Papers by Matteo Di Gesu'
Il Risorgimento tra storia e finzione, 2021
Il tema della mafia e il Risorgimento in Sicilia in una commedia popolare dell’Ottocento e nel ro... more Il tema della mafia e il Risorgimento in Sicilia in una commedia popolare dell’Ottocento e nel romanzo di Tomasi di Lampedusa.
I linguaggi del potere, 2020
L’Orlando furioso, specie nella sua edizione definitiva, è il poema della crisi del Rinascimento:... more L’Orlando furioso, specie nella sua edizione definitiva, è il poema della crisi del Rinascimento: riflette la drammatica situazione politica in cui versavano gli stati italiani, fino a farsene a suo modo interprete, pur senza mai derogare del tutto alle regole che il genere letterario al quale appartiene gli impone. Molti studi recenti hanno indagato, infatti, proprio questi aspetti del poema, generalmente trascurati dalla tradizione critica pregressa, smentendo quelle interpretazioni, talvolta corrive, dell’Orlando furioso quale grande poema della leggerezza, opera archetipica di un fantastico che rifuggirebbe qualsivoglia implicazione profonda con la storia, con il proprio tempo e con la società di cui l’autore faceva parte, nonché con i conflitti che da quella storia in qualche modo discendevano e quel tempo e quella società scuotevano e dilaniavano. Non pare azzardato pertanto, leggere Ariosto anche come un autore “politico”; o, se non altro, rinvenire in un poema concepito, realizzato, integrato e corretto negli anni terribili delle “guerre d’Italia”, ovvero di quello che è stato il più violento sommovimento del sistema di potere degli stati della Penisola fino al Risorgimento, tracce, testimonianze, interpretazioni della «grande catastrofe italiana».
Una nazione di Gattopardi, 2018
Romanzo tra i più letti e tradotti della letteratura italiana, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi d... more Romanzo tra i più letti e tradotti della letteratura italiana, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa viene considerato, nell’opinione corrente, uno dei libri più rappresentativi dell’identità italiana e del presunto “carattere” degli abitanti della penisola. Questo saggio ripercorre la storia controversa della ricezione del romanzo e si sofferma su alcune letture corrive e infondate che a lungo hanno compromesso l’interpretazione del testo, individuano altri possibili percorsi interpretativi.
Un caso editoriale: Il Gattopardo, 2018
Il saggio descrive la genesi di un autore 'anomalo', di un romanzo inaspettato e in tutti i sensi... more Il saggio descrive la genesi di un autore 'anomalo', di un romanzo inaspettato e in tutti i sensi postumo, di un caso editoriale unico nel Novecento; analizza struttura e temi del romanzo, con un approfondimento sul cronotopo della Sicilia risorgimentale; ricostruisce la ricezione controversa del capolavoro tomasiano.
Pirandello e la mafia. Una lettura de La lega disciolta, 2019
The Mafia theme in the writings of Luigi Pirandello was highlighted first and foremost by Leonard... more The Mafia theme in the writings of Luigi Pirandello was highlighted first and foremost by Leonardo Sciascia, noticing its recurrence in the novel I vecchi e i giovani. Subsequently, critics such as Pietro Mazzamuto and Massimo Onofri looked further into the matter, particularly through their reading of a number of Pirandello’s short stories set in Sicily. In this essay I analyse the short story La lega disciolta - from the collection Novelle per un anno - set in the aftermath of the tragic union struggles of the “Fasci siciliani”. The protagonist is some sort of peasant organizer, while at the same time a Mafia man. Within Pirandello’s anti-Socialist and ‘Sicilianist’ ideology, it looks like only Mafia methods can achieve justice for Sicilian peasants.
La presenza del tema mafioso nelle opere di Luigi Pirandello era stata rilevata, a suo tempo, da Leonardo Sciascia, a proposito del romanzo I vecchi e i giovani. Successivamente, altri critici come Pietro Mazzamuto e Massimo Onofri hanno indagato la questione, rileggendo alcune novelle siciliane dell'autore girgentano. In questo saggio viene analizzata La lega disciolta (tratta da Novelle per un anno), novella ambientata in Sicilia negli anni immediatamente successivi alle drammatiche lotte dei "Fasci siciliani". Il protagonista è una sorta di leader sindacale contadino, il cui modo d'agire, tuttavia, è assimilabile a pratiche mafiose: nell'ideologia di Pirandello, che qui rivela già accenti anti-socialisti e sicilianisti, sembra che solo i metodi malavitosi possano rendere giustizia ai contadini siciliani.
M. Di Gesù, L'Orlando furioso, l'Italia (e i Turchi), 2020
It is well known that the whole of the Orlando Furioso is intimately affected – without this bein... more It is well known that the whole of the Orlando Furioso is intimately affected – without this being openly acknowledged - by the tumultuous events of the times of its composition and then amendation: the catastrophe of the Italian states and the end of their independence. The very representation of the Muslim within the poem - besides being textually complex and nuanced - has nothing of the ‘merely literary’ about it: far from being a narrative device detached from the historical context and the political reality of its time, it engages with the threat of Ottoman penetration in Europe, and the very real conflicts then taking place. In Ariosto's masterpiece, therefore, the topoi about Italy and the representations of Turkish and Muslim ‘otherness’, while adhering to the forms and the rhetoric models of the literature of contemporary ‘civil classicism’, do reveal the work’s imbrication with the conflicts, the clashes of power and civilization of its time, giving voice to a veritable collective political unconscious. In this essay we try to sketch out some further reading path and to add some interpretative notation to what has already been detected by those critics who’ve been questioning Ariosto’s proverbial ‘harmony’, probing instead the contradictory and conflicting aspects of the poem.
È risaputo che un persistente motivo di inquietudine trascorra le ottave dell’Orlando furioso, pur senza venire apertamente tematizzato; il “poema della crisi del Rinascimento”, infatti, risente delle vicende tumultuose e drammatiche dell’epoca in cui venne composto, licenziato ed emendato: la catastrofe degli stati italiani e la fine della loro indipendenza. Ma anche la rappresentazione del musulmano, quand’anche complessa e articolata, non è affatto pretestuosa, quasi fosse nient’altro che un mero espediente narrativo avulso dal contesto storico e dalla realtà politica del proprio tempo: rimanda, piuttosto, alla minaccia della penetrazione ottomana in Europa e al concretissimo conflitto che si andava prospettando. Nel capolavoro ariostesco, dunque, le topiche sull’Italia e le rappresentazioni dell’alterità turca e musulmana, pur aderendo entrambe alle forme, ai modi, alle retoriche e ai modelli previsti dagli statuti letterari del classicismo civile, rivelano le implicazioni dell’opera con la storia, i conflitti, gli scontri di potere e di civiltà del proprio tempo e sembrano dar voce a una sorta di inconscio politico collettivo. In questo saggio si prova ad abbozzare qualche ulteriore percorso di lettura e ad aggiungere qualche notazione interpretativa a quanto già acquisito dalla critica, la quale ha ormai da tempo messo in discussione la proverbiale armonia ariostesca, insistendo sugli aspetti contraddittori e conflittuali del poema.
Page 1. MATTEO D1 GESÙ Palinsesti del Moderno CANONI, GENERI, FORME NELLA POSTMODERNITÀ LETTERARI... more Page 1. MATTEO D1 GESÙ Palinsesti del Moderno CANONI, GENERI, FORME NELLA POSTMODERNITÀ LETTERARIA Critica letteraria e linguistica FRANCOANGELI Page 2. Page 3. Page 4. I lettori che desiderano informarsi ...
Laboratoire italien, 2013
"Allegoria", XXX, 77, 2018, pp. 7-26., 2018
Il XVII canto dell’Orlando furioso non rientra nel novero dei luoghi ariosteschi irrinunciabili, ... more Il XVII canto dell’Orlando furioso non rientra nel novero dei luoghi ariosteschi irrinunciabili, essendo ritenuto uno di quei canti di raccordo necessari all’ordito della narrazione. Tuttavia, l’invettiva che vi è contenuta merita ancora qualche supplemento di indagine, sulla scorta di alcuni studi recenti. La sua peculiarità va rintracciata nello spazio letterario del classicismo civile del primo Cinquecento, al quale è accostabile per temi, modi forme, tenendo ovviamente conto del più ampio quadro della crisi politica e culturale del Rinascimento italiano.
Questa rilettura consente di ritenere il tema dell’incontro/scontro con la potenza ottomana e la sua cultura ben più che una occasionale attualizzazione della materia carolingia del Furioso, ma semmai come un motivo carsico che attraversa l’intero poema e che sembra dare voce a un inconscio politico collettivo.
The seventeenth canto of the Orlando furioso is not counted among the most relevant in Ariosto’s masterpiece, being merely considered as one of those connection canto necessary to the warp of the narration. However, this canto includes an invective which still deserves additional research, also in view of some recent studies. Its peculiarity is to be found in the literary space of the early Sixteenth-century civil classicism, to which it can be compared on the basis of themes, modes, forms, clearly taking into account the broader frame of the Italian Renaissance political and cultural crisis.
This rereading allows us to regard the theme of the encounter/clash with the Ottoman power and its culture as much more than an occasional modernisation of the Carolingian subject of the Furioso, but rather as a lurking motif that runs through the entire poem and seems to give voice to a collective political unconscious.
G. Fichera (a cura di), La scrittura che pensa. Saggismo, letteratura, vita (pp. 88-98). Cuneo : Nerosubianco., 2016
Dopo aver licenziato il saggio Letteratura e mafia, poi raccolto in Cruciverba, Sciascia non torn... more Dopo aver licenziato il saggio Letteratura e mafia, poi raccolto in Cruciverba, Sciascia non tornerà più a scrivere in maniera sistematica della mafia nella letteratura siciliana. Nondimeno, buona parte della sua produzione saggistica è disseminata di spunti e intuizioni sul tema, forse non tutti ancora adeguatamente e sviluppati come converrebbe fare. Tuttavia, vale la pena interpretare l'unico rifacimento di un testo siciliano della tradizione con la quale in Nostro si è cimentato non solo come una riscrittura creativa, quale in effetti è, ma anche come un testo obliquamente interpretativo. Si tratta dei Mafiosi, commedia in due «parti» che ha come palinsesto I mafiusi di la vicaria di Giuseppe Rizzotto e Gaspare Mosca, la commedia dialettale composta tra il 1854 e il 1863.
, "Annali della Fondazione Verga", n.s. IX, 2016, 2016
Alcuni studiosi hanno isolato, nel corpus verghiano, luoghi nei quali è possibile riconoscere rif... more Alcuni studiosi hanno isolato, nel corpus verghiano, luoghi nei quali è possibile riconoscere riferimenti impliciti a dinamiche mafiose o “protomafiose”, ovvero a codici culturali e antropologici ascrivibili a un più generico “sentire mafioso” (in alcuni episodi del Mastro-don Gesualdo o in novelle come Cavalleria rusticana e La chiave d'oro). Anche grazie al contributo di alcuni studi recenti, questo intervento intende provare ad aggiornare il dibattito, rinnovando l’ attenzione al contesto politico e culturale in cui maturò la svolta verista verghiana e tornando a riflettere sulle oscillazioni tra pittoresco e antipittoresto del Verga siciliano.
Some critics have isolated, in Verga’s short stories and novels, hide or implicit references to mafia (or, so-called, “protomafia”) dynamics, or to cultural and anthropological codes attributable to a more generic "mafia sentiment" (in some episodes of Mastro-don Gesualdo or in short stories as Cavalleria rusticana and La chiave d’oro). According to some recent historical studies, this paper tries to update the discussion, thinking back to the political and cultural context in which Verga developed his veristic conversion and reflecting on his switch from picturesque to antipicturesque.
Giovanni Ruffino (a cura di), Giovanni Meli 200 anni dopo. Poesia, scienza, luoghi, tradizione, Palermo, Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani., 2016
Il contributo riflette sul genere letterario al quale ascrivere il Don Chisciotti meliano, tra er... more Il contributo riflette sul genere letterario al quale ascrivere il Don Chisciotti meliano, tra eroicomico e narrazione in versi
Da molti osservatori il ventennio cosiddetto 'berlusconiano' è stato interpretato come un epifeno... more Da molti osservatori il ventennio cosiddetto 'berlusconiano' è stato interpretato come un epifenomeno della post-politica, la realizzazione definitiva ed emblematica, drammatica e spettacolare, di una trasformazione sociale e culturale avviatasi negli anni pregressi, non solamente in Italia.
In questo intervento, campionando casi esemplari (Di Paolo, Lagioia, Vasta), si prova a verificare come alcuni romanzi italiani abbiano descritto e interpretato questa epoca: individuando alcuni motivi comuni (la condanna dei padri) e calibrando l'efficacia 'politica' di alcune narrazioni degli anni Dieci.
Laboratoire Italien Politique Et Societe, Jul 2, 2013
Già all'indomani dell'unificazione nazionale, il romanzo italiano moderno avviava un'inchiesta le... more Già all'indomani dell'unificazione nazionale, il romanzo italiano moderno avviava un'inchiesta letteraria sulle vicende risorgimentali, sul trasformismo ambiguo delle classi egemoni che lo indirizzarono, e soprattutto sulle contraddizioni che, all'interno di quel processo, si determinarono nel Meridione d'Italia. Un «romanzo antistorico» collettivo, una «contro-storia d'Italia letteraria e civile» (e dunque una riscrittura romanzesca della storia ufficiale, deliberatamente volta a demistificarne i presupposti ideologici e le retoriche su cui si fondavano) attestata soprattutto nelle opere di autori siciliani quali Verga, De Roberto, Pirandello.
Se possiamo ancora ascrivere in questa linea moderna il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, Noi credevamo di Anna Banti o molte narrazioni storiche di Sciascia, a partire dagli anni Settanta del Novecento si avvia un processo di decostruzione della forma del romanzo storico a tematica risorgimentale: dalle scomposizioni sperimentali della narrazione, in autori come Vincenzo Consolo (Il sorriso dell'ignoto marinaio), fino a un recupero postmoderno del genere, sovente in chiave allegorica rispetto alle vicende contemporanee (Tabucchi, Scurati, De Cataldo), nel quale, più o meno esplicitamente, vengono rivisitati e riscritti i testi della tradizione.
Se è indubbio che per gli studi letterari postcoloniali in Italia ancora molto rimanga da fare, s... more Se è indubbio che per gli studi letterari postcoloniali in Italia ancora molto rimanga da fare, sebbene finalmente si disponga di una significativa bibliografia critica sulla letteratura coloniale e soprattutto sulla letteratura di migrazione, una delle prospettive ancora in gran parte inesplorata rimane quella che Jane Schneider ha definito, in una raccolta di saggi da lei curata, Orientalism in One Country. Si tratta di verificare, sui testi letterari, in che misura la letteratura moderna del sud d'Italia, e quella siciliana in particolar modo, possano essere interpretate, rispetto alla tradizione nazionale e in riferimento al processo di costruzione dell'identità nazionale, anche mediante paradigmi e modelli teorici propri degli studi postcoloniali. Nel corso processo di integrazione politica nazionale delle regioni meridionali, disarmonico e conflittuale e per certi aspetti ancora non del tutto compiuto, la letteratura, specie la narrativa, ha documentato criticamente queste contraddizioni, ma ha anche codificato modelli identitari 'altri', irriducibili a quelli nazionali egemoni, ovvero è stata interpretata come repertorio di questa presunta identità metastorica meridionale (specie siciliana).
In questo intervento, a partire da un primo bilancio sulle ricerche condotte in questo campo (J. Schneider (Editor), Italy's 'Southern Question': Orientalism in One Country, Berg, NY 1998; N. Moe, Un paradiso abitato da diavoli. Identità nazionale e immagini del Mezzogiorno, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004; B. Brunetti e R. Derobertis (a cura di), L'invenzione del sud : migrazioni, condizioni postcoloniali, linguaggi letterari, Bari, B. A. Graphis, 2009 e altri) si intendono proporre ulteriori linee di ricerca
Leggere una volta di più l’Adelchi come una tragedia familiare consente di calibrare ancora megli... more Leggere una volta di più l’Adelchi come una tragedia familiare consente di calibrare ancora meglio la sua valenza politica: più precisamente, dall’analisi delle relazioni conflittuali che intercorrono tra Desiderio e i suoi figli, si può ricavare un'interpretazione ancora più complessa e contraddittoria di quella abbondantemente discussa in decenni di esegesi.
Adelchi ed Ermengarda, infrantosi con l'intervento della «provida sventura» ogni residuo vincolo filiale col potere statuale e paterno, spogliandosi della loro precedente identità di sovrani, cristianamente collocano loro stessi «in fra gli oppressi», confondendosi con quella «immensa moltitudine d'uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Non dunque come un commiato dalla storia va letto il finale della tragedia e per conseguenza il suo significato complessivo: dall'ingiustizia della storia si può sortire facendosi «popolo», soggetto collettivo artefice del proprio riscatto.
Re-reading Adelchi as a family tragedy, allows us to evaluate its political valence more clearly: specifically, an analysis of the conflictual relationships between Desiderio and his son and daughter, opens up a more complex and contradictory interpretation of the tragedy, supplementing existing critical views, that have been much discussed. Once the intervention of ‘provident misfortune’ has broken any remaining filial bond that Adelchi and Ermengarda had with the state and paternal power, they strip themselves of their previous identities as sovereigns, place themselves «in fra gli oppressi» in a Christian manner, and mingle with the «immensa moltitudine d’uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Therefore, the ending of the tragedy and, consequently, its overall meaning, should not be read as a farewell to history: men and women can escape from the injustice of history becoming «people»: a collective subject in control of master of its own redemption.
A.M. Binet, M. Bovo Romoeuf (dir.), Le devenir postmoderne. La sensibilité postmoderne dans les littératures italienne et portugaise, Peter Lang, Bruxelles 2013, pp. 79-94., 2013
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Papers by Matteo Di Gesu'
La presenza del tema mafioso nelle opere di Luigi Pirandello era stata rilevata, a suo tempo, da Leonardo Sciascia, a proposito del romanzo I vecchi e i giovani. Successivamente, altri critici come Pietro Mazzamuto e Massimo Onofri hanno indagato la questione, rileggendo alcune novelle siciliane dell'autore girgentano. In questo saggio viene analizzata La lega disciolta (tratta da Novelle per un anno), novella ambientata in Sicilia negli anni immediatamente successivi alle drammatiche lotte dei "Fasci siciliani". Il protagonista è una sorta di leader sindacale contadino, il cui modo d'agire, tuttavia, è assimilabile a pratiche mafiose: nell'ideologia di Pirandello, che qui rivela già accenti anti-socialisti e sicilianisti, sembra che solo i metodi malavitosi possano rendere giustizia ai contadini siciliani.
È risaputo che un persistente motivo di inquietudine trascorra le ottave dell’Orlando furioso, pur senza venire apertamente tematizzato; il “poema della crisi del Rinascimento”, infatti, risente delle vicende tumultuose e drammatiche dell’epoca in cui venne composto, licenziato ed emendato: la catastrofe degli stati italiani e la fine della loro indipendenza. Ma anche la rappresentazione del musulmano, quand’anche complessa e articolata, non è affatto pretestuosa, quasi fosse nient’altro che un mero espediente narrativo avulso dal contesto storico e dalla realtà politica del proprio tempo: rimanda, piuttosto, alla minaccia della penetrazione ottomana in Europa e al concretissimo conflitto che si andava prospettando. Nel capolavoro ariostesco, dunque, le topiche sull’Italia e le rappresentazioni dell’alterità turca e musulmana, pur aderendo entrambe alle forme, ai modi, alle retoriche e ai modelli previsti dagli statuti letterari del classicismo civile, rivelano le implicazioni dell’opera con la storia, i conflitti, gli scontri di potere e di civiltà del proprio tempo e sembrano dar voce a una sorta di inconscio politico collettivo. In questo saggio si prova ad abbozzare qualche ulteriore percorso di lettura e ad aggiungere qualche notazione interpretativa a quanto già acquisito dalla critica, la quale ha ormai da tempo messo in discussione la proverbiale armonia ariostesca, insistendo sugli aspetti contraddittori e conflittuali del poema.
Questa rilettura consente di ritenere il tema dell’incontro/scontro con la potenza ottomana e la sua cultura ben più che una occasionale attualizzazione della materia carolingia del Furioso, ma semmai come un motivo carsico che attraversa l’intero poema e che sembra dare voce a un inconscio politico collettivo.
The seventeenth canto of the Orlando furioso is not counted among the most relevant in Ariosto’s masterpiece, being merely considered as one of those connection canto necessary to the warp of the narration. However, this canto includes an invective which still deserves additional research, also in view of some recent studies. Its peculiarity is to be found in the literary space of the early Sixteenth-century civil classicism, to which it can be compared on the basis of themes, modes, forms, clearly taking into account the broader frame of the Italian Renaissance political and cultural crisis.
This rereading allows us to regard the theme of the encounter/clash with the Ottoman power and its culture as much more than an occasional modernisation of the Carolingian subject of the Furioso, but rather as a lurking motif that runs through the entire poem and seems to give voice to a collective political unconscious.
Some critics have isolated, in Verga’s short stories and novels, hide or implicit references to mafia (or, so-called, “protomafia”) dynamics, or to cultural and anthropological codes attributable to a more generic "mafia sentiment" (in some episodes of Mastro-don Gesualdo or in short stories as Cavalleria rusticana and La chiave d’oro). According to some recent historical studies, this paper tries to update the discussion, thinking back to the political and cultural context in which Verga developed his veristic conversion and reflecting on his switch from picturesque to antipicturesque.
In questo intervento, campionando casi esemplari (Di Paolo, Lagioia, Vasta), si prova a verificare come alcuni romanzi italiani abbiano descritto e interpretato questa epoca: individuando alcuni motivi comuni (la condanna dei padri) e calibrando l'efficacia 'politica' di alcune narrazioni degli anni Dieci.
Se possiamo ancora ascrivere in questa linea moderna il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, Noi credevamo di Anna Banti o molte narrazioni storiche di Sciascia, a partire dagli anni Settanta del Novecento si avvia un processo di decostruzione della forma del romanzo storico a tematica risorgimentale: dalle scomposizioni sperimentali della narrazione, in autori come Vincenzo Consolo (Il sorriso dell'ignoto marinaio), fino a un recupero postmoderno del genere, sovente in chiave allegorica rispetto alle vicende contemporanee (Tabucchi, Scurati, De Cataldo), nel quale, più o meno esplicitamente, vengono rivisitati e riscritti i testi della tradizione.
In questo intervento, a partire da un primo bilancio sulle ricerche condotte in questo campo (J. Schneider (Editor), Italy's 'Southern Question': Orientalism in One Country, Berg, NY 1998; N. Moe, Un paradiso abitato da diavoli. Identità nazionale e immagini del Mezzogiorno, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004; B. Brunetti e R. Derobertis (a cura di), L'invenzione del sud : migrazioni, condizioni postcoloniali, linguaggi letterari, Bari, B. A. Graphis, 2009 e altri) si intendono proporre ulteriori linee di ricerca
Adelchi ed Ermengarda, infrantosi con l'intervento della «provida sventura» ogni residuo vincolo filiale col potere statuale e paterno, spogliandosi della loro precedente identità di sovrani, cristianamente collocano loro stessi «in fra gli oppressi», confondendosi con quella «immensa moltitudine d'uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Non dunque come un commiato dalla storia va letto il finale della tragedia e per conseguenza il suo significato complessivo: dall'ingiustizia della storia si può sortire facendosi «popolo», soggetto collettivo artefice del proprio riscatto.
Re-reading Adelchi as a family tragedy, allows us to evaluate its political valence more clearly: specifically, an analysis of the conflictual relationships between Desiderio and his son and daughter, opens up a more complex and contradictory interpretation of the tragedy, supplementing existing critical views, that have been much discussed. Once the intervention of ‘provident misfortune’ has broken any remaining filial bond that Adelchi and Ermengarda had with the state and paternal power, they strip themselves of their previous identities as sovereigns, place themselves «in fra gli oppressi» in a Christian manner, and mingle with the «immensa moltitudine d’uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Therefore, the ending of the tragedy and, consequently, its overall meaning, should not be read as a farewell to history: men and women can escape from the injustice of history becoming «people»: a collective subject in control of master of its own redemption.
La presenza del tema mafioso nelle opere di Luigi Pirandello era stata rilevata, a suo tempo, da Leonardo Sciascia, a proposito del romanzo I vecchi e i giovani. Successivamente, altri critici come Pietro Mazzamuto e Massimo Onofri hanno indagato la questione, rileggendo alcune novelle siciliane dell'autore girgentano. In questo saggio viene analizzata La lega disciolta (tratta da Novelle per un anno), novella ambientata in Sicilia negli anni immediatamente successivi alle drammatiche lotte dei "Fasci siciliani". Il protagonista è una sorta di leader sindacale contadino, il cui modo d'agire, tuttavia, è assimilabile a pratiche mafiose: nell'ideologia di Pirandello, che qui rivela già accenti anti-socialisti e sicilianisti, sembra che solo i metodi malavitosi possano rendere giustizia ai contadini siciliani.
È risaputo che un persistente motivo di inquietudine trascorra le ottave dell’Orlando furioso, pur senza venire apertamente tematizzato; il “poema della crisi del Rinascimento”, infatti, risente delle vicende tumultuose e drammatiche dell’epoca in cui venne composto, licenziato ed emendato: la catastrofe degli stati italiani e la fine della loro indipendenza. Ma anche la rappresentazione del musulmano, quand’anche complessa e articolata, non è affatto pretestuosa, quasi fosse nient’altro che un mero espediente narrativo avulso dal contesto storico e dalla realtà politica del proprio tempo: rimanda, piuttosto, alla minaccia della penetrazione ottomana in Europa e al concretissimo conflitto che si andava prospettando. Nel capolavoro ariostesco, dunque, le topiche sull’Italia e le rappresentazioni dell’alterità turca e musulmana, pur aderendo entrambe alle forme, ai modi, alle retoriche e ai modelli previsti dagli statuti letterari del classicismo civile, rivelano le implicazioni dell’opera con la storia, i conflitti, gli scontri di potere e di civiltà del proprio tempo e sembrano dar voce a una sorta di inconscio politico collettivo. In questo saggio si prova ad abbozzare qualche ulteriore percorso di lettura e ad aggiungere qualche notazione interpretativa a quanto già acquisito dalla critica, la quale ha ormai da tempo messo in discussione la proverbiale armonia ariostesca, insistendo sugli aspetti contraddittori e conflittuali del poema.
Questa rilettura consente di ritenere il tema dell’incontro/scontro con la potenza ottomana e la sua cultura ben più che una occasionale attualizzazione della materia carolingia del Furioso, ma semmai come un motivo carsico che attraversa l’intero poema e che sembra dare voce a un inconscio politico collettivo.
The seventeenth canto of the Orlando furioso is not counted among the most relevant in Ariosto’s masterpiece, being merely considered as one of those connection canto necessary to the warp of the narration. However, this canto includes an invective which still deserves additional research, also in view of some recent studies. Its peculiarity is to be found in the literary space of the early Sixteenth-century civil classicism, to which it can be compared on the basis of themes, modes, forms, clearly taking into account the broader frame of the Italian Renaissance political and cultural crisis.
This rereading allows us to regard the theme of the encounter/clash with the Ottoman power and its culture as much more than an occasional modernisation of the Carolingian subject of the Furioso, but rather as a lurking motif that runs through the entire poem and seems to give voice to a collective political unconscious.
Some critics have isolated, in Verga’s short stories and novels, hide or implicit references to mafia (or, so-called, “protomafia”) dynamics, or to cultural and anthropological codes attributable to a more generic "mafia sentiment" (in some episodes of Mastro-don Gesualdo or in short stories as Cavalleria rusticana and La chiave d’oro). According to some recent historical studies, this paper tries to update the discussion, thinking back to the political and cultural context in which Verga developed his veristic conversion and reflecting on his switch from picturesque to antipicturesque.
In questo intervento, campionando casi esemplari (Di Paolo, Lagioia, Vasta), si prova a verificare come alcuni romanzi italiani abbiano descritto e interpretato questa epoca: individuando alcuni motivi comuni (la condanna dei padri) e calibrando l'efficacia 'politica' di alcune narrazioni degli anni Dieci.
Se possiamo ancora ascrivere in questa linea moderna il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, Noi credevamo di Anna Banti o molte narrazioni storiche di Sciascia, a partire dagli anni Settanta del Novecento si avvia un processo di decostruzione della forma del romanzo storico a tematica risorgimentale: dalle scomposizioni sperimentali della narrazione, in autori come Vincenzo Consolo (Il sorriso dell'ignoto marinaio), fino a un recupero postmoderno del genere, sovente in chiave allegorica rispetto alle vicende contemporanee (Tabucchi, Scurati, De Cataldo), nel quale, più o meno esplicitamente, vengono rivisitati e riscritti i testi della tradizione.
In questo intervento, a partire da un primo bilancio sulle ricerche condotte in questo campo (J. Schneider (Editor), Italy's 'Southern Question': Orientalism in One Country, Berg, NY 1998; N. Moe, Un paradiso abitato da diavoli. Identità nazionale e immagini del Mezzogiorno, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004; B. Brunetti e R. Derobertis (a cura di), L'invenzione del sud : migrazioni, condizioni postcoloniali, linguaggi letterari, Bari, B. A. Graphis, 2009 e altri) si intendono proporre ulteriori linee di ricerca
Adelchi ed Ermengarda, infrantosi con l'intervento della «provida sventura» ogni residuo vincolo filiale col potere statuale e paterno, spogliandosi della loro precedente identità di sovrani, cristianamente collocano loro stessi «in fra gli oppressi», confondendosi con quella «immensa moltitudine d'uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Non dunque come un commiato dalla storia va letto il finale della tragedia e per conseguenza il suo significato complessivo: dall'ingiustizia della storia si può sortire facendosi «popolo», soggetto collettivo artefice del proprio riscatto.
Re-reading Adelchi as a family tragedy, allows us to evaluate its political valence more clearly: specifically, an analysis of the conflictual relationships between Desiderio and his son and daughter, opens up a more complex and contradictory interpretation of the tragedy, supplementing existing critical views, that have been much discussed. Once the intervention of ‘provident misfortune’ has broken any remaining filial bond that Adelchi and Ermengarda had with the state and paternal power, they strip themselves of their previous identities as sovereigns, place themselves «in fra gli oppressi» in a Christian manner, and mingle with the «immensa moltitudine d’uomini, una serie di generazioni, che passa su la terra, su la sua terra, inosservata, senza lasciarvi un vestigio». Therefore, the ending of the tragedy and, consequently, its overall meaning, should not be read as a farewell to history: men and women can escape from the injustice of history becoming «people»: a collective subject in control of master of its own redemption.
Con l'avvento della Repubblica, il tema si dissemina nelle pagine sparse di molti scrittori, sovente letterariamente assai più dense e memorabili di quelle delle trattazioni sistematiche. Non tanto, dunque, una cernita dei “libri che hanno fatto gli italiani” quanto piuttosto una selezione di opere e parti di opere letterarie che hanno contribuito a codificare e tramandare quella nozione di 'Italia' con la quale tutt'oggi, pur con qualche difficoltà, continuiamo ad avere a che fare. L'immagine e il carattere di una nazione “equivoca e araldica” quale si ostina ad essere.
Questo saggio indaga la codificazione letteraria di alcune retoriche nazionali e di determinate immagini culturali, nonché la loro persistenza nello svolgimento della storia letteraria stessa: dalla fondazione dantesca e dalla formalizzazione esemplare che ne ha fatto Petrarca fino alla modernità (il motivo della lamentazione per le sorti dell'Italia, la trasfigurazione poetica del paesaggio del “bel paese”, l'invenzione -letteraria anch'essa- dei costumi e del carattere dei suoi abitanti). Il testo prova inoltre a formulare alcune considerazioni sul lascito residuo che, di questa tradizione, rimane per la “comunità che viene”.
Questo lavoro vorrebbe essere un primo resoconto di un'esplorazione retrospettiva, condotta dopo essersi alleggeriti delle zavorre delle banalizzazioni e delle facili schematizzazioni, ispirata dalla curiosità, ma anche dalla necessità di codificare una fenomenologia del postmoderno letterario nazionale non condizionata da gabbie cronologiche e ideologiche prestabilite. Da tali premesse ci si è mossi per rileggere il dibattito sul romanzo sperimentale del Gruppo 63, per analizzare lo sperimentalismo dei primi romanzi di Luigi Malerba, per ripercorrere in chiave foucaultianamente politica l'attività letteraria di Giorgio Manganelli e infine per verificare che tipo di rapporto con la tradizione hanno mantenuto alcuni nuovi narratori siciliani.
Alle trattazioni prevalentemente teoriche dei primi due capitoli, dedicati al dibattito degli ultimi quindici anni sul canone letterario e alla trasformazione dei generi nella postmodernità, si collega specularmente la seconda parte del lavoro: l'interpretazione del Pinocchio parallelo di Giorgio Manganelli quale ricostruzione 'archeologica' del genere romanzo e la lettura di Specchio delle mie brame di Alberto Arbasino come decostruzione in chiave antropologica del canone letterario della Sicilia moderna. La selezione degli autori presi in esame si fonda, pertanto, anche su ragioni di ordine metodologico e trova ulteriore legittimazione nella scelta delle opere analizzate.
È su questi palinsesti del moderno, dunque, che si è provato a ragionare ancora del postmoderno letterario italiano, dopo il precedente La tradizione del postmoderno : lavoro del quale questo volume intende essere un'ideale prosecuzione, pur mantenendo una autonomia di discorso che non implica necessariamente una lettura pregressa della 'prima puntata'.
Università per Stranieri di Siena
10-12 novembre 2021
Questa quarta edizione del convegno dedicato alla "Pratica del commento" rilancia il valore del commento dalla prospettiva attuale e scottante delle migrazioni e della xenofobia. Una questione che sta sollecitando la rinascita di antichi nazionalismi e sta generando nuove, drammatiche frontiere geografiche e ideologiche nel territorio dell’Unione Europea e nel mondo. Le migrazioni e le convivenze multiculturali e multietniche sono da tempo assediate da semplificazioni, retoriche e menzogne mediatiche di diverso orientamento. In un simile contesto politico, la pratica del commento restituisce alla parola sugli stranieri un fondamento condiviso, perché radicato nella semantica, e - al contempo - una apertura problematica, perché garantita dalla polisemia. In questa nuova edizione, ci sembra importante tenere insieme il dentro e il fuori, intrecciando una prospettiva transnazionale con una invece più strettamente connessa alla storia letteraria e all’antropologia italiane. Essendo una nazione centrifuga, storicamente composta da straniere e da stranieri che hanno imparato e tuttora imparano a convivere, l’Italia è sia un Paese esposto alle attuali derive nazionaliste e xenofobe europee sia un laboratorio di frontiera e di inclusione per le emergenze migratorie di questo nuovo millennio. Agli stranieri, visti dall’interno e dall’esterno di questo «terzo spazio» nazionale e narrativo italiano, il convegno accosterà e intreccerà alcune tappe del riconoscimento e dell’alterità nelle altre letterature. Relatrici e relatori commenteranno in modo specifico e analitico una porzione di testo, mettendo in rilievo le questioni storiche, tematiche e formali connesse a innesti e/o conflitti tra soggettività marginali (anche in relazione al genere) e soggettività centrali, tra bilinguismo, plurilinguismo e translinguismo.