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Il saggio ripercorre la genesi e ricostruisce la linea editoriale del "Messaggero della domenica", il supplemento letterario del "Messaggero" di Roma nato nel maggio del 1918 e pubblicato fino al giugno... more
Il saggio ripercorre la genesi e ricostruisce la linea editoriale del "Messaggero della domenica", il supplemento letterario del "Messaggero" di Roma nato nel maggio del 1918 e pubblicato fino al giugno del 1919. Diretto (in gran segreto...) da Luigi Pirandello, il foglio era curato da altri due importanti scrittori degli anni Dieci: Pier Maria Rosso di San Secondo e Federigo Tozzi. In Appendice, alcuni scritti attribuibili a Tozzi e gli indici del giornale. Questo saggio è apparso nel volume miscellaneo "Tozzi tra filologia e critica", a cura di R. Luperini e R. Castellana, Manni, Lecce 2003, pp. 111-184.
Il saggio prende le mosse dalla distinzione tipologica tra il tema dell’oblio e quello dell’amnesia, riconducendo la genesi del secondo nell’alveo della modernità novecentesca e, più precisamente, all’evento traumatico della Grande... more
Il saggio prende le mosse dalla distinzione tipologica tra il tema dell’oblio e quello dell’amnesia, riconducendo la genesi del secondo nell’alveo della modernità novecentesca e, più precisamente, all’evento traumatico della Grande guerra. Successivamente, attraverso la lettura di alcuni testi chiave di Rebecca West, Jean Giraudoux, Jean Anouilh e Luigi Pirandello, viene ripercorsa la storia del personaggio amnesico nella letteratura del primo Novecento e viene proposta una interpretazione della sua funzione nelle trame narrative e nell’immaginario di quegli anni. The essay starts from the typological distinction between the themes of oblivion and amnesia, bringing back the genesis of literary amnesia within the twentieth-century modernity and, more specifically, to the traumatic event of World War I. Subsequently, by reading some key texts of Rebecca West, Jean Giraudoux, Jean Anouilh and Luigi Pirandello, I try to retrace the history of the amnesic character in early twentieth century literature and give an interpretation of its function in the narrative plots and in the imaginary of those years. NB: Questo è solo un estratto con le prime pagine dell'articolo. La versione completa può essere scaricata dal sito dell'editore (www.allegoriaonline.it).
Saggio pubblicato in «La punta di diamante di tutta la sua opera». Sulla novellistica di Federigo Tozzi, Atti del convegno di Perugia, 14-15 novembre 2012, a cura di M. Tortora, Morlacchi editore U. P., Perugia, 2014, pp. 35-70.
... è un quadro famoso di Magritte, che rappre-senta una pipa e che contiene la scritta «Ceci n'est pas une pipe»: per negare l ... l'elencazione negativa breve ha funzio-ne diegetica o drammatica, la figura... more
... è un quadro famoso di Magritte, che rappre-senta una pipa e che contiene la scritta «Ceci n'est pas une pipe»: per negare l ... l'elencazione negativa breve ha funzio-ne diegetica o drammatica, la figura retorico-sintattica di cui mi sto occupando ha invece, di solito, una vocazione ...
Prime pagine del saggio pubblicato nel volume L’AMOROSA INCHIESTA
Studi di letteratura per Sergio Zatti, a cura di Stefano Brugnolo, Ida Campeggiani e Luca Danti, Cesati, Firenze, 2020
Articolo uscito sul Corriere della Sera del 10 maggio 2020 sulla novella Alla salute! (1917) di Pirandello, mai raccolta in volume.
Sommario Immagine Riflessa 2018
Su L'amica geniale di Elena Ferrante e la serie TV omonima trasmessa dalla RAI nel 2018. ll pezzo è apparso su "Le parole e le cose" nel mese di febbraio 2019. Lo ripubblico con la correzione di alcuni refusi.
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L'articolo esamina la traduzione settecentesca delle Fables di John Gay ad opera dell'abate veneziano Gianfrancesco Giorgetti .
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Il saggio prende le mosse dalla distinzione tipologica tra il tema dell’oblio e quello dell’amnesia, riconducendo la genesi del secondo nell’alveo della modernità novecentesca e, più precisamente, all’evento traumatico della Grande... more
Il saggio prende le mosse dalla distinzione tipologica tra il tema dell’oblio e quello dell’amnesia, riconducendo la genesi del secondo nell’alveo della modernità novecentesca e, più precisamente, all’evento traumatico della Grande guerra. Successivamente, attraverso la lettura di alcuni testi chiave di Rebecca West, Jean Giraudoux, Jean Anouilh e Luigi Pirandello, viene ripercorsa la storia del personaggio amnesico nella letteratura del primo Novecento e viene proposta una interpretazione della sua funzione nelle trame narrative e nell’immaginario di quegli anni.

The essay starts from the typological distinction between the themes of oblivion and amnesia, bringing back the genesis of literary amnesia within the twentieth-century modernity and, more specifically, to the traumatic event of World War I. Subsequently, by reading some key texts of Rebecca West, Jean Giraudoux, Jean Anouilh and Luigi Pirandello, I try to retrace the history of the amnesic character in early twentieth century literature and give an interpretation of its function in the narrative plots and in the imaginary of those years.

NB: Questo è solo un estratto con le prime pagine dell'articolo. La versione completa può essere scaricata dal sito dell'editore (www.allegoriaonline.it).
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Tedesco di origine ebraica nato a Berlino nel 1892, Erich Auerbach scrisse il suo capolavoro, Mimesis, negli anni tragici della seconda guerra mondiale, dall’esilio di Istanbul, dove aveva fortunosamente trovato rifugio con la famiglia... more
Tedesco di origine ebraica nato a Berlino nel 1892, Erich Auerbach scrisse il suo capolavoro, Mimesis, negli anni tragici della seconda guerra mondiale, dall’esilio di Istanbul, dove aveva fortunosamente trovato rifugio con la famiglia dalle persecuzioni naziste per insegnare filologia romanza nell’università. Nella generale penuria di libri occidentali, poté tuttavia consultare ripetutamente la Patrologia latina del Migne nella Biblioteca del convento domenicano di San Pietro in Galata, grazie al permesso del nunzio apostolico di allora, Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII. Morì negli Stati Uniti nel ’57, esattamente lo stesso anno in cui Northrop Frye pubblicava il suo, di capolavoro, quell’Anatomia della critica destinata a diventare il punto di riferimento per molti teorici e comparatisti d’oltreoceano. Nato nel 1912, e dunque di una ventina d’anni più giovane di Auerbach, Frye ha la fortuna di crescere  nel pacifico e opulento Canada e poi di formarsi nei prestigiosi college di Oxford; compie tra l’altro studi di filosofia e di teologia, divenendo ministro della Chiesa canadese nel 1939. Il grande codice, il libro su cui mi soffermerò maggiormente in questa conversazione, esce nel 1982, nove anni prima della morte dello studioso.
Difficile immaginare due personalità critiche più diverse. Auerbach, erede del grande storicismo tedesco, privilegia nel suo metodo la discontinuità e la rottura, e valorizza le partizioni di medio-lungo periodo; figlio sui generis della grande famiglia della critica stilistica, prende spunto nelle sue analisi dai fatti di stile ma poi dal particolare risale all’universale misurandosi con le grandi categorie della storia della cultura; diffida delle astrazioni e in Mimesis affronta lo stesso concetto di “realismo” non come un dato ontologico ma come qualcosa che si chiarisce ed assume una forma percepibile solo nel divenire storico. Frye, invece, adotta il procedimento esattamente inverso: dall’universale scende al particolare rintracciando le prove della continuità e persistenza nel tempo di alcuni grandi archetipi universali desunti a priori; trascura, spesso, la filologia e concepisce la storia letteraria come un’attività secondaria, subordinata alla deduzione di quelli che lui chiama “modi”, ed è al contrario di Auerbach di una puntigliosità certosina nel disegnare schemi, classificazioni e tabelle; concede ben poco all’analisi dello stile e assume di preferenza l’elemento tematico e antropologico come centro della sua riflessione. La sua curiosità per i fatti più diversi della cultura è tale da rendere vana ogni definizione sintetica del suo metodo. Ha ragione, probabilmente, Remo Ceserani quando scrive che in lui umanesimo tradizionalista e tendenza quasi spericolata all’innovazione radicale ed estrema convivono in modi che possono apparire persino contraddittori.
Difficile immaginare due personalità più distanti, dicevo, eppure, un confronto appare non solo possibile, ma direi quasi inevitabile; perché sia Auerbach che Frye sono stati probabilmente (insieme, forse, a René Girard) gli unici critici letterari di statura internazionale del Novecento che abbiano fatto i conti davvero con la Bibbia: entrambi hanno visto nelle Sacre scritture, per motivi in parte simili e in parte diversi, come vedremo, il più influente incunabolo della letteratura occidentale, e ne hanno indagato l’eredità non tanto sul piano dei contenuti dottrinali (che è il terreno della teologia e della storia delle religioni), ma su quello delle forme narrative e simboliche. Per entrambi la Bibbia è in primo luogo narrazione, mythos, e modello di altre narrazioni. E per entrambi il problema centrale è costituito da una parte dallo stile e dall’altra dal carattere “figurale” della narrazione biblica.
Auerbach pone particolare attenzione al dato stilistico e colloca, soprattutto per questo motivo, il testo biblico alle origini del realismo moderno. Quanto al figuralismo, esso è considerato dal filologo tedesco come un fenomeno di storia della ricezione del testo biblico e più esattamente come un momento di svolta dell’esegesi patristica, e dunque come elemento-chiave per comprendere l’intera cultura tardoantica e medievale, e non solo sulla produzione intellettuale di carattere strettamente religioso. Frye, al contrario, concentra la sua argomentazione sul versante dell’immaginario e sul carattere simbolico-archetipico della “figura”, e quindi sulla figuralità della trama. Anche il critico canadese scorge nel figuralismo l’aspetto qualificante del testo biblico, ma a differenza di Auerbach lo vede agire nel testo e non nell’interpretazione, ipotizzando una dimensione figurale, diciamo così, “immanente” alla Bibbia, presente in re e non limitata all’esegesi cristiana. Cosicché, il carattere tipologico delle singole figure che compongono l’immaginario biblico, così come il carattere tipologico della trama del racconto biblico, sono da lui considerate, diversamente da Auerbach, come elementi oggettivi e non come risultati di una appropriazione culturale. Infine, nel Grande codice, si fa solo occasionalmente menzione di quanto la Bibbia presterà alla letteratura futura: di fatto, l’affermazione blakeiana da cui è ricavato il titolo del libro («The Old and the New Testaments are the Great Code of Art») non è affatto dimostrata, o è dimostrata a un livello che non è quello dell’arte o della letteratura ma quelle delle categorie conoscitive (e in particolare per ciò che concerne la nuova nozione di temporalità inaugurata dal testo biblico).

NB: questo file contiene solamente le pagine iniziali del saggio.
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Biofiction is a “palimpsest”, a story that someone has re-written on the basis of a true (or at least possible) biography. When we read such a text we generally assume that the narrated facts (and thoughts) are true, or at least likely,... more
Biofiction is a “palimpsest”, a story that someone has re-written on the basis of a true (or at least possible) biography. When we read such a text we generally assume that the narrated facts (and thoughts) are true, or at least likely, plausible, in spite of the fictional presentation of them, but after postmodernism, the distinction between referentiality and fictionality has become more  problematic. Over the last 15 years, nevertheless, a new generation of Italian writers seems to handle the problem of referentiality much more carefully than postmodern authors, and  in the hypermodernist biofiction the role of the “mechanic reader” seems to be extremely important.
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Negli scritti di Sebastiano Timpanaro, e soprattutto in quelli leopardiani, il sapere del filologo accetta sempre di misurarsi con problemi estranei alla filologia; non in nome di fatui e periodici richiami al rinnovamento disciplinare,... more
Negli scritti di Sebastiano Timpanaro, e soprattutto in quelli leopardiani,  il sapere del filologo accetta sempre di misurarsi con problemi estranei alla filologia; non in nome di fatui e periodici richiami al rinnovamento disciplinare, ma perché, prima ancora delle costruzioni accademiche chiamate “discipline”, esistono, appunto,  i “problemi”, ed il compito dell’intellettuale  è quello di misurarsi con essi.
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Il saggio esamina preliminarmente la produzione saggistica internazionale sulla biografia finzionale (biofiction), privilegiando il dibattito francese e nordamericano e individuando i principali problemi teorici e storiografici di questo... more
Il saggio esamina preliminarmente la produzione saggistica internazionale sulla biografia finzionale (biofiction),
privilegiando il dibattito francese e nordamericano e individuando i principali problemi teorici e storiografici di
questo genere ibrido (il concetto di fiction e la sua relazione con il discorso fattuale, le genealogie e le funzioni
della biofiction, i rapporti con la cultura postmoderna). Nelle pagine successive è proposta una tipologia su
base narratologica e quindi è discusso il problema della referenzialità. Il saggio si chiude con l’analisi di alcune
biofiction italiane postmoderne e ipermoderne.
****
The paper gives a preliminary examination of the international essayistic production about fictional
biography (biofiction), with a particular focus on French and North American debates, and try to identifies
some main theoretical and historiographical problems connected with this hybrid genre (e.g. the concept
of fiction and its relation with factual discourse, genealogies and functions of the biofiction, relations with
postmodern culture). Subsequently, the essay proposes a typology on the basis of narratological criteria,
and then deals with the problem of referentiality. The paper ends with the analysis of some
postmodernist and hypermodernist Italian biofictions.
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Saggio pubblicato in «La punta di diamante di tutta la sua opera». Sulla novellistica di Federigo Tozzi, Atti del convegno di Perugia, 14-15 novembre 2012, a cura di M. Tortora, Morlacchi editore U. P., Perugia, 2014, pp. 35-70.
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Cinque buoni motivi, seri e meno seri, per leggere un capolavoro del Novecento italiano.
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And 16 more

Review of Françoise Lavocat, Fait et fiction. Pour une frontière (Italian edition: Fatto e finzione. Per una frontiera, Roma, Del Vecchio Editore, 2021, 756 pp.). In Polythesis, I, 2.... more
Review of Françoise Lavocat, Fait et fiction. Pour une frontière (Italian edition: Fatto e finzione. Per una frontiera, Roma, Del Vecchio Editore, 2021, 756 pp.).
In Polythesis, I, 2. http://riviste.unimc.it/index.php/polythesis/issue/view/141/showToc
Recensione a C. Crocco, La poesia italiana del Novecento. Il canone e le interpretazioni, Milano, Carocci, 2015, in «Per Leggere», XV, 29, 2015, pp. 197-199.
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Programma del convegno (Siena, 17-18 ottobre 2022)
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Intorno all’opera di Federigo Tozzi : traduzioni, studi, ricezione in
Francia, Giornata di studi, Università Paris Nanterre, venerdì 29 gennaio 2021
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Ritorni alla realtà. Il realismo nella letteratura italiana novecentesca e contemporanea/ Zurück zur Wirklichkeit. Rekurrenzen des Realismus in der italienischen Literatur des 20. und 21. Jahrhunderts Ort: Konstanz Beginn: 2014-10-16... more
Ritorni alla realtà. Il realismo nella letteratura italiana novecentesca e contemporanea/ Zurück zur Wirklichkeit. Rekurrenzen des Realismus in der italienischen Literatur des 20. und 21. Jahrhunderts
Ort: Konstanz

Beginn: 2014-10-16

Ende: 2014-10-18

URL: http://www.litwiss.uni-konstanz.de/fachgruppen/romanistik/
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Esiste una critica antropologica della letteratura? Se sì, quali sono i suoi scopi e i suoi metodi? E quali prospettive può offrire, oggi, a una storia letteraria in crisi di identità? Il volume risponde a queste domande confrontandosi... more
Esiste una critica antropologica della letteratura? Se sì, quali sono i suoi scopi e i suoi metodi? E quali prospettive può offrire, oggi, a una storia letteraria in crisi di identità? Il volume risponde a queste domande confrontandosi con l’opera di Giovanni Verga, l’autore che più di ogni altro, in Italia, ha suscitato l’interesse di demologi e antropologi, e che più spesso ha costretto la critica a interrogarsi sul rapporto tra realtà e finzione narrativa. Centro indiscusso di Vita dei campi e dei Malavoglia (che insieme a Mastro-don Gesualdo sono oggetto di questo studio), il mondo “altro” della cultura popolare, così come la dialettica fra tradizione e modernità che lo attraversa, non è solo un contenuto, ma anche ciò che dà forma a una rappresentazione “emica”, ottenuta grazie agli artifici di regressione e di straniamento. La tesi del volume è che con Verga la letteratura italiana abbia conosciuto una vera e propria svolta antropologica, i cui ultimi effetti si sarebbero visti con Pasolini e Calvino. Ai due estremi di questo percorso quasi secolare stanno, da un lato, la nascita della demologia come scienza e la diffusione di una cultura antropologica negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento e, dall’altro, la morte dell’ethnos e la fine della civiltà contadina, avvenuta verso la metà del Novecento.
[Qui solo l'Introduzione. Per una scheda completa di indice: http://www.carocci.it/index.php?option=com_carocci&task=schedalibro&Itemid=72&isbn=9788829017300]
La centralità di Montale nella storia della poesia italiana è dovuta alla capacità di acquisire elementi tematici e formali della tradizione rielaborandoli in un linguaggio nuovo. L’esperienza di un autore che ha attraversato il Novecento... more
La centralità di Montale nella storia della poesia italiana è dovuta alla capacità di acquisire elementi tematici e formali della tradizione rielaborandoli in un linguaggio nuovo. L’esperienza di un autore che ha attraversato il Novecento letterario diventandone spartiacque e insieme punto di riferimento ineludibile è indagata in questo volume da 14 studiosi che si misurano in una ricognizione globale di testi e questioni aggiornata alle più recenti acquisizioni: da Ossi di seppia agli ultimi libri di poesie degli anni ’70, alle prose narrative; e quindi, trasversalmente, dai nodi filologici alle specifiche linguistiche e metriche, dal rapporto con gli antichi (Dante in testa) e coi contemporanei (in Italia e fuori d’Italia) all’immensa produzione critica, sino al confronto fecondo con le arti figurative e con la musica.
La biofiction è un genere moderno. Nata con le Vies imaginaires di Marcel Schwob alla fine dell’Ottocento, è letteralmente esplosa negli ultimi decenni, anche grazie all’idea (tipicamente postmoderna) secondo cui non sarebbe più... more
La biofiction è un genere moderno. Nata con le Vies imaginaires di Marcel
Schwob alla fine dell’Ottocento, è letteralmente esplosa negli ultimi decenni,
anche grazie all’idea (tipicamente postmoderna) secondo cui non sarebbe
più possibile, oggi, una distinzione netta tra fact e fiction. Nella prima parte
del libro viene delineata una teoria narratologica della finzione biografica
che dimostra, tra l’altro, come la finzionalità di un testo narrativo non
dipenda necessariamente dal dire cose non vere, ma piuttosto dall’adozione
di particolari modalità enunciative o pragmatiche. La seconda parte, invece,
traccia una breve storia comparata del genere, raccontandone la lenta
emancipazione dal romanzo storico, valorizzando il carattere fondativo
di alcuni modelli (Io, Claudio di Robert Graves, Memorie di Adriano di
Marguerite Yourcenar, La morte di Virgilio di Hermann Broch) e seguendo gli
sviluppi più recenti nella letteratura francofona (Michon, Mertens, Carrère,
Echenoz) e anglofona (Burgess, Coetzee). Un rilievo particolare viene dato,
per la prima volta, alle scritture biofinzionali italiane, da Antonio Tabucchi e
Claudio Magris a Michele Mari, Nanni Balestrini, Bruno Arpaia, Alessandro
Zaccuri, Tommaso Pincio, Davide Orecchio, Antonio Scurati e altri.
Il libro propone una nuova interpretazione di Pirandello, che sfida i luoghi comuni del pirandellismo in un’ottica comparata e attenta alla concretezza dei testi. Ogni capitolo parte da un elemento estremamente concreto: un ricamo... more
Il libro propone una nuova interpretazione di Pirandello, che sfida i luoghi comuni del pirandellismo in un’ottica comparata e attenta alla concretezza dei testi. Ogni capitolo parte da un elemento estremamente concreto: un ricamo nascosto nella trama del Fu Mattia Pascal, un motivo libero che rivela, en abîme, aspetti centrali di un romanzo ancora poco letto come i Quaderni di Serafino Gubbio operatore, la genesi di un tema tipicamente novecentesco come quello dell’amnesia, oppure un procedimento formale (la narrazione simultanea) da un secolo in qua sotto gli occhi di tutti ma a cui nessuno aveva prestato attenzione, come la lettera rubata di Poe. È a partire da questi spunti, e dalla loro interpretazione, che si offre al lettore un’idea complessiva del modernismo pirandelliano: per comprendere meglio l’opera di questo grande scrittore nel quadro della letteratura europea della prima metà del Novecento, ma anche per mostrane l’attualità nel tempo presente.
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Unendo tradizione e talento individuale, Federigo Tozzi ‒ accanto a Pirandello e Svevo, il più grande narratore del primo Novecento italiano ‒ ha tratto dalla vita di provincia un’epica del quotidiano, moderna e internazionale. Questa è... more
Unendo tradizione e talento individuale, Federigo Tozzi ‒ accanto a Pirandello e Svevo, il più grande narratore del primo Novecento italiano ‒ ha tratto dalla vita di provincia un’epica del quotidiano, moderna e internazionale. Questa è la ragione di un libro dedicato
non solo alla multidisciplinare cultura europea dello scrittore senese, ma anche alle convergenze, talora sorprendenti, con le arti e i grandi autori modernisti, da Joyce a Virginia Woolf, da Musil a Kafka e a Roth.
Il volume raccoglie contributi di Romano Luperini, Matteo Palumbo, Massimiliano Tortora, Riccardo Castellana, Giuseppe Episcopo, Valeria Taddei, Ilaria de Seta, Valeria Merola, Marco Menicacci, Federico
Boccaccini.
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Introduzione e Capitolo I del libro La teoria letteraria di Erich Auerbach. Una introduzione a Mimesis, Roma, Artemide, 2013.
http://www.artemide-edizioni.it/dettagli_prodotto/51-Proteo/9788875751722.html#.WOPLVSOLS2w
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Sommario, abstracts degli articoli, cronache e recensioni
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Il 9 aprile 2019 Presentazione de Il romanzo in Italia a Siena
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Seminario del dottorato in Studi italianistici (Università di Pisa, Università di Siena)
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On various occasions Northrop Frye has declared that the Bible is the “great code” of art and its imagery and myths have deeply influenced Western narraƟve for centuries. This lecture will employ Frye’s noƟons as methodological tools to... more
On various occasions Northrop Frye has declared that the Bible is the “great code” of art and its imagery and
myths have deeply influenced Western narraƟve for centuries. This lecture will employ Frye’s noƟons as
methodological tools to examine a selecƟon of Italian folktales that Italo Calvino collected and published in
1956‐‐a year in which the economic boom had begun transforming Italy into a modern society while wiping
away a big part of rural culture.
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Programma del convegno verghiano (Siena, 16-17 marzo 2016)
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Book Presentation
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Coordinano Raffaele Ascheri e Roberto Barzanti.
Intervengono Romano Luperini, Riccardo Castellana, Carlo Caruso, Paola Salatto.
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Piano dell'edizione nazionale
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Procedura di valutazione comparativa per n. 1 posto di Professore di prima fascia nel settore L-FIL-LET/69-Ecocritica Bando speciale su Fondi PNRR 2022 (PON "La salubrità dell'aria")
Scheda di valutazione anonima del Progetto di una Storia del realismo nella Letteratura Occidentale (StoReLO)
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