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Arima Naozumi

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Arima Naozumi[1] (有馬 直純?; 15863 giugno 1641) è stato un daimyō giapponese del clan Arima durante il periodo Edo.

Figlio ed erede del daimyo cristiano Arima Harunobu, fu battezzato da bambino con il nome Michele (ミゲル?). Nacque nel castello di Hinoe a Shimabara ma fu mandato da suo padre a lavorare accanto a Tokugawa Ieyasu all'età di 15 anni. Sposò la nipote di Konishi Yukinaga Marta (マルタ?); tuttavia, al fine di ingraziarsi Ieyasu, divorziò dalla moglie cristiana e sposò la figlia adottiva di Ieyasu, Kuni-hime, nel 1610. Nel 1612, ereditò la terra di suo padre valutata a 40.000 koku a Shimabara quando suo padre fu giustiziato per il suo ruolo nell'incidente di Okamoto Daihachi. Tokugawa Ieyasu ordinò una persecuzione generale di tutti i cristiani in Giappone, e Naozumi immediatamente abbandonò la sua fede cristiana, scacciò la sua ex moglie e segretamente uccise i suoi due fratellastri: Francesco di 8 anni e Mattia, di 6 anni.

Tuttavia era insoddisfatto delle continue rivolte e del caos a seguito della persecuzione cristiana e chiese allo shogunato Tokugawa di trasferirlo a Nobeoka nella provincia di Hyuga (53.000 koku)[2]. Quando scoppiò la rivolta di Shimabara nel suo vecchio feudo nel 1637, rispose alla chiamata dello Shogunato e guidò un distaccamento di 4.000 soldati per sopprimere la ribellione. Morì nel 1641, durante il suo Sankin kōtai a Osaka.

  1. ^ Per i biografati giapponesi nati prima del periodo Meiji si usano le convenzioni classiche dell'onomastica giapponese, secondo cui il cognome precede il nome. "Arima" è il cognome.
  2. ^ (EN) Edmond Papinot, Historical and geographical dictionary of Japan, F. Ungar Pub. Co., 1964, p. 21.