, lungo tutta la storia delle religioni, esprime allora questo dubbio: e se il senso non fosse distinzione, separatezza, dualità? Se l’immanenza articolatoria che lo viviseziona non fosse che illusoria? A questo punta ogni racconto dell’estasi: al sospetto che i fondamenti della modernità, anti-mistici per definizione, non siano altro che una delle possibilità dell’umano, e che una storia non detta, in filigrana, si dipani accanto e sotto al moderno come traccia sbiadita di un altro percorso, di un altro modo d’intendere e di dire.

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