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Ribellione di Koçgiri

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Ribellione di Koçgiri
parte delle rivolte curde nella guerra d'indipendenza turca
Kurdish fighters
Data6 marzo - 17 giugno 1921[1]
LuogoSivas, Tunceli, Erzincan
CausaIndipendentismo curdo
EsitoVittoria turca
Soppressione della rivolta
Schieramenti
Grande Assemblea Nazionaletribù Atman[2]
tribù Direjan[2]
tribù Koçgiri[2]
tribù Parçikan[2]
tribù Pevizan[3]
tribù Zerikan[3]
Kürdistan Teali Cemiyeti
Comandanti
Mustafa Kemal
Nurettin Pascià
Binbaşı Halis Bey (comandante del 6º reggimento di cavalleria)[4][5][6]
Topal Osman
Alişan Bey[7]
Alişer
Nuri Dersimi
Paso
Misto
Effettivi
Rivendicati dal governo:
3.161 uomini[8][9]
1.350 animali militari[9]
2.750 fucili, 3 mitragliatrici leggere e 18 pesanti
Rivendicati dai ribelli:
6.000 cavalieri
25.000 fanti
Numero sconosciuto di milizie e gendarmi
Rivendicati dal governo:
3.000 ribelli (principalmente appartenenti alla cavalleria)[9]
2.500 fucili
Rivendicati dai ribelli:
6.000 ribelli
Perdite
Sconosciute500 ribelli uccisi[9]
32 capi ribelli e 500 ribelli catturati[7]
Voci di rivolte presenti su Wikipedia

La ribellione di Koçgiri[10][11] (in curdo Serhildana Qoçgiriyê‎, in turco Koçgiri İsyanı) fu una rivolta curda, scoppiata nella regione prevalentemente militante di Koçgiri nell'attuale provincia orientale di Sivas nel febbraio 1921. La ribellione fu inizialmente alevita, ma riuscì a raccogliere il sostegno delle vicine tribù sunnite.[2][12] I capi tribù avevano stretti rapporti con l'Associazione per lo sviluppo del Kurdistan (SAK).[13][14] La ribellione fu sconfitta nel giugno 1921.

Dopo la firma del Trattato di Sèvres, i curdi iniziarono a sentirsi più fiduciosi di poter almeno raggiungere una sorta di governo autonomo per se stessi. Abdulkadir Ubeydullah, figlio dello sceicco Ubeydullah e presidente della SAK,[15] sostenne l'idea di un'autonomia curda all'interno della Turchia. Tuttavia Nuri Dersimi e Mustafa Pasha volevano più dell'autonomia e volevano stabilire un Kurdistan indipendente secondo l'articolo 64 del trattato.[16] Mustafa Kemal diede seguito agli eventi nell'area di Dersim e poiché venne a conoscenza che alcuni dei curdi stavano perseguendo l'autonomia in linea con i quattordici punti annunciati dal presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, rispose che il piano di Wilson era inutile per il popoli delle province orientali e avrebbero dovuto piuttosto seguire il suo movimento nazionalista turco.[16]

I curdi intorno a Dersim iniziarono a prepararsi per un'eventuale resa dei conti con i nazionalisti turchi e fecero irruzione in diversi depositi di armi turchi. Nell'ottobre 1920 catturarono abbastanza aree per sentirsi in una posizione di forza e Alisan Bey, il capo di Refahiye, preparò le tribù per l'indipendenza. Infine, il 15 novembre 1920, consegnarono ai kemalisti una dichiarazione che affermava quanto segue.[17]

  • Il governo di Ankara dovrebbe rispettare l'accordo che i curdi avevano con il sultano di Istanbul e accettare l'autonomia curda
  • Il governo di Ankara dovrebbe anche informare le persone che hanno scritto la dichiarazione riguardo al loro approccio verso un Kurdistan autonomo.
  • Tutti i prigionieri curdi nelle carceri di Erzincan, Malatya, Elaziz (oggi Elazıĝ) e Sivas saranno rilasciati.
  • L'amministrazione turca nelle aree a maggioranza curda deve andarsene
  • E i militari turchi che sono stati inviati nelle aree curde dovrebbero ritirarsi

Chiesero una risposta entro il 24 novembre 1920.[18] Il 25 dicembre, i curdi chiesero nuovamente i loro maggiori diritti politici nelle province di Diyarbakir, Bitlis, Van ed Elaziz, come concordato nel Trattato di Sèvres. I kemalisti in un primo momento ascoltarono le loro richieste di maggiore libertà politica, ma allo stesso tempo trasferirono in modo significativo truppe nella regione per sedare la ribellione.[18] Tuttavia, il governo turco cercò di ingannare i curdi inviando il governatore di Elaziz a Pertek per assicurarli che Mustafa Kemal accettava le richieste. Mustafa Kemal nominò persino altri membri del parlamento della regione.[19] Anche il governo turco si offrì di assegnare un Mütessarif curdo alla regione, ma i rivoluzionari rappresentati da Seyit Riza e Alişan Bey (funzionario del Refahiye) rifiutarono l'offerta, e reiterarono la loro richiesta di volere un governo curdo indipendente e non imposto da Ankara.[19]

A seguito di questa risposta, Mustafa Kemal ordinò l'arresto di Nuri Dersimi e il 20 dicembre venne arrestato e portato in prigione.[19]

Il comandante dell'esercito centrale Nureddin Pasha inviò una forza di circa 3.000 cavalieri e di irregolari, inclusi i battaglioni di Topal Osman.[20] Nel febbraio iniziarono i combattimenti tra le parti e i turchi chiesero la resa incondizionata dei rivoluzionari curdi. Un primo importante scontro tra le fazioni si concluse vittorioso per i curdi, ma i combattimenti continuarono[21] e i ribelli furono schiacciati il 17 giugno 1921.[2][22]

Prima di reprimere i ribelli, Nureddin Pasha disse (secondo alcune fonti, questa affermazione appartiene a Topal Osman):

«In patria (Turchia), abbiamo ripulito le persone che dicono "zo" (armeni), ripulirò le persone che dicono "lo" (curdo) dalle loro radici[23][24]»

La brutalità della repressione fece decidere alla Grande Assemblea Nazionale di processare Nureddin Pasha. Sebbene Nureddin Pasha sia stato licenziato il 3 novembre 1921 e richiamato ad Ankara, Mustafa Kemal Pasha intervenne e impedì un processo.

  1. ^ Hülya Küçük, The role of the Bektās̲h̲īs in Turkey's national struggle, Brill, 2002, p. 217, ISBN 90-04-12443-8, OCLC 48383468. URL consultato il 25 luglio 2021.
  2. ^ a b c d e f (TR) Ergin Güneş, Koçgiri İsyanı Ekseninde Dersim Direnişi, Università di Tunceli, 2014, pp. 244.
  3. ^ a b Aşiretler raporu., 1. basım, Kaynak Yayınları, 1998, p. 279, ISBN 975-343-220-8, OCLC 40497580. URL consultato il 25 luglio 2021.
  4. ^ (TR) Mustfa Balcıoğlu, Belgelerle Millî Mücadele sırasında Anadoluda ayaklanmalar ve Merkez ordusu, 1991, p. 128.
  5. ^ (TR) Turkey Büyük Millet Meclisi, T.B.M.M. zabıtalarından Doğu ve Güney Doğu meselesi, Hamle Yayın-Dağıtım, 1992, p. 197. URL consultato il 25 luglio 2021.
  6. ^ Accueil | Sciences Po Violence de masse et Résistance - Réseau de recherche, su www.sciencespo.fr. URL consultato il 25 luglio 2021.
  7. ^ a b Türk İstiklal Harbi, Edition VI, İstiklal Harbinde Ayaklanmalar, T. C. Genelkurmay Harp Tarihi Başkanlığı Resmî Yayınları, 1974, p. 281.
  8. ^ Andrew Mango, Atatürk, John Murray, (2004 printing), p. 330, ISBN 0-7195-6592-8, OCLC 53389342. URL consultato il 25 luglio 2021.
  9. ^ a b c d Hüseyin Rahmi Apak, Türk İstiklâl Harbi – İç ayaklanmalar: 1919-1921, 1964, C.VI, Genelkurmay Basımevi, pp. 163-165.
  10. ^ Oriente moderno, Istituto per l'oriente, 1996, p. 78. URL consultato il 24 luglio 2021.
  11. ^ Hamit Bozarslan, La Turchia contemporanea, Il mulino, 2006, p. 31, ISBN 978-88-15-10966-8. URL consultato il 24 luglio 2021.
  12. ^ Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 35, ISBN 978-0-292-77619-7.
  13. ^ Erik J. Zürcher, Porta d'Oriente: Storia della Turchia dal Settecento a oggi, Donzelli Editore, 5 dicembre 2016, ISBN 978-88-6843-597-4. URL consultato il 31 luglio 2021.
  14. ^ Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 28, ISBN 978-0-292-77619-7.
  15. ^ (EN) Hakan Özoĝlu, Kurdish Notables and the Ottoman State: Evolving Identities, Competing Loyalties, and Shifting Boundaries, SUNY Press, 12 febbraio 2004, pp. 88–91, ISBN 978-0-7914-5993-5.
  16. ^ a b Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 28–29, ISBN 978-0-292-77619-7.
  17. ^ (EN) Susan Meiselas, Kurdistan: In the Shadow of History, New York, Random House, 1997, pp. 120, ISBN 978-0-226-51928-9.
  18. ^ a b Robert Olson, (1989) p. 30
  19. ^ a b c Robert Olson, (1989) p. 31
  20. ^ Andrew Mango, Atatürk, John Murray, 1999, ISBN 978-0-7195-6592-2, p. 330.
  21. ^ Robert Olson, (1989) p. 32
  22. ^ (TR) Ergün Aybars, İstiklâl Mahkemeleri, Bilgi Yayınevi, 1975, p. 34.
  23. ^ (TR) Hans-Lukas Kieser, Iskalanmış barış: Doğu Vilayetleri'nde misyonerlik, etnik kimlik ve devlet 1839-1938, İletişim, 2005, p. 570, ISBN 978-975-05-0300-9. URL consultato il 24 luglio 2021.
  24. ^ (DE) Hans-Lukas Kieser, Der verpasste Friede : Mission, Ethnie und Staat in den Ostprovinzen der Türkei 1839-1938, Chronos, 2000, p. 183, ISBN 3-905313-49-9, OCLC 46800406. URL consultato il 24 luglio 2021.

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