Ibn Wahshiyya
Ibn Waḥshiyya (in arabo أبو بكر أحمد بن وحشية?, Ἀbū Bakr Ἀḥmad ibn Ἁlī ibn Qays al-Waḥšiyya al-Kasdānī al-Qusaynī al-Nabaṭī al-Sūfī)[1] (IX secolo; ... – 930) è stato uno scrittore, alchimista, agronomo, egittologo e storico arabo di origine assiro-nabatea, nato a Qusayn, vicino Kufa (Iraq). In Europa, era conosciuto all'inizio dell'età moderna come Ahmad Bin Abubekr Bin Wahishih.[2]
Un riferimento a Ibn Waḥshiyya si trova nel libro giallo archeologico I codici del labirinto di Kate Mosse.
Opere
[modifica | modifica wikitesto]Ibn al-Nadim nel Kitāb al-Fihrist elenca un gran numero di libri su magia, statue, offerte, agricoltura, alchimia, fisica e medicina, che furono o scritti, o tradotti da libri anteriori, ad opera di Ibn Waḥshiyya.
Agricoltura
[modifica | modifica wikitesto]«In agricoltura, la Falaḥat al-nabaṭiyya (Agricoltura nabatea) di Ibn Waḥshiyya è la più influente di tutte le opere musulmane sul tema. Sebbene non fosse musulmano,[3] scritto nel III secolo E./IX secolo e tratto per la maggior parte da fonti caldee e babilonesi, il libro tratta non soltanto l'agricoltura, ma anche le scienze esoteriche, specialmente magia e stregoneria, ed è sempre stato considerato uno dei più importanti libri in arabo sulle scienze occulte.»
Tradusse un libro chiamato Agricoltura nabatea (Kitāb al-falāḥa al-nabaṭiyya) (c. 904), un importante trattato sul tema, che si diceva fosse basato su antiche fonti babilonesi. Il libro esalta la civiltà babilonese-aramaico-siriana contro quella degli Arabi conquistatori. Contiene informazioni preziose su agricoltura e superstizioni, e in particolare discute credenze, attribuite ai Sabei che vi fossero popoli prima di Adamo, che Adamo avesse genitori e che venisse dall'India. Queste idee furono commentate dai filosofi ebraici Judah ben Samuel Halevi e Maimonide, che esercitarono una certa influenza sul millenarista francese del XVII secolo Isaac La Peyrère.
Egittologia
[modifica | modifica wikitesto]Ibn Wahshiyya fu uno dei pochi storici forse in grado di decifrare almeno parzialmente ciò che era scritto negli antichi testi geroglifici egizi,[5] collegandoli alla lingua copta contemporanea usata dai preti copti del suo tempo. Un manoscritto arabo del libro Kitāb shawq al-mustahām fī maʿrifat rumūz al-’aqlām di Ibn Waḥshiyya, un'opera che parla di un certo numero di antichi alfabeti, nei quali egli identificava e decifrava una serie di geroglifici egizi, fu letto in seguito da Athanasius Kircher nel XVII secolo, e poi tradotto e pubblicato in inglese da Joseph von Hammer-Purgstall nel 1806 come Ancient Alphabets and Hieroglyphic Characters Explained; with an Account of the Egyptian Priests, their Classes, Initiation, and Sacrifices in the Arabic Language by Ahmad Bin Abubekr Bin Wahishih (Antichi alfabeti e caratteri geroglifici spiegati; con un resoconto dei sacerdoti egizi, delle loro lezioni, iniziazione e sacrifici in lingua araba di Ahmad Bin Abubekr Bin Wahishih),[6] 16 anni prima della decifrazione completa dei geroglifici egizi da parte di Jean-François Champollion.[2] Questo libro era conosciuto da Silvestre de Sacy, un collega di Jean-François Champollion. Il Dr Okasha El Daly, dell'Istituto di Archeologia dello University College (Londra), sostiene che alcuni geroglifici erano stati decodificati da Ibn Waḥshiyya, otto secoli prima che Champollion decifrasse la stele di Rosetta.[7]
Tutto l'impianto fu sottoposto a documentata critica da parte di due rinomati specialisti ottocenteschi quali A. von Gutschmid e Th. Nöldeke,[8] che espressero le loro perplessità circa l'impianto costruito da A. Kircher e da J. von Hammer-Purgstall.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Okasha El-Daly (2005), Egyptology - The Missing Millennium, UCL Press
- ^ a b Dr. Okasha El Daly, Deciphering Egyptian Hieroglyphs in Muslim Heritage Archiviato il 16 ottobre 2008 in Internet Archive., Museum of Science and Industry in Manchester
- ^ Affermazione non condivisa o corroborata dagli studiosi. Cfr. il lemma «Ibn Waḥshiyya», redatto da Toufic Fahd per la The Encyclopaedia of Islam, che afferma: "Probably originally Christian before being converted to Islam..."
- ^ "Natural History" di S.H. Nasr in A History of Muslim Philosophy, a cura e con presentazione di M.M. Sharif (1966), volume II, p. 1323
- ^ Dr. Okasha El Daly (2005), Egyptology: The Missing Millennium: Ancient Egypt in Medieval Arabic Writings, UCL Press, ISBN 1-84472-063-2 (cf. Arabic Study of Ancient Egypt Archiviato il 29 settembre 2007 in Internet Archive., Foundation for Science Technology and Civilisation)
- ^ Londra, W. Bulmer and Co. and sold by G. and W. Nicol, 1806.
- ^ Robin McKie, Arab scholar 'cracked Rosetta code' 800 years before the West, in The Observer, Guardian News and Media Limited 2007, 3 ottobre 2004. URL consultato il 23 maggio 2007.
- ^ Cfr. ZDMG, XXIX (1875), pp. 453 e ss.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (FR) E. Renan, "Sur les débris de l'ancienne littérature babylonienne conservés dans les traditions arabes", in Mémoires de l’Académie des Inscriptions, XXIV/1 (1861), pp. 139-90
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ibn Wahshiyya
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Ibn Waḥshīyah, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 88345338 · ISNI (EN) 0000 0001 1985 3765 · CERL cnp00169601 · LCCN (EN) n88250347 · GND (DE) 100998151 · BNF (FR) cb12212127s (data) · J9U (EN, HE) 987007262867805171 |
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