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Chimica per il liceo/L'acqua/P

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L'acqua e la sua molecola

Importanza dell'acqua

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Provate a guardarvi attorno, ed è molto probabile che in tutto ciò che osservate c'entri in qualche modo l’acqua. Consideriamo ad esempio il caso di Mario che si trova nella sua stanza per svolgere i compiti pomeridiani. La sedia su cui è seduto è una comoda poltrona costituita da fibre sintetiche e materiali plastici rigidi. Ebbene nei processi industriali per la produzione delle materie plastiche l’acqua e le sue soluzioni sono molto utilizzate.

Il tavolo è in legno, il legno è un prodotto biologico ottenuto naturalmente attraverso una serie di reazioni chimiche, la prima fondamentale è la fotosintesi clorofilliana, reazione in cui l’acqua è uno dei reagenti.  I muri della stanza sono in calcestruzzo, rivestiti di intonaco bianco. Il calcestruzzo è un miscuglio di: cemento, materiali inerti (sabbia o ghiaia) e acqua. Per l’intonaco il discorso è molto simile. Per il pc posto sopra il tavolo (e in generale per qualsiasi pc) è stato stimato che la produzione e l’imballaggio dei singoli componenti richiedono 1500 litri d’acqua. L’elenco potrebbe continuare, fatelo per esercizio. Qui concludiamo con la cosa più importante: l’esistenza stessa di Mario (e di tutti noi). Nell’uomo la percentuale in peso di acqua varia tra il 50% e l’80% a seconda dell’età e del sesso.

La molecola d'acqua

Cerchiamo dunque di conoscere un po’ meglio questa sostanza. È composta da una semplice molecola: H2O, ovvero due atomi di idrogeno legati chimicamente a un atomo di ossigeno. Con ciò che abbiamo capito nei precedenti capitoli siamo in grado di determinare il peso molecolare. Conoscendo il peso molecolare possiamo svolgere dei calcoli interessanti per esempio sapere quante molecole ci siamo appena bevuti svuotando un bicchiere da 0,2 l. Provateci, dovreste ottenere un numero vicino alle molecole. Questo calcolo permette inoltre di farsi un’idea delle dimensioni estremamente ridotte (rispetto alla scala umana) della molecola.

Nonostante l’acqua ci sia molto familiare ancora non è chiaro il motivo per cui il nostro pianeta ne sia così ricco. Grazie a tecnologie di rilevamento sempre più sofisticate si è potuto però constatare la presenza di acqua in vari contesti spaziali. Per esempio l’acqua è presente nell’atmosfera di alcuni pianeti del sistema solare. Oppure in certe regioni delle nebulose planetarie.

Non sappiamo come sia arrivata sulla Terra, ma sappiamo com' è fatta la molecola.

La struttura chimica

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Ma perché l’ossigeno si lega con l’idrogeno?

Se avete studiato il capitolo 8, di questo libro, allora risponderete più o meno in questo modo: per raggiungere una configurazione elettronica con una stabilità maggiore l’ossigeno tende ad acquisire due elettroni, l’idrogeno ne dispone solo di uno quindi il legame si forma tra un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno.

Dimensioni della molecola d'acqua e polarità del legame covalente

E’ un legame di tipo covalente polare che dà vita di conseguenza a una molecola con una polarità elettrica, la carica è positiva in prossimità degli atomi di idrogeno e negativa in prossimità dell’atomo di ossigeno. Se la risposta non vi è chiara allora ritornate al capitolo 8. Altrimenti possiamo porci un'altra domanda:

Perché la molecola ha questa geometria?

Ciò sostanzialmente porta a chiedersi perché l’angolo al vertice dell’ossigeno è pari a 104,5°?

Ebbene questo angolo corrisponde alla configurazione di maggior stabilità energetica della molecola, è determinato dall’equilibrio repulsivo tra gli elettroni dell’atomo di ossigeno. La situazione non è simmetrica perché due dei sei elettroni di valenza sono impegnati nel legame covalente polare mentre gli altri sono liberi.

I legami a idrogeno tra le molecole d'acqua

Scoprirai nei prossimi anni, proseguendo con lo studio della chimica che esiste una teoria che consente di determinare la geometria delle molecole sulla base dei legami tra i suoi atomi costituenti è la teoria VSEPR (teoria della repulsione delle coppie elettroniche del guscio di valenza).

Concentriamoci ora sulla polarità della molecola. Nella figura a sinistra potete vedere ciò che tende ad accadere quando un certo numero di molecole vengono a contatto. In accordo con le leggi dell'elettromagnetismo, accade che le polarità opposte si attraggono.

La staticità che l’immagine comunica non deve ingannare, le molecole sono in continuo movimento. Il legame, evidenziato con il tratteggio, è il legame a idrogeno. Quest’ultimo è molto più debole del legame covalente tra gli atomi in rapporto a questo infatti la sua intensità è solo del 5%.

Esso però è fondamentale ed alla base delle ragioni che conferiscono all’acqua una serie di proprietà straordinarie che ora andremo a scoprire.

Le proprietà dell'acqua

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Esiste una lunga serie di fenomeni che avvengono costantemente davanti ai nostri occhi non banali da capire. Per esempio, come fanno gli alberi a far salire le soluzioni acquose fino alle foglie più alte senza una pompa? Perché l’acqua nel suo aspetto macroscopico tende a preferire la forma di una goccia? Perché se dobbiamo pulire qualcosa ci viene naturale pensare come prima opzione all'acqua? Perché i Gerridi (insetti acquatici) riescono a camminare sull'acqua? Queste e mille altre possibili domande trovano risposta analizzando le proprietà di questa sostanza, tenete presente però che non tutto è stato ancora scoperto, aspettiamoci sorprese in futuro.

La forma di una goccia d'acqua su una superficie idrofila

Versate una piccola quantità d’acqua su qualsiasi superficie piana non assorbente. Quello che vedrete tenderà ad assomigliare a quanto vedete in una delle due figure accanto.

La forma di una goccia d'acqua su una superficie idrofobica

In entrambi i casi la massa d’acqua va a disporsi secondo una struttura continua concava (la curvatura del pelo d’acqua all’interfaccia con l’aria è rivolta verso il basso). Ciò che è rilevante osservare ai fini del nostro ragionamento è l’angolo di contatto tra superficie e pelo d’acqua.

Nel primo caso l’angolo è superiore a 90° nel secondo caso invece l'angolo è inferiore a 90°. Diremo quindi che la prima è una superficie idrofila la seconda idrofoba.

In ambito chimico l’aggettivo idrofilo si utilizza per indicare una certa attinenza a legarsi con l’acqua, idrofobo al contrario è utilizzato nei casi in cui si manifesta invece una repellenza all’acqua.

La proprietà che regola queste interazioni è l’adesione.

Per capire qualcosa in più sulle conseguenze di questa proprietà potrebbe venirvi l’idea di inclinare la superficie piana per osservare il comportamento della massa d’acqua in moto. E’ un'idea intelligente, mettetela in pratica. Anche in questo caso noterete una differenza di comportamento tra il caso idrofilo e quello idrofobo. Nel primo caso infatti rimarrà dell’acqua adesa alla superficie lungo il cammino seguito (la scia d'acqua). Nel secondo caso invece l’intera massa d’acqua procederà lungo il cammino compiendo un moto che tende ad essere di puro rotolamento (è il tipo di moto compiuto da una palla lungo un piano inclinato) quest’ultima affermazione è tanto più vera quanto più idrofoba è la superficie.

In questo modo state mettendo in risalto la diversa bagnabilità delle superfici.  Le superfici idrorepellenti ad esempio sono costruite proprio per permettere all’acqua di scorrere velocemente evitando quindi che la superficie si bagni.  

Per giustificare le osservazioni compiute dobbiamo ritenere esista una forza che lega l’acqua alle superfici idrofile. La forza in questione è di natura elettrostatica e si manifesta quando le molecole polari dell’acqua si trovano a contatto con molecole d’ altra natura ma anch'esse polari.

Più in generale, la proprietà dell’adesione è quindi una conseguenza della forza elettrostatica che si genera tra le molecole di due sostanze diverse.

Relativamente al caso precedente. Nel caso statico (acqua ferma) la maggior adesione si manifesta con un minor angolo di contatto; perché l’acqua attirata dalle molecole polari del materiale massimizza la superficie di contatto. Vale il contrario per la superficie idrofoba.

Nel caso dinamico (acqua in moto) l’azione dell’adesione trattiene un certo numero di molecole. Per essere precisi le molecole d’acqua trattenute sono tutte quelle per cui la forza elettrostatica che le lega alla superficie supera quella gravitazionale che tende a metterle in moto.

Le gocce d'acqua hanno una forma sferica
Le forze di coesione impediscono all'acqua di fuoriuscire dal contenitore (provetta)

Poniamoci nelle condizioni di un astronauta sulla stazione spaziale internazionale (ISS). In quel contesto ci troviamo in condizioni di microgravità. L’ acqua può dunque liberamente fluttuare nello spazio (ci liberiamo in questo modo degli effetti legati al contatto con superfici e quindi dell’ adesione).

Immaginiamo, in questa situazione, di avere una siringa piena d’acqua e di spingere lentamente l’acqua all’esterno. Noteremo allora come dalla punta della siringa si formi una bolla che via via aumenta di dimensione proporzionalmente alla quantità d’acqua espulsa. Un po' come quando sulla Terra gonfiamo un palloncino.

Per capire perché ciò accade dobbiamo ricordarci che esiste il legame a Idrogeno che lega tra loro le molecole d’acqua. In virtù di questo legame le molecole d’acqua sono spinte ad assumere la geometria tridimensionale che più le avvicina l’una con l’altra, limitando al minimo la superficie esposta all’aria. Tale geometria è la sfera. Questo solido tridimensionale ha infatti la proprietà di avere il rapporto superficie/volume più basso. Da qui la bolla dell’ esperimento. Nel caso terrestre la presenza della forza di gravità trasforma la sfera in quella che chiamiamo goccia.

La coesione è quindi una conseguenza della forza elettrostatica presente tra molecole della stessa sostanza, cioè dei legami a idrogeno.


La tensione superficiale

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Per comuni esperienze personali sappiamo prevedere con buona sicurezza se un oggetto depositato in acqua galleggerà oppure no.

Il principio di Archimede ci dice che un corpo galleggia se la sua densità è minore o uguale a quella del liquido in cui è immerso.

La tensione superficiale impedisce alla graffetta metallica di affondare

Prendiamo un bicchiere d’acqua riempiamolo fino al bordo e depositiamo delicatamente una graffetta d' acciaio. Osserverete che rimane in superficie.

La densità dell’acciaio è di circa 7500 quella dell’acqua circa 1000 dovrebbe andare immediatamente a fondo. Evidentemente ci sta sfuggendo qualcosa. Ciò che non stiamo considerando è la tensione superficiale.

Se ragioniamo a scala molecolare dobbiamo immaginare la superficie d’acqua nel nostro bicchiere come una sorta di rete in cui i nodi sono le molecole d’acqua, i nodi sono connessi l’uno all’altro dai legami a idrogeno. L’apparente stabilità di questa situazione non deve ingannare, ricordate che le molecole sono in continuo movimento, dovete quindi immaginare questa ipotetica rete in continua trasformazione. Nonostante la precarietà di questa struttura i ponti temporanei che il legame a idrogeno riesce a costruire sono sufficienti a resistere a piccole pressioni, come quella della graffetta o quella di insetti come i Gerridi.

Per questi insetti camminare sull’acqua è un po' come, per noi umani, camminare su uno dei quei materassi spessi presenti in palestra.

Le osservazioni compiute quindi non violano il principio di Archimede, questi corpi, sufficientemente leggeri, stanno in superficie non per galleggiamento ma per l’effetto della tensione superficiale.

Pertanto, una prima definizione di tensione superficiale può essere la seguente:

La tensione superficiale è la forza di coesione (legami a idrogeno) tra le molecole superficiali di un liquido.

E’ possibile però esprimersi in termini più rigorosi.

Immaginiamo di poter portare un certo numero di molecole d’acqua, dall’interno del bicchiere, alla superficie. Per svolgere questa operazione dobbiamo spendere energia, perché le molecole sono attratte verso l’interno. Applicando l’energia necessaria siamo dunque in grado di  aumentare la superficie d’acqua esposta all’aria di una quantità proporzionale al numero di molecole trasferito. Per questa ragione la tensione superficiale è definibile anche come l’energia richiesta per aumentare l’area superficiale di un liquido.

Questa formulazione consente di assegnare una grandezza fisica  alla tensione superficiale. [tabella con valori]

la determinazione sperimentale dei valori avviene con dei metodi molto più pratici rispetto alla costruzione teorica esposta nelle righe precedenti. Nella prossima sezione capiremo che cos’è la capillarità e come questo fenomeno può aiutarci a determinare la tensione superficiale di un liquido.

La capillarità

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Il fenomeno della capillarità

Un effetto notevole di grande importanza nella natura è quello della capillarità. Capillarità è un termine generico utilizzato per descrivere diversi fenomeni che dipendono dalla combinazione di forze di adesione e di coesione.

Il termine capillare è utilizzato con vari significati, quello che a noi interessa, in questo caso,  è il seguente: “Simile a un capello, della dimensione di un capello sottilissimo”.

Capiamo quindi dall’analisi dei termini che quanto stiamo per scoprire deve legare in qualche modo le forze di coesione e adesione con le dimensioni ridotte.

Il mattone si imbeve di acqua grazie alla capillarità

Proviamo dunque ad applicare quello che abbiamo scoperto precedentemente in spazi molto piccoli.

Immergiamo ad esempio un tubicino aperto dal diametro molto piccolo in acqua. Quanto piccolo? Probabilmente il tubicino più sottile che avete in casa è quello che contiene l’inchiostro nella vostra penna biro. Provate con quello.

Ciò che osserviamo non ci sorprende, il fatto che ci sia dell’acqua confinata in un piccolo spazio all’interno del tubo pare non introdurre nessuna novità.

Il sospetto è che il diametro non sia piccolo abbastanza. Quello da noi utilizzato è di circa 3 mm se ripetiamo l’esperimento con un diametro di 1 mm allora osserveremo un effetto piuttosto curioso.

Si tratta della risalita capillare. L’acqua all’interno del tubicino risale ad un’altezza superiore rispetto al livello esterno. Detto questo nascono due domande:

  1. Perché l’acqua risale?
  2. Perché solo se il diametro è abbastanza piccolo?

Le risposte sono collegate. L’acqua risale se è presente una forza in grado di opporsi alla forza di gravità. Le molecole adese alla superficie del tubicino risentono dell'attrazione elettrostatica che le spinge ad avanzare verso l'alto. Sappiamo però che esistono anche le forze di coesione. Le molecole a contatto con le pareti tendono quindi ad alzarsi “trainando” per coesione tutte le molecole che stanno verso il centro.

La densità è definita come il rapporto tra la massa e il volume di un corpo.

Densità dell'acqua in funzione della temperatura.

Per abitudine tendiamo ad attribuire a ciascun materiale una sua propria densità caratteristica. Per l’acqua, ad esempio, si assume comunemente il valore di 1000 . In realtà questo valore è corretto solo per l’acqua pura alla temperatura di 20 °C e alla pressione di 5 MPa, cioè circa 49 volte la pressione atmosferica standard. Questo valore è dunque una comoda approssimazione utile a semplificare i conti.

La densità della materia dipende dagli atomi o molecole che la compongono e dalla disposizione di questi nello spazio. Pressione e temperatura influiscono su tale disposizione. Conseguentemente la densità di un materiale (sostanza o composto) dipende dalla pressione alla quale è confinato e dallo stato di agitazione delle particelle che lo compongono, ovvero dalla sua temperatura.

Nel caso dell'acqua distillata possiamo osservare ciò che accade analizzando il grafico proposto a destra.

Il grafico mostra l'andamento della densità in funzione della temperatura alla pressione standard di 1 atm.

Si può notare come l'abbassamento di temperatura comporti un incremento della densità. Questo incremento raggiunge il culmine alla temperatura di 4 °C. Questa è la temperatura corrispondente alla maggior densità per l'acqua, il valore è pari a 999,97 .

Sotto i 4 °C la densità diminuisce, a 0 °C (prima del congelamento) è pari a 999,84 .

L'acqua congelata ha invece una densità pari a 916,8

Questo andamento è caratteristico dell'acqua; tipicamente le sostanze presentano un incremento della densità con l'abbassamento della temperatura. Inoltre allo stato solido risultano avere una densità maggiore rispetto allo stato liquido.

L'acqua presenta quindi un comportamento anomalo. Perché?

Struttura dell'acqua nel ghiaccio

La risposta è complessa in quanto conseguenza di diversi fattori. Giocano un ruolo fondamentale la forma della molecola e l'intensità dei legami a Idrogeno. Senza voler essere troppo precisi, si può dire che alla temperatura di 4 °C l'energia posseduta dalle molecole è sufficiente a farle avvicinare ma ancora insufficiente per far si che i legami a idrogeno riescano a sviluppare le strutture esagonali

A temperature inferiori, quindi a energie inferiori, l'azione del legame a idrogeno diventa via via più incisiva consentendo la disposizione nelle strutture esagonali. Strutture che che si stabilizzano al passaggio allo stato solido.

A parità di molecole la disposizione esagonale delle stesse occupa un volume maggiore. Conseguentemente la densità diminuisce.

Calore specifico

Il calore specifico è definito come la quantità di calore assorbita o ceduta da una sostanza quando la sua temperatura varia di 1°C.

Nel caso dell’acqua il calore specifico è pari a . Questa è l’energia da fornire a 1 kg di acqua distillata per aumentare di un grado la sua temperatura. Nel verso opposto è la quantità di energia che 1 kg d’acqua libera quando la sua temperatura diminuisce di un grado. Come si è arrivati a questo valore? Nella figura a destra potete vedere un apparato sperimentale simile a quello adottato da Joule, si tratta di un rudimentale calorimetro. Osservando come è costruito; si può capire molto di ciò che intendeva fare il fisico inglese. Intuì che ci dovesse essere una relazione tra l’energia meccanica e il calore. L’azione manuale mette in rotazione le palette, le quali per attrito viscoso trasmettono il moto alle molecole d’acqua. L’effetto macroscopico è un aumento della temperatura della massa d’acqua dovuto ad un aumento dell'energia delle singole molecole.

Il valore corrisponde a 1 kilocaloria simbolo kcal l’unità di misura è utilizzata soprattutto in ambito nutrizionale. Trovate infatti la resa energetica dell’alimento scritto nella confezione. Per esempio in una barretta di cioccolata è riportato il valore di 539 Kcal per 100 g di prodotto. Questo significa che i processi metabolici nel nostro organismo sono in grado di ottenere quel quantitativo energetico dalla combustione di quell'alimento. In riferimento all’acqua è sufficiente l’equivalente energetico fornito da 1g di cioccolato per innalzare la temperatura di 1L di acqua di circa 5 °C.

Il calore specifico dell'acqua risulta essere molto elevato, nella tabella sottostante potete confrontarlo con quello di altre sostanze.

Per chi vuole rendersi conto dell'elevato calore specifico dell'acqua consiglio l'approfondimento sottostante.

Valori numerici del calore specifico:

Sostanza Stato fisico Calore specifico: J/(kg·K) Sostanza Stato fisico Calore specifico: J/(kg·K)
Alluminio solido 880 Litio solido 3582
Acciaio inox solido 502 Mercurio]] liquido 139
Acqua liquido 4186 Olio liquido ~ 2000
Acqua Ghiaccio solido 2090 Ossigeno gassoso 920
Anidride carbonica gassoso 838 Oro solido 129
Aria (secca) gassoso 1005 Ottone (lega) solido 377
Aria (100% umidità relativa) gassoso ~ 1030 Piombo solido 130
Azoto gassoso 1042 Polistirene solido 1450
Berillio solido 1824 Rame solido 385
Diamante solido 502 Silice (fuso) liquido 703
Elio gassoso 5190 Silice solido 2020
Etanolo liquido 2460 Stagno (elemento chimico) solido 228
Ferro solido 460 Zinco solido 388
Glicerina liquido 2260 Idrogeno gassoso 14435
Grafite solido 720
Zinco solido 388 Zinco solido 388

Potere solvente

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Come le molecole d'acqua circondano e mantengono in soluzione lo ione sodio

Quando diciamo di bere un tè, un caffè o un succo di frutta o qualsiasi altra cosa non dobbiamo dimenticare che stiamo bevendo soprattutto acqua. Ciò che beviamo è dunque una soluzione acquosa in cui il solvente (l'acqua) è in quantità predominanti sul soluto. L'acqua dunque, oltre alle già discusse proprietà, è dotata di un elevato potere solvente ovvero ha la capacità di dissociare (sciogliere) i composti ionici e le molecole polari.

Vediamo come ciò avviene:

Fase 1: Idratazione

Le molecole d'acqua vengono attirate dalle polarità elettriche presenti nei composti ionici o molecolari del soluto. In risposta a questa forza di natura elettrica le molecole d'acqua vanno a disporsi circondando la molecola o il composto ionico in soluzione.

Fase 2: Dissociazione ionica

La molecola polare o il composto ionico si dissociano nei loro ioni costituenti disperdendosi nella soluzione acquosa.

Esempi:

HCl(g)→ H+(aq)+ Cl-(aq)

NaOH(s) → Na+(aq)+ OH-(aq)

Gli ioni dispersi nella soluzione acquosa sono chiamati elettroliti. Sono elettroliti forti quei composti che si dissociano completamente in acqua. Sono invece elettroliti deboli quelli che si dissociano parzialmente. Esempi:

Ba(OH)2(aq) → Ba2+(aq) + 2OH- (aq) elettrolita forte

CaF2(aq) → Ca2+(aq) + 2F-(aq) elettrolita forte

H2CO3(aq) → 2H+(aq) + CO2-3(aq) elettrolita debole

Fe(OH)3(aq) → Fe3+(aq) + 3OH-(aq) elettrolita debole

Praticamente tutti i composti ionici sono elettroliti forti (sali solubili; basi solubili dei metalli alcalini e di alcuni metalli alcalino terrosi) a questi si aggiungono gli acidi inorganici fortemente polarizzati. Mentre la maggior parte dei composti molecolari sono elettroliti deboli o non elettroliti (basi poco solubili dei metalli di transizione; molti acidi inorganici; basi organiche; acidi organici)

Una delle conseguenze di questa dispersione ionica all'interno delle soluzioni acquose è la capacità di conduzione dell'elettricità. L'applicazione di una differenza di potenziale infatti mette in moto e ordina gli ioni dispersi consentendo la conduzione elettrica.

L'acqua distillata quindi non conduce l'elettricità a meno di debolissime correnti dovute all'autoionizzazione delle molecole d'acqua.

In soluzione acquosa avvengono la grande maggioranza delle reazioni che accadono nel nostro pianeta, sia per quanto riguarda la parte inorganica che quella organica. Proseguendo con lo studio della chimica ti occuperai delle reazioni di precipitazione e delle reazioni di ossidoriduzione (o redox). Mentre ora, introduciamo, partendo dalle soluzioni acquose, il concetto di acidità e basicità. Per chi invece vuol sapere perché acqua e sapore hanno un potere pulente c'è l'approfondimento sottostante.

Soluzioni acquose acide e basiche

Acido cloridrico in soluzione acquosa.
Idrossido di sodio.
La cartina indicatrice o cartina tornasole ha assunto la colorazione blu da un lato e rossa dall'altro. Questo significa che è stata a contattato rispettivamente come una soluzione basica e con una acida.
Valori rappresentativi di pH
Sostanza pH
Acido cloridrico 1 M 0
Succo gastrico 1,0 – 2,0
Coca Cola e succo di Limone (agrume)|limone 2,5
Aceto 2,9
Succo di arancia 3,7
Birra 4,5
Pioggia acida 4,5 - 4,8
Caffè 5,0
Tè e pelle sana 5,5
Acqua deionizzata a 25  5,5 - 6,0
Acqua ossigenata 6,2
Latte ben conservato 6,5 - 6,7
Acqua distillata a 25  7,0
Saliva umana normale 6,5 – 7,5
Sangue 7,35 - 7,45
Acqua di piscina regolare 7,2 - 7,8
Acqua di mare 7,7 – 8,3
Bicarbonato di sodio 8,31
Saponi alcalini 9,0 - 10,0
Ammoniaca 11,5
Varechina 12,5
Liscivia 13,5
Idrossido di sodio 1 M 14

La parola acido deriva dal latino acidus traducibile in aspro mentre base deriva dall'arabo al-qali riferito alle ceneri di certe piante dalle quali si potevano estrarre sostanza alcaline, basiche per l'appunto.

Il concetto acido-base rappresenta uno dei temi più dibattuti nella storia della chimica. Questo a testimonianza dell'importanza e della quotidianità con cui da sempre ci imbattiamo in questo tipo di soluzioni.

Se all'improvviso qualcuno ci chiedesse di nominare un acido probabilmente risponderemo dicendo acido cloridrico o acido solforico, se ci venisse chiesto invece di nominare una base di solito i primi composti che vengono in mente sono il bicarbonato di sodio oppure la soda caustica ovvero l'idrossido di sodio, utilizzato industrialmente per la produzione di ipoclorito di sodio che non è altro che la candeggina comunemente usata per disinfettare sanitari e pavimenti.

E se ci venisse chiesto qual è la differenza tra un acido e una base?

Cominciamo con il chiarire di che cosa stiamo parlando. Prendiamo ad esempio l'acido cloridrico (o più propriamente cloruro di idrogeno secondo la nomenclatura IUPAC). A temperatura e pressione ambiente esso è un composto allo stato gassoso, incolore e dall'odore pungente. Tossico se respirato in grande concentrazione. In acqua invece libera tutto il suo potere corrosivo, perché?

Consideriamo la reazione di dissociazione.

HCl(g)→ H+(aq)+ Cl-(aq)

Come visto nel paragrafo precedente vengono liberati in soluzione gli ioni H+ e Cl-. Gli ioni H+ hanno una grande mobilità e tendono a combinarsi con le molecole d'acqua per formare lo ione ossonio idrato o idronio:

H+ + H2O→ H3O+ ⇐ Questo catione esercita la sua elettronegatività attirando elettroni:

2H3O+ + 2e -→H2 + 2H2O

Ma chi può fornire gli elettroni?

Quegli elementi che possono cederli, ovvero i metalli. Gli acidi quindi, sequestrando elettroni, distruggono i reticoli cristallini dei metalli provocando quella che a livello macroscopico è chiamata corrosione.

Naturalmente gli acidi intaccano non solo i solidi inorganici ma, con analogo meccanismo, anche i composti biologici.

D'altro canto le basi forti manifestano in acqua un comportamento altrettanto aggressivo. Consideriamo ad esempio la reazione di dissociazione dell' idrossido di sodio:

NaOH(s) → Na+(aq)+ OH-(aq) In questo caso lo ione libero OH- va ad aggredire le porzioni positive dei composti molecolari o i cationi nei composti ionici. L'effetto corrosivo è equiparabile.


TEORIA DI ARRHENIUS

Sulla base di numerose osservazioni il chimico svedese Svante Arrhenius nel 1887 formulò la prima teoria relativa agli acidi e le basi.

Acido: specie chimica che in soluzione acquosa aumenta la concentrazione degli ioni idrogeno H+

Base: specie chimica che in soluzione acquosa aumenta la concentrazione degli ioni idrossido OH-

GRADO DI ACIDITÀ DI UNA SOLUZIONE: pH

Il pH è un intervallo di valori che va da 0 a 14. Questa numerazione è ottenuta per via matematica partendo dalla concentrazione in soluzione degli ioni H+.

Ciò che ci interessa in questo momento è saper dire se una soluzione è acida o basica.

È acida se il pH è <7;

È basica se il pH è >7;

È neutra se il pH è =7.

Per determinare il valore nella scala del pH può essere utilizzata la cartina indicatrice acido-base anche chiamata cartina tornasole. È sufficiente inserire la cartina all'interno della soluzione. La porzione bagnata assumerà una colorazione che potrà andare dal viola al blu. Il viola è indice di una soluzione estremamente acida, mentre il blu indica invece una soluzione estremamente basica.

Esercizi: in questa pagina si trovano esercizi su questi argomenti

Acidi, basi e pH: in questa scheda troverete una sintesi che comprende tutte e tre le teorie


Note