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Bandiera d'Italia: differenze tra le versioni

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Le bandiere navali portano simboli al centro della banda bianca per distinguersi dalla [[bandiera del Messico]]<ref name="messico" />:
Le bandiere navali portano simboli al centro della banda bianca per distinguersi dalla [[bandiera del Messico]]<ref name="messico" />:
*la bandiera militare porta lo [[stemma della Marina Militare]]: uno [[scudo]], sormontato da una corona turrita e rostrata, che riunisce in quattro parti gli stemmi delle repubbliche marinare (Venezia, Genova, Pisa, Amalfi) – in cui il [[leone di San Marco]] porta la spada;
*la bandiera militare porta lo [[stemma della Marina Militare]]: uno [[Scudo (araldica)|scudo]], sormontato da una corona [[Corona muraria|turrita]] e [[Corona navale|rostrata]], che riunisce in quattro parti gli stemmi delle repubbliche marinare ([[Repubblica di Venezia|Venezia]], [[Repubblica di Genova|Genova]], [[Repubblica di Pisa|Pisa]], [[Ducato di Amalfi|Amalfi]]) – in cui il [[leone di San Marco]] porta la spada;
*la bandiera civile porta uno stemma identico a quello della marina militare, ma senza corona e in cui il leone di San Marco porta il libro;
*la bandiera civile porta uno stemma identico a quello della marina militare, ma senza corona e in cui il leone di San Marco porta il libro;
*la bandiera di Stato porta l'[[emblema della Repubblica Italiana]].
*la bandiera di Stato porta l'[[emblema della Repubblica Italiana]].

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Bandiera d'Italia
Bandiera d'Italia
Proporzioni2:3
Simbolo FIAVBandiera nazionale
ColoriPantone

      (17-6153)

      (11-0601)

      (18-1662)

CMYK

      (C:100 M:0 Y:100 K:0)

      (C:0 M:0 Y:0 K:5)

      (C:0 M:100 Y:100 K:0)

RGB

      (R:0 G:146 B:70)

      (R:241 G:242 B:241)

      (R:206 G:43 B:55)

UsoBandiera civile e di stato
Tipologianazionale
Adozione2 giugno 1946
NazioneItalia
Altre bandiere ufficiali
Navale civileNavale civile Bandiera navale civile Bandiera normale o bandiera di diritto 2:3
Navale di statoNavale di stato Bandiera navale di stato Bandiera normale o bandiera di diritto 2:3
Navale militareNavale militare Bandiera navale militare Bandiera normale o bandiera di diritto 2:3
Stendardo del presidente
della Repubblica
Stendardo del presidente della Repubblica Simbolo vessillologico Bandiera normale o bandiera di diritto 1:1
Stendardo dei presidenti
emeriti
Stendardo dei presidenti emeriti Simbolo vessillologico Bandiera normale o bandiera di diritto 1:1
Bandiera del presidente
del Consiglio
Bandiera del presidente del Consiglio Simbolo vessillologico Bandiera normale o bandiera di diritto 2:3
Stendardo del Presidente
supplente
Stendardo del Presidente supplente Simbolo vessillologico Bandiera normale o bandiera di diritto
Stendardo del Presidente
emerito
Stendardo del Presidente emerito Simbolo vessillologico Bandiera normale o bandiera di diritto
Fotografia
Il Tricolore d'Italia garrisce presso l'Altare della Patria, piazza Venezia, Roma.

«Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme,
già l'ora suonò.[N 1]»

La bandiera d'Italia, conosciuta in Italia anche come il Tricolore, è il vessillo nazionale della Repubblica Italiana. È una bandiera a tre colori composta da verde, bianco e rosso partendo dall'asta, a tre bande verticali di eguali dimensioni[N 2], così definita dall'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nº 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947.

La legge ne regolamenta l'utilizzo e l'esposizione, ne tutela la difesa prevedendo il reato di vilipendio della stessa e ne prescrive l'insegnamento nelle scuole insieme agli altri simboli patri italiani.

Alla bandiera italiana è dedicata la Festa del Tricolore, istituita dalla legge n° 671 del 31 dicembre 1996, che si tiene ogni anno il 7 gennaio. Questa celebrazione ricorda la prima adozione ufficiale del tricolore come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana, che avvenne il 7 gennaio 1797.

In seguito la bandiera italiana è diventata uno dei simboli più importanti del Risorgimento, che culminò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia, di cui il tricolore divenne vessillo nazionale. La bandiera tricolore ha attraversato più di due secoli di storia d'Italia, salutandone tutti gli avvenimenti più importanti.

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della bandiera d'Italia.

Le premesse: la coccarda italiana tricolore

Lo stesso argomento in dettaglio: Coccarda italiana tricolore.
Bandiera normale o bandiera di dirittoLa bandiera francese

Anche la bandiera italiana, come altri vessilli nazionali, si ispira a quella francese, introdotta dalla Rivoluzione nell'autunno del 1790 sulle navi da guerra transalpine[2] e simbolo di rinnovamento sociale e politico[3][4][5]. Il tricolore blu, bianco e rosso debuttò invece in precedenza, il 17 luglio 1789, tre giorni dopo la presa della Bastiglia, su coccarde appuntante sopra le divise della Guardia nazionale francese[2]. Il tricolore francese diventò poi ufficialmente bandiera nazionale il 15 febbraio 1794[2].

Poco dopo gli eventi rivoluzionari francesi, anche in Italia iniziarono a diffondersi estesamente gli ideali di rinnovamento sociale – sulla scorta della propugnazione della dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 – e successivamente anche politico, con i primi fermenti patriottici indirizzati all'autodeterminazione nazionale: per tale motivo la bandiera francese diventò prima riferimento dei giacobini italiani e in seguito fonte di ispirazione per la creazione di un vessillo identitario italiano[5].

Pare che il verde, il bianco e il rosso del tricolore italiano non abbiano debuttato su una bandiera, bensì su una coccarda tricolore. Le prime sporadiche dimostrazioni favorevoli agli ideali della rivoluzione francese, da parte della popolazione italiana, avvennero nell'agosto del 1789 con la comparsa, soprattutto nello Stato Pontificio, di coccarde di fortuna costituite da semplici foglie di alberi, che vennero appuntate sui vestiti dei manifestanti richiamando le analoghe proteste avvenute in Francia poco tempo prima[6].

La coccarda italiana tricolore

In seguito la popolazione italiana iniziò a usare coccarde vere e proprie: al verde delle foglie degli alberi già utilizzato in precedenza, vennero aggiunti il bianco e il rosso in modo da richiamare in modo più marcato gli ideali rivoluzionari francesi[7]. All'epoca non era ancora avvenuta una presa di coscienza nazionale vera e propria, tant'è che molti manifestanti italiani credevano erroneamente che la coccarda verde, bianca e rossa simboleggiasse il tricolore francese[6].

La prima traccia documentata dell'utilizzo della coccarda tricolore italiana è datata 21 agosto 1789: negli archivi storici della Repubblica di Genova è riportato che testimoni oculari avessero visto aggirarsi per la città alcuni manifestanti aventi appuntata sui vestiti "[...] la nuova coccarda francese bianca, rossa e verde introdotta da poco tempo a Parigi [...]"[8].

Il verde, il bianco e il rosso applicati su una coccarda tricolore ricomparirono durante la fallita sommossa di Bologna contro lo Stato Pontificio del 13-14 novembre 1794 per opera di Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis[9][10]. Questa genesi è però contestata da alcuni studiosi, che sostengono la tesi per la quale le coccarde di Zamboni e De Rolandis fossero in realtà bianche e rosse (i colori dello stemma di Bologna), con inserti verdi non voluti e aggiunti per errore[11]. Il verde, il bianco e il rosso ricomparvero, sempre nell'autunno del 1794, anche in Lombardia[12].

Gli stendardi di Cherasco

La torre del municipio di Cherasco

La traccia documentata più antica che cita la bandiera tricolore italiana è legata alla prima discesa di Napoleone Bonaparte nella penisola italiana. Con l'avvio della prima campagna d'Italia, in molti luoghi i giacobini della penisola insorsero, contribuendo, insieme ai soldati italiani inquadrati nell'esercito napoleonico, alle vittorie francesi[13][14].

Questo rinnovamento venne accettato dagli italiani nonostante fosse legato alle convenienze della Francia napoleonica, che aveva forti tendenze imperialiste, perché la nuova situazione politica era migliore di quella precedente: il legame a doppio filo con la Francia era infatti molto più accettabile dei secoli passati nell'assolutismo[15].

Il primo territorio a venir conquistato da Napoleone fu il Piemonte; nell'archivio storico del comune piemontese di Cherasco è conservato un documento che comprova, il 13 maggio 1796, in occasione dell'omonimo armistizio tra Napoleone e le truppe austro-piemontesi, il primo cenno al tricolore italiano, che è riferito a stendardi comunali issati su tre torri del centro storico[16]:

«[...] si è elevato uno stendardo, formato con tre tele di diverso colore, cioè Rosso, Bianco, Verde Bleu. [...]»

Sul documento il termine «verde» è stato successivamente barrato e sostituito da «bleu», cioè dal colore che forma – insieme al bianco e al rosso – la bandiera francese[3].

La bandiera militare della Legione Lombarda

Lo stesso argomento in dettaglio: Legione Lombarda.

Inizialmente molte città innalzarono il tricolore francese: il nuovo conquistare non era, come in tempi antichi, "geloso" dei propri colori ma orgoglioso che essi vengano messi bene in mostra, essendo questi i simboli di un esercito conquistatore e di un popolo vittorioso[17]. È alla bandiera francese che i documenti, almeno fino all'ottobre 1796, fanno riferimento quando usano il termine "tricolore"[17].

L'11 ottobre 1796 Napoleone comunicava al Direttorio la nascita della Legione Lombarda, un'unità militare costituita dall'Amministrazione generale della Lombardia[18][19]. Su questo documento, in riferimento alla sua bandiera di guerra, che venne proposta a Napoleone dai patrioti milanesi[20], è riportato che[21]:

(FR)

«[...] les couleurs nationales qu'ils ont adopté sont le vert, le blanc et le rouge. [...]»

(IT)

«[...] i colori nazionali adottati sono il verde, il bianco e il rosso. [...]»

Bandiera storica, attualmente desuetaLo stendardo dei cacciatori a cavallo della Legione Lombarda, il cui originale è conservato al museo del Risorgimento di Milano

A tal proposito, uno dei patrioti milanesi filo napoleonici, l'avvocato Giovanni Battista Sacco, dichiarò[20]:

«[...] Già il tricolore vessillo che da gran tempo ci lusinga di renderci liberi soggiace a riforma: il color nostro nazionale vi ha parte e in certo modo ci si assicura che presso è a spuntare l'aurora apportatrice della nostra rigenerazione [...]»

Secondo le fonti più autorevoli la scelta perpetrata dai membri della Legione Lombarda di sostituire il blu della bandiera francese con il verde è legata al colore delle divise della Milizia cittadina milanese, i cui componenti, fin dal 1782, indossavano un'uniforme di questa tonalità; per tale motivo, in dialetto milanese, i membri di questa guardia comunale erano popolarmente chiamati remolazzit, ovvero "piccoli rapanelli", richiamando le rigogliose foglie verdi di questo ortaggio[22].

Anche il bianco e il rosso, oltre a essere peculiari dell'antichissimo stemma comunale di Milano, che è costituito da una croce rossa su campo bianco, erano comuni sulle divise militari lombarde dell'epoca[4][22][23]. Non fu quindi un caso che il tricolore verde, bianco e rosso sia stato scelto come insegna dalla Legione Lombarda[4]: questi tre colori erano molto diffusi in ambito militare, perlomeno in Lombardia[22].

Il debutto del tricolore, a cui è legata la prima approvazione ufficiale della bandiera italiana da parte delle autorità, fu quindi come insegna militare della Legione Lombarda e non ancora come bandiera nazionale di uno Stato[24]. Il 6 novembre 1796 la prima coorte della Legione Lombarda ricevette il proprio vessillo tricolore nel corso di una solenne cerimonia alle ore cinque pomeridiane in piazza del Duomo a Milano[19][21][23]. La bandiera si presentava divisa in tre fasce verticali; riportava inoltre la scritta "Legione Lombarda" e il numero di coorte, mentre al centro era presente una corona di quercia che racchiudeva un berretto frigio e una squadra massonica con pendolo[25].

Bandiere della stessa foggia furono assegnate anche alle altre cinque coorti costituite[18]. Tutti e sei i vessilli sono ancora esistenti: cinque esposti all'Hures Museum di Vienna e uno al musée de l'Armée di Parigi[21]. Una bandiera della Legione Lombarda consegnata solo successivamente alla coorte dei cacciatori a cavallo, risalente al 1797, è conservata al museo del Risorgimento di Milano[21].

Con il susseguirsi delle vittorie militari di Napoleone e la conseguente nascita delle repubbliche favorevoli agli ideali rivoluzionari, in molte città italiane si assunsero, sugli stendardi militari, il rosso, il bianco e il verde quali simbolo di innovazione sociale e politica[5].

La bandiera militare della Legione Italiana

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Cispadana.
Bandiera storica, attualmente desuetaBandiera della Guardia Civica Modenese della Repubblica Cispadana

Dal 16 al 18 ottobre 1796, a Modena, si tenne un congresso a cui parteciparono i delegati di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio nell'Emilia, che decretò la nascita della Repubblica Cispadana, con l'avvocato Antonio Aldini in qualità di presidente.

Il congresso deliberò anche la costituzione di una Legione Italiana, poi ridenominata Legione Cispadana[26], che avrebbe dovuto partecipare insieme alla Francia a una guerra contro gli austriaci; il vessillo militare di questa unità militare era composto da un tricolore rosso, bianco e verde, probabilmente ispirato dall'analoga decisione della Legione Lombarda[21][20][27]:

«[...] Si decreta la costituzione della Confederazione Cispadana, e la formazione della Legione Italiana, le cui coorti debbono avere come bandiera il vessillo bianco, rosso e verde adorna degli emblemi della libertà. [...]»

«[...] ART.VIII Ogni Coorte avrà la sua bandiera a tre colori Nazionali Italiani, distinte per numero, e adorne degli emblemi della Libertà. I numeri delle Coorti saranno estratti a sorte fra quelle formate delle quattro Provincie. [...]»

Come già accennato, non si trattò ancora di una bandiera nazionale, ma nuovamente di una bandiera di guerra[25].

Il vessillo civico della congregazione di Bologna

Il 18 ottobre 1796[23] la congregazione filo-napoleonica dei magistrati e deputati aggiunti di Bologna (davanti al cittadino De Bianchi, ai cittadini-senatori: Segni, Malvezzi, Isolani, Angeletti, Bargellini, Cospi, Marescalchi, Bentivoglio, con i cittadini legali consiglieri Gavazzi, il sindaco Tacconi e l'avvocato Antonio Aldini), al terzo punto della discussione, deliberò la creazione di un vessillo civico tricolore, questa volta sganciato dall'uso militare. Su un documento conservato nell'Archivio di Stato di Bologna si può leggere:

«[...] Bandiera coi colori Nazionali – Richiesto quali siano i colori Nazionali per formarne una Bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso [...][23][N 3]»

Dopo l'adozione da parte della congregazione bolognese il tricolore diventò simbolo politico della lotta per l'indipendenza dell'Italia dalle potenze straniere, visto il suo utilizzo anche in ambito civile[23]. A questo vessillo bolognese, legato a una realtà comunale e quindi avente ancora respiro prettamente locale, e agli stendardi militari della Legione Lombarda e di quella Italiana, si ispirò poi la successiva adozione della bandiera italiana da parte di un organismo statale, la Repubblica Cispadana, che avvenne il 7 gennaio 1797[4][28].

La bandiera nazionale della Repubblica Cispadana

La settecentesca Sala del Tricolore, poi diventata sala consiliare del comune di Reggio nell'Emilia, dove nacque la bandiera italiana

A Reggio nell'Emilia, il 27 dicembre 1796, in un'assemblea che avvenne in un salone del municipio della città in seguito ribattezzato Sala del Tricolore, 110 delegati presieduti da Carlo Facci approvarono la carta costituzionale della Repubblica Cispadana, comprendente i territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia[29]. In riunioni successive vennero decretate e ufficializzate molte decisioni, tra cui la scelta dell'emblema della neonata repubblica[30].

Ad avanzare la proposta di adozione di una bandiera nazionale verde, bianca e rossa fu Giuseppe Compagnoni in un'assemblea avvenuta il 7 gennaio, che per questo è ricordato come il "padre del tricolore"[25][30][31]. Il decreto di adozione recita[32]:

«[...] [Giuseppe Compagnoni] fa pure mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Vien decretato. [...]»

La decisione del congresso di adottare una bandiera tricolore verde, bianca e rossa fu poi salutata da un'atmosfera giubilante, tanto era l'entusiasmo dei delegati, e da scrosci di applausi[22]. La storica seduta del congresso non specificò le caratteristiche di questa bandiera con la determinazione della tonalità e della proporzione dei colori, e non precisò neppure la loro collocazione sul vessillo[33]. Sul verbale della riunione di sabato 7 gennaio 1797[23], avvenuta anch'essa nella futura Sala del Tricolore, si può leggere[34]:

Bandiera storica, attualmente desuetaBandiera della Repubblica Cispadana

«[...] Sempre Compagnoni fa mozione che lo stemma della Repubblica sia innalzato in tutti quei luoghi nei quali è solito che si tenga lo Stemma della Sovranità. Decretato [...]»

«[...] Fa pure mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Viene decretato. [...][23]»

«[...] Dietro ad altra mozione di Compagnoni dopo qualche discussione, si decreta che l'Era della Repubblica Cispadana incominci dal primo giorno di gennaio del corrente anno 1797, e che questo si chiami Anno I della Repubblica Cispadana da segnarsi in tutti gli atti pubblici, aggiungendo, se si vuole, l'anno dell'Era volgare. [...]»

Per la prima volta il tricolore diventò ufficialmente bandiera nazionale di uno Stato sovrano, sganciandosi dal significato militare e civico locale: con questa adozione la bandiera italiana assunse pertanto un'importante valenza politica[34][35]. Nella seduta del 21 gennaio, tenutasi questa volta a Modena, dove nel frattempo erano stati spostati i lavori congressuali, la decisione venne resa esecutiva:

«[...] confermando le delibere di precedenti adunanze – decretò vessillo di Stato il Tricolore – per virtù d'uomini e di tempi – fatto simbolo dell'unità indissolubile della Nazione. [...]»

Il vessillo che fu poi utilizzato dalla Repubblica Cispadana si presentava interzato in fascia con il rosso in alto, con al centro l'emblema della repubblica e ai lati le lettere "R" e "C", ovvero le iniziali delle due parole che formano il nome del neonato organismo statale[25][33].

La bandiera italiana fu esposta per la prima volta in pubblico a Modena il 12 febbraio 1797; per celebrare l'avvenimento venne organizzato un corteo per le vie della città, che passò alla storia con il nome di "passeggiata patriottica"[36], con esponenti della guardia civica e dell'esercito che le tributavano solennemente onore[33]. Da questa data il tricolore italiano si diffuse anche al di fuori dei confini emiliani, soprattutto in Lombardia, e iniziò a essere adoperato sempre più spesso come vessillo militare dai soldati napoleonici che combattevano in Italia[33].

A Bergamo fu decretato l'obbligo, da parte dei civili, di portare una coccarda tricolore appuntata sui vestiti, coercizione che venne sancita, il 13 maggio 1797, anche a Modena e Reggio nell'Emilia[37][38]. Anche senza bisogno di obblighi da parte delle autorità, la coccarda si diffuse sempre di più tra la popolazione, che la portava con fierezza, gettando le basi, insieme ad altri fattori, al Risorgimento[39].

La bandiera nazionale della Repubblica Cisalpina

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Cisalpina.
Bandiera storica, attualmente desuetaLa bandiera della Repubblica Cisalpina

Pochi mesi dopo, il 29 giugno 1797, con l'unione tra le repubbliche Cispadana e Transpadana, si costituì la Repubblica Cisalpina, un organismo statale filonapoleonico di vaste dimensioni con capitale Milano[15][40].

Alla celebrazione formale della nascita nella neonata repubblica, che avvenne il 9 luglio nel capoluogo meneghino, parteciparono 300.000 persone (secondo altre fonti, molte meno: 25.000 persone[10]), tra comuni cittadini, militari francesi e i rappresentanti dei maggiori comuni della repubblica[15]. La manifestazione, che ebbe luogo al Lazzaretto di Milano, fu caratterizzata da un tripudio di bandiere e coccarde tricolori[41]. Nell'occasione Napoleone diede solennemente ai reparti militari della neonata repubblica, dopo averli passati in rassegna, i loro vessilli tricolori[10].

Originariamente i colori della bandiera della Repubblica Cisalpina erano disposti orizzontalmente, con il verde collocato in alto[41], ma l'11 maggio 1798, il Gran Consiglio del neonato Stato scelse, come vessillo nazionale, un tricolore italiano con i colori disposti verticalmente[25][42][43]:

«[...] la Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all'asta, verde, la successiva bianca, la terza rossa. L'Asta è similmente tricolorata a spirale, colla punta bianca [...]»

In questo periodo nacque l'attaccamento della popolazione nei confronti della bandiera italiana, che iniziò a entrare nell'immaginario collettivo come simbolo del Paese[44].

Ciò valeva soprattutto nell'esercito, dove il vessillo militare tricolore era difeso a tutti i costi dalla cattura del nemico. Significativo fu un episodio che accadde il 16 gennaio 1801, durante la seconda Repubblica Cisalpina[45]: l'ufficiale napoleonico Teodoro Lechi, durante uno scontro con gli austriaci dove era conteso un ponte sull'Adige a Trento, ebbe la peggio, ma prima di arrendersi decise di bruciare le bandiere tricolori del reparto militare per evitare che finissero nelle mani del nemico[44].

La bandiera nazionale della Repubblica Italiana e quella del Regno d'Italia

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Italiana (1802-1805) e Regno d'Italia (1805-1814).

Con la trasformazione della Repubblica Cisalpina in Repubblica Italiana (1802-1805), anch'essa direttamente dipendente dalla Francia napoleonica, la disposizione dei colori sulla bandiera mutò in una composizione formata da un quadrato verde inserito in un quadrato bianco[46], a sua volta incluso in un quadrato rosso: da questa bandiera ha tratto ispirazione lo stendardo presidenziale italiano in uso dal 14 ottobre 2000. Il decreto di adozione di questa bandiera, che è datato 20 agosto 1802, recita[47]:

Bandiera storica, attualmente desueta Bandiera della Repubblica Italiana (1802-1805)

«[...] [la bandiera della Repubblica Italiana è formata da] un quadrato a fondo rosso, in cui è inserito un rombo a fondo bianco, contenente un altro quadrato a fondo verde [...]»

Il vicepresidente della Repubblica Francesco Melzi d'Eril avrebbe voluto eliminare il verde dal vessillo ma, a causa dell'opposizione di Napoleone e delle «pressioni di forze morali massoniche democratiche»[N 4], il colore venne mantenuto[48].

Con la trasformazione della Repubblica Italiana in Regno d'Italia (1805-1814) la bandiera non subì modifiche formali[48]. La spinta rivoluzionaria napoleonica subì nel frattempo un'evoluzione, assumendo tinte più reazionarie: venne abolito, ad esempio, il calendario rivoluzionario francese, che fu sostituito dall'antico calendario pre-rivoluzionario, e molti miti della Rivoluzione francese, come la presa della Bastiglia, passarono in secondo piano[49].

Questo vento di cambiamento si ripercosse anche sull'uso delle bandiere e delle coccarde: il tricolore italiano fu sempre più sostituito da quello francese, con il blu della bandiera d'oltralpe che prese il posto del verde del vessillo italiano[46]. Questo cambiamento fu anche ufficiale: le fasce dei sindaci ora richiamavano il tricolore francese e non più quello italiano[46].

Nonostante queste limitazioni il tricolore verde, bianco e rosso continuò a entrare sempre di più nell'immaginario collettivo degli italiani diventando, a tutti gli effetti, un simbolo inequivocabile di italianità[50][51]. In poco meno di vent'anni, la bandiera italiana, da semplice vessillo derivato da quello francese, aveva acquisito una sua peculiarità, divenendo assai celebre e conosciuta[50].

Il Risorgimento e l'Unità d'Italia

Lo stesso argomento in dettaglio: Risorgimento.

Dai moti del 1821 alle rivolte del 1848

Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione dei regimi monarchici assolutistici, il tricolore italiano entrò in clandestinità, diventando simbolo dei fermenti patriottici che iniziarono a percorrere l'Italia, la cui stagione è conosciuta come Risorgimento[20][50].

L'11 marzo 1821, durante i moti piemontesi, il tricolore italiano sventolò per la prima volta nella storia risorgimentale alla Cittadella di Alessandria dopo l'oblio causato dalla Restaurazione[52][53]. All'episodio Giosuè Carducci dedicò questi versi[54]:

«Innanzi a tutti, o nobile Piemonte,
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l'aure per primo il tricolore, Santorre
di Santarosa
»

Non tutte le fonti sono però concordi; alcune di esse documentano che la bandiera che garriva ad Alessandria sia stata in realtà costituita da altri colori: il vessillo del Regno di Sardegna oppure il tricolore nero, rosso e blu della carboneria[55].

Bandiera storica, attualmente desuetaBandiera della Giovine Italia

La bandiera verde, bianca e rossa riapparve nel corso dei moti del 1830-1831[52], soprattutto grazie a Ciro Menotti, il patriota che diede inizio alla ribellione in Italia[56][57]. Nel 1831 Giuseppe Mazzini lo scelse come emblema della Giovine Italia[58][59][60]; a partire dal 1833-1834, grazie all'opera di Mazzini, il simbolismo del tricolore si diffuse sempre di più[61] ad iniziare dall'Italia settentrionale e centrale[52].

Nel 1834 venne adottato dai rivoltosi che tentarono di invadere la Savoia[60][62], mentre un vessillo tricolore della Giovane Italia fu portato nel 1835 in America meridionale da Giuseppe Garibaldi durante il suo esilio[63]. La bandiera italiana si diffuse anche tra gli esiliati politici, diventando il simbolo della lotta per l'indipendenza e della pretesa di avere costituzioni più liberali[63].

Il tricolore italiano fu sventolato anche durante le insurrezioni del 1837 in Sicilia, del 1841 in Abruzzo e del 1843 in Romagna[52][64]. Nel 1844 un tricolore della Giovine Italia accompagnò i fratelli Bandiera nel fallito tentativo di sollevare le popolazioni del Regno delle Due Sicilie[64][61][62].

Tricolori italiani sventolarono, sfidando le autorità, che ne avevano decretato il divieto, anche in occasione della commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca. Nel corso di tale manifestazione, che avvenne il 10 dicembre 1847 a Genova sul piazzale del santuario della Nostra Signora di Loreto del quartiere di Oregina, debuttò, eseguito dalla Filarmonica Sestrese, Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno nazionale italiano dal 1946[62][65]. Il Canto degli Italiani, in una strofa, cita la bandiera italiana:

«Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
di fonderci insieme,
già l'ora suonò[N 1]

Questo passaggio, che si legge nella seconda strofa, richiama alla speranza ("la speme") che l'Italia, ancora divisa negli stati preunitari, si fonda finalmente in un'unica nazione raccogliendosi sotto una sola bandiera: il tricolore[65].

I moti del 1848 e la prima guerra d'indipendenza

La bandiera italiana fu poi protagonista della primavera dei popoli, ovvero dell'ondata di moti rivoluzionari che sconvolsero l'Europa nel 1848 e nel 1849.

Nel marzo del 1848 le cinque giornate di Milano furono caratterizzate da una profusione di bandiere e coccarde tricolori[66][67]. Il 22 marzo nacque il Governo provvisorio di Milano presieduto dal podestà Gabrio Casati[68]. Alla notizia dell'abbandono della città da parte delle truppe austriache del feldmaresciallo Josef Radetzky, che avvenne lo stesso giorno e che significò la liberazione di Milano, il Governo provvisorio emise un proclama che recitava:

«[...] Facciamola finita una volta con qualunque dominazione straniera in Italia. Abbracciate questa bandiera tricolore che pel valor vostro sventola sul Paese e giurate di non lasciarvela strappare mai più [...]»

Il processo di trasformazione della bandiera d'Italia in uno dei simboli patri italiani venne completato, consolidandosi definitivamente, durante i moti milanesi[62]. Un tricolore di fortuna formato da camicie rosse, mostre verdi e un lenzuolo bianco, fu issato sul pennone della nave che riportava Giuseppe Garibaldi in Italia dall'America meridionale poco dopo lo scoppio della prima guerra d'indipendenza[70].

Bandiera storica, attualmente desuetaLa bandiera adottata da Carlo Alberto di Savoia nel 1848

Il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, quando scoppiò la prima guerra d'indipendenza (23 marzo 1848, ovvero all'indomani della cacciata degli austriaci da Milano), assicurò al governo provvisorio lombardo che le sue truppe, pronte a venirgli in aiuto, avrebbero utilizzato come bandiera militare un tricolore con lo stemma sabaudo sovrapposto sul bianco[71][72]. In particolare, il proclama del re del 23 marzo 1848 ai lombardi e ai veneti recitava:

«[...] e per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana, vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo Scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana [...]»

L'11 aprile 1848 il tricolore italiano divenne ufficialmente, tramite regio decreto, unica bandiera utilizzata sulle navi da guerra e sulla flotta mercantile del Regno di Sardegna, mentre il 28 aprile 1848, con analogo provvedimento, il vessillo verde, bianco e rosso diventò insegna ufficiale delle milizie comunali dello Stato sardo[74]. L'8 maggio 1848 il vessillo tricolore completò l'iter istituzionale, diventando bandiera nazionale ufficiale del Regno di Sardegna, quando fu innalzato per la prima volta su Palazzo Madama a Torino, sede del Senato Subalpino[75]. In un discorso pronunciato davanti al Parlamento subalpino il 9 giugno 1848, re Carlo Alberto dichiarò:

«[...] La bandiera tricolore fu e sarà benedetta da Dio, perché simbolo di una nazionalità dalla sua potenza creatrice stabilita [...]»

Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, Granduca di Toscana, nell'atto di concessione della costituzione (17 febbraio 1848), non cambiò il vessillo nazionale ("[...] Lo Stato conserva la sua bandiera e i suoi colori [...]"), ma accordò in seguito alle milizie toscane, tramite decreto, l'utilizzo di una sciarpa tricolore accanto ai simboli del Granducato (25 marzo 1848)[76]. Il Granduca, in seguito alle pressioni dei patrioti toscani, adottò poi la bandiera italiana anche come vessillo di Stato e come stendardo militare anche per le truppe mandate in aiuto a Carlo Alberto di Savoia[77][70]. Analoghi provvedimenti vennero adottati dal Ducato di Parma e Piacenza e dal Ducato di Modena e Reggio[78].

Questa svolta durò però fino alla fine della prima guerra d'indipendenza (1849), che causò la sconfitta dell'esercito di Carlo Alberto di Savoia, dopo la quale vennero ripristinate le antiche bandiere[79]. Solo il Regno di Sardegna confermò il tricolore italiano come bandiera nazionale di Stato anche a conflitto risorgimentale terminato[79].

La prima fase del pontificato di papa Pio IX fu caratterizzata da una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione[80]: all'inizio del 1848, in questo contesto, il Sommo Pontefice concesse l'utilizzo di cravatte tricolori annodate sui vessilli militari dell'esercito pontificio[81][82]. Successivamente, a causa delle proteste dei cattolici di lingua tedesca[83], cambiò atteggiamento, mettendosi contro i fermenti patriottici che pervadevano la penisola italiana[84]. La Repubblica Romana, costituitasi il 9 febbraio 1849 in seguito alla rivolta contro lo Stato Pontificio che detronizzò il papa, il 12 febbraio adottò come vessillo nazionale una bandiera verde, bianca e rossa con un'aquila repubblicana sulla punta dell'asta[85][86][87].

Bandiera storica, attualmente desuetaLa bandiera adottata dal Regno di Sicilia dal 1848 al 1849

Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, poco dopo lo scoppio delle rivolte, concesse prima la costituzione (10 febbraio 1848) e poi accordò (23 febbraio) l'utilizzo di sciarpe tricolore come ornamento della bandiera nazionale[88]. Il tricolore, nel Regno delle Due Sicilie, iniziò a sventolare il 12 gennaio nel corso della rivolta di Palermo contro il regno borbonico, che diede poi origine all'auto-proclamatosi Regno di Sicilia, durante la quale i patrioti solevano cantare, in lingua siciliana, il brano popolare Lu dudici jnnaru 1848 (it. "Il dodici gennaio 1848")[81][89][85]. Le rivolte però non si placarono[90], tant'è che il Regno di Sicilia decretò come bandiera nazionale un vessillo verde, bianco e rosso con una trinacria al centro[91][92]. In seguito ai tumulti scoppiati fuori dal neo insediato Parlamento napoletano (15 maggio), Ferdinando II di Borbone decise di spedire le truppe a sedare le rivolte in tutto il Regno delle Due Sicilie, ritrattando nel contempo tutte le concessione fatte poco tempo prima, costituzione e istituzione del parlamento compresi[90].

Il tricolore della Repubblica di San Marco, proclamatasi indipendente il 22 marzo del 1848 dall'Impero austriaco, era invece caratterizzato da un Leone Alato[93][94] collocato in alto a sinistra[91]. Il tricolore sventolò anche sulle barricate delle dieci giornate di Brescia[95] e in molti altri centri come Varese, Gallarate, Como, Melegnano, Cremona, Monza, Udine, Trento, Verona, Rovigo, Vicenza, Belluno e Padova[96].

Questa diffusione lungo tutta la Penisola fu la dimostrazione che la bandiera italiana aveva ormai assunto un simbolismo consolidato e valido su tutto il territorio nazionale[97]. In precedenza erano comuni, tra i patrioti, anche i colori della carboneria, ovvero il rosso, l'azzurro e il nero, ma dal 1848 il ruolo di simbolo identificativo della lotta per l'indipendenza fu assunto univocamente dal tricolore verde, bianco e rosso[98]. L'iconografia del tricolore iniziò poi a diffondersi, oltre che in ambito vessillologico e militare, anche in alcuni oggetti quotidiani come sciarpe e tessuti per abiti[99].

Dalla guerra di Crimea all'Unità d'Italia

Il 14 aprile 1855, prima della partenza per la guerra di Crimea, le bandiere tricolori italiane vennero affidate solennemente ai soldati da re Vittorio Emanuele II con la seguente frase di commiato "[...] Difendetele e riportatele coronate di nuova gloria [...]"[100][101][102]. Nel 1857 una bandiera italiana con l'asta sormontata da un berretto frigio e con archipendolo, simbolo di equilibrio sociale, fu protagonista del fallito tentativo di rivolta perpetrato da Carlo Pisacane ai danni del Regno delle Due Sicilie, la cosiddetta spedizione di Sapri[91][103]; Pisacane, per non farsi catturare, si suicidò – secondo la leggenda – fasciato con una bandiera tricolore[104][105].

Durante la seconda guerra d'indipendenza le città che man mano venivano conquistate da Vittorio Emanuele II e Napoleone III salutavano i due sovrani come liberatori in un tripudio di bandiere e coccarde tricolori; anche i centri in procinto di chiedere l'annessione al Regno di Sardegna tramite plebisciti sottolineavano la loro volontà di far parte di un'Italia unita con lo sventolio del tricolore[106]. La bandiera italiana garriva infatti in Toscana, in Emilia, nelle Marche e in Umbria, ma anche in città che avrebbero dovuto aspettare qualche tempo prima di essere annesse, come Roma e Napoli[107][108].

Bandiera storica, attualmente desuetaIl tricolore con lo stemma sabaudo, prima bandiera dell'Italia unita

È di questi anni il grande entusiasmo della popolazione nei confronti del tricolore: oltre che dall'esercito del Regno di Sardegna e dalle truppe di volontari che parteciparono alla seconda guerra d'indipendenza[97], la bandiera verde, bianca e rossa si diffuse capillarmente nelle regioni appena conquistate o annesse tramite plebiscito, comparendo sulle finestre delle case, nelle vetrine dei negozi e all'interno dei locali pubblici come alberghi, taverne, osterie, ecc.[109]

Il tricolore accompagnò, sebbene non ufficialmente[110], anche i volontari della spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi[111]; l'Eroe dei due Mondi, in particolare, aveva una deferenza e un ossequio assoluto nei confronti della bandiera italiana[112]. Dopo un'iniziale prudenza[113], man mano che Garibaldi conquistava le città dell'Italia meridionale durante la sua risalita lungo la Penisola, l'entusiasmo patriottico cresceva sempre di più, con le bandiere tricolori che sventolavano ovunque[114][115].

A Palermo i cantastorie cantavano in lingua siciliana "Li tri colura spinci pr'ogni via", ovvero "alza il tricolore in ogni via"[116]. Poco dopo la perdita della Sicilia, il 25 giugno 1860, re Francesco II di Borbone, tentando di limitare i danni vista la crescente partecipazione della popolazione all'impresa di Garibaldi, decretò che la bandiera verde, bianca e rossa fosse anche il vessillo ufficiale del suo Regno, con lo stemma borbonico sovrapposto sul bianco[117][118]. Per ironia della sorte, nella fase finale della spedizione dei Mille, il tricolore del Regno delle Due Sicilie garrì in antagonismo alla bandiera tricolore del Regno di Sardegna[119][N 5].

Quando il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d'Italia, il tricolore continuò a esserne la bandiera nazionale, sebbene non ufficialmente riconosciuto da una legge specifica[120][121], ma regolamentato, per quanto riguarda la foggia dei vessilli militari, da un regio decreto del 25 marzo 1860 che rimase in vigore fino alla nascita della Repubblica Italiana (1946)[122][123][124]. Il tricolore, in questo contesto, aveva un significato universale che era condiviso dai monarchici come dai repubblicani, dai progressisti e dai conservatori e dai guelfi come dai ghibellini: fu scelto come bandiera dell'Italia unita per tale motivo[117].

Dalla terza guerra d'indipendenza alla presa di Roma

File:Vicenza bandiera.jpg
Bandiera normale o bandiera di dirittoIl gonfalone comunale della città di Vicenza

Durante la battaglia di Custoza (24 giugno 1866), scontro facente parte della terza guerra d'indipendenza italiana, i militari del 44º reggimento della brigata "Forlì" salvarono una bandiera tricolore dalla cattura delle truppe austriache. Per non consegnare al nemico il loro stendardo militare, stracciarono il drappo della bandiera tricolore in tredici pezzi, suddivisi tra i presenti, e nascosero quei brandelli di stoffa sotto la giubba. Terminata la guerra fu possibile recuperare undici delle tredici porzioni del drappo e ricostruire così la bandiera, che passò alla storia con il nome di "Tricolore di Oliosi"[125].

Con la terza guerra d'indipendenza il Veneto fu annesso al Regno d'Italia; l'ingresso delle truppe italiane a Venezia, avvenuto il 19 ottobre 1866, fu salutato da un'invasione di bandiere tricolori[126][127]. Dal momento della promulgazione di una delibera del suo Consiglio comunale, datata 5 novembre 1866, Vicenza è l'unica città d'Italia ad aver adottato come proprio vessillo cittadino, al posto del gonfalone civico, la bandiera tricolore, caricata dello stemma del comune[128]. La città veneta decise di cambiare patriotticamente la natura della propria insegna poco dopo la visita del re Vittorio Emanuele II, giunto in città per il conferimento della medaglia d'oro al valor militare guadagnata dalla municipalità veneta con la battaglia di Monte Berico, combattuta il 10 giugno 1848 nei dintorni della città, alla stessa, occasione nella quale Vicenza presentò al sovrano non il gonfalone ma, decisione appunto dalla quale prenderà vita la successiva delibera comunale, il tricolore sabaudo.

Bandiere tricolori salutarono poi l'esercito italiano durante la marcia verso Roma, che si concluse con la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 e con l'annessione del Lazio al Regno d'Italia[121][129][130]. Roma divenne ufficialmente capitale d'Italia il 1º gennaio 1871, mentre l'insediamento della corte reale e del governo ebbe luogo il 6 luglio dello stesso anno: da questa data il tricolore italiano sventola dal pennone più alto del Palazzo del Quirinale[131].

Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale

Cartolina dei Carabinieri Reali spedita dalla colonia eritrea nel 1907 e raffigurante un'aquila che porta in volo una bandiera italiana

Dopo l'Unità d'Italia l'uso del tricolore si diffuse sempre di più tra la popolazione[132]: la bandiera, o i suoi colori, cominciarono a essere riportati sulle etichette dei prodotti commerciali, sui quaderni scolastici, sulle prime automobili, sulle confezioni di sigari, ecc.[132] Anche tra gli aristocratici ebbe successo: le famiglie più importanti facevano sovente installare sulla facciata principale dei loro palazzi signorili un portabandiera dove collocavano il tricolore italiano[132]. Iniziò poi a comparire fuori dagli edifici pubblici, dalle scuole, dagli uffici giudiziari e dagli uffici postali[132]. È di questo periodo l'introduzione dell'uso della fascia tricolore per i sindaci e per i giurati delle corti di assise[132].

L'unica città dove l'attaccamento alla bandiera non era sentito da tutta la popolazione era Roma: nella capitale era infatti presente un buon numero di cittadini ancora fedele al papato[133]. A Roma il clero era ostile al neonato stato italiano in modo molto marcato, tanto da rifiutarsi di benedire il tricolore e da impedire alle bandiere italiane di entrare nelle chiese anche in occasione di funerali o di cerimonie pubbliche[134][135].

È di questi anni la fondazione della prima colonia italiana, la baia di Assab, che diventò il primigenio avamposto della futura Eritrea italiana: nel 1882, per la prima volta, il tricolore sventolò in un possedimento italiano in Africa[136]. Non tutti erano favorevoli all'avventura coloniale: il deputato socialista Andrea Costa dichiarò che il tricolore non doveva garrire in una terra lontana, ma solo in Italia, "[...] nelle imprese civili che fanno risalire sempre più la nazione verso le altezze dell'ideale [...]"[137]. I detrattori dell'impresa coloniale sostenevano infatti che non andava fatta confusione tra patriottismo e colonialismo[137].

Nel 1885 venne introdotta la maglia tricolore per il ciclista che si laurea, ancora oggi, campione d'Italia[138]. Concettualmente, questo riconoscimento tangibile è simile al collocamento di uno scudetto tricolore sulle maglie della squadra campione d'Italia nel calcio, nel rugby, nella pallavolo, nella pallacanestro, ecc.[138]; l'idea di apporre uno scudetto sulle maglie delle squadre sportive vincitrici dei rispettivi campionati nazionali fu di Gabriele D'Annunzio[139]. Nel calcio, primo sport a farne uso, venne introdotto nel 1924[139].

Nel 1889, in ambito culinario, fu inventata la pizza Margherita, chiamata così in onore della regina Margherita di Savoia, i cui ingredienti principali richiamano la bandiera tricolore: verde per il basilico, bianco per la mozzarella e rosso per la salsa di pomodoro[133][N 6].

Festeggiamenti alla Little Italy di New York per la vittoria della Nazionale italiana di calcio ai campionati mondiali del 2006

Nel 1897 la bandiera italiana compì cent'anni. La celebrazione fu molto sentita dalla popolazione, tant'è che l'Italia venne invasa da tricolori; la manifestazione più importante avvenne a Reggio nell'Emilia, dove il 7 gennaio di cento anni prima era nato il tricolore[140]. Nel giorno della celebrazione nella città emiliana Giosuè Carducci definì la bandiera "benedetta" e la baciò alla fine del discorso[34][140][141].

Di questi anni è l'inizio dell'emigrazione italiana, soprattutto verso il continente americano: il tricolore, spesso portato nelle valigie dei migranti, iniziò a sventolare al di fuori dei confini nazionali, soprattutto nelle Little Italy che stavano formandosi nel mondo[142]. Molte altre volte il sentimento di italianità e il legame con i suoi simboli – tricolore compreso – nacque o si rinforzò solo dopo che i migranti ebbero lasciato l'Italia[143]. Questo legame con la terra d'origine non si sbiadiva con il passare delle generazioni: molto spesso era ancora vivo nella terza o quarta generazione[143]. Qualche anno prima, nel 1861, il presidente Abraham Lincoln passò in rassegna alcuni reparti militari che stavano partecipando alla guerra di secessione americana: tra essi c'era una Garibaldi Guard, formata da immigrati italiani, che aveva come vessillo militare la bandiera tricolore della Giovine Italia[142].

Con le prime lotte sindacali di fine XIX secolo la bandiera italiana iniziò a sventolare tra le mani dei manifestanti durante gli scioperi[144]. Anche durante le lotte perpetrate dai fasci siciliani tra il 1892 e il 1894 ci fu una profusione di bandiere italiane[145]: a esse erano contrapposti i tricolori delle forze dell'ordine mandate dal governo a sedare le rivolte sindacali[144].

Il 25 aprile 1900 il tricolore italiano sventolò nella Terra di Francesco Giuseppe, un arcipelago situato a nord dell'Impero russo tra il mar Glaciale Artico e il mare di Kara[146][147]: fu portato in una spedizione organizzata nelle zone artiche e capitanata dall'esploratore Umberto Cagni[146].

A cavallo tra il XIX e il XX secolo il patriottismo iniziò gradualmente a trasformarsi in nazionalismo; dal fervore patriottico ottocentesco che propugnava il voto popolare e la libertà, si passò a un acceso nazionalismo che avrebbe poi portato, qualche decennio dopo, alla nascita di movimenti politici come il fascismo di Benito Mussolini[148]; quest'ultimo, tuttavia, all'inizio della sua carriera politica nelle file del socialismo rivoluzionario, aveva una forte avversione nei confronti del tricolore, tanto che lo definì, in occasione della guerra italo-turca del 1911, "uno straccio da piantare su un mucchio di letame"[149]. Questo indirizzamento verso il nazionalismo si ripercosse anche sui simboli dell'Italia: per quanto riguarda la bandiera, significative sono alcune cartoline illustrate che iniziarono a diffondersi all'epoca e che riportano alcuni versi di Francesco Dall'Ongaro: "[...] E gli dirò che il verde, il rosso e il bianco / gli stanno bene colla spada al fianco [...]"[148].

Le due guerre mondiali e il periodo interbellico

Bandiera italiana risalente alla prima guerra mondiale

Nel 1915 l'Italia entrò nella prima guerra mondiale: per gli storiografi questo conflitto corrisponde alla quarta guerra d'indipendenza italiana, dato che lo scopo era quello di completare l'unità nazionale con l'annessione delle ultime terre irredente[150]. A questo obiettivo mancavano il Trentino-Alto Adige e la Venezia Giulia, tant'è che lo slogan più diffuso all'epoca era "W Trento e Trieste italiane!"[150].

Protagonista assoluta, sia nelle trincee e che in ambito civile, fu la bandiera tricolore[151]. I colori verde, bianco e rosso vennero utilizzati diffusamente come stimolo alla mobilitazione generale e al sostentamento morale della popolazione civile, che si stava inerpicando in un percorso che l'avrebbe portata in una situazione assai difficile, caratterizzata da moltissime privazioni[150]. In altre parole, nelle trincee il tricolore era un simbolo fondamentale per spronare i soldati, mentre nel fronte interno era importantissimo per compattare e corroborare la società civile[150]. A questo scopo, re Vittorio Emanuele III comparve su una copertina de La Domenica del Corriere affacciato sul balcone del Palazzo del Quirinale mentre sventolava il tricolore gridando "Viva l'Italia"[150]. Il re fece poi un proclama ufficiale, poco prima di partire per il fronte di guerra, che recitava, nella sua parte finale:

«[...] A noi la gloria di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della patria nostra [...]»

Volantino lanciato su Vienna da Gabriele D'Annunzio durante la prima guerra mondiale

Uno degli episodi più famosi che coinvolsero la bandiera italiana nella prima guerra mondiale fu il volo su Vienna, un volantinaggio aereo che Gabriele D'Annunzio fece sui cieli della capitale asburgica: il 9 agosto 1918 il Vate lanciò su Vienna dei volantini tricolori con cui esortava il nemico ad arrendersi e a porre fine alla guerra[154][155]. Le truppe italiane entrarono poi a Trieste nel novembre del 1918 in seguito alla vittoria nella battaglia di Vittorio Veneto, che concluse il conflitto con la ritirata del nemico: il tricolore che fu issato sul campanile della cattedrale di San Giusto proveniva dal cacciatorpediniere Audace, che era ancorato nel porto di Trieste[156]. La bandiera italiana fu anche protagonista dell'impresa di Fiume, capitanata sempre da D'Annunzio, al grido: "alzate la bandiera: sventolate il tricolore!"[157].

Con la marcia su Roma e l'instaurarsi della dittatura fascista la bandiera italiana perse la sua unicità simbolica venendo in parte oscurata dall'iconografia di regime[158][159]. Quando veniva utilizzata, come all'interno del simbolo del Partito Nazionale Fascista, ne era snaturata la storia, dato che il tricolore nacque come simbolo di libertà e di diritti civili[154], mentre nelle cerimonie ufficiali iniziò a essere accostato ai vessilli neri fascisti, perdendo il ruolo di protagonista assoluto[160]. Nonostante questo ruolo da comprimario, con regio decreto n° 2072 del 24 settembre 1923 e successivamente con la legge n°2264 del 24 dicembre 1925, il tricolore diventò ufficialmente bandiera nazionale del Regno d'Italia[157][161]:

«La bandiera nazionale è formata da un drappo di forma rettangolare interzato in palo, di verde, di bianco, di rosso, col bianco coronato dallo stemma Reale bordato di azzurro. [...]»

Bandiera storica, attualmente desuetaBandiera del Comitato di Liberazione Nazionale
Bandiera storica, attualmente desuetaBandiera di guerra della Repubblica Sociale Italiana

Durante questo periodo la bandiera italiana fu anche protagonista di alcuni eventi molto importanti, come le prime due vittorie della Nazionale di calcio dell'Italia ai campionati mondiali del 1934 e del 1938, che furono celebrate da un tripudio di vessilli tricolori[160]. Fu anche salutato dallo sventolio di bandiere tricolori l'arrivo a New York, nell'agosto del 1933, del transatlantico italiano Rex, che aveva appena vinto il Nastro Azzurro stabilendo il record di traversata oceanica atlantica in minor tempo (quattro giorni)[160].

Dagli anni venti il tricolore iniziò a comparire sui primi aeroplani civili[160]. Tricolori salutarono Italo Balbo nelle sue traversate oceaniche con idrovolanti, così come una bandiera italiana fu gettata nel 1927 sul polo nord dal dirigibile Italia durante la sfortunata spedizione capitanata da Umberto Nobile[162]. Treni rivestiti di bandiere tricolori portarono i coloni nelle nuove città fondate dopo la bonifica dell'Agro Pontino, mentre il 5 maggio 1936 ci fu il solenne alzabandiera ad Addis Abeba, in Etiopia, che salutò la fondazione dell'Impero coloniale italiano[163].

La bandiera ad Addis Abeba fu poi ammainata nel novembre del 1941 alla fine della campagna dell'Africa Orientale Italiana, che venne combattuta durante la seconda guerra mondiale[164]. L'Italia entrò nel secondo conflitto mondiale il 10 giugno 1940 con il celebre discorso di Benito Mussolini proferito dal balcone principale di Palazzo Venezia a Roma; il clima era però molto differente da quello che caratterizzò l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale[165]: il re non si presentò sul balcone del Palazzo del Quirinale sventolando la bandiera così come avvenne nel 1915; inoltre l'Italia non era attraversata da quel garrire di bandiere tricolori che aveva salutato l'entrata del Paese nella prima guerra mondiale – ancorché opera di una minoranza[165].

Il tricolore tornò prepotentemente sugli scudi dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, dove venne preso come simbolo dalle due parti che si affrontarono nella guerra civile italiana[161][166] nel tentativo di richiamare il Risorgimento e il suo bagaglio culturale[167]. In particolare, era utilizzato dai partigiani in quanto simbolo di lotta contro i tiranni ed emblema del sogno di un'Italia libera[166]: anche le brigate partigiane comuniste, che avevano come vessillo ufficiale la bandiera rossa, sventolavano sovente il tricolore italiano[168].

Bandiere tricolori erano anche i vessilli ufficiali delle Repubbliche partigiane e del Comitato di Liberazione Nazionale, così come dei loro antagonisti, i repubblichini[168]. Il tricolore fu infatti scelto come bandiera nazionale anche dalla Repubblica Sociale Italiana[169][170][171]: il vessillo civile della repubblica di Benito Mussolini era identico al tricolore dell'odierna Repubblica Italiana, mentre sulla bandiera di guerra era collocata centralmente l'aquila imperiale romana reggente un fascio littorio con l'aggiunta, in base alla forza armata che la esibiva, di una granata o di un'àncora[172].

La Repubblica Italiana

Bandiera normale o bandiera di dirittoLo stendardo presidenziale italiano

Con la nascita della Repubblica Italiana, grazie al decreto presidenziale del 19 giugno del 1946, la bandiera italiana venne cambiata; rispetto al vessillo monarchico fu eliminato lo stemma sabaudo[173][174][175]. Questa decisione fu in seguito confermata nella seduta del 24 marzo del 1947 dall'Assemblea Costituente, che decretò l'inserimento dell'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana, successivamente ratificato dal Parlamento, che recita[174][176][177]:

«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.»

L'articolo venne approvato dall'Assemblea Costituente senza discussioni o polemiche di sorta[179]. Il tricolore repubblicano venne poi consegnato ufficialmente e solennemente alle forze armate italiane il 4 novembre 1947 in occasione della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate[180].

Poco prima dell'ufficializzazione della bandiera nella costituzione, il 7 gennaio 1947, il tricolore compì 150 anni[181]: il ruolo da cerimoniere che cinquant'anni prima fu di Giosuè Carducci venne preso da Luigi Salvatorelli, il cui discorso, proferito durante i festeggiamenti ufficiali di Reggio nell'Emilia alla presenza di Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato, alluse alla fase delicata che stava attraversando l'Italia postbellica[181] con particolare riferimento alle umiliazioni subite dal Paese nella seconda guerra mondiale[182][183]:

«[...] Il tricolore non è abbassato, non sarà abbassato. Esso è stato ribenedetto, riconsacrato dalla insurrezione dei patrioti, dal sangue dei partigiani e dei soldati d'Italia combattenti contro il nazi-fascismo nella nuova lotta di liberazione. [...]»

L'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi durante il messaggio per la Festa del Tricolore del 7 gennaio 2003

Dalla bandiera italiana è poi derivato lo stendardo presidenziale italiano, la cui ultima versione richiama, come già accennato, il vessillo della Repubblica Italiana del 1802-1805, con l'aggiunta di una bordatura di colore blu Savoia.

Nell'Italia repubblicana il tricolore salutò avvenimenti importanti della storia italiana. Venne piantato in vetta al K2 durante la spedizione italiana del 1954, fu protagonista dei Giochi della XVII Olimpiade del 1960 a Roma, salutò le altre due vittorie ai campionati mondiali di calcio del 1982 e del 2006, che vennero festeggiate in tutta Italia con un tripudio di bandiere tricolori, e fu portato sulla Stazione Spaziale Internazionale dall'astronauta Roberto Vittori nel 2011 in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia[174][184]. Il tricolore continua poi a rappresentare l'Italia in tutte le missioni di pace a cui partecipa l'Esercito Italiano[185][186].

Il 31 dicembre 1996, con la medesima legge che istituiva la Festa del Tricolore, celebrazione che si tiene il 7 gennaio di ogni anno in ricordo dell'adozione della bandiera rossa, bianca e verde da parte della Repubblica Cispadana (7 gennaio 1797), venne costituito un comitato nazionale di venti membri che avrebbe avuto l'obiettivo di organizzare la prima commemorazione solenne della nascita della bandiera italiana, che l'anno successivo avrebbe compiuto duecento anni[187]. Il comitato era composto da personalità istituzionali, tra cui i presidenti delle camere, e da membri provenienti dalla società civile, particolarmente dall'ambito storico e culturale[187]. All'epoca fu anche proposto di non festeggiare la data, se non addirittura di modificare la bandiera stessa, ipotesi scarsamente accolte dai membri del Parlamento[188].

La legge n°222 del 23 novembre 2012, avente per oggetto "Norme sull'acquisizione di conoscenze e competenze in materia di «Cittadinanza e Costituzione» e sull'insegnamento dell'inno di Mameli nelle scuole", prescrive lo studio nelle scuole della bandiera italiana e degli altri simboli patri italiani[189][190].

Descrizione

I colori

Bandiera storica, attualmente desuetaColori Pantone 2002-2004
Bandiera normale o bandiera di dirittoColori Pantone dal 2004

Come già accennato, i colori della bandiera italiana sono indicati nell'articolo 12[191][N 7] della Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948:

Se la bandiera è esposta orizzontalmente la parte verde va disposta vicino all'asta, con quella bianca in posizione centrale e quella rossa all'esterno, mentre se il vessillo è esposto verticalmente, la parte verde va collocata superiormente[192].

La definizione cromatica

Le tonalità del verde, del bianco e del rosso sono state specificate per la prima volta da questi documenti ufficiali[193][194]:

Nuovi documenti hanno poi sostituito i precedenti[193]:

I toni cromatici dei tre colori succitati, su tessuto stamina (fiocco) di poliestere, sono sanciti nel comma nº 1, dell'articolo nº 31 "Definizione cromatica dei colori della bandiera della Repubblica"[N 8], della Sezione V "Bandiera della Repubblica, Inno nazionale, Feste nazionali e Esequie di Stato", del Capo II "Delle disposizioni generali in materia di cerimoniale", dell'Allegato "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato", al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 174 del 28 luglio 2006.

Pantone
tessile
Approssimazione su video[195] RAL[195]
HEX RGB CMYK HSV

     17-6153 TCX Fern Green
(verde felce)

#009246 R:000 G:146 B:070 C:100 M:000 Y:100 K:000 H:149º S:100% V:057%

     6024 Traffic green
simile al 93%

     11-0601 TCX Bright White
(bianco acceso)

#F1F2F1 R:241 G:242 B:241 C:000 M:000 Y:000 K:005 H:120º S:000% V:095%

     9003 Signal white
simile al 98%

     18-1662 TCX Scarlet Red
(rosso scarlatto)

#CE2B37 R:206 G:043 B:055 C:000 M:100 Y:100 K:000 H:356º S:079% V:081%

     3020 Traffic red
simile al 96%

Significato dei colori

Le Frecce Tricolori disegnano i colori della bandiera sopra il castello Estense di Ferrara

Come la somiglianza lascia intendere, il tricolore italiano deriva da quello transalpino, che nacque durante la Rivoluzione francese dall'unione del bianco – colore della monarchia – con il rosso e il blu – colori di Parigi[196].

Come già accennato, durante la prima campagna d'Italia Napoleone Bonaparte esportò il tricolore francese nella Penisola, dove al blu si sostituì il verde, colore caratteristico, fin dal 1782, delle uniformi della Guardia civica milanese; similmente, anche il bianco e il rosso erano comuni sulle divise militari lombarde dell'epoca[4][22][23] ed erano i colori dello stemma di Milano[36].

Non fu quindi un caso che il tricolore italiano abbia debuttato come insegna militare dalla Legione Lombarda; dopo vari avvenimenti si giunse poi al 7 gennaio 1797, data dell'adozione da parte della Repubblica Cispadana[4]. Successivamente i tre colori acquisirono anche un significato più idealistico: il verde la speranza, il bianco la fede e il rosso l'amore[22][42].

Altre congetture meno probabili che spiegano l'adozione del verde ipotizzano un tributo che Napoleone avrebbe voluto dare alla Corsica, dove nacque, oppure un possibile richiamo al verdeggiante paesaggio italiano[22].

Per l'adozione del verde esiste anche la cosiddetta "ipotesi massonica": anche per la massoneria il verde era il colore della natura, emblema quindi tanto dei diritti dell'uomo, che sono infatti naturalmente insiti nell'essere umano[23], quanto del florido paesaggio italiano; tale interpretazione, tuttavia, è osteggiata da chi sostiene che la massoneria, in quanto società segreta, non avesse all'epoca un'influenza tale da ispirare i colori nazionali italiani[197].

Con l'unità d'Italia ai tre colori si aggiunse l'azzurro Savoia, colore distintivo della famiglia regnante italiana, che venne inserito nella bandiera del Regno d'Italia sul contorno dello stemma reale per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso del vessillo[198]; il colore azzurro, già in uso nelle coccarde militari, nelle cravatte delle bandiere e nelle fasce degli ufficiali savoiardi, continuava quindi ad apparire come uno dei colori di riferimento e di riconoscimento dell'Italia, tant'è che è anche la tonalità delle maglie sportive nazionali italiane, della sciarpa azzurra usata da parte degli ufficiali delle forze armate italiane e della fascia distintiva dei presidenti delle province d'Italia[199]. Il blu Savoia è stato poi recuperato, come già accennato, anche in ambito istituzionale repubblicano: di questa tonalità è infatti il bordo dello stendardo presidenziale italiano e il colore dominante delle bandiere istituzionali di alcune alte cariche pubbliche (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro e Sottosegretari della Difesa, alti gradi della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare).

L'alzabandiera

Bandiera al cimitero militare italiano di Monaco di Baviera, in Germania

L'alzabandiera del tricolore avviene alle prime luci dell'alba, con il vessillo che viene fatto scorrere velocemente e con risolutezza[200] fino al termine del pennone. In ambito militare è preannunciato da squilli di tromba ed è effettuato sulle note de Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno nazionale italiano dal 1946[200].

L'ammainabandiera, che avviene alla sera, è invece più lento e solenne in modo tale da non farlo sembrare un rapido abbassamento[200]. Il tricolore può essere esposto anche durante la notte solo se il luogo dove sventola è convenientemente illuminato[201].

In presenza di altre bandiere, oltre che ricevere la posizione di più alto onore, va issato per primo e ammainato per ultimo[194].

Normativa

Obbligo di esposizione

La bandiera garrisce sulla sommità del Palazzo del Quirinale. Da sinistra a destra, lo stendardo presidenziale italiano, il tricolore e la bandiera dell'Unione europea
Bandiere esposte all'esterno di Palazzo Malinverni, municipio della città lombarda di Legnano: da sinistra a destra, la bandiera dell'Unione europea, il tricolore italiano e il vessillo comunale della città

Ai fini dell'applicazione dell'art. 6 del decreto presidenziale n° 121 del 7 aprile 2000 ("Regolamento recante disciplina dell'uso delle bandiere della Repubblica italiana e dell'Unione europea da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici"), che riprende la legge n° 22 del 5 febbraio 1998 ("Disposizioni generali sull'uso della bandiera della Repubblica italiana e di quella dell'Unione europea"), negli edifici pubblici la bandiera della Repubblica Italiana, la bandiera dell'Unione europea e il ritratto del Capo dello Stato devono essere esposte negli uffici delle seguenti cariche istituzionali[202][203]:

  • a) membri del Consiglio dei ministri e dei sottosegretari di Stato;
  • b) dirigenti titolari delle direzioni generali od uffici equiparati nelle amministrazioni centrali dello Stato nonché dei dirigenti preposti a uffici periferici dello Stato aventi una circoscrizione territoriale non inferiore alla provincia;
  • c) titolari della massima carica istituzionale degli enti pubblici di dimensione nazionale, e titolari degli uffici dirigenziali corrispondenti a quelli di cui alla lettera b);
  • d) titolari della massima carica istituzionale delle autorità indipendenti;
  • e) dirigenti degli uffici giudiziari;
  • f) capi delle rappresentanze diplomatiche, degli uffici consolari e degli istituti italiani di cultura all'estero. Per i consoli onorari l'esposizione è facoltativa.

La bandiera d'Italia va esposta anche all'esterno di tutte le scuole di ogni ordine e grado, fuori dal plessi universitari, all'esterno degli edifici che ospitano le operazioni di voto, fuori dalle prefetture, dalle questure e dai palazzi di giustizia e all'esterno degli uffici postali centrali[204].

Inoltre, la bandiera deve essere obbligatoriamente esposta su tutti gli uffici pubblici nel giorno della Festa del Tricolore (7 gennaio), dell'anniversario dei Patti Lateranensi (11 febbraio), dell'Anniversario della liberazione (25 aprile), della Festa del lavoro (1º maggio), della giornata d'Europa (9 maggio), della Festa della Repubblica Italiana (2 giugno), dell'insurrezione popolare di Napoli (28 settembre), della festa del patrono d'Italia (Francesco d'Assisi, 4 ottobre), della giornata delle Nazioni Unite (24 ottobre; qui il tricolore deve sventolare insieme alla bandiera delle Nazioni Unite) e della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate (4 novembre)[204].

Modalità di esposizione

Il tricolore è spesso accompagnato dalla bandiera dell'Europa e dai vessilli degli enti locali. Nel caso di due bandiere esposte il vessillo verde, bianco e rosso va sulla destra, che è la posizione più importante, mentre se le bandiere sono dispari, il tricolore va al centro sempre per lo stesso motivo[194][204].

La legge ne regolamenta anche le dimensioni[204]: fermo restando le proporzioni di 2:3, che devono essere sempre rispettate, le bandiere tricolori esposte internamente agli edifici devono essere grandi 100x150 cm, con l'asta lunga 250 cm, mentre quelle che sventolano all'esterno devono essere di 2x3 m oppure di 3x4,5 m, con l'asta alta 4 o 8 m a seconda se sia installata, rispettivamente, su un balcone oppure a terra[192][205]. In caso di presenza di bandiere di altri Stati, come in occasione di visite ufficiali di personalità straniere, gli stendardi esteri non devono essere più grandi del tricolore[201].

I vessilli tricolori esposti devono essere sempre in ottimo stato, interamente distesi e non devono mai toccare acqua o terra[192][201]. In nessun caso, sul drappo, si possono scrivere o stampare figure e scritte[206]. Inoltre, la bandiera italiana non può essere mai utilizzata come semplice drappeggio o come tessuto di uso comune (es. per ricoprire tavoli o come tendaggio)[192].

In caso di lutto pubblico il vessillo può essere alzato a mezz'asta e sul drappo si possono apporre due strisce di velluto nero; queste ultime possono essere utilizzate anche quando il tricolore partecipa a cerimonie funebri[206]. Nelle cerimonie pubbliche il tricolore deve sfilare sempre per primo[206].

Modalità per ripiegare la bandiera

Dall'alto, in senso orario, immagine che spiega come piegare correttamente la bandiera italiana

Esiste una precisa modalità anche per il ripiegare il Tricolore in modo corretto, con la messa in conto delle tre bande verticali cui il vessillo è composto[207][208].

La bandiera deve essere piegata secondo i confini delle bande di colore: prima la banda rossa e poi la banda verde devono essere piegate su quella bianca in modo da lasciare visibili solamente gli ultimi due colori citati. Solo successivamente va piegata ulteriormente in modo da coprire totalmente il rosso e il bianco col verde, unico colore a dover essere visibile al momento della fine della chiusura del drappo[207][209][210][208].

Tutela giuridica

L'articolo 292 del codice penale italiano ("Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato") tutela la bandiera italiana prevedendo il reato di vilipendio della stessa, o di altri manufatti riportanti i colori nazionali, così disponendo[211][212]:

«Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1 000 a euro 5 000. La pena è aumentata da euro 5 000 a euro 10 000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.

Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.»

In riferimento al vilipendio della bandiera italiana, destò scalpore la condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione comminata al politico Umberto Bossi poi convertita, grazie alla modifica di alcune norme sul reato d'opinione e del già citato articolo 292 del codice penale, in una sanzione di 3.000 euro (in seguito condonata per indulto) per aver affermato, nel 1997, durante alcuni comizi, "Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo", "Il tricolore lo metta al cesso, signora" e "Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore"[213][214].

Altre bandiere ufficiali italiane

Lo stesso argomento in dettaglio: Bandiere dello Stato italiano.

Stendardi delle alte cariche istituzionali

Lo stendardo presidenziale italiano richiama il vessillo della storica Repubblica Italiana del 1802-1805; la forma quadrata e la bordatura azzurra simboleggiano le forze armate italiane, di cui il presidente è il comandante[215].

Insegne navali

Le bandiere navali portano simboli al centro della banda bianca per distinguersi dalla bandiera del Messico[216]:

La Giornata Nazionale della Bandiera

Lo stesso argomento in dettaglio: Festa del Tricolore.
L'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi rende gli onori al primo Tricolore durante la Festa del 7 gennaio 2004 a Reggio nell'Emilia

Per ricordare la nascita della bandiera italiana il 31 dicembre 1996 è stata istituita la Giornata Nazionale della Bandiera, che è meglio conosciuta come Festa del Tricolore. Si festeggia ogni anno il 7 gennaio, con le celebrazioni ufficiali che sono organizzate a Reggio nell'Emilia, città dove decretata la prima adozione ufficiale del tricolore come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano, la Repubblica Cispadana, che avvenne il 7 gennaio 1797.

A Reggio nell'Emilia la Festa del Tricolore è celebrata in piazza Prampolini, di fronte al municipio della città, alla presenza di una delle più alte cariche della Repubblica Italiana (il Presidente della Repubblica o il Presidente di una delle camere), che assiste all'alzabandiera sulle note de Il Canto degli Italiani e che rende gli onori militari a una riproduzione della bandiera della Repubblica Cispadana[217].

Il tricolore nei musei

Il Museo Centrale del Risorgimento al Vittoriano, situato a Roma

Lo spazio espositivo più importante che ospita bandiere tricolori italiane si trova nel complesso architettonico del Vittoriano a Roma[218][219]. All'interno del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano, questo il suo nome, si possono trovare circa settecento bandiere storiche appartenenti ai reparti dell'Esercito Italiano, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare, nonché il vessillo tricolore con cui fu avvolta nel 1921 la bara del Milite Ignoto durante il suo viaggio verso l'Altare della Patria[218]. Il tricolore più antico conservato all'interno del Museo centrale del Risorgimento risale al 1860[218]. Il Vittoriano ospita anche il Sacrario delle Bandiere, un museo che raccoglie e custodisce le bandiere di guerra italiane[220].

Nella capitale d'Italia sono di notevole interesse anche il Museo storico dell'Arma dei carabinieri, il Museo storico dei bersaglieri, il Museo storico della fanteria, Museo storico dei granatieri di Sardegna, il Museo storico dell'Arma del genio, il Museo storico della Guardia di Finanza e il Museo storico della motorizzazione militare; tutti questi spazi espositivi ospitano anche bandiere tricolori storiche[221].

Bandiera garibaldina con la scritta "libertà o morte", che è conservata nel Museo del Risorgimento e Istituto Mazziniano di Genova

Di particolare rilevanza è anche il Museo del tricolore di Reggio nell'Emilia, città che vide la nascita della bandiera italiana nel 1797. Fondato nel 2004, è situato all'interno del municipio della città emiliana, adiacente alla Sala del Tricolore: sono conservati documenti e cimeli la cui datazione è ascrivibile a un periodo compreso tra l'arrivo di Napoleone Bonaparte a Reggio e il 1897, anno del primo centenario della bandiera italiana[222]. In Emilia-Romagna sono da segnalare[223] anche il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, il Museo Civico del Risorgimento di Modena, il Museo della Resistenza di Montefiorino, il Museo civico del Risorgimento di Bologna[224], il Museo del Risorgimento di Imola[225] e il Museo del Risorgimento di Piacenza[226].

Al Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino, l'unico che abbia ufficialmente il titolo di "nazionale", è possibile trovare un ricco corredo di tricolori, tra cui alcuni risalenti ai moti del 1848[227]. Tra i cimeli dell'Armeria Reale di Torino è conservata una bandiera del 1855 che partecipò alla guerra di Crimea[228]. In Piemonte sono presenti anche altri musei di notevole interesse che ospitano, all'interno delle loro collezioni, bandiere italiane: il Museo storico nazionale dell'artiglieria di Torino, il Museo storico dell'Arma di cavalleria di Pinerolo e il Museo storico badogliano a Grazzano Badoglio[228].

Bandiere italiane risalenti alla seconda guerra di indipendenza conservate all'interno del museo del tricolore di Reggio nell'Emilia

In Liguria è situato il Museo del Risorgimento e istituto mazziniano di Genova che conserva, tra l'altro, una bandiera originale della Giovine Italia, mentre a La Spezia è presente il Museo tecnico navale della Marina Militare, che è stato fondato nel XV secolo da Amedeo VIII di Savoia[229].

Il Museo del Risorgimento di Milano ospita un buon numero di tricolori di epoca napoleonica, tra cui la già citata bandiera tricolore della Legione Lombarda del 1797[230]. Vicino a Mantova, a Solferino, è situato il Museo del Risorgimento di Solferino e San Martino, che celebra l'omonimo scontro militare del 1859 e che ospita molti cimeli dell'avvenimento, tra cui diversi vessilli tricolori[231]. Sempre in Lombardia sono presenti[232] il Museo internazionale della Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere, il Museo del Risorgimento di Bergamo, il Museo del Risorgimento di Brescia, il Museo del Risorgimento di Como[233], il Vittoriale degli italiani di Gardone Riviera[234], il Museo del Risorgimento di Mantova[235], il Museo del Risorgimento di Pavia[236] e il Museo del Risorgimento di Voghera[237].

A Venezia è invece situato il Museo del Risorgimento e dell'Ottocento veneziano che conserva, tra l'altro, la bandiera tricolore del 1848 che salutò la cacciata degli austriaci dalla città lagunare; Venezia ospita anche il Museo storico navale, che ha un'importanza paragonabile all'omonimo spazio espositivo di La Spezia[232]. A completare il quadro dei musei del Triveneto[238] ci sono il Museo storico italiano della guerra di Rovereto, che è dedicato alla prima guerra mondiale e che ospita molti cimeli, tra cui diverse bandiere tricolori, il Museo storico di Trento, che conserva reperti dedicati agli Alpini, il Museo del Risorgimento e dell'età contemporanea di Padova[239], il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza[240]. A Trieste è invece situato il Museo del Risorgimento e sacrario di Oberdan[223].

Altri spazi espositivi di questo genere che ospitano vessilli tricolori storici, la cui tipologia è diffusa principalmente in Italia settentrionale[241], si trovano anche in altre regioni. Da segnalare sono la Domus Mazziniana di Pisa[242], il museo marchigiano del Risorgimento e della Resistenza di Macerata[223] e il Museo del Risorgimento di Palermo[241].

Evoluzione storica della bandiera d'Italia

Lo stesso argomento in dettaglio: Bandiere dello Stato italiano.

Il tricolore nelle arti

Dettaglio di Il bacio di Francesco Hayez (1859): il colore verde traspare dalla manica dell'uomo e sotto la mano della donna, il cui abito azzurro ha guarnizioni bianche. Il tricolore è completato dai pantaloni rossi dell'uomo

Nelle arti visive

Il noto quadro Il bacio (1859) del pittore Francesco Hayez nasconde un riferimento al tricolore italiano: al di là del soggetto romantico, l'opera ha un significato storico e politico: Hayez, attraverso i colori utilizzati (il bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del risvolto del mantello e l'azzurro dell'abito della donna), vuole rappresentare l'alleanza avvenuta tra l'Italia e la Francia attraverso gli accordi di Plombières (21 luglio 1858), che furono la premessa della seconda guerra d'indipendenza[243]. L'opera di Hayez venne ripresa tre anni dopo da Giuseppe Reina, nel suo dipinto Una triste novella, in cui il pittore compone ben in evidenza un tricolore, accostando una scatola verde, uno scialle rosso e la gonna bianca della figura femminile rappresentata[244]. In precedenza Hayez aveva già artatamente inserito il tricolore in altri due suoi dipinti, I due apostoli Giacomo e Filippo (1825-1827) e Ciociara (1842): in entrambe le opere sono ancora i colori degli indumenti dei soggetti ritratti a richiamare la bandiera italiana[243].

Altri celebri dipinti risorgimentali che richiamano il tricolore sono Pasquale Sottocorno all'assalto del Palazzo del Genio durante le Cinque Giornate di Milano (1860) di Pietro Bouvier[66], Carlo Alberto di Savoia al balcone di palazzo Greppi (1848), di Carlo Bossoli[245], Piccoli patrioti (1862), di Gioacchino Toma[246], Garibaldi sbarca a Marsala (1860-1890)[247], La partenza dei volontari (1877-1878)[248], La partenza del Garibaldino (1860)[62], Il ritorno del soldato ferito (1854)[97], tutti di Gerolamo Induno, La prima bandiera italiana portata in Firenze (1859), di Francesco Saverio Altamura[249], Il soldato ferito (1865-1870), di Angelo Trezzini[250], Combattimento a Palazzo Litta (metà XIX secolo), di Baldassare Verazzi[251], I fratelli sono al campo! Ricordo di Venezia (1869) di Mosè Bianchi[252], La breccia di Porta Pia (1880), di Carlo Ademollo[253] e Il 26 aprile 1859 (1861), di Odoardo Borrani.

Il tricolore ricorre spesso nei quadri dei pittori italiani aderenti al futurismo. In particolare Giacomo Balla ha sovente utilizzato il simbolo della bandiera italiana in alcune opere di carattere patriotico quali Sventolio di bandiere, Dimostrazione interventista e Dimostrazione XX settembre[254].

Nella musica

I primi brani musicali sul tricolore iniziarono a essere composti poco dopo la sua adozione ufficiale del 7 gennaio 1797[39]. Il più famoso componimento musicale popolare scritto in questo periodo e dedicato alla bandiera italiana è Al tricolore, che recita[255]:

«Tricolor le Insegne e il Vessillo
novo foco ci destano in cor!
Delle trombe foriero è lo squillo
di vittorie, trionfi e valor»

La maggior parte dei brani musicali dedicati al tricolore italiano sono stati scritti durante il Risorgimento[256]. Il più famoso è La bandiera dei tre colori, cantata in tutte le scuole primarie italiane per decenni[256][257]:

«La bandiera dei tre colori
è sempre stata la più bella,
noi vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà.
E la bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnar!
La bandiera gialla e nera
qui ha finito di regnar!
Tutti uniti in un sol patto
stretti intorno alla bandiera,
griderem mattina e sera:
viva, viva i tre color!»

Durante il Giornata dell'Aspromonte risuonavano la note de La bandiera tricolore, di autore ignoto[258]; la bandiera è anche citata nell'Inno di Garibaldi, brano musicale del 1859 di Luigi Mercantini, che accompagnò la spedizione dei Mille[259][260]. Altri brani risorgimentali celebranti il tricolore sono Liberazione di Milano di Giuseppe Bertoldi[256], O giovani ardenti di autore anonimo[256] e Inno di guerra del 1848-49 di Luigi Mercantini[256].

Il vessillo italiano è poi citato nel componimento musicale La campana di San Giusto[156] e nel brano Faccetta nera, scritto da Renato Micheli e musicato da Mario Ruccione nell'aprile 1935 in occasione della guerra d'Etiopia[261].

Al tricolore venne anche dedicata la canzone del 1961 La bandiera di Domenico Modugno[262]. Nel 1965 il cantante Ivan Della Mea richiamò il tricolore come simbolo dell'unità nazionale nella canzone Nove Maggio: il brano si riferisce alla manifestazione organizzata il 9 maggio 1965 a ricordo del ventesimo anniversario della Liberazione d'Italia[263].

Nel marzo 2007 il cantautore reggiano Graziano Romani ha pubblicato l'album Tre colori, ispirato alla bandiera italiana e alla circostanza in cui il tricolore venne adottato nella sua città[264].

Nella letteratura

Molti poeti del romanticismo trattarono il tricolore, traendone accostamenti e simbolismi[255]:

«Dall'Alpi allo Stretto fratelli siam tutti!
Su i limiti schiusi, su i troni distrutti
piantiamo i comuni tre nostri color!
Il verde la speme tant'anni pasciuta,
il rosso la gioia d'averla compiuta,
il bianco la fede fraterna d'amor.»

«Il bianco l'é la fé che ci incatena
il rosso l'allegria dei nostri cuori
ci metterò una foglia di verbena
ch'io stesso alimentai di freschi umori.»

«Noi pure l'abbiamo la nostra bandiera
non più come un giorno sì gialla, sì nera;
sul candido lino del nostro stendardo
ondeggia una verde ghirlanda d'allor:
de' nostri tiranni nel sangue codardo
è tinta la zona del terzo color.»

«Se una rosa vermiglio o un gelsomino
a una foglia d'allor metti vicino
i tre colori avrai più cari e belli
a noi che in quei ci conosciam fratelli
i tre colori avrai che fremer fanno
chi ancor s'ostina ad essere tiranno.»

«I tre colori della tua bandiera non son tre regni ma l'Italia intera:
il bianco l'Alpi,
il rosso i due vulcani,
il verde l'erba dei lombardi piani.»

«Sii benedetta! benedetta nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna; le nevi delle alpi,l'aprile delle valli, le fiamme dei vulcani. E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l'anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi. E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch'ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà!»

«Il bianco mostra ch'ella è santa e pura
il rosso che col sangue è a pugnar presta
e quell'altro color che vi si innesta
che mai mancò la speme alla sventura.»

File:Corbezzolo.jpg
Foglie, fiori e bacche del corbezzolo, i cui colori richiamano la bandiera d'Italia: per tale motivo questo cespuglio è considerato uno dei simboli patri italiani

Giovanni Pascoli, nell'ode Il corbezzolo, vide in Pallante il primo martire della causa nazionale e la metafora del tricolore nel corbezzolo, sui cui rami fu adagiato il suo corpo esamine[265]. Il corbezzolo, infatti, viene considerato un simbolo patrio italiano per via delle sue foglie verdi, i suoi fiori bianchi e le sue bacche rosse, che richiamano i colori della bandiera italiana[266].

«Il tricolore!… E il vecchio Fauno irsuto
del Palatino lo chiamava a nome,
alto piangendo, il primo eroe caduto
delle tre Rome»

Altri componimenti poetici che rievocano il tricolore sono:

«O puro bianco di cime nevose,
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose,
dolce festa di vaghi color.»

«Con un'ostia tricolore
ognun s'è comunicato.
Come piaga incrudelita
coce il rosso nel costato,
ed il verde disperato
rinforzisce il fiele amaro.»

In ambito letterario non tutti i richiami alla bandiera italiana celebrano il tricolore in modo positivo. Quello proferito dal principe di Salina ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa recita[267]:

«[...] Il tricolore! Bravo, il tricolore! Si riempiono la bocca con questa parola i bricconi. E cosa significa questo segnacolo geometrico, questa scimmiottatura dei francesi, così brutta in confronto alla nostra bandiera candida con l'oro gigliato dello stemma? E che cosa può far loro sperare quest'accozzaglia di colori stridenti? [...]»

Le ipotesi dantesche

I tre colori della bandiera compaiono in alcuni passi della Divina Commedia, e ciò ha ha alimentato teorie che collegano la nascita del tricolore a Dante Alighieri: esse però sono ritenute infondate dagli studiosi[268], in quanto Dante non pensava all'Italia unita politicamente, ma alle virtù teologali o della legge cristiana, cioè la carità, la speranza e la fede, con le ultime due che si vollero poi simboleggiate nella bandiera italiana[269].

In particolare Roberto Benigni ha ricondotto la nascita del tricolore a Giuseppe Mazzini, che si sarebbe ispirato ai seguenti versi del canto XXX del Purgatorio:

«sovra candido vel cinta d'uliva
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.»

Non vi sono fonti poi storiche che colleghino le origini tricolore al movimento mazziniano; anche in questo caso, i tre colori simboleggiano le virtù teologali cristiane: il verde la speranza, il bianco la fede e il rosso la carità[N 9].

Un'altra ipotesi, in voga durante il Risorgimento e respinta anch'essa dagli studiosi per gli stessi motivi sopramenzionati, collegava i colori della bandiera al canto XXIX del Purgatorio[270]:

«Tre donne in giro da la destra rota
venian danzando; l'una tanto rossa
ch'a pena fora dentro al foco nota;

l'altr'era come se le carni e l'ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa.»

Bandiere nazionali simili a quella italiana

Bandiere italiana e messicana a confronto
Bandiera normale o bandiera di dirittoBandiera irlandese

Il vessillo nazionale italiano appartiene alla famiglia delle bandiere derivata dal tricolore francese[36], con tutti i significati annessi, come accennato, agli ideali della rivoluzione francese[5].

Per via della disposizione comune dei colori, a prima vista, sembra che l'unica differenza tra la bandiera italiana e quella messicana sia soltanto lo stemma azteco presente nella seconda; in realtà il tricolore italiano utilizza tonalità più chiare di verde e rosso, e ha proporzioni diverse rispetto alla bandiera messicana: quelle del vessillo italiano sono pari a 2:3, mentre le proporzioni della bandiera messicana sono 4:7[271]. La somiglianza fra le due bandiere pose un serio problema nei trasporti marittimi, dato che in origine la bandiera mercantile messicana era priva di stemmi e conseguentemente identica al tricolore repubblicano italiano del 1946; per ovviare all'inconveniente, su richiesta delle autorità marittime internazionali, sia l'Italia che il Messico adottarono bandiere navali con stemmi differenti[216].

Sempre per via della disposizione tricolore, la bandiera italiana risulta piuttosto simile anche alla bandiera dell'Irlanda, a eccezione dell'arancione al posto del rosso (sebbene le tonalità impiegate per i due colori si rassomiglino molto[272]) e delle proporzioni (2:3 contro 1:2)[273].

La bandiera dell'Ungheria ha gli stessi colori di quella italiana, ma ciò non crea confusione tra i vessilli: sulla bandiera magiara il tricolore rosso, bianco e verde è disposto orizzontalmente[272]. Altre bandiere che presentano il verde, il bianco e il rosso a fasce orizzontali sono quelle di Bulgaria[272], Iran[274], Oman[274] e Tagikistan[274].

Presentano infine altre combinazioni dei tre colori i vessilli di Madagascar[274], Suriname,[274] e Burundi[274].

Note

Esplicative

  1. ^ a b Questi versi, che si leggono nella seconda strofa, richiamano alla speranza ("la speme") che l'Italia, ancora divisa negli stati preunitari, si fonda finalmente in un'unica nazione raccogliendosi sotto una sola bandiera: il tricolore.
  2. ^ La terminologia utilizzata nel testo originario è araldicamente impropria: la banda infatti è disposta diagonalmente. La definizione corretta avrebbe dovuto essere "interzata in palo".
  3. ^ Archivio di Stato di Bologna, Archivio napoleonico, I, Senato provvisorio, Atti dell'Assunteria di magistrati, b. 5, c. 542 “Bandiera coi colori nazionali” e sgg., 10 maggio 1796 - 30 ottobre 1796.
  4. ^ Il verde è infatti anche il colore della massoneria.
  5. ^ Il tricolore con lo stemma dei Borbone fu utilizzato dall'esercito di Francesco II anche durante l'assedio di Gaeta. In seguito, nel periodo del brigantaggio, Fulco Salvatore Ruffo di Calabria, IX principe di Scilla, uno dei membri della corte di Francesco II in esilio, in una lettera raccomandò al generale spagnolo José Borjes, inviato nell'Italia meridionale per guadagnare alla causa legittimista i briganti, l'uso della bandiera tricolore:

    «La questione della bandiera è anche assai delicata. Gaeta si è resa immortale colla bandiera tricolore, in mezzo a cui vi era lo scudo dei Borboni. È questa la bandiera adottata dal re ed a cui egli prestò giuramento.

    Se la bandiera bianca ha maggiore influenza sulle masse, voi potrete adottarla, mettendovi i nastri tricolori. Voi sapete che magnifica missione avrà Francesco II di risollevare la vera Italia, e di essere per eccellenza il re italiano e liberale nel buon senso.

    I colori italiani furono insozzati dalla rivoluzione. Francesco II li purificherà forse»

    Cfr. Emidio Cardinali, I briganti e la corte pontificia, Livorno, 1862, p. 118.

  6. ^ Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata nel 1866, prima della dedica alla regina d'Italia, come attesta Francesco De Bourcard in: Usi e costumi di Napoli, riedizione in copia anastatica, tiratura limitata a 999 copie, Napoli, Alberto Marotta, 1965 [1866] p.124.
  7. ^ [...] La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. [...]
    Articolo nº 12 della Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, Edizione Straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948.
  8. ^ 1. I toni cromatici dei colori della bandiera della Repubblica, indicati dall'art. 12 della Costituzione, sono definiti dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 giugno 2004, UCE 3.3.1/14545/1, con i seguenti codici Pantone tessile, su tessuto stamina (fiocco) di poliestere:
     · verde: Pantone tessile 17-6153;
     · bianco: Pantone tessile 11-0601;
     · rosso: Pantone tessile 18-1662.
    2. L'utilizzazione di altri tessuti deve produrre lo stesso risultato cromatico ottenuto sull'esemplare custodito presso il dipartimento del cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché presso ogni prefettura e ogni rappresentanza diplomatica italiana all'estero.

    Articolo nº 31 "Definizione cromatica dei colori della bandiera della Repubblica", della Sezione V "Bandiera della Repubblica, Inno nazionale, Feste nazionali e Esequie di Stato", del capo II "Delle disposizioni generali in materia di cerimoniale", dell'allegato "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato", al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 174 del 28 luglio 2006.
  9. ^ Questo non esclude tuttavia che, successivamente, la tradizione letteraria non abbia operato un collegamento tra i colori della bandiera nazionale e la nota allegoria dantesca, come dimostra il testo di Carducci riportato più sopra. La figura di Dante, infatti, assurse a simbolo risorgimentale per eccellenza proprio con Mazzini e, sulla sua falsariga, con altri patrioti e letterati, tra i quali Carducci: cfr. Eugenia Querci (a cura di), Dante vittorioso, Allemandi, Torino-Londra-Venezia-New York 2011 ISBN 978-88-422-2040-4. Questo accadde in particolare con la celebrazione a Firenze, ma anche in altre città italiane come Verona o Trento, del 'Centenario dantesco', vale a dire la commemorazione del sesto centenario di nascita del Poeta (1865), definito da Carducci «poetico centenario».

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