Vai al contenuto

De analogia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Sull'analogia
Titolo originaleDe analogia libri II ad M. Tullium Ciceronem
Ritratto di Cesare
AutoreGaio Giulio Cesare
1ª ed. originale55 a.C.
Generesaggio
Sottogenerelinguistico
Lingua originalelatino

De analogia (Titolo completo: De analogia libri II ad M. Tullium Ciceronem) è il titolo di un'opera in due volumi, dedicata a Cicerone, in cui Giulio Cesare si occupava di questioni linguistiche. Solo un piccolo numero di frammenti è oggi conservato.[1] Svetonio racconta che Cesare scrisse il De analogia mentre, insieme al suo esercito, attraversava le Alpi.[2]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teoria analogista.

Analogia significa aderenza alle regole grammaticali tradizionali e il rifiuto che esse si adeguino ai cambiamenti intervenuti nella lingua parlata. Dopo la composizione dei Commentarii de bello Gallico Cesare si sentì in un certo senso obbligato a dirimere alcune questioni linguistiche in riferimento alla sua opera, scrivendo che "la scelta delle parole è alla base dell'eloquenza."[3] Cicerone stesso ricorda che il De Analogia di Cesare era stato scritto con la massima accuratezza.[4]

  • harena dovrebbe essere usato solo al singolare (infatti al singolare significa: "spiaggia", mentre al plurale: "granelli di sabbia")
  • quadrigae ("carrozza trainata da quattro cavalli") dovrebbe essere usato solo al plurale
  • la variante Calypsonem dovrebbe essere preferita alla declinazione del termine greco latinizzato Calipso[5]
  • turbonem dovrebbe essere preferito a turbinem, perché turbo significa "tempesta"[6][senza fonte]


Nell'antico dizionario latino De verborum significatu di Sesto Pompeo Festo, che era una nuova edizione dell'omonima opera di Verrio Flacco, Festo cita un frammento del De analogia nell'ambito di una discussione sulle consonanti doppie.[7] Cesare limita l'antico alfabeto latino a undici lettere. Un raffronto con l'analogo frammento di Marco Terenzio Varrone mostra comunque che Cesare vuole qui indicare soltanto le antiche consonanti.[8]

  1. ^ Gaio Giulio Cesare: Frammenti dal De analogia libri II
  2. ^ Svetonio, Giulio Cesare 6.5 Archiviato il 30 maggio 2012 in Archive.is.; cfr. Marco Cornelio Frontone nel suo De bello Parthico 9: Quod te vix quicquam nisi raptim et furtim legere posse prae curis praesentibus scripsisti, fac memineris et cum animo tuo cogites C. Caesarem atrocissimo bello Gallico cum alia multa militaria tum etiam duos De analogia libros scrupulosissimos scripsisse, inter tela volantia de nominibus declinandis, de verborum aspirationibus et rationibus inter classica et tubas.
  3. ^ Gaio Giulio Cesare, De Analogia Libri II, citato in: Marco Tullio Cicerone, Brutus 253
  4. ^ accuratissime (Marco Tullio Cicerone, Brutus 253)
  5. ^ Marco Fabio Quintiliano pensò si trattasse di un uso arcaico "in difesa dell'antichità"; in: Institutio Oratoria I.5.63
  6. ^ Dilke (1957) trova ciò "molto insolito", sebbene la forma turbonem fosse di uso più frequente in Roma antica. Il termine latino turbo descrive "una tromba d'aria" e un "tornado", il termine turbedo ("tempesta") è un derivato.
  7. ^ Sesto Pompeo Festo, De verborum significatu V 108.7–13, (Grammatici Latini, ed. Keil 2002)
  8. ^ Alessandro Garcea, "César et l'alphabet: Un fragment du De Analogia (frg. 4 p. 148 funaioli = 5 p. 179 s. Klotz)", in: Histoire épistémologie langage, Vol. XXIV No. 2 (2002), pp. 147–164
  • Alessandro Garcea (a cura di), Caesar’s De Analogia, Edition, translation and commentary, New York, Oxford University Press, 2012.