COP28: È più urgente che mai fermare fame e cambiamento climatico
Per decine di milioni di persone in tutto il mondo, riuscire ad avere del cibo in tavola è una delle tante sfide che devono affrontare nel lungo processo di rimettersi in piedi dopo un disastro climatico.
Tra febbraio e marzo di quest'anno, il ciclone Freddy - il ciclone tropicale più lungo mai registrato - ha ucciso quasi 1.500 persone e distrutto raccolti, strade e ponti, devastando ampie zone in Malawi, Mozambico e Madagascar.
COP28: 4 ways the world can curb loss and damage as climate change fuels hunger
A giugno, inondazioni rovinose hanno distrutto diverse zone ad Haiti, un paese che già da gennaio soffriva le conseguenze di una devastante siccità.
A settembre, il World Food Programme si è subito attivato quando l’uragano Daniel causò la rottura di dighe, distruggendo vite umane e mezzi di sussistenza nella città portuale libica di Derna.
Ora tutti gli occhi sono puntati su Dubai, con il mondo che dalla COP28 - il vertice annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (30 novembre - 12 dicembre) - si attende e spera che le promesse si trasformino rapidamente in azioni per proteggere le persone in prima linea nel cambiamento climatico, soprattutto dove questo si combina con i conflitti.
Gaza ne è un tragico esempio.
A gennaio, la rivista Time osservava: “Mentre le temperature mondiali sono aumentate in media di 1,1°C dall’epoca preindustriale, in Israele e nelle aree circostanti, le temperature medie sono aumentate di 1,5°C tra il 1950 e il 2017, secondo il Servizio Meteorologico Israeliano, con un aumento previsto di 4°C entro la fine del secolo. Il previsto innalzamento del livello del mare significherà "una perdita di beni immobili preziosi nonché l'immissione di acqua salata in falde acquifere già sovraccariche" - che si tradurrà anche in un disastro per la produzione alimentare a lungo termine.
L’anno scorso, il WFP ha raggiunto oltre 15 milioni di persone in 42 paesi con progetti che permettessero loro di resistere meglio a siccità, inondazioni, tempeste e altri shock climatici. Sempre lo scorso anno, però, quasi 57 milioni di persone sono state spinte alla fame a causa degli impatti climatici, e un numero molto maggiore di persone ha bisogno di protezione. Alla COP28, abbiamo bisogno che i leader mondiali rafforzino il sostegno a coloro che affrontano i peggiori disastri climatici in tutto il mondo attraverso:
1. Azione climatica nelle crisi
C'è bisogno che la comunità internazionale investa di più nel rafforzamento dei sistemi locali e nella capacità delle persone che vivono conflitti o in contesti fragili, in luoghi già colpiti da instabilità economica, tensioni sociali o altre vulnerabilità. Queste comunità sono tre volte più colpite dagli estremi climatici rispetto ad altri paesi, e tuttavia ricevono i minori sostegni.
Infatti, stati estremamente fragili come la Somalia ricevono fino a 80 volte meno finanziamenti per il clima rispetto agli stati non fragili.
Se venissero rafforzate le attività di protezione dagli estremi climatici in contesti di crisi, ciò non solo proteggerebbe le comunità dagli impatti climatici e salverebbe vite umane, ma aiuterebbe anche a promuovere la pace e la stabilità e a limitare l’aumento dei bisogni umanitari. Il WFP è stato in prima linea nei rimborsi in 24 stati fragili, dove collaboriamo con le comunità per rafforzare la resilienza agli shock climatici.
In Somalia, prima delle inondazioni che erano state previste nelle settimane passate, il WFP ha inviato messaggi di allerta precoce e fornito denaro anticipato a quasi 230.000 persone prima che arrivassero le alluvioni. Ciò ha limitato i danni, sulle vite e sui mezzi di sostentamento. Imbarcazioni del WFP, inoltre, hanno permesso la consegna di cibo essenziale ed evacuato le persone.
2. Maggiore sostegno nelle perdite e danni
La crisi climatica è una crisi di ingiustizia. Coloro che hanno contribuito meno alle emissioni globali stanno soffrendone gli impatti peggiori. La conseguenti perdite e danni a vite umane, mezzi di sussistenza, case e sistemi alimentari hanno un costo finanziario enorme: 16 milioni di dollari l’ora, secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite.
Il WFP collabora con governi e comunità affinché possano proteggersi prima che si verifichino perdite e danni. Lo facciamo attraverso sistemi di allerta precoce e quella che viene chiamata assistenza in denaro “preventiva”. I programmi del WFP cercano anche di mettere la natura al centro nelle protezioni fisiche, per esempio ripristinando terreni degradati o piantando alberi. Immediatamente dopo shock climatici, il WFP è spesso il primo a intervenire sul campo, fornendo cibo di emergenza e assistenza in denaro.
Bisogna che tali soluzioni siano rafforzate e ampliate se si vuole evitare, ridurre al minimo e affrontare le perdite e i danni per le comunità più vulnerabili.
3. Trasformazione dei sistemi che permettono di avere cibo sulle nostre tavole
I sistemi alimentari globali – cioè tutta quelle rete di coltivatori, trasporti e mercati che permettono il cibo “dai campi alla tavola” – sono minacciati dai cambiamenti climatici mentre rappresentano un terzo delle emissioni globali di gas serra.
Trasformare i sistemi alimentari implica ripristinare la fertilità e la ricchezza dei terreni, in modo che gli agricoltori possano coltivare cibo nutriente in abbondanza, e promuovere la produzione e il consumo locale di alimenti rispettosi del clima e di colture resistenti alla siccità. Bisogna collegare i sistemi alimentari ai sistemi di supporto esistenti, che significa evitare interruzioni della produzione alimentare locale per la popolazione locale.
In Niger, nella regione africana del Sahel, il WFP lavora con le comunità per ripristinare terre e suoli. Gli agricoltori riescono a produrre sufficiente cibo per nutrire le proprie famiglie e per venderlo nei mercati locali, essendo meglio attrezzati a resistere agli shock. L’80 per cento dei villaggi che hanno partecipato a tali attività, infatti, non hanno avuto bisogno di assistenza umanitaria a seguito della crisi alimentare globale del 2022.
Trasformare i sistemi alimentari significa anche pensare in modo olistico. Attraverso i programmi di pasti scolastici, ad esempio, possiamo rafforzare la consapevolezza climatica della prossima generazione, migliorando al contempo i mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori attraverso la promozione di pasti scolastici coltivati localmente. L’introduzione di migiori metodi di cottura nelle scuole aiuta a ridurre le emissioni e a migliorare la salute del personale e degli studenti.
Se si rendono i sistemi alimentari più sostenibili e resilienti agli shock climatici e si riduce il loro impatto sul pianeta, si potrà fare fronte non solo alla fame globale ma anche alla crisi climatica.