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Etō Shinpei

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Etō Shinpei

Etō Shinpei (Provincia di Hizen, 18 marzo 1834Prefettura di Saga, 13 aprile 1874) è stato un politico, samurai e rivoluzionario giapponese. Fu attivo soprattutto durante la restaurazione imperiale, tra la fine del Periodo Edo e l'inizio dell'Era Meiji.[1]

Etō nacque in una famiglia povera nella città di Saga, capoluogo del dominio omonimo situato nel Kyushu. Nel 1848 iniziò i propri studi presso la scuola gestita dal Clan Nabeshima, che governava i territori della Provincia di Hizen. Nel 1853 scrisse un articolo in cui auspicava l'apertura del Giappone al resto del mondo, per incrementarne il potere economico e militare. Quattro anni più tardi si sposò e cominciò a lavorare al Castello di Saga come sottoposto dei feudatari locali. In quanto subordinato del Dominio di Saga, egli si schierò a favore dell'Esercito imperiale giapponese nella Guerra Boshin contro il governo dello shogun. Dopo la vittoria della fazione imperiale, nel 1872 Etō divenne ministro della giustizia e si occupò della redazione del primo codice penale nella storia dell'Impero giapponese. L'anno seguente fu nominato consulente del Daijō-kan, ovvero il Gran Consiglio di Stato del Giappone imperiale. Tuttavia si dimise da tale carica, quando la sua mozione di invadere il Regno di Corea venne disapprovata.

Dopo essersi dimesso dall'incarico governativo, Etō Shinpei fece ritorno nella natia Saga, dove si unì a una banda di ex samurai insoddisfatti dalle politiche del governo Meiji. Insieme ad altri liberali membri del Movimento per la libertà e i diritti del popolo, fondò l'Aikoku Kōtō (Partito Pubblico dei Patrioti), formazione politica assai critica nei confronti del governo. Tuttavia il partito non ebbe molto seguito, così Etō decise di ricorrere all'insurrezione, dando inizio alla Ribellione di Saga. L'allora ministro dell'Interno del Giappone Ōkubo Toshimichi, rispose con durezza al fuoco dei ribelli, guidando l'esercito lealista alla vittoria. Quattro giorni dopo il termine della sommossa, Etō Shinpei e altri 13 esponenti della fazione dissidente furono giustiziati mediante decapitazione.[2]

  • "Shinpei Eto and the Meiji Restoration" di Tsuruko Suzuki (The Asahi Shimbun)

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