Papers by Giulio Martire
Medioevi, 2022
Starting from some critical remarks on the Notes on the character of the Germanic legends by F. d... more Starting from some critical remarks on the Notes on the character of the Germanic legends by F. de Saussure, I propose a study of the character of Guillaume d’Orange in his ‘leap’ from the twelfth century chansons de geste to the Italian and French prose romans (Andrea da Barberino, Storie Nerbonesi; roman de Guillaume d’Orange). At the center of this comparisons will be those episodes with a strong dialogical vocation that dot the Old French poems and will be subjected instead to an intense rationalization in the fifteenth century prose texts. Finally, we will try to place this order of observations on the character in an overall historical-poetical picture.
A partire da alcune riflessioni critiche sulle Note sul personaggio nelle leggende germaniche di F. de Saussure, propongo uno studio del personaggio di Guillaume d’Orange nel suo ‘salto’ dalle chansons de geste del XII secolo ai più tardi testi in prosa italiano (Andrea da Barberino, Storie Nerbonesi) e francese (roman de Guillaume d’Orange). Al centro delle comparazioni saranno quegli episodi a forte vocazione dialogica che costellano i poemi antico francesi e saranno invece soggetti a una più o meno intensa razionalizzazione nei ‘corrispettivi’ quattrocenteschi. Infine, si cercherà di collocare quest’ordine di osservazioni sul personaggio in un quadro complessivo di poetica storica.
Favola & Fiaba, 2023
Questo saggio, articolato in due paragrafi, propone un esame critico del recente La fiaba. Morfol... more Questo saggio, articolato in due paragrafi, propone un esame critico del recente La fiaba. Morfologia, antropologia e storia di Glauco Sanga. A un primo paragrafo, che presenta il volume nel complesso, segue un aπondo puntuale sulla sua sezione narratologica, in cui Sanga propone una revisione della Morfologia della fiaba di Vladimir Ja. Propp (1928). Ne risulta un modello ben congegnato ma che manca il confronto con la letteratura precedente, e in particolare con La struttura della fiaba di Eleazar M. Meletinskij et alii (1969) che avanza una proposta analoga ma nutrita dal dialogo con alcuni fra i maestri del metodo strutturale (Lévi-Strauss, Greimas). Sono quindi esposti i punti in comune fra i due modelli; di qui, si considererà la nozione di 'prova' in narratologia.
This essay, divided into two paragraphs, offers a critical examination of the recent book La fiaba. Morfologia, antropologia e storia by Glauco Sanga. The first paragraph, which presents the volume, is followed by a detailed exploration of its narratological section, in which Sanga proposes a revision of Vladimir Ja. Propp’s Morphology of the Folktale (1928). The result is a well-thought-out model, which, however, misses the target if compared to previous literature; particularly to Eleazar M. Meletinskij et alii, Problems of the structural analysis of fairytales (1969), which makes a similar suggestion that is, however, enriched as it engages with some of the masters of the Structural approach (Lévi-Strauss, Greimas). Then the elements common to both models are identified; from here, the narratological notion of ‘test’ is outlined.
Critica del testo, 2020
L’articolo presenta alcune nuove prospettive di studio del canzoniere trobadorico S (Oxford, Bodl... more L’articolo presenta alcune nuove prospettive di studio del canzoniere trobadorico S (Oxford, Bodleian Library, Douce 269), con la finalità di proporre una nuova localizzazione del codice. Il lavoro è organizzato in tre sezioni, tra di loro integrate in un paragrafo conclusivo: si prenderanno le mosse dall’analisi dell’apparato ornamentale, che fornirà le prime indicazioni per una possibile localizzazione bolognese del manoscritto, per proseguire con uno studio dei fatti linguistici salienti; si concluderà con lo studio delle fonti confluite nel canzoniere in esame. Il paragrafo finale sarà perciò dedicato a una interpretazione integrata del dato illustrativo, linguistico ed ecdotico, che vedremo collaborare fra di loro nella definizione dell’ambiente di origine del Douce 269.
Le Recueil Ouvert [En ligne], 2021
Le Recueil Ouvert [En ligne], 2021
LEA - Lingue e letterature d’Oriente e d’Occidente, 2020
This paper reworks a chapter of my PhD thesis where I discussed some emergences of carnival fight... more This paper reworks a chapter of my PhD thesis where I discussed some emergences of carnival fights in Moniage Guillaume long (MGl); the imagery was linked to ritual anthropogenetic practices, finally refracted in “archetypal” plots. Here, it is more specifically identified as the reverberation of Carnival-Lent fights. On this basis I carefully propose to predate such representations, shedding new light on some remarks by Le Goff and nuancing the majority position in this regard (e.g. Bertolotti 1991). Furthermore, a glance on Enfances Guillaume provides a new framework for MGl. The fight with the double is seen as à deux tranchants: 1) heroic initiation; 2) potential of a parodic dialogue: co-essential polarities in the dialectic identifi cational process of a complex character-sign.
Memoria poetica: questioni filologiche e problemi di metodo, a cura di Giuseppe Alvino, Marco Berisso, Irene Falini, 2019
L’intervento si propone di analizzare due sonetti di Pietro Bembo (La fera che scolpita nel cor t... more L’intervento si propone di analizzare due sonetti di Pietro Bembo (La fera che scolpita nel cor tengo e O imagine mia celeste e pura), entrambi raccolti nel Canzoniere dell’autore, di cui si metteranno in luce le eco, le voci, le memorie che si intersecano fra loro costituendo la vera e propria trama dei componimenti. In relazione al primo di essi, si cercherà di stabilire la compresenza di memorie folchettiane, dantesche, petrarchesche e boiardesche; questo reticolo di richiami sarà messo inoltre in rapporto con un famoso passo del carteggio del Bembo. Seguirà quindi l’analisi del sonetto
O imagine mia celeste e pura, di cui verrà ineditamente evidenziato il legame con la canzone Meravigliosa-mente di Giacomo da Lentini e con Lancan folhon bosc e jarric di Bernart de Ventadorn. Verrà, più nello specifi co, analizzata la varia lectio delle rime del Bembo, osservando nel dettaglio così il processo di petrarchizzazione della sua produzione letteraria dal manoscritto d’autore, fino all’ultima redazione (R2). A una sempre più stretta e scoperta attinenza alla voce del Petrarca conseguirà infatti una sempre più evidente rinuncia al recupero delle memorie trobadoriche e della lirica delle origini. Le analisi saranno sostanziate da precisi riferimenti agli ambienti frequentati dal Bembo e ai più recenti studi sui manoscritti effettivamente presenti nella “biblioteca” dell’autore.
Conference proceedings by Giulio Martire
Alter/Ego. Confronti e scontri nella definizione dell'Altro e nella determinazione dell'Io. Atti ... more Alter/Ego. Confronti e scontri nella definizione dell'Altro e nella determinazione dell'Io. Atti del Convegno - Macerata, 21-23 novembre 2017, pp. 163-173.
Letteratura e arti visive. Atti delle Rencontres de l’Archet. Morgex, 10-15 settembre 2018, Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno , 2020
Il contributo propone un tentativo di localizzazione di due manoscritti tardo-duecenteschi copiat... more Il contributo propone un tentativo di localizzazione di due manoscritti tardo-duecenteschi copiati in Italia. L’identificazione dell’area di confezione dei manufatti è favorita dai dati emersi non solo da un’analisi di tipo linguistico, ma anche da considerazioni relative a elementi paratestuali, quali miniature e filigrane.
Book Reviews by Giulio Martire
Talks by Giulio Martire
Oltre a contribuire alla definizione di una tipologia della cultura popolare fra medioevo e prima... more Oltre a contribuire alla definizione di una tipologia della cultura popolare fra medioevo e prima età moderna , l’opera di Michail Bachtin ci consegna un complesso quadro di poetica storica dei generi letterari. Nel quarto capitolo del volume dedicato a Dostoevskij, Bachtin delinea il percorso di una «linea dialogica» che collegherebbe, sotterraneamente e tramite infinite mediazioni, il “dialogo socratico” e la “satira menippea” da un capo e il cosiddetto “romanzo polifonico” (nello specifico quello di Dostoevskij) dall’altro. A fondamento della poetica storica dei generi letterari secondo Bachtin è prima di tutto la dialettica fra epos e romanzo, e ciò promana da una concezione generale di teoria della storia dei generi che possiamo definire “hegelo-lukácsiana”. Secondo questa, in breve, l’epica si darebbe come il luogo della primordiale coincidenza soggetto-oggetto (diremmo, semplificando, “personaggio-mondo”), precedente all’inevitabile scissione fra i correlativi che darà avvio alla dialettica captata e fotografata dal romanzo moderno. Il quadro di Bachtin è in realtà più mosso, fondato com’è sulla duplicità di filoni ispirativi alle sorgenti di epopea e romanzo: quest’ultimo genere avrebbe difatti le radici confitte in realtà ideologiche e pratiche discorsive assolutamente altre rispetto all’epos. Ovverosia quelle che, veicolate per la prima volta in letteratura dai due generi testuali evocati sopra (dialogo socratico e satira menippea), fanno capo a un fondo folklorico. Si assisterebbe quindi a un processo di “romanzizzazione” dell’intero sistema dei generi letterari, i quali uscirebbero per così dire relativizzati dal confronto con la molteplicità di voci del nuovo genere cardine.
La visione bachtiniana della poetica storica dei generi letterari è assolutamente da prendere ancora in considerazione, ma piuttosto come il necessario punto di riavvio per una nuova sintesi teorica. Già da anni autori del calibro di Cesare Segre, per citare il maggiore, hanno dissotterrato «quello che Bachtin non ha detto» , ossia la presenza di un importante fondo dialogico già nelle testualità medievali. In modo assolutamente inatteso dall’ortodossia bachtiniana, lo stesso epos medievale (chansons de geste, cantares ecc) non sarebbe esente da una certa “carnevalizzazione” poi a fondamento del polifonismo del romanzo moderno . Di questo polifonismo, affidato abbiamo detto anche a certi testi epici, serve adesso ricostruire la dialettica storica immanente in modo più articolato: vale a dire scoprire le “infinite mediazioni”, le costellazioni testuali che costituiscono il serbatoio del polifonismo romanzesco oppure, da una prospettiva meno recisamente evoluzionistica, le poligenetiche testualizzazioni di quel cronotopo carnevalesco che Bachtin ha indicato alle radici del romanzo moderno.
La figura mediatrice più interessante in tal senso, se ne accorse già Gianni Celati , è probabilmente quella del “gigante buffone”, fuori dalla “linea di medietà” che caratterizza classicisticamente l’eroe nelle sue vesti più monologiche e precursore del personaggio “diviso”, non più soggetto all’ananke tragica e preso in quel «circolo senza soluzioni, o con soluzioni diverse tutte presenti» che è condizione per la rappresentabilità di uno stile d’identità realistico e pertanto flessibile . L’eroe-gigante è fra l’altro onnipervasivo in testualità e pratiche folkloriche almeno europee, e ciò conforta un punto cruciale della poetica storica di Bachtin che abbiamo in breve delineato, ossia la dipendenza del “romanzo polifonico” dalla cultura popolare medievale e rinascimentale.
Presenterò per prime due canzoni di gesta composte in francese antico fra XII e XIII secolo. Si tratta dei moniages (racconti di monacazione in articulo mortis) dell’eroe franco Guillaume d’Orange e del cognato Raynouard. Quanto più ci interessa in questa sede, e su questo ci concentreremo, è che i due protagonisti sono rappresentati come giganti diabolici, e di qui è fitta la messa in scena di abboffate appunto pantagrueliche; rappresentazioni che inoltre si danno come ideologema in una società egemonizzata (almeno a un livello ancora sovrastrutturale) da modelli di cultura aristocratici di ascendenza germanica, che alla capacità di ingurgitare grosse quantità di cibo e bevande assegnavano una posizione centrale . Modelli di cultura che, per di più, collidono con ambivalenza grottesca con la scelta monastica (e pertanto regolata) dei due eroi: e questo – fondamentalmente: la dialettica della parodia – è lo sfondo su cui può costituirsi la “coscienza infelice” e scissionale dei personaggi romanzeschi moderni (per lo meno, i migliori esemplari della specie). A riprova della vitalità dell’ideologema, si proporrà inoltre un confronto con le prime lasse dell’Orlandino (breve branche di un ciclo di canzoni di gesta del XIV secolo in lingua franco-italiana) dove il riconoscimento dell’eroe incognito passa precisamente dall’attestazione sociale della sua capacità di alimentarsi oltremisura. Passeremo quindi a considerare il primo cantare del Morgante di Luigi Pulci dove, analogamente al Moniage Guillaume, la conversione del gigante protagonista è risolta in una preliminare quête di vivande di cui il monastero necessita. Considereremo brevemente alcune sezioni del Gargantua et Pantagruel di Rabelais, in particolare il capitolo VIII del “livre premier” che ci consegna la vestizione del giovane Gargantua; si noteranno importanti rispondenze con i due moniages anticofrancesi. In conclusione, qualche parola sulla Storia naturale dei giganti di Ermanno Cavazzoni (2007) ci permetterà di trarre alcune parziali conclusioni sul rapporto fra gigantismo eroico, uno stile flessibile di identità e i modi della sua rappresentazione letteraria.
È opinione diffusa, e pertanto ingiudicata, che il cinema dell’orrore abbia le sue radici confitt... more È opinione diffusa, e pertanto ingiudicata, che il cinema dell’orrore abbia le sue radici confitte nella fiaba di magia. Ciò vale tanto più per la recente cosiddetta folk horror renaissance che sta vedendo alcuni cineasti di spicco (Guillermo del Toro, Na Hong-Jin, Robert Eggers, Ari Aster) alle prese con intrecci affatto aderenti a tale types tradizionali, o con il deliberato revival di motivi e temi narrativi già repertoriati dai folkloristi della scuola finnica fra otto e novecento. L’osmosi che esiste fra testo filmico orrorifico e fiaba di magia va, a mio vedere, al di là di analogie d’immaginario o riusi consapevoli al livello delle ‘grandezze variabili’ della narrazione; essa andrà piuttosto ricercata al livello delle ‘grandezze costanti’: in breve, della catena funzionale individuata da Vladimir Propp nel suo classico Morfologia della fiaba (1928) e quindi riesaminata dai semiologi fra Unione Sovietica (Scuola di Tartu), Francia (Greimas, Bremond) e Stati Uniti (Alan Dundes). Da questa prospettiva, se è vero che la sintagmatica della fiaba di magia trova rispondenza non casuale nel testo filmico orrorifico, è soprattutto necessario concentrarsi sulle latenze che esistono fra le due testualità, e quindi descrivere la sintagmatica specifica di ciascuna di esse. La mia ipotesi di lavoro è che questa stia nella messa in evidenza, nel testo orrorifico, della coppia funzionale ‘divieto-infrazione’; è quanto è già immediatamente patente fin dalla titolazione di alcuni film dell’orrore di grande successo: in modo particolarmente icastico almeno in Non aprite quella porta (com’è intitolato l’adattamento italiano di The Texas Chain Saw Massacre, Tob Hooper 1974) e Nobody sleeps in the wood tonight (titolo internazionale del polacco W lesie dziś nie zaśnie nikt, Kowalski 2020). Pure le riflessioni metatestuali che rintracciamo in certo cinema dell’orrore (Scream, The Cabin in the Woods, Behind the Mask) sembrano spingere con sicurezza nella medesima direzione. Mi propongo quindi di studiare un campione significativo di film dell’orrore, con ampia escursione diacronica e diatopica, per saggiare la tenuta della mia ipotesi. Sarà così possibile indicare, ancora una volta, come lo studio sintagmatico degli intrecci narrativi debba essere posto necessariamente alla base di una paradigmatica dei generi letterari scientificamente fondata.
Tra rito e mito: il Carnevale nella cultura europea. Convegno internazionale di studi interdiscip... more Tra rito e mito: il Carnevale nella cultura europea. Convegno internazionale di studi interdisciplinari e di letterature comparate, Firenze, 16-17 novembre 2020
Morgex, Rencontres de l'Archet, 10-15 settembre 2018
Conference Presentations by Giulio Martire
II Colloquio Internazionale dei Dottorandi in Studi Linguistici, Filologici, Letterari. 28-30 ott... more II Colloquio Internazionale dei Dottorandi in Studi Linguistici, Filologici, Letterari. 28-30 ottobre 2019 Università degli Studi di Macerata Lo snodo 'e' la svolta Permanenze, riemersioni e dialettica dei livelli di cultura nel testo Il testo è un organismo culturale in cui operano contemporaneamente individualità autoriale, rifrazioni di eventi storici passati o concomitanti, materiale archetipale e presenze folkloriche. Esso, come un organismo vivente, si nutre, trae linfa e si sviluppa necessariamente in un ambiente ideologico, culturale ed economico-sociale. Tuttavia, il testo si presenta come frutto unico e originale, momento individuale, quindi soggettivo, che dal susseguirsi dei momenti oggettivi si distacca spesso per svolte e salti, salti che implicano, secondo Lukács, un «mutamento qualitativo e strutturale dell'essere, dove la fase iniziale contiene certamente in sé determinate premesse e possibilità delle fasi successive e superiori, ma queste non possono svilupparsi da quella secondo una semplice e rettilinea continuità» (Lukács, Ontologia dell'essere sociale, 1973). Il testo si trova dunque necessariamente inscritto nel terreno in cui si attualizzano le possibilità determinate dall'intreccio di culture, possibilità che, a loro volta, sono prodotte dalla varia dialettica dei rapporti culturali individuabili nel testo. Queste tensioni simultanee e queste dinamiche testuali, che l'ermeneutica individua a diverse profondità e con un diverso tasso di integrazione, vengono talvolta ricombinate in forme consuete, in sostanziale continuità con le tradizioni preesistenti. Viceversa, in quelli che Nicolò Pasero definisce «testi-snodo», la ricezione e la riscrittura di elementi tradizionali avvengono in forme nuove, con inedita creatività, di modo che essi vengono quindi a rappresentare «dal punto di vista della storia della cultura, dei momenti di svolta, da cui può riprendere lo slancio il movimento dei rapporti fra i vari livelli culturali, confermando la vitalità di tutte le componenti coinvolte» (Pasero, Unicità e pluralità della cultura folklorica medievale, 2009). Scopo del Colloquio Interdisciplinare Lo snodo 'e' la svolta, dunque, è riflettere sulla permanenza e l'affioramento, così come pure sulla riattivazione, di temi di tradizione colta o popolare, in precise congiunture storiche e nel testo: quest'ultimo sarà di conseguenza inteso nella
Staff della rivista by Giulio Martire
by POLYTHESIS. Filologia, interpretazione e teoria della letteratura, Teodoro Patera, Martina Di Febo, Sandra Gorla, Giulio Martire, Mara Calloni, Flavia Sciolette, Annalisa Giulietti, Mauro de Socio, Gloria Zitelli, Franca Sinopoli, Christian Rivoletti, Riccardo Castellana, Stefano Rapisarda, Cristina Di Maio, Giulia Perosa, Sara Gregori, Carla Cucina, Salvador Spadaro, and Flavia Garlini
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Papers by Giulio Martire
A partire da alcune riflessioni critiche sulle Note sul personaggio nelle leggende germaniche di F. de Saussure, propongo uno studio del personaggio di Guillaume d’Orange nel suo ‘salto’ dalle chansons de geste del XII secolo ai più tardi testi in prosa italiano (Andrea da Barberino, Storie Nerbonesi) e francese (roman de Guillaume d’Orange). Al centro delle comparazioni saranno quegli episodi a forte vocazione dialogica che costellano i poemi antico francesi e saranno invece soggetti a una più o meno intensa razionalizzazione nei ‘corrispettivi’ quattrocenteschi. Infine, si cercherà di collocare quest’ordine di osservazioni sul personaggio in un quadro complessivo di poetica storica.
This essay, divided into two paragraphs, offers a critical examination of the recent book La fiaba. Morfologia, antropologia e storia by Glauco Sanga. The first paragraph, which presents the volume, is followed by a detailed exploration of its narratological section, in which Sanga proposes a revision of Vladimir Ja. Propp’s Morphology of the Folktale (1928). The result is a well-thought-out model, which, however, misses the target if compared to previous literature; particularly to Eleazar M. Meletinskij et alii, Problems of the structural analysis of fairytales (1969), which makes a similar suggestion that is, however, enriched as it engages with some of the masters of the Structural approach (Lévi-Strauss, Greimas). Then the elements common to both models are identified; from here, the narratological notion of ‘test’ is outlined.
This essay, divided into two parts, studies the papers presented by Italian scholars at the conferences of the Société Rencesvals (1955-2015). In this way we can appreciate – by induction – the guidelines of Italian studies on medieval epics, and then connect them – by deduction – to the great themes of the humanistic research field from the past 60 years.
Here, in the second part, we shall concentrate on the 2015 Rome Conference, and follow the research axes that are still active in Italy through a study of the PhD theses dedicated to romance medieval epics in the course of the past 10 years.
This essay, divided into two parts, studies the papers presented by Italian scholars at the conferences of the Société Rencesvals (1959-2015). In this way we will be able to appreciate the guidelines of Italian studies on medieval epics, and connect them to the great themes of the humanistic research field from the past 60 years. Finally, we shall follow the research axes that are still active in Italy through a study of the PhD theses dedicated to romance medieval epics in the course of the past 10 years.
O imagine mia celeste e pura, di cui verrà ineditamente evidenziato il legame con la canzone Meravigliosa-mente di Giacomo da Lentini e con Lancan folhon bosc e jarric di Bernart de Ventadorn. Verrà, più nello specifi co, analizzata la varia lectio delle rime del Bembo, osservando nel dettaglio così il processo di petrarchizzazione della sua produzione letteraria dal manoscritto d’autore, fino all’ultima redazione (R2). A una sempre più stretta e scoperta attinenza alla voce del Petrarca conseguirà infatti una sempre più evidente rinuncia al recupero delle memorie trobadoriche e della lirica delle origini. Le analisi saranno sostanziate da precisi riferimenti agli ambienti frequentati dal Bembo e ai più recenti studi sui manoscritti effettivamente presenti nella “biblioteca” dell’autore.
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Talks by Giulio Martire
La visione bachtiniana della poetica storica dei generi letterari è assolutamente da prendere ancora in considerazione, ma piuttosto come il necessario punto di riavvio per una nuova sintesi teorica. Già da anni autori del calibro di Cesare Segre, per citare il maggiore, hanno dissotterrato «quello che Bachtin non ha detto» , ossia la presenza di un importante fondo dialogico già nelle testualità medievali. In modo assolutamente inatteso dall’ortodossia bachtiniana, lo stesso epos medievale (chansons de geste, cantares ecc) non sarebbe esente da una certa “carnevalizzazione” poi a fondamento del polifonismo del romanzo moderno . Di questo polifonismo, affidato abbiamo detto anche a certi testi epici, serve adesso ricostruire la dialettica storica immanente in modo più articolato: vale a dire scoprire le “infinite mediazioni”, le costellazioni testuali che costituiscono il serbatoio del polifonismo romanzesco oppure, da una prospettiva meno recisamente evoluzionistica, le poligenetiche testualizzazioni di quel cronotopo carnevalesco che Bachtin ha indicato alle radici del romanzo moderno.
La figura mediatrice più interessante in tal senso, se ne accorse già Gianni Celati , è probabilmente quella del “gigante buffone”, fuori dalla “linea di medietà” che caratterizza classicisticamente l’eroe nelle sue vesti più monologiche e precursore del personaggio “diviso”, non più soggetto all’ananke tragica e preso in quel «circolo senza soluzioni, o con soluzioni diverse tutte presenti» che è condizione per la rappresentabilità di uno stile d’identità realistico e pertanto flessibile . L’eroe-gigante è fra l’altro onnipervasivo in testualità e pratiche folkloriche almeno europee, e ciò conforta un punto cruciale della poetica storica di Bachtin che abbiamo in breve delineato, ossia la dipendenza del “romanzo polifonico” dalla cultura popolare medievale e rinascimentale.
Presenterò per prime due canzoni di gesta composte in francese antico fra XII e XIII secolo. Si tratta dei moniages (racconti di monacazione in articulo mortis) dell’eroe franco Guillaume d’Orange e del cognato Raynouard. Quanto più ci interessa in questa sede, e su questo ci concentreremo, è che i due protagonisti sono rappresentati come giganti diabolici, e di qui è fitta la messa in scena di abboffate appunto pantagrueliche; rappresentazioni che inoltre si danno come ideologema in una società egemonizzata (almeno a un livello ancora sovrastrutturale) da modelli di cultura aristocratici di ascendenza germanica, che alla capacità di ingurgitare grosse quantità di cibo e bevande assegnavano una posizione centrale . Modelli di cultura che, per di più, collidono con ambivalenza grottesca con la scelta monastica (e pertanto regolata) dei due eroi: e questo – fondamentalmente: la dialettica della parodia – è lo sfondo su cui può costituirsi la “coscienza infelice” e scissionale dei personaggi romanzeschi moderni (per lo meno, i migliori esemplari della specie). A riprova della vitalità dell’ideologema, si proporrà inoltre un confronto con le prime lasse dell’Orlandino (breve branche di un ciclo di canzoni di gesta del XIV secolo in lingua franco-italiana) dove il riconoscimento dell’eroe incognito passa precisamente dall’attestazione sociale della sua capacità di alimentarsi oltremisura. Passeremo quindi a considerare il primo cantare del Morgante di Luigi Pulci dove, analogamente al Moniage Guillaume, la conversione del gigante protagonista è risolta in una preliminare quête di vivande di cui il monastero necessita. Considereremo brevemente alcune sezioni del Gargantua et Pantagruel di Rabelais, in particolare il capitolo VIII del “livre premier” che ci consegna la vestizione del giovane Gargantua; si noteranno importanti rispondenze con i due moniages anticofrancesi. In conclusione, qualche parola sulla Storia naturale dei giganti di Ermanno Cavazzoni (2007) ci permetterà di trarre alcune parziali conclusioni sul rapporto fra gigantismo eroico, uno stile flessibile di identità e i modi della sua rappresentazione letteraria.
Conference Presentations by Giulio Martire
Staff della rivista by Giulio Martire
A partire da alcune riflessioni critiche sulle Note sul personaggio nelle leggende germaniche di F. de Saussure, propongo uno studio del personaggio di Guillaume d’Orange nel suo ‘salto’ dalle chansons de geste del XII secolo ai più tardi testi in prosa italiano (Andrea da Barberino, Storie Nerbonesi) e francese (roman de Guillaume d’Orange). Al centro delle comparazioni saranno quegli episodi a forte vocazione dialogica che costellano i poemi antico francesi e saranno invece soggetti a una più o meno intensa razionalizzazione nei ‘corrispettivi’ quattrocenteschi. Infine, si cercherà di collocare quest’ordine di osservazioni sul personaggio in un quadro complessivo di poetica storica.
This essay, divided into two paragraphs, offers a critical examination of the recent book La fiaba. Morfologia, antropologia e storia by Glauco Sanga. The first paragraph, which presents the volume, is followed by a detailed exploration of its narratological section, in which Sanga proposes a revision of Vladimir Ja. Propp’s Morphology of the Folktale (1928). The result is a well-thought-out model, which, however, misses the target if compared to previous literature; particularly to Eleazar M. Meletinskij et alii, Problems of the structural analysis of fairytales (1969), which makes a similar suggestion that is, however, enriched as it engages with some of the masters of the Structural approach (Lévi-Strauss, Greimas). Then the elements common to both models are identified; from here, the narratological notion of ‘test’ is outlined.
This essay, divided into two parts, studies the papers presented by Italian scholars at the conferences of the Société Rencesvals (1955-2015). In this way we can appreciate – by induction – the guidelines of Italian studies on medieval epics, and then connect them – by deduction – to the great themes of the humanistic research field from the past 60 years.
Here, in the second part, we shall concentrate on the 2015 Rome Conference, and follow the research axes that are still active in Italy through a study of the PhD theses dedicated to romance medieval epics in the course of the past 10 years.
This essay, divided into two parts, studies the papers presented by Italian scholars at the conferences of the Société Rencesvals (1959-2015). In this way we will be able to appreciate the guidelines of Italian studies on medieval epics, and connect them to the great themes of the humanistic research field from the past 60 years. Finally, we shall follow the research axes that are still active in Italy through a study of the PhD theses dedicated to romance medieval epics in the course of the past 10 years.
O imagine mia celeste e pura, di cui verrà ineditamente evidenziato il legame con la canzone Meravigliosa-mente di Giacomo da Lentini e con Lancan folhon bosc e jarric di Bernart de Ventadorn. Verrà, più nello specifi co, analizzata la varia lectio delle rime del Bembo, osservando nel dettaglio così il processo di petrarchizzazione della sua produzione letteraria dal manoscritto d’autore, fino all’ultima redazione (R2). A una sempre più stretta e scoperta attinenza alla voce del Petrarca conseguirà infatti una sempre più evidente rinuncia al recupero delle memorie trobadoriche e della lirica delle origini. Le analisi saranno sostanziate da precisi riferimenti agli ambienti frequentati dal Bembo e ai più recenti studi sui manoscritti effettivamente presenti nella “biblioteca” dell’autore.
La visione bachtiniana della poetica storica dei generi letterari è assolutamente da prendere ancora in considerazione, ma piuttosto come il necessario punto di riavvio per una nuova sintesi teorica. Già da anni autori del calibro di Cesare Segre, per citare il maggiore, hanno dissotterrato «quello che Bachtin non ha detto» , ossia la presenza di un importante fondo dialogico già nelle testualità medievali. In modo assolutamente inatteso dall’ortodossia bachtiniana, lo stesso epos medievale (chansons de geste, cantares ecc) non sarebbe esente da una certa “carnevalizzazione” poi a fondamento del polifonismo del romanzo moderno . Di questo polifonismo, affidato abbiamo detto anche a certi testi epici, serve adesso ricostruire la dialettica storica immanente in modo più articolato: vale a dire scoprire le “infinite mediazioni”, le costellazioni testuali che costituiscono il serbatoio del polifonismo romanzesco oppure, da una prospettiva meno recisamente evoluzionistica, le poligenetiche testualizzazioni di quel cronotopo carnevalesco che Bachtin ha indicato alle radici del romanzo moderno.
La figura mediatrice più interessante in tal senso, se ne accorse già Gianni Celati , è probabilmente quella del “gigante buffone”, fuori dalla “linea di medietà” che caratterizza classicisticamente l’eroe nelle sue vesti più monologiche e precursore del personaggio “diviso”, non più soggetto all’ananke tragica e preso in quel «circolo senza soluzioni, o con soluzioni diverse tutte presenti» che è condizione per la rappresentabilità di uno stile d’identità realistico e pertanto flessibile . L’eroe-gigante è fra l’altro onnipervasivo in testualità e pratiche folkloriche almeno europee, e ciò conforta un punto cruciale della poetica storica di Bachtin che abbiamo in breve delineato, ossia la dipendenza del “romanzo polifonico” dalla cultura popolare medievale e rinascimentale.
Presenterò per prime due canzoni di gesta composte in francese antico fra XII e XIII secolo. Si tratta dei moniages (racconti di monacazione in articulo mortis) dell’eroe franco Guillaume d’Orange e del cognato Raynouard. Quanto più ci interessa in questa sede, e su questo ci concentreremo, è che i due protagonisti sono rappresentati come giganti diabolici, e di qui è fitta la messa in scena di abboffate appunto pantagrueliche; rappresentazioni che inoltre si danno come ideologema in una società egemonizzata (almeno a un livello ancora sovrastrutturale) da modelli di cultura aristocratici di ascendenza germanica, che alla capacità di ingurgitare grosse quantità di cibo e bevande assegnavano una posizione centrale . Modelli di cultura che, per di più, collidono con ambivalenza grottesca con la scelta monastica (e pertanto regolata) dei due eroi: e questo – fondamentalmente: la dialettica della parodia – è lo sfondo su cui può costituirsi la “coscienza infelice” e scissionale dei personaggi romanzeschi moderni (per lo meno, i migliori esemplari della specie). A riprova della vitalità dell’ideologema, si proporrà inoltre un confronto con le prime lasse dell’Orlandino (breve branche di un ciclo di canzoni di gesta del XIV secolo in lingua franco-italiana) dove il riconoscimento dell’eroe incognito passa precisamente dall’attestazione sociale della sua capacità di alimentarsi oltremisura. Passeremo quindi a considerare il primo cantare del Morgante di Luigi Pulci dove, analogamente al Moniage Guillaume, la conversione del gigante protagonista è risolta in una preliminare quête di vivande di cui il monastero necessita. Considereremo brevemente alcune sezioni del Gargantua et Pantagruel di Rabelais, in particolare il capitolo VIII del “livre premier” che ci consegna la vestizione del giovane Gargantua; si noteranno importanti rispondenze con i due moniages anticofrancesi. In conclusione, qualche parola sulla Storia naturale dei giganti di Ermanno Cavazzoni (2007) ci permetterà di trarre alcune parziali conclusioni sul rapporto fra gigantismo eroico, uno stile flessibile di identità e i modi della sua rappresentazione letteraria.