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La ricerca sull’elettronica organica avanza. Il progetto ERC di Giorgio Ernesto Bonacchini al DEI: MiMETIC

Quando pensiamo all’elettronica, immaginiamo dispositivi tecnologici il cui funzionamento dipende da materiali inorganici come il silicio, i metalli o, per chi ne sa qualcosa in più, anche il nitruro di gallio, tutti materiali inorganici. Esiste però un’elettronica diversa, un’elettronica che implementa polimeri o piccole molecole principalmente a base di carbonio e idrogeno: l’elettronica organica. Grazie a questa diversa composizione, l’elettronica basata sui materiali organici presenta caratteristiche uniche di flessibilità meccanica e biocompatibilità, nonché di sostenibilità economica ed ambientale.Questo tipo di tecnologia viene principalmente utilizzata per dispositivi elettronici a bassa frequenza, come i biosensori, e nei dispositivi optoelettronici, come gli OLED (schermi di televisori e cellulari), e ha però sempre avuto un limite: la sua lentezza. Questo la rende inadatta per le telecomunicazioni e altre applicazioni ad alta frequenza. Si parla, infatti, di un gap significativo nello spettro elettromagnetico. Questo gap rappresenta una missed opportunity, un’occasione mancata per l’elettronica organica che, ad oggi, non viene utilizzata in settori dove le microonde e le alte frequenze sono fondamentali, come radar, telecomunicazioni, imaging biomedicale, per la sicurezza (per esempio, scanner aeroportuali) e per la caratterizzazione dei materiali a livello industriale. Proprio con l’intenzione di iniziare a colmare questo gap scientifico e tecnologico, nasce MiMETIC (Microwave Metadevices based on Electrically Tunable organic Ion-electron Conductors), il progetto di ricerca premiato con un ERC da oltre due milioni di euro al suo principal investigator, il prof. Giorgio Ernesto Bonacchini. Con MiMETIC, il prof. Bonacchini propone una soluzione per superare questo limite: accoppiare i materiali elettronici organici ad antenne e/o matrici di antenne (note anche come metasuperfici) operanti nelle microonde o nei terahertz, al fine di poterne controllare le proprietà elettromagnetiche in tempo reale. Questo approccio, finora inesplorato, permette per esempio di realizzare “specchi” o “lenti” per le microonde le cui caratteristiche di riflessione e/o rifrazione possono essere sintonizzate e corrette a seconda delle esigenze, permettendo quindi la manipolazione e il controllo delle onde elettromagnetiche con estrema precisione. Rispetto ad altre tecnologie con finalità simili, i materiali organici offrono dei vantaggi tecnologici che trascendono le semplici performance elettriche. Visto che i materiali conduttori e semiconduttori organici sono costituiti da molecole e polimeri a base di carbonio simili alle plastiche convenzionali, questi possono quindi essere facilmente disciolti allo stato liquido e processati come veri e propri inchiostri funzionali, sfruttando una svariata gamma di tecniche di stampa industriale, come la stampa a getto di inchiostro, la serigrafia e flexografia. I vantaggi di questo approccio sono molteplici poiché offrono flessibilità, bassi costi di produzione e processi a temperature inferiori ai 200 gradi Celsius, con i relativi benefici di sostenibilità economica e ambientale che ne derivano. Inoltre, come per la stampa tradizionale, questi processi permettono la realizzazione di elettronica su superfici di grande estensione e a grandi velocità di produzione, potenzialmente decine di metri al minuto, su supporti planari di vario tipo, inclusi i laminati plastici sottili e trasparenti tipicamente utilizzati per il packaging, o addirittura su carta. Questi “formati” di dispositivo, che ad oggi non possono essere implementati con altre tecnologie, aprono la strada a una serie di applicazioni innovative e poco esplorate. Ad esempio, in futuro potremmo realizzare metasuperfici meccanicamente flessibili di diversi metri quadrati, stampate su vestiario o su veicoli come aerei e automobili, per aumentarne la capacità di comunicazione, o persino per creare “mantelli dell’invisibilità” nelle microonde. Questi oggetti potrebbero abilitare una comunicazione più efficiente tra i nostri smartphone e i dispositivi indossabili, come ad esempio smartwatch, smartglasses o altri sensori ambientali, incanalando o focalizzando le microonde lungo direzioni preferenziali e riducendo, quindi, sia il dispendio energetico sia l’esposizione del corpo a onde elettromagnetiche. Questo tipo di applicazioni potrebbe essere di grande interesse anche per applicazioni in ambito di logistica, monitoraggio ambientale e agritech. Un’altra applicazione promettente che potremmo vedere realizzata è quella delle interfacce bioelettroniche. I materiali elettronici organici, per via della loro composizione chimica a base carbonio relativamente simile a quella dei tessuti viventi biologici, sono infatti delle ottime interfacce bioelettroniche in grado di trasdurre segnali biologici in segnali elettronici. Sensori basati su metasuperfici organiche a contatto con la pelle o all’interno del corpo potrebbero quindi essere sfruttati per rilevare biosegnali e diffonderli a distanza, senza richiedere alimentazione elettrica e complessi circuiti ad alta frequenza, riducendo drasticamente complessità, l’invasività e costi rispetto alle tecnologie convenzionali. Al di là delle possibili applicazioni che propone questo progetto, l’obiettivo più ad ampio respiro di MiMETIC è anche quello di avvicinare due comunità scientifiche: quella dei metadispositivi ottici/microonde e quella dell’elettronica organica, per esplorare le loro intersezioni e promuovere nuove scoperte e applicazioni. Note di approfondimento (in inglese): Il progetto è su Cordis il sito del servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo. Articolo su Springer Nature /Research Communities. Articolo su Techxplore.

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Microelettronica e globalizzazione: luci smaglianti sui semiconduttori

a cura di Alessandro Paccagnella In questo mese di luglio 2025, per la prima volta un’azienda ha superato i 4000 miliardi di dollari US di capitalizzazione, che è poi il prodotto del numero di azioni per il valore di mercato della singola azione: si tratta di Nvidia, azienda californiana nota per la progettazione di processori e in particolare di GPU (Graphic Processing Unit) Le GPU sono dei circuiti integrati (chip) su silicio, mattoni costitutivi di grandi centri di elaborazione, o data center, che hanno a loro volta consentito il grande avanzamento dell’Intelligenza Artificiale (I.A.), in particolare la I.A. generativa. Se sfogliamo l’elenco delle prime 10 società per capitalizzazione nel mondo, oltre Nvidia troviamo anche altre aziende che producono semiconduttori: Broadcom (US, ottava) e TSMC (Taiwan, nona), con più di 1000 miliardi di dollari US di capitalizzazione a testa. Per un puro confronto numerico, ma anche per farsi un’idea del peso globale – economico e politico – di queste aziende, il PIL italiano del 2024 è stato di circa 2400 miliardi di dollari. Se per ora Nvidia detiene il quasi monopolio nella progettazione dei chip per applicazioni I.A., la produzione fisica dei chip su wafer di silicio è delegata quasi in toto a TSMC, che ha il controllo delle tecnologie per la produzione di microchip di silicio con il suo processo a 3nm – anche qui si tratta di un regime quasi monopolistico a livello globale. Monopolio che sarà ulteriormente rafforzato dall’inizio imminente della produzione di massa di chip realizzati nel nodo a 2nm, il più avanzato a livello globale che utilizza anche transistor innovativi, i cosiddetti Gate All Around (GAA), con un processo di produzione ancora più sfidante e complesso. Tornando alla capitalizzazione delle aziende, se estendiamo la nostra ricerca ad aziende che hanno da poco iniziato a sviluppare e produrre chip, soprattutto per cercare di rendersi autonomi da Nvidia nelle applicazioni in campo I.A., troviamo fra le prime dieci anche nomi noti al grande pubblico, ovvero Microsoft (seconda), Apple (terza), Amazon (quarta), Alphabet (Google, quinta), e Meta (Facebook, sesta). Il mondo dell’economia e della finanza appare quindi fortemente agganciato allo sviluppo e alla realizzazione di chip su silicio, soprattutto per il mondo I.A., in una prospettiva di crescita del mercato mondiale dei semiconduttori che potrebbe toccare il nuovo record storico di 700 miliardi di dollari US nel 2025, con una crescita attesa del 12% rispetto al 2024. Il fatto è di per sé dirompente nel panorama economico e finanziario globale: mai si era realizzata una presenza così importante e massiccia dell’industria dei semiconduttori, con un’azione di traino del mercato. Questa contingenza estremamente favorevole all’ambito dei semiconduttori si accompagna peraltro a un radicale cambiamento di rotta geopolitica, generato in conseguenza della pandemia Covid, durante la quale si è verificata una inattesa e prolungata mancanza di chip sul mercato mondiale, con un impatto fortissimo sulla vita e sull’economia delle nazioni. Non ne vedremo qui le cause e le manifestazioni che pure abbiamo vissuto spesso di persona (per esempio, mesi e mesi di attesa per la consegna di un’automobile per la mancanza di chip), ma le conseguenze: i governi occidentali hanno compreso, con qualche anno (se non lustro) di ritardo rispetto a Cina, Sud Corea, Singapore e Taiwan, che i chip su semiconduttore non sono una commodity da acquistare dove costa meno nel mercato globalizzato, o un prodotto come un altro del mondo delle ICT; sono un componente strategico, non meno importante del petrolio per l’energia, la cui filiera di approvigionamento va accuratamente sorvegliata e, per quanto possibile, tenuta e coltivata entro i confini domestici o quelli di paesi alleati. Con una fondamentale differenza: se il petrolio può essere estratto solamente ove la geologia terrestre lo ha confinato, le fabbriche di chip sono realizzate ove l’intelligenza degli imprenditori e adeguati supporti governativi le fanno insediare e crescere. La rilevanza davvero strategica dei semiconduttori nella geopolitica è stata plasticamente sottolineata il 15 settembre 2021 – in piena crisi di approvigionamento di chip durante la pandemia – dall’allora Commissario Europeo per il mercato interno, Thierry Breton, che dichiarava (mia traduzione): “I semiconduttori sono al centro di forti interessi geostrategici e al centro della corsa tecnologica globale. Le superpotenze mirano ad assicurarsi la fornitura dei chip più avanzati, consapevoli che ciò condizionerà la loro capacità di agire (militarmente, economicamente, industrialmente) e di guidare la trasformazione digitale.” A livello europeo, statunitense, giapponese, i governi hanno così intrapreso una varietà di politiche e azioni di supporto e di reshoring delle aziende di semiconduttori, per (ri)acquisirne un controllo di filiera almeno parziale; a titolo di esempio ricordiamo lo European Chips act, annunciato a febbraio 2022 e in via di attuazione dal 2023, o il quasi contemporaneo Chips for America act dell’amministrazione Biden. Meglio tardi che mai: questo obiettivo era stato bene identificato e formalizzato già nel giugno del 2014 dalla Repubblica Popolare Cinese. In quel mese il Consiglio di Stato cinese (leggi governo) dava vita a un programma per lo sviluppo dell’industria nazionale dei circuiti integrati, sottolineando come i circuiti integrati (chip) siano alla base delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e siano un’industria strategica, fondamentale e di guida per supportare lo sviluppo sociale ed economico e la sicurezza della nazione. Questa consapevolezza si è estesa in tempi più recenti non solo al mondo occidentale, ma anche ad altri paesi i cui governi – fra gli altri, quelli indiano, russo, vietnamita, e financo nord-coreano – stanno attivamente promuovendo l’insediamento in loco di aziende della filiera microelettronica. Siamo dunque in una fase in cui a livello politico internazionale si è – finalmente – compreso il ruolo strategico dei semiconduttori, anche come strumento di realizzazione della politica di potenza e di confronto, e non più di collaborazione e di apertura, che caratterizza questo periodo di post-globalizzazione nella storia del mondo, con conseguenze che leggiamo sui media giornalmente: reshoring della produzione, embargo di alcuni prodotti e tecnologie europee e statunitensi, in particolare nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, sviluppo delle filiere di produzione locali. La politica dei dazi annunciata…

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Cosa sono davvero i Big Data?

Ne sentiamo parlare ovunque, ma cosa sono davvero i Big Data? Lo sapevi che ogni giorno molte delle nostre azioni generano dati che vanno ad alimentare il fenomeno dei Big Data? Al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione ci occupiamo di vari aspetti dei Big Data e, in particolare, progettiamo algoritmi innovativi per estrarre valore da questa complessità e trasformarla in opportunità. Francesco Silvestri, professore associato di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, ce ne parla in un video. Ascoltalo qui sotto! 

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Il PNRR e il DEI 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), noto anche come “Italia Domani”, rappresenta la risposta strategica dell’Italia alle conseguenze economiche e sociali della pandemia di COVID-19.  Integrato nel più ampio programma europeo Next Generation EU, il PNRR impiega ingenti fondi pubblici per favorire una profonda trasformazione sistemica, basata sulla crescita economica e, allo stesso tempo, su una maggiore competitività e resilienza. In particolare, il PNRR rappresenta un investimento senza precedenti nel sistema italiano dell’istruzione superiore e della ricerca, concentrato prevalentemente nella Missione 4, intitolata “Istruzione e Ricerca”. I fondi della Missione 4 finanziati da PNRR ammontano, infatti, a oltre 30 miliardi di euro, pari a circa il 15% dell’importo complessivo, rendendola una delle missioni più finanziate nell’ambito del Piano.  I progetti finanziati in questa area sono spesso soggetti a procedure di selezione molto competitive e richiedono frequentemente cofinanziamenti da diverse fonti. Il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova è attivamente coinvolto in numerosi progetti della Missione 4, “Istruzione e Ricerca”, nella sua Componente 2 “Dalla Ricerca all’Impresa”, che ha come obiettivo primario il sostegno degli investimenti in ricerca e sviluppo, la promozione della transizione digitale e verde, la diffusione dell’innovazione e delle nuove tecnologie ma anche il rafforzamento delle competenze del capitale umano. I progetti a cui partecipa il DEI sono i seguenti: Oltre a ciò, il DEI è beneficiario di bandi a cascata, ovvero di finanziamenti erogati dai titolari di progetti PNRR già finanziati dalla Commissione europea nell’ambito di un progetto. I progetti dei bandi a cascata sono: Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si sta rivelando un catalizzatore fondamentale per il rinnovamento e il potenziamento del sistema universitario e della ricerca italiano.  Tuttavia,  la visione del PNRR si estende oltre i singoli risultati di ricerca, puntando a un’innovazione sistemica della ricerca a livello nazionale. Il successo di questo modello dipenderà dall’efficacia del coordinamento interistituzionale, dalla capacità di gestire diversi partner pubblici e privati e, soprattutto, dal “trasferimento tecnologico”, ovvero dalla capacità di tradurre i risultati della ricerca in un impatto economico e sociale tangibile e a lungo termine per il nostro Paese.

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Quando scatti una foto lasci tracce di te!

Lo sapevi che ogni fotocamera lascia una traccia unica e inconfondibile sulle immagini che scatta, simile all’impronta digitale di una persona? Questa caratteristica è molto utile sia per verificare l’autenticità di una foto e stabilire se è stata manipolata, sia per identificare la fotocamera utilizzata in un crimine. Di questo e altro, ce ne parla Simone Milani, professore associato di Telecomunicazioni del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Ascoltalo qui sotto! 

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Premio Alumni Awards Elvira Poli a quattro Alumnae ingegnere

Il 10 marzo dalle ore 16:30, presso l’Aula Magna di Ingegneria, si è svolto l’evento “Parità di Genere nell’ingegneria: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Università di Padova, dalla sua Associazione Alumni e dalla Scuola di Ingegneria. L’occasione, nell’ambito dell’iniziativa “8 marzo diffuso”, è stata la consegna dell’Alumni Awards – Premio Elvira Poli, in onore della prima donna laureata in Ingegneria dell’Ateneo. Questo riconoscimento è stato istituito dall’Associazione Alumni nell’ambito degli Alumni Awards per premiare le migliori laureate in ingegneria dell’Università di Padova dell’anno, distintesi per l’impegno verso il tema della parità di genere durante la loro carriera accademica e lavorativa. Hanno ricevuto il premio quattro ex studentesse: Laura Bettiol, Laureata Magistrale in Ingegneria Aerospaziale; Elisa Castagna, Laureata Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria Edile-Architettura; Stefania Guerra, Laurea Magistrale in Bioingegneria e Adelaide Raia, Laureata Magistrale in Ingegneria Gestionale. Il professor Andrea Gerosa, presidente della Scuola di Ingegneria, introducendo la premiazione, ha sottolineato l’importanza di eventi come questo, che evidenziano storie di successo di donne laureate in ingegneria per fornire esempi positivi alle ragazze che ancora sono condizionate dagli stereotipi di genere. Favorire l’inclusione delle donne nello studio dell’ingegneria è necessario per una maggiore apertura alla diversità di approcci, ai punti di vista e alla sensibilità, per evolversi e affrontare le sfide di un futuro che richiede la competenza di tutti. «In Italia solamente il 18% degli Ingegneri è donna e la percentuale di donne laureate in ingegneria rispetto al totale delle laureate è del 19,1%”, posizionando il nostro Paese al penultimo posto in Europa: questo è il dato più drammatico che dobbiamo combattere». –  ha continuato Gianni dal Pozzo, presidente dell’Associazione Alumni. L’intervento della professoressa Francesca Maria Susin, coordinatrice della Commissione per le pari opportunità e la parità di genere della Scuola di ingegneria dell’Università di Padova, ha sottolineato diversi aspetti sulla disparità di genere, a partire dai dati raccolti sulla comunità studentesca universitaria. Nonostante l’incremento di studentesse nei corsi di laurea in ingegneria, i dati in percentuale mostrano che la presenza maschile rimane nettamente predominante. Tuttavia, vi è una maggiore consapevolezza sull’importanza della presenza della componente femminile per ridefinire i confini di una professione ingegneristica inclusiva e paritaria, per accelerare il progresso, non solo tecnologico, ma anche umano. A conclusione dell’evento, le quattro Alumnae premiate hanno raccontato la loro esperienza professionale. Tutte sono state felicissime non solo per il riconoscimento ottenuto, ma per aver partecipato a questa iniziativa di sensibilizzazione sulla professione di ingegnera, per favorire l’inclusione delle donne nelle Università di Ingegneria e nelle professioni ingegneristiche. foto gi gruppo gruppo 2 sala speakers S.Guerra sala 2

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Presente e futuro delle tecnologie solari a Bressanone 

Il 13 febbraio scorso, presso la sede dell’Università di Padova a Bressanone (BZ), si è tenuta la conferenza “Presente e futuro delle Tecnologie solari”, rivolta a professionisti, ricercatori e studenti. Attraverso i contributi di relatori dell’Università di Padova, dell’Università di Palermo, dell’Enea, del CNR, dell’Eurac Research e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), i partecipanti hanno potuto approfondire gli aspetti tecnici relativi alle tecnologie all’avanguardia del fotovoltaico e del solare termico. Inoltre, l’evento ha offerto un momento di dialogo e di networking per discutere le potenzialità delle energie rinnovabili per la transizione energetica del nostro Paese. «Un’occasione unica per esplorare le nuove frontiere del solare, settore cardine della transizione verso un’economia sostenibile – ha riferito Matteo Meneghini, professore ordinario di Elettronica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova, organizzatore dell’evento -. Con la crescente necessità di soluzioni energetiche pulite, i temi trattati sono rilevanti sia per gli addetti ai lavori sia per il pubblico generale, interessato a comprendere l’evoluzione delle tecnologie alimentate da energie rinnovabili». La conferenza, organizzata nel contesto del progetto PNRR NEST, ha avuto luogo durante la International Winter School “Materials and technologies for solar energy: photovoltaics and thermal solar” tenutasi dal 10 al 14 febbraio a Bressanone, nel corso della quale studenti e ricercatori, selezionati dal comitato scientifico, hanno presentato la propria attività di ricerca. Tra questi, Irene Motta del Dipartimento di Scienze Chimiche (DiSC) dell’Università di Padova, ha ricevuto il premio Best Presentation Award.     Approfondimenti: Programma dell’evento Fondazione NEST IMG_5109 IMG_3532 IMG_5043 IMG_4120 IMG_3680 IMG_3787 IMG_4584 IMG_3499

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GREENEDGE, Progetto Marie Curie Action premiato come “storia di successo” dalla UE

L’energia richiesta dall’Intelligenza Artificiale sta aumentando in modo esponenziale, generando una grande preoccupazione per la sua sostenibilità ambientale. Ciò rende impellente la creazione di algoritmi più efficienti, hardware dal consumo più basso, uso prioritario di energie rinnovabili: il progetto GREENEDGE apporta un valido contributo alla risoluzione di queste tematiche. GREENEDGE è un progetto MSCA (Marie Skłodowska-Curie Action) International Training Network coordinato dall’Università di Padova e finanziato dalla UE nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Recentemente, GREENEDGE è stato premiato come “storia di successo” dalla Commissione Europea: un importante traguardo, riconosciuto sia per l’azione di efficientamento energetico di tecnologie ICT, sia per la formazione di giovani scienziati esperti in tecnologie informatiche sostenibili. In pratica, un perfetto esempio dello slogan del programma MSCA: “Developing talents, advancing research”. Il coordinatore di questo progetto, Michele Rossi, professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova, afferma: «Il progetto è nato dalla collaborazione decennale con rinomati centri di ricerca, come il CTTC di Barcellona, l’Università Cattolica di Lovanio (KU Leuven), l’Università di OULU e l’Imperial College di Londra. Oltre all’avanzamento tecnologico e alla formazione di giovani professionisti, il progetto si propone di lasciare un’impronta positiva sull’ambiente». «Nelle reti future, dove la comunicazione convivrà sempre più con il calcolo e l’elaborazione delle informazioni – continua Rossi − è prioritario studiare soluzioni a basso consumo energetico per abbattere la crescente impronta di carbonio». Ecco spiegato il termine “Green” che compare nel nome del progetto. Il termine “Edge,” riferito alla rete, rappresenta l’infrastruttura di comunicazione e di calcolo che connette dispositivi mobili (quali cellulari) o in posizioni remote e poco accessibili (quali sensori in una smart city) con la rete Internet. Il compito dell’edge è processare le informazioni direttamente alla fonte, il più vicino possibile al punto in cui vengono prodotte. «Ci proponiamo di minimizzare l’energia che consuma l’edge – afferma Rossi – cercando di ridurre i consumi energetici correlati alla trasmissione e all’elaborazione delle informazioni dei dispositivi che lo popolano. Questi obiettivi sono raggiungibili tramite nuovi algoritmi, l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, fino all’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi. Per esempio, in un prossimo futuro, si prospetta la creazione di reti di sensori stampati con materiale organico e dunque biodegradabili, che possano essere installati su diverse superfici, quali vetri, muri ecc., ottenendo reti di sensori a impatto zero». Per raggiungere gli obiettivi del progetto GREENEDGE, sono stati individuati quindici giovani studenti e studentesse, a cui sono stati assegnati dei progetti individuali, con il focus condiviso di limitare il consumo energetico di algoritmi e di apparati per la comunicazione e il calcolo all’edge della rete. Questi giovani ricercatori hanno intrapreso un percorso di studi di prim’ordine, sfociato nella scrittura di una tesi di dottorato. Una intensa fase di training ha contemplato sei scuole organizzate in Belgio (Lovanio), Italia (Bressanone), Spagna (Barcellona), Francia (Parigi), Finlandia (Oulu) e Regno Unito (Londra), affrontando workshop e sessioni di formazione di stampo tecnico-scientifico e discipline trasversali, tra cui marketing e gestione di progetti, pensiero creativo, ricerca e innovazione responsabili, accesso aperto, integrità scientifica, innovazione di genere. In particolare, nella scuola estiva di Bressanone (organizzata fin dal 1952 dall’Università di Padova, di cui il prof. Rossi è stato direttore per otto anni), la sessione del 2022 è stata sviluppata proprio intorno al progetto GREENEDGE, tramite corsi monografici dedicati. «Al di là dell’aspetto tecnico e scientifico, abbiamo posto particolare attenzione all’educazione dei nostri studenti riguardo a molte tematiche trasversali e a alla comunicazione delle nostre iniziative e dei risultati ottenuti − afferma Rossi − per questo abbiamo accompagnato i nostri studenti e le studentesse in un percorso di crescita personale, offrendo loro una formazione dedicata con esperti di spicco in ambito internazionale». Per esempio, i ricercatori assunti dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova hanno completato la loro attività di studio tramite visite presso il Toshiba Research Europe Limited di Bristol (UK), l’Imperial College di Londra (UK) e l’Università di Saint Louis (USA). https://www.youtube.com/watch?v=RWet95hI4Y0   Nell’evento finale del progetto, tenutosi lo scorso settembre a Bol (Croazia), i ricercatori di GREENEDGE hanno presentato il loro lavoro in due sessioni poster, accogliendo la partecipazione di tutti gli iscritti all’evento IEEE SOftCOM che li ospitava. Successivamente, nel “Symposium on Green Networking and Computing”, sono stati presentati i lavori svolti dai vincitori del concorso che i ricercatori di GREENEDGE hanno preparato per studenti di laurea e dottorato di altre istituzioni e programmi. Nel video finale dell’evento, traspare la passione e l’entusiasmo degli studenti e delle studentesse partecipanti al progetto e la loro gratitudine per l’esperienza vissuta, arricchente sia sul piano scientifico che su quello personale. «Un progetto impegnativo da gestire – continua Rossi – perché ha coinvolto studenti e studentesse diversi per cultura e formazione, partner accademici e dell’industria di tutta Europa, ma anche un’esperienza meravigliosa, che ci ha dato grande soddisfazione. Non ultimo – conclude Rossi – il riconoscimento da parte della Commissione Europea come “storia di successo”».       Approfondimenti: Sito del progetto: https://greenedge-itn.eu/ GreenEdge su LinkedIn.   GreenEdge su YouTube. “Soluzioni ITC sostenibili per il nostro mondo connesso”, articolo sul sito ufficiale dell’Unione Europea, sezione “Tutte le storie di successo”. Il progetto su CORDIS, il sito del servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo. GreenEdge è un MSCA (Marie Skłodowska-Curie Action) International Training Network Alcuni articoli sulla stampa generalista online: OpenAI CEO Altman says at Davos future AI depends on energy breakthrough. 16.01.2024 Nei prossimi anni l’AI potrebbe consumare tanta energia quanto un’intera Nazione, Geopop, 11.03.2024 Il consumo energetico dell’AI è fuori controllo. Reece Rogers, Wired, 22.07.2024

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Lo sapevi che è in corso la quarta rivoluzione industriale?

Grazie all’utilizzo di tecnologie che fino a pochi anni fa erano esclusivamente appannaggio del mondo della ricerca, il progresso tecnologico ha fatto un balzo in avanti impressionante. Ora ci troviamo di fronte a una nuova rivoluzione, caratterizzata da un vasto insieme di nuove e complesse tecnologie, fra cui l’Internet of Things, l’Intelligenza Artificiale, la robotica collaborativa, i sistemi di Realtà Aumentata e Virtuale, solo per citarne alcuni. Tutte hanno a che fare con i dati: si tratta, infatti, di tecnologie che generano, trasmettono o elaborano un’enorme quantità di dati, creando valore aggiunto. I dati sono considerati da molti “il nuovo petrolio”, una fonte di ricchezza pressoché infinita, con cui è possibile creare nuovi prodotti e nuovi servizi, per un futuro più sostenibile. Di questo e altro, ce ne parla Gian Antonio Susto, professore associato di Automatica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Ascoltalo qui sotto! 

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Brainteaser. Un progetto europeo per portare l’AI in aiuto ai pazienti affetti da malattie neurodegenerative

Come può l’intelligenza artificiale aiutare a migliorare la cura delle malattie neurodegenerative? In medicina i modelli di machine learning funzionano con successo se il contesto è ben definito. Nell’imaging medicale (radiografie o simili), grazie al lavoro complesso svolto fino ad oggi, l’AI è in grado di analizzare l’immagine e comunicare, per esempio, la presenza o meno di un tumore, offrendo al medico informazioni precise per effettuare una diagnosi. La Radiologia, rispetto ad altri campi della Medicina, è infatti in una posizione favorevole per adottare gli algoritmi e le infrastrutture di AI. Invece, se consideriamo di utilizzare l’AI in ambito clinico per predire la progressione della malattia e migliorarne la cura, il discorso si fa complesso. Ma c’è chi ci sta lavorando, anche qui al DEI, nell’ambito del progetto Brainteaser.  «Eravamo agli inizi del 2020, in pieno Covid quando tutti erano chiusi in casa. – ci racconta la Prof.ssa Barbara Di Camillo, ordinario di informatica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università degli Studi di Padova e manager scientifico di Brainteaser – Ricordo che registravo le lezioni per gli studenti del mio corso in salotto, intorno alle cinque del mattino, quando tutta la famiglia dormiva. In quello stesso periodo uscì una call in cui si richiedevano progetti europei che affrontassero temi clinici utilizzando l’AI, per esplorare l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito clinico».  Dopo un anno, nel febbraio del 2021, prende avvio il progetto Brainteaser, il cui obiettivo è di integrare dati sociali, ambientali e sulla salute umana per sviluppare modelli di stratificazione dei pazienti e di progressione della malattia, per soddisfare le esigenze della medicina personalizzata.  In pratica, si tratta di portare i vantaggi dell’intelligenza artificiale direttamente ai pazienti, per gestire al meglio il decorso della loro patologia.  Le malattie prese in esame nel progetto sono la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla (SM), due patologie neurodegenerative complesse con quadro clinico, evoluzione, prognosi e terapie molto differenti. Tuttavia, queste malattie si accomunano perché colpiscono il sistema nervoso, sono croniche, progressive e modificano significativamente la qualità della vita dei pazienti e dei loro famigliari. Al progetto Brainteaser viene destinato un budget che sfiora i 6 milioni di euro, con finanziamenti dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea per una durata di quattro anni, con la partecipazione di 11 partner europei coordinati dall’Universidad Politécnica de Madrid (UPM) e il coinvolgimento di 300 pazienti individuati in quattro centri clinici situati in Italia, Spagna e Portogallo. «L’approccio “Open Science”, richiesto dalla call, ci ha portato a seguire un iter burocratico abbastanza complesso per permetterci di costruire i tool e le app in collaborazione con i clinici e le associazioni dei pazienti, ma anche con altri operatori, come i fisioterapisti, per capire di che cosa avessero bisogno – continua la Di Camillo. E aggiunge – Abbiamo specificato che il dato non sarebbe stato venduto, né che ci sarebbe stato un successivo utilizzo commerciale. Il dato sarebbe stato messo a disposizione per creare dei modelli di Intelligenza Artificiale per predire il rischio di progressione nei pazienti con SLA e SM».    L’Università di Padova, responsabile tecnico di Brainteaser, sta guidando lo sviluppo di questi modelli di Intelligenza Artificiale, in collaborazione con altri partner. «Per quanto riguarda l’AI, una parte viene sviluppata da noi a Padova, una dal gruppo di Torino, una da quello di Lisbona e una parte dal gruppo di Pavia – specifica la Di Camillo. E continua – Con l’AI abbiamo elaborato tutti i dati raccolti durante il progetto e i dati retrospettivi che avevano i clinici, per impostare i modelli predittivi che indicassero la progressione della malattia e la stratificazione dei pazienti in gruppi diversi in base alla velocità di progressione».  Grazie a uno smartwatch e a uno smartphone consegnati a ogni paziente del progetto, viene messa a disposizione un’app che offre anche contenuti educativi e servizi personalizzati, come strumenti per promuovere l’autogestione della malattia. I pazienti possono condividere informazioni utilizzando l’app che, allo stesso tempo, monitora costantemente la loro attività/mobilità e i parametri vitali. Attraverso l’uso dell’AI, quindi, non solo vengono generate delle predizioni ma anche una visualizzazione chiara e comprensibile dei dati. Queste informazioni vengono trasmesse al clinico che, vedendo le predizioni del modello e i dati del paziente, può decidere se anticipare (mai posticipare) la visita periodica del paziente. Oltre ai dati clinici, vengono acquisiti i dati delle app progettate e sviluppate per i pazienti con sclerosi laterale amiotrofica e sclerosi multipla. Vengono inoltre raccolti anche i dati di un sensore della qualità dell’aria indossato dai pazienti: la qualità dell’aria è un dato che incide sulla malattia ma non risulta essere una variabile dei modelli predittivi. «Quello che ci interessa nello sviluppo dell’AI – sottolinea la Prof.ssa Di Camillo – è la capacità degli algoritmi di generalizzare su nuovi dati. Se consideriamo come predire la progressione della malattia, sappiamo che ci sono tantissime variabili che non è possibile o facile raccogliere. Per esempio, non consideriamo il contesto familiare, anche se un paziente solo o che è stato lasciato dal coniuge dopo la diagnosi funesta, molto probabilmente vede peggiorato il decorso della sua malattia. Un modello di predizione, comunque, deve funzionare su tutti i pazienti, in modo da dare al clinico un’indicazione accurata sulla possibile progressione della malattia». Brainteaser si chiuderà il prossimo giugno e quindi, in questo periodo, i partner stanno parlando dell’exploitation plan e dell’incontro che si terrà a Bruxelles su questo argomento.  «Utilizzare l’AI in clinica non è semplice: in un contesto di ricerca è possibile, ma in un contesto reale è necessario certificare tutti i software come dispositivi medici: strumenti clinici, sistemi di monitoraggio e app per i pazienti sono relativamente facili da certificare. Tuttavia, per l’AI usata in un contesto predittivo, la questione diventa molto più complessa, soprattutto alla luce del recente “AI act”, pubblicato lo scorso maggio, che aggiunge, giustamente, ulteriori vincoli e requisiti ». – conclude la prof.ssa Di Camillo. Con Brainteaser, ricercatori, clinici e pazienti hanno svolto un lavoro enorme per portare l’intelligenza artificiale nella pratica clinica, con…

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