13 Frati (Pp. 259-294)
13 Frati (Pp. 259-294)
Marco Frati
Università degli Studi di Firenze
N
onostante il suo discreto stato di con- (attraverso setti trasversali) convincono per una
servazione e le proporzioni monumen- qualche commistione con la più padana sala
tali, la chiesa di S. Caterina a Trino (e ‘a gradinature’ culminante nella navata centra-
l’annesso complesso conventuale domenicano) le.6 L’illuminazione interna è procurata da tarde
non gode della fortuna toccata ad altri analo- monofore centinate lungo i fianchi e da trifore e
ghi edifici tardomedievali. Se, infatti, già ormai occhi modanati nel coro e in facciata, oltre che
più di mezzo secolo fa i primi studi sull’edilizia da finestre di varia foggia aperte nelle cappelle
religiosa gotica in Piemonte tralasciavano di in- laterali. Alle strutture in elevato e di copertura si
serirla nei rispettivi repertori fondativi,1 le più sovrappone una decorazione dipinta neogotica
recenti ricerche architettoniche hanno insistito mentre le pareti laterali sono state sfondate in
su casi già noti indagandoli con tecniche sto- corrispondenza delle prime tre campate per in-
rico-archeologiche aggiornate e conseguendo nestarvi sei cappelle di gusto barocco.
nuovi risultati.2 Questo contributo ha lo scopo All’esterno la chiesa appare piuttosto spoglia e
di far uscire dalla penombra degli studi stret- priva di un carattere chiaramente individuabi-
tamente locali,3 che comunque costituiscono le, essendo il risultato del pronunciamento di
una solida base di partenza, un caso che a buon volumi assemblati all’interno e omogeneizzati
diritto può essere inserito nell’orizzonte più dall’intonaco all’esterno. Sul corso [5] prospet-
ampio della storia dell’architettura mendicante ta il fianco destro mentre la facciata colloquia
(e domenicana in particolare).4 con un piccolo sagrato la cui scarsa profondi-
tà ne impedisce la visione frontale suggeren-
do scorci dalla strada e dal passaggio interno
1. Descrizione dell’edificio all’isolato. Il semplice palinsesto classicista della
facciata è composto da quattro lesene tuscani-
Il complesso domenicano di S. Caterina a Tri- che poco pronunciate che reggono una trabe-
no occupa buona parte dell’isolato compreso azione timpanata al centro. Anticipa l’ingresso
fra le vie Irico e Micca e i corsi Cavour e Italia, un piccolo portico semiesagonale dello stesso
l’incrocio dei quali costituiva il baricentro del ordine ma con colonne monolitiche granitiche
castrum vetus, confinato a nord dalla roggia Stu- e archi a tutto sesto.
ra, inglobata nel Duecento dall’addizione del A nordovest della chiesa si scorge, parzialmente
castrum novum all’antico insediamento5 [1]. La inglobata dalle successive strutture conventua-
chiesa, completamente realizzata in laterizio, ha li, un’archeggiatura in laterizio con pilastri dai
impianto basilicale lungo cinque campate e lar- capitelli cubici che reggono archi dalla ghiera
go tre navate con terminazione piatta a scarsella acuta. Sopra la cappella a nordest si erge il cam-
[2] per complessivi m 44 x 16,70, spessori com- panile [6] organizzato in sei ordini separati da
presi. Due file di pilastri cilindrici (salvo quelli cornici e fregi di mattoni a dente di sega soste-
orientali, di forma prismica a base ottagonale) nuti da archetti pensili. Tutta la canna è scom-
sostengono, attraverso semplici abachi ottago- partita in specchiature intonacate incorniciate
ni, archi lievemente acuti e costoloni torici o a da lesene agli angoli e in asse.
mandorla [3]. Il sistema strutturale è comple-
tato da volte a crociera cupoliformi impostate
tutte alla stessa quota così che, rinunciando 2. Anomalie e dati materiali
al claristorio, lo spazio assume un carattere a
Hallenkirche [4], anche se non puro perché Le decorazioni neomedievali contribuiscono
la diversa conformazione delle campate late- a dare un’immagine unitaria dell’edificio e a
rali (più strette) e la forte divisione fra di esse nascondere eventuali disomogeneità ma non
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Marco Frati
1. Trino Vercellese,
insediamento
all’inizio dell’età
moderna, mappa
(da Varalda, Trino:
storia della città).
2. Trino Vercellese,
S. Caterina, pianta
(da Cavalchino,
De Leo, Il restauro
di necessità).
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La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
sfuggono alcune anomalie formali e materiali ti da una posticcia forma prismica, mentre i due 3. Trino Vercellese,
che indicano il sovrapporsi di più fasi costrutti- presso il presbiterio vennero mantenuti sfaccet- S. Caterina, interno,
pilastro cilindrico
ve e la continua modifica della concezione dello tati, probabilmente perché così configurati fin con abaco e fascio
spazio liturgico. Dall’osservazione vanno natu- dall’origine. L’attuale decorazione che li ricopre di archi e nervature
ralmente espunte le cappelle laterali barocche e completamente impedisce di osservarne la con- (foto Autore).
la facciata neoclassica, la cui seriorità è evidente sistenza materiale ed eventuali tracce dell’ap-
e di cui comunque si può render conto attraver- poggio di altre strutture, come ad esempio un
so la documentazione storica. tramezzo o una transenna, la cui esistenza non
L’analisi delle variazioni visibili all’interno è può comunque essere esclusa.
facilitata dall’accurato rilievo architettonico di Analizzando la chiesa in alzato [7] si nota
Alberto Cavalchino e Francesco Simone De come nelle ultime due campate le volte siano
Leo (2002), finalizzato all’analisi del degrado e a una quota maggiore rispetto alle altre anche
all’intervento di restauro.7 In pianta [2] le di- se attualmente la loro distanza dal pavimento
mensioni delle tre navate sono pressoché co- (m 10,80) – altrettanto rialzato su cinque gra-
stanti mentre non lo sono quelle delle campate. dini – sia all’incirca uguale all’altezza interna
Le prime tre (da ovest) della navata centrale ap- (m 11) delle altre campate.9 Inoltre, si osserva
paiono rettangolari, anche se con un aumento una diversa geometria per le volte a crociera che
progressivo della profondità, mentre le ultime coprono le campate: quelle centrali hanno un
tre (verso est, compresa la scarsella terminale) profilo cupoliforme, mentre in quelle laterali la
sono grosso modo quadrate. Ciò corrisponde quota dell’estradosso si mantiene costante. Al
a un diverso ritmo che suggerisce una qualche termine delle navate laterali, a metà circa della
gerarchizzazione dello spazio interno. Anche la loro altezza, compare un arco acuto tamponato
forma dei pilastri non è costante: tutti i soste- attraverso cui si accedeva direttamente a due
gni hanno sezione circolare, salvo quelli fra la ambienti fiancheggianti la scarsella. Come que-
quarta e la quinta campata, che invece l’hanno sta, essi hanno pianta quadrata e sono voltati
ottagonale. Va detto che nel corso del restauro a crociera presentandosi come delle tipiche
di un secolo fa8 i pilastri cilindrici furono libera- cappelle orientate.
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Marco Frati
4. Trino Vercellese,
S. Caterina, interno
da ovest (foto
Patrizia Borlizzi).
5. Trino Vercellese,
S. Caterina, esterno
da sudovest (foto
Patrizia Borlizzi).
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La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
6. Trino Vercellese,
S. Caterina,
campanile da
sudest (foto Patrizia
Borlizzi).
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7. Trino Vercellese, Nella chiesa sono presenti pochi arredi rina- navatella nord (T7) appaiono invece chiaramen-
S. Caterina, sezione scimentali ma alcuni di questi, come un’acqua- te omogenee con pilastro, archi diaframmi e co-
longitudinale verso
nord (da Cavalchino, santiera con arme dei Bazzani datata intorno al stoloni, e dunque in fase con essi. Le vele della
De Leo, Il restauro 1500,10 provengono da altre chiese e non pos- terza campata sud (T10 e T13) danno una diver-
di necessità). sono suggerire nessun lavoro di completamento sa risposta termica sopra e sotto le reni, forse a
di questa. Alcune lapidi funerarie, ora conser- causa dell’accumulo di detriti presso gli appog-
vate in sagrestia, datano intorno al 1600 (una al gi della volta, che rallentano la dispersione di
1592, una al 1597, una al 1606)11 e provengono calore, o della differente tecnologia costruttiva
da altro luogo del convento: quella dei Pugiella ai differenti livelli della struttura di copertura.
(1597) sicuramente dalla navata sud12 e certa- Fra la prima e la seconda campata della nava-
mente dopo l’incendio della sagrestia nel 1745.13 ta sud (T11 e T12) si nota invece continuità fra
Altre anomalie sono suggerite dalle analisi ter- sostegno e struttura di copertura. Sulla prima
mografiche [8] eseguite dal Laboratorio di Re- campata della navata nord (T14) la controfac-
stauro della Facoltà di Architettura del Politec- ciata e la copertura danno diverse risposte a
nico di Torino nel 2002.14 Fra la terza e la quarta causa tanto della seriorità della facciata e delle
campata della navata laterale (ripresa T5) si volte quanto della loro maggiore esposizione
nota una diversa risposta termica delle vele [9], all’esterno. Nella adiacente campata centrale
come se la volta della terza campata fosse sta- (T20) si nota in modo più evidente il distacco
ta aggiunta in un secondo momento e sopra la della controfacciata dalle altre strutture.
volta della quarta il calore immagazzinato fosse Della muratura esterna, quasi completamente
maggiore (anche a causa dei muri trasversali nel coperta dalle cappelle barocche e da altri suc-
sottotetto). Anche nella navata centrale nelle cessivi corpi edilizi, si possono osservare solo
campate corrispondenti (T6) si osserva un feno- alcune piccole porzioni. Una di queste [10],
meno analogo, verosimilmente imputabile alle corrispondente alla quarta campata della na-
stesse cause. Le vele della quarta campata della vata nord, propone non poche fasi e altrettanti
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La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
interrogativi,15 a cui non è facile rispondere so- della muratura (H) situata appena sopra i due 8. Trino Vercellese,
prattutto a causa della malta rifluente che im- archi policentrici e confusamente rimpellata S. Caterina, pianta
con indicati i
pedisce una chiara lettura dei rapporti strati- da mattoni di varie dimensioni ove si innestava punti delle riprese
grafici [11]. Cominciando dal basso, si osserva con ogni probabilità un solaio al cui pavimen- termografiche
una colonna con capitello cubico (A) inglobata to si accedeva dalla porta suddetta. L’ambiente eseguite
il 18 luglio 2002
nella muratura (B) e per metà (la sinistra) ri- superiore era coperto direttamente da un tet- (rilievo da
coperta di frammenti laterizi. Su di essa si ap- to la cui pendenza (I) è denunciata dall’infisso Cavalchino, De
poggiano ben tre archi: due policentrici e uno inclinato della finestra centinata e dalle buche Leo, Il restauro di
necessità).
rampante. Quest’ultimo (C) ha una doppia dei travicelli rimaste sulla parete esterna della
ghiera (quella esterna parzialmente demolita) cappella di S. Domenico sulla quale si notano
che s’insinua in profondità nello spessore del anche le ammorsature dei muri, l’appoggio del
muro, appositamente scucito per accoglierla, manto di copertura e il rivestimento a intona-
come si può osservare dall’integrità dei matto- co del corpo di fabbrica. Altre aperture hanno
ni circostanti e dal riempimento dei vuoti con lasciato traccia nella muratura in questione: a
abbondante malta e cocci (D). I due archi se- sinistra una monofora con arco ribassato pri-
miovali (E-F) hanno un profilo irregolare e le ma ridotta di luce (L) e poi tamponata com-
estremità incerte: quello di sinistra corrispon- pletamente (M); a destra dell’attuale finestra si
de alla nicchia asimmetrica del confessionale, scorge il profilo di una terza apertura (N) non
quello di destra forse a un secondo vano non meglio precisabile; sopra la finestra se ne vede
realizzato o successivamente tamponato. L’ar- una quarta (O), di essa meno ampia e conclusa
co rampante (è da escludere che si tratti del da una piattabanda. Infine, l’intera porzione
ramo di un arco acuto, decisamente enorme) di muratura è circondata in alto da un gran-
è tagliato da un’apertura rettangolare (G): ve- de arco di scarico a tutto sesto (P) inserito in
rosimilmente una porta la cui soglia è allo stes- rottura di muro e appoggiato a sinistra alla
so livello del bordo superiore di una porzione lesena fra la quarta e la quinta campata nord,
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La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
11. Trino
Vercellese,
S. Caterina,
esterno, fianco nord
corrispondente
alla quarta
campata,
stratigrafia
(rielaborazione
dell’Autore da
Cavalchino, De Leo,
Il restauro di
necessità).
Pagina a fronte:
9. Trino Vercellese,
S. Caterina, interno,
volte della terza e
della quarta campata
della navata laterale
sud, termogramma
così anche per sostenere un peso probabilmente due muri, sopra la quinta campata, si notano T5 (da Cavalchino,
maggiore. evidenti tracce di un manto di copertura più De Leo, Il restauro
Altre preziosissime informazioni sono fornite basso dell’attuale [14]: buche per incastrare le di necessità).
dalla visita dei sottotetti raggiungibili attra- travi, mattoni sporgenti per proteggere l’attac- 10. Trino Vercellese,
verso il campanile e circoscritti alla quinta e co delle tegole, resti di malta allineati obliqua- S. Caterina, esterno,
alla sesta campata. Infatti, intorno alla quarta mente dimostrano infatti un tardo rialzamento fianco nord
corrispondente
campata sono eretti due setti trasversali [7] che del tetto sopra il presbiterio e testimoniano
alla quarta campata
impediscono la comunicazione con il resto del l’antica esposizione all’esterno del suddetto (foto Patrizia
sottotetto. Sulla faccia est del più orientale dei muro trasversale. Borlizzi).
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Marco Frati
Pagina a fronte:
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La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
coordinati all’esterno da una ricca decorazione te in ciottoli con sopra qualche filare a risega
laterizia modanata parzialmente distrutta [17]. di mattoni furono allora interpretati come i re-
Altri dati si ricavano dalle notizie di scavi effettua- sti di strutture preesistenti alla costruzione del
ti nel 1975 da Silvino Borla e Domenico Molzino convento, visto che essi apparivano collegati fra
in occasione della sistemazione dell’ex refettorio loro [18-19], che uno di essi fa da fondamento
del convento come sede della Biblioteca civica. della parete nord della chiesa (in cui è inglobata
Tre tratti di murature di fondazione realizza- la colonna con capitello cubico) e che un altro
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Marco Frati
16. Trino Vercellese, attraversa il refettorio senza che nulla vi si appoggi.17 levate possono offrire solo termini di confronto
S. Caterina, Il metodo archeologico può essere applicato interno al cantiere ma non indicatori per una
sottotetto, scarsella,
estradosso della alle strutture in elevato – oltre che nella lettura datazione assoluta. Infatti, i mattoni del muro
volta cupoliforme stratigrafica abbozzata per l’esterno nord della settentrionale della chiesa misurano cm 30 x
(foto Autore). quarta campata – anche nella misurazione degli 11,2 x 7, considerate dal Borla «dimensioni lo-
elementi costruttivi. Per quanto l’archeometria calmente in uso fino al XIII secolo»19 ma in real-
17. Trino Vercellese,
S. Caterina, esterno, abbia fatto grandi passi in avanti negli ultimi de- tà ancora molto simili a quelle del chiostro (cm
scarsella, parete cenni,18 manca a tutt’oggi una mensiocronologia 29 x 10 x 6,5) e ormai divergenti da quelle della
orientale occhi da del laterizio per il Monferrato (e per Trino in preesistente colonna inglobata nella muratura
nordest (foto Autore).
particolare) e perciò le eventuali dimensioni ri- (cm 34 x 11 x 6).20
18. Trino Vercellese,
convento di
S. Caterina, Muro della chiesa Colonna inglobata Colonna del chiostro
murature preesistenti nella muratura
rintracciate nel
1975 (da Borla, Altezza fusto 71 cm 112,7 cm
Note di Storia).
Diametro fusto 75-80 cm (spessore) 57,3 cm 48,4 cm
19. Trino Vercellese,
convento di Dimensione 36 (h) x 35 (b) cm 32,5 (h) x 41 (b) cm
S. Caterina, capitello
murature preesistenti
rintracciate nel Dimensione 7 x 11,2 x 30 cm 6 x 11 x 34 cm 6,5 x 10 x 29 cm
1975 (da Borla, mattone
Note di Storia).
270
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
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Marco Frati
con il consenso del Marchese e per opera del obliterate. I confessionali, giudicati in numero
bresciano Sebastiano Maggi priore del famoso insufficiente, andavano aumentati di due.
56
convento milanese e sforzesco di S. Maria delle Nella successiva visita apostolica (1584), ol-
45
Grazie. A suggello della florida situazione del tre a richiedere una sistemazione migliore del
convento, evidentemente abbastanza grande e Santissimo Sacramento e dell’altar maggiore,
comodo, il re Carlo VIII di Francia si fermò in il Montiglio ordinava la realizzazione di due
S. Caterina quando passò da Trino durante la nicchie liturgiche nel coro per conservare l’o-
sua discesa in Italia nel 1494.46 lio santo e le reliquie cristologiche donate nel
Il prestigio dei domenicani di Trino non declinò tempo dai marchesi.57 Nonostante i decreti di
nel Cinquecento e, anzi, gli uomini del castel- sette anni prima, alcuni altari erano ancora pri-
lo vollero erigere cappelle intorno alla chiesa, vi del necessario e le sepolture vicine ad essi
probabilmente trasferendovi gli altari già esi- dovevano essere radunate con le altre. Quanto
stenti, come quello fondato da Giovanni Tizzo- già stabilito per i confessionali non venne in-
ni un secolo prima. Infatti, alla confraternita di vece ripetuto, perché probabilmente già realiz-
S. Croce, che si trovava nella cappella di S. Pie- zati. Che qualche lavoro fosse stato eseguito o
tro Martire fondata dal Tizzoni, entro il 153547 stesse per esserlo lo suggeriscono la richiesta di
fu ceduto del terreno nel chiostro dei morti per aumento dell’elemosina ducale portata ai Gon-
realizzarvi un oratorio e trasferirvi l’altare. Nel zaga nel 159858 e le lapidi sepolcrali realizzate
1577, in occasione della visita apostolica (Ra- intorno al 1600.59
gazzoni),48 il sacello49 sembrerebbe non esistere Il XVII secolo fu un periodo di continue emer-
ancora ma già l’anno seguente i confratelli in- genze militari e sanitarie per Trino,60 al centro
caricavano il pittore Boniforte Oldoni di deco- dello scacchiere fra Piemonte, Milanese e Mon-
rarlo50 e durante la successiva visita apostolica ferrato e nelle mire dei Savoia finché Vittorio
(Montiglio 1584)51 l’oratorio appariva già offi- Amedeo I non ne entrò in possesso col trattato
ciato anche se la compagnia che vi aveva sede di Cherasco del 1631 (reso definitivo solo col
non sembrava essere molto attiva. trattato di Utrecht del 1713). Per consolidare il
Sicuramente entro il 1544,52 per testamento di dominio sulla piazzaforte di Trino, già nel 1628
Giovanni Battista Da Pergamo,53 fu eretta una il duca di Savoia aveva voluto immediatamen-
cappella dedicata al Santo Precursore e dipin- te realizzare una cittadella, per isolare la quale
ta da Gaudenzio Ferrari molto probabilmen- furono demolite «le case di Francesco Millo e
te già intorno al 1535.54 Vista la concomitan- di Giolito sin’attacco al convento di Santa Ca-
za della realizzazione della nuova cappella di terina»61 che si trovò così risparmiato dalla di-
S. Giovanni Battista con l’acquisizione del ter- struzione per pochi metri. Per la continua insi-
reno per il nuovo oratorio di S. Pietro Martire, curezza, a quell’epoca la comunità domenicana
si può fors’anche pensare a una migrazione del- maschile di Trino era costituita da solo otto frati
la prima nel sito della seconda, col beneplacito e aveva un magro imponibile (pagava 370 scudi,
dei patroni Da Pergamo e Tizzoni subito dopo meno di quasi tutti i conventi lombardi).62
l’estinzione dei Paleologi (1533). E il pericolo non finì: nel 1639, durante la guer-
Le due già citate visite apostoliche testimoniano ra per la successione piemontese, i domenicani
resistenze o ritardi nell’adeguamento della chie- furono salvati «con buona quantità di denari»
sa alle prescrizioni della Controriforma. Nella dal sacco seguito all’assedio dei Gonzaga e di
prima visita (1577),55 dopo aver ordinato di ri- Tommaso Savoia-Carignano impegnati contro
fornirsi di paramenti e suppellettili liturgiche, il Maria Cristina di Francia, reggente per Carlo
Ragazzoni raccomandava il riordino degli altari. Emanuele II.63 Nel 1649 e nel 1668, per la sua
In particolare doveva essere eliminato quello contiguità alla cittadella, nel convento furono
della Madonna addossato a una colonna su cui acquartierati i soldati sabaudi,64 che pure ebbe-
ne era dipinta l’immagine, da salvare (ma anda- ro a lamentarsi della sistemazione.
ta poi perduta). L’altare di S. Giovanni Battista Passata la minaccia militare con il declassa-
fondato dai Da Pergamo doveva essere meglio mento della piazza di Trino e la conseguente
arredato dagli esecutori testamentari. Gli altri distruzione della fortezza (1672) per ordine di
altari non conformi ai dettati post-tridentini Vittorio Amedeo II, il convento poté espan-
dovevano essere sistemati, pena la loro interdi- dersi verso est e infatti fu interessato da nuova
zione. Le tombe andavano segnalate da lastre attività edilizia verso la fine del secolo. A se-
marmoree, oppure riempite di terra e, dunque, guito della demolizione, nel 1676, anno in cui
272
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
la comunità entrò a far parte dell’ancor più ra- (da interpretare come timpano o ghimberga),
65
dicale congregazione osservante di S. Sabina, sulla quale aggettava un angelo recante lo stem-
Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours ma marchionale, e di una lunetta affrescata con
66
donò ai frati un terreno attiguo all’orto: pro- la Madonna, Santa Caterina, San Domenico e
babilmente a seguito di questa acquisizione, la Beata Maddalena Panattieri. La modifica
l’intero complesso fu sottoposto a modifiche e all’ingresso era stata probabilmente compiuta
ampliamenti importanti. Infatti, nel 1680-1682 nel 1714, data incisa nel battente (reimpiegato)
la sala capitolare non c’era più, da poco sosti- dell’attuale portale.
tuita dal noviziato, ma nel sito del capitolo si Passato il pericolo, nel 1750 i domenicani chie-
mantenevano le sepolture dei frati.67 Nel 1685 sero di nuovo al re di poter realizzare le cap-
veniva completata la cappella della Beata Pa- pelle, in modo da superare «la soggezione alli
nattieri con le decorazioni del pittore Antonio Religiosi in occasione della celebrazione delle
Bianchi.68 Non sappiamo quali danni produsse messe ed altre fonzioni che si fanno agli altari
al complesso la piena del Po di quello stesso laterali»77 e, finalmente, il 5 dicembre 1752 otte-
anno, particolarmente funesta per Trino, non nevano l’autorizzazione per conferma della deli-
più protetta dalla cinta bastionata.69 Fatto sta bera del 1740.78 Nel frattempo, il 14 luglio 1752
che l’anno successivo vi furono internati centi- i frati avevano acquistato la piena proprietà del
naia di valdesi,70 a riprova di una certa resisten- muro di confine a ovest con i beni dei fratelli
za e capienza delle strutture. Guasco, un tempo dei Biandrate,79 in modo da
Nel 1698 venne deciso di ricostruire l’orato- poter sistemare l’ingresso alla chiesa. Tutti i la-
rio di S. Pietro, realizzato pochi anni dopo ma vori furono celermente eseguiti: intorno al 1760
senza conseguenze per l’assetto del convento.71 risalgono i dipinti per gli altari delle cappelle
Ancora il Po straripò il 13 novembre 1705, della Beata Maddalena Panettieri, dei Padri Do-
giungendo a una considerevole altezza in corso menicani e di San Vincenzo Ferreri,80 nella visita
Cavour,72 a un isolato di distanza da S. Caterina canonica (Verduna) del 1766 la chiesa appariva
che sicuramente fu invasa dalle acque come gli ormai in ordine81 e nel 1776 l’endonartece era
altri edifici circostanti. Finalmente, nel 1720 fu già stato demolito da alcuni anni e sostituito
costruita, probabilmente sul terreno donato da dall’attuale sagrato.82 Non sappiamo quando
Madama Reale, una nuova ala del convento pro- (ma di certo qualche anno prima del 1776) il
tesa a est verso la cittadella.73 Bartoli83 vide complete solo due cappelle per
Terminati i lavori alla residenza dei frati, si pen- parte e un’immagine della beata Panettieri ese-
sò di ampliare la chiesa. La situazione politica guita dal Guala «in altro luogo della Chiesa»:
era favorevole, visto che il confine orientale si forse ancora nell’atrio, dove effettivamente se
era spostato ulteriormente dopo il passaggio ne trovava una.84
di Tortona e Novara ai Savoia nel 1738. Nel Nel 1774 il pavimento della chiesa era stato rin-
1740, su richiesta dei domenicani, il consiglio novato,85 a seguito dei lavori e fors’anche dell’in-
comunale di Trino concesse una striscia di ter- nalzamento del terreno a causa delle continue
reno lungo il corso per la realizzazione di nuove inondazioni che per un secolo non avevano tro-
cappelle da aprire sulla navata destra.74 I lavori vato ostacolo nelle campagne e talvolta neppu-
non furono però eseguiti subito per il soprag- re in città.86 Verso la fine del secolo la chiesa fu
giungere di una nuova crisi militare: la guerra dotata di un organo dei fratelli Serassi (datato
di successione austriaca (1740-1748), durante al 1793)87 e furono forse compiuti ingenti lavo-
la quale, a seguito dell’alloggiamento di un reg- ri alla fabbrica del convento (1785-1795),88 in
gimento di dragoni piemontesi nell’estate del grado di ospitare il capitolo della Provincia di
1745, scoppiò addirittura un incendio nella sa- S. Pietro Martire nel 1792.89 Infine, nel 1801 fu
crestia posta sotto il campanile, ricca di armadi rifatto parzialmente il manto di copertura della
stipati di paramenti e vasellame che andarono chiesa sostituendo qualche tegola.90 Con questo
completamente distrutti.75 All’epoca la chiesa piccolo intervento si chiudono le vicende di età
aveva impianto adiabasico e vi si accedeva da moderna del convento perché l’anno seguente,
sud, in quanto a occidente si addossava alle case con la soppressione napoleonica dell’Ordine
private impedendo il sagrato.76 Sullo stesso lato domenicano, la chiesa fu ridotta a sede di giudi-
si vedeva ancora una vecchia porta chiusa da catura, collegio, magazzino, ospedale militare e
un muro ma adorna di colonnelli e bassorilie- stalla comunale.91
vi laterizi disposti armonicamente ‘a piramide’ Nel 1829 i frati poterono riscattare il convento
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Marco Frati
20. Giuseppe Borla, e farvi ritorno.92 L’anno successivo fu effettuata Nel secondo dopoguerra (1957) fu demolita
Santo Domenico, la decorazione neobarocca della chiesa: in par- la copertura del portico ovest del chiostro dei
1860 (da V centenario
della introduzione). ticolare, le colonne vennero inglobate in pilastri morti, ottenendo una suggestiva e pittoresca ve-
prismici.93 Successivamente (nel 1836, data da duta sui campanili di S. Pietro Martire e S. Bar-
catalogo; l’inserimento fu terminato nel 1840, tolomeo.102 In coda alla stagione culturale del re-
data da iscrizione) fu sostituito il vecchio orga- stauro stilistico, nel 1971 fu ripristinata la faccia
no Serassi con uno nuovo della stessa ditta94 e vista delle murature originali stonacandole103 e
Pagina a fronte:
restaurato l’altar maggiore (1840).95 nel 1975 furono restaurati il refettorio, il chio-
21. Torino, Archivio Nel 1848 il convento e la chiesa furono anco- stro, con la liberazione del portico laterizio, la
di Stato, Sezioni ra occupati da truppe di militari: questa volta bussola e il portone della chiesa.104 Gli interventi
Riunite, Patenti e
biglietti poi patenti,
dei volontari in partenza per la prima guerra di consolidamento più recenti (1987-1992) han-
m. 23, f. 129: d’indipendenza.96 Una nuova crisi si profilava: no riguardato la facciata, che minacciava il di-
Bernardo Vittone, nel 1855 l’Ordine domenicano fu nuovamente stacco dal corpo della chiesa, le colonne interne
Chiesa di S.ta
soppresso, anche se solo formalmente. Il con- e la copertura, parzialmente sostituita.105
Cattarina de’ R.R. P.P.
di S.t Domenico, vento fu effettivamente chiuso solo nel 186397
9 marzo 1753 (AST). e nel frattempo (1860) si aveva avuta la forza di
ampliare la sacrestia sul retro della chiesa.98 4. Storia regressiva del cantiere
22. Trino Vercellese,
Convento di Santa I frati poterono nuovamente tornare nella chiesa (chiesa e convento) attraverso le immagini
Caterina, Archivio e in parte del convento solo nel 189999 e qualche
(non inventariato), anno dopo (1907) il capitolo deliberò altri lavo- Cercando di riavvolgere il nastro della narrazio-
Giovanni Giuseppe
Boldrino, Chiesa
ri di restauro alla chiesa,100 conclusisi nel 1911 ne per giungere alla fase d’impianto del cantiere
di S.ta Cattarina con il rialzamento del pavimento oltre il livello di S. Caterina, si può far riferimento alla cospi-
de’ R.R. P.P. delle basi dei pilastri e l’eliminazione degli ar- cua cartografia storica che accompagna l’evolu-
di S.t Domenico,
redi barocchi, sostituiti da un’omogenea deco- zione del complesso domenicano. In particola-
22 settembre 1740
(da Sciolla, L’arte razione neogotica.101 Fra le due guerre mondiali re, è opportuno mettere a confronto fra loro le
a Trino). non risultano effettuati interventi di rilievo. numerose piante (a diverse scale), le vedute e le
274
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
275
Marco Frati
106 116
osservazioni sui dati materiali più sopra raccolti. Giovanni Giuseppe Boldrino [22]. Questa
Fra le immagini più recenti vanno segnalate planimetria mostra altari e cappelle prima del
le foto scattate dopo l’ultimo dopoguerra ma loro spostamento a seguito della ristrutturazio-
precedenti ai ripristini successivi e, dunque, ne della chiesa: lungo la navata nord si apriva-
107
storiche. Fra queste, uno ‘scorcio pittoresco’ no le cappelle del Crocifisso (E), del Rosario
scattato fra il 1957 e il 1975 mostra il portico (F) e di S. Domenico (G), mentre nella navata
privo di copertura ma con le colonne ancora in- sud si trovavano gli altari di S. Giacinto (L), di
globate nel muro est. S. Vincenzo Ferreri (M), dell’Annunciazione
Nella veduta (da sudovest) di Giuseppe Borla (N) e del S. Sepolcro (O); l’altar maggiore (H)
del 1860108 la chiesa appare invece sostanzial- stava nella quinta campata centrale (secondo la
mente nella stessa configurazione attuale [5, 20], tipica sistemazione post-tridentina sopravvis-
salvo le diverse condizioni di conservazione dei suta fino ad oggi) e quello del Gesù (K) nella
rivestimenti esterni. E così anche nella veduta cappella orientale destra, ancora comunicante
(da sudest) di Clemente Rovere del 1845109 in con la navata corrispondente. Sul fianco nord
cui è però descritto soprattutto il convento. insiste una parte del convento accessibile da
Per quanto riguarda la planimetria del comples- una porta (C) nella parete della quarta campa-
so, esso risulta della stessa consistenza attuale ta, la cui posizione però risulta assolutamente
anche nelle mappe catastali napoleoniche dell’i- incompatibile con l’evidenza archeologica ed è
nizio dell’Ottocento: il Cadastre particellare del dunque da ritenere un’apertura di progetto.117
1811110 mostra le cappelle già tutte realizzate Una nicchia nella quinta campata potrebbe
verso sud, il sagrato e il portico (particella 579) corrispondere all’antico ingresso, ormai tam-
autonomi dalla chiesa ormai sconsacrata (578), ponato.
il chiostro dei frati (577), il giardino (576) e l’o- La situazione appare identica anche nella map-
ratorio di S. Pietro (580). Stessa situazione ap- pa del catasto sabaudo antico della metà del
pare, anche se in modo più approssimativo, nel Settecento118 in cui la chiesa ha lo stesso im-
secondo (1810)111 e nel primo (1805 circa) cata- pianto planimetrico a sei campate e il conven-
sto francese per masse di coltura112 dove la chie- to compare dotato dell’ala a nordest (1720)119 e
sa è indicata solo nei suoi contorni, la cui linea è del giardino antistante, organizzato in quattro
approssimativa ma chiara nei suoi rapporti con settori. Da segnalare la presenza nella mappa,
l’intorno: essa sembra conservare l’atrio e avere a sudovest per circa un terzo della profondità
tutte le cappelle sud già realizzate. dell’isolato, dei fabbricati di proprietari privati,
Nella mappa del territorio di Trino del 1802113 la come indicato nel compromesso del 1453.120
città compare descritta nei suoi pieni (isolati) e Nella tavola pubblicata dall’Irico nel 1745,121
vuoti (strade e piazze) e la presenza della chiesa che include tanto la cittadella distrutta settan-
è segnalata da una semplice croce subito cancel- tatré anni prima (!) quanto i monumenti aggior-
lata per la soppressione del convento avvenuta nati, si vede, succintamente ma chiaramente, la
nello stesso anno. Ma il contorno dell’isolato in chiesa (nr. 2) profonda sei campate con la fac-
cui si trova S. Caterina appare chiaramente già ciata non allineata a quella di S. Pietro Marti-
ampliato verso sud. re (nr. 8), l’altare nella scarsella, tre cappelle a
La veduta compendiaria di Trino eseguita in- nord e nessuna a sud (anche se il corso appare
torno al 1770 dal pittore braidense Pietro Pa- già ristretto a filo della via porticata).
olo Operti114 non mostra ancora con chiarezza Se la troppo generica mappa del territorio fra
lo stato del complesso (salvo, forse, l’ala del Palazzolo e Trino del 1700 non può aiutare nel-
convento e il campanile immerso nelle nuvole), la comprensione dell’evoluzione del complesso
illustrato invece da diversi documenti icono- domenicano,122 nel disegno di Michel Angelo
grafici della metà del secolo. Il più recente è un Morello, eseguito nel 1685 per descrivere le
disegno del 1753 a china nera e acquerello di perdute fortificazioni di Trino prima del loro
Bernardo Vittone [21]115 in cui la chiesa conser- smantellamento (1672), si vedono due chiostri
va l’atrio e non ha ancora le cappelle meridio- separati da un muro allineato alle due cappelle
nali, di cui ne viene esemplarmente progettata orientate della chiesa, di cui è descritto solo il
una (in giallo nell’originale). Esso precede di profilo; il chiostro a est ha due maniche (nord
poco la realizzazione dei lavori già previsti nel ed est) mentre quello a ovest sembra circonda-
1740 e non è che la copia del disegno a chi- to da corpi edilizi su tre lati (nord, ovest, sud);
na nera e acquerello eseguito in quell’anno da la chiesa ha la facciata più a ovest del portico, a
276
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
riprova della già avvenuta costruzione dell’atrio. ma forse è quello ovest ribaltato) e del conven-
Purtroppo non aiuta nella comprensione degli to manca completamente l’ala est; molto simile
alzati la veduta compendiaria verso nord incisa all’attuale appare invece il campanile a cinque
da Antonio Verga intorno al 1680 e ristampata ordini divisi da lesene e cornici. Il secondo di-
da François Gerard Jollain nel 1692,123 troppo segno del pittore trinese, databile al 1666,127 è
di fantasia per offrire dati sicuri, e neppure la una prospettiva della città da sud128 in cui del
pianta pubblicata nel 1690 da Endters,124 ma si complesso domenicano (nr. 3) si distingue con
può disporre di altre incisioni che riproducono chiarezza solo la torre svettante coi suoi ultimi
la città pochi anni prima del 1672 con una certa quattro ordini in cui si vedono coppie di mono-
attenzione alla consistenza edilizia. fore aperte su tutti i lati, salvo che nel penulti-
Agli anni sessanta del Seicento appartengono mo e nel quart’ultimo ordine, dov’erano forse
due disegni di Federico Guazzo. Dal primo, già state tamponate.129
commesso nel 1668, è stata ricavata la tavola Non molto diversa è la pianta di Carlo Morello
LVI del Theatrum Sabaudiae [23],125 che mostra del 1656130 in cui però le facciate di S. Caterina
la città in una veduta assonometrica da sud. La (nr. 18) e di S. Pietro si vedono complanari e i
chiesa (nr. 15) vi si presenta adiabasica, con chiostri sono separati da una manica allineata
l’ingresso da un portale cuspidato126 sul fian- alla scarsella, che potrebbe corrispondere alla
co sud ancora allineato alle facciate retrostanti sala capitolare demolita di lì a poco.131 Strana-
il portico di via. Non poche però sono le in- mente, sul lato nord del chiostro dei morti man-
congruenze: il corpo della chiesa appare lungo cano gli edifici conventuali.
solo quattro campate e tutto ritmato da lesene Le immagini d’assedio – sabaudo del 1658 e
o contrafforti; la navata laterale è decisamente francese del 1643 – non offrono indicazioni
più bassa di quella centrale, illuminata da un sull’architettura. Le incisioni di Gérard Boutta-
claristorio; nessuna cappella sporge sul chio- ts (1670-1674)132 e di Sebastian de Pontault de
stro (di cui si vede solo un portico sul lato nord: Beaulieu (1676-1694)133 non mostrano alcuna
277
Marco Frati
24. Torino, Archivio attenzione per la viabilità interna, ma solo per le centrali del Seicento furono segnati da una gra-
di Stato, Sezione fortificazioni mentre nessuna informazione utile ve crisi e da una generale stasi edilizia che toccò
Corte, Carte
topografiche e può derivare dalla veduta ottocentesca di Louis anche il convento domenicano.
disegni, Monferrato. Duprè134 troppo lontana nel tempo e animata A non molti anni prima risalgono quattro dise-
Feudi per A e B, solo dalla necessità di evocare l’evento di storia gni della città di Trino che offrono però solo una
m. 66, Trino,
cart. 1, doc. 1,
militare senza nessun interesse – e dunque ade- veduta assai sintetica del castello, una schemati-
Pianta de Trino, renza – alla topografia.135 ca distribuzione di strade e isolati senza alcuna
ante 1570, Lo stesso vale per la pianta delle fortificazioni indicazione attendibile degli edifici o del loro
rovesciata col nord
disegnata da Domenico Arduzzi136 sulla base ingombro o, purtroppo, una resa molto appros-
in alto per
permetterne una più dell’analogo progetto del padre Pietro intorno simativa dell’area in cui insiste il convento.138
facile lettura (AST). al 1630137 in cui invece la struttura urbanistica A poco tempo dopo il 1595 risale una veduta
è descritta accuratamente con le emergenze compendiaria da sudovest139 in cui appaiono ol-
monumentali. In esso infatti compaiono il pro- tre alle mura solo alcuni grandi edifici tra i quali
filo delle due chiese e due chiostri ancora sen- non è difficile riconoscere le chiese principali la
za cappelle ed esistono chiaramente il portico cui posizione e il cui orientamento non sembra-
(legato alla chiesa e dunque forse comprenden- no però rispettati. Con un po’ di buona volontà
te l’atrio) e l’oratorio di S. Pietro; la chiesa di si può forse individuare S. Caterina nella ba-
S. Caterina ha terminazione rettilinea e la mani- silica alla destra dell’unico campanile e dotata
ca est (dove probabilmente era ancora colloca- di un portico antistante. Purtroppo null’altro
ta la sala capitolare, indicata con un tratteggio si può desumere della fase in cui avvenne l’a-
usato da Arduzzi senior per logge e portici) è deguamento liturgico della chiesa, con lo spo-
ancora profonda come la scarsella con un picco- stamento del coro e degli altari e la costruzione
lo chiostro retrostante. Ma, del resto, i decenni delle prime cappelle sul fianco nord.
278
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
Forse coeva a una carta del territorio di Trino, lunghezza del muro dichiarata nell’atto (circa
di cui è delineato solo il perimetro delle mura,140 m 31) è molto lontana dalla larghezza della
è la Pianta de Trino141 elaborata poco prima del chiesa senza cappelle (m 16,70)144 e dunque il
1570 in cui si vede per la prima volta la chiesa suo acquisto non può essere interpretato come
rappresentata a tre navate, senza alcuna cappel- preparazione alla fondazione dell’endonarte-
la laterale, con sagrato davanti e terminazione ce della chiesa. Piuttosto, va considerato che
circolare [24]. Quest’ultima caratteristica appa- il muro in questione corrisponde a circa due
re incongrua ma si tratta di un elemento conven- terzi dell’intera profondità dell’isolato (m 43),
zionale che compare in tutte le chiese descritte- ovvero la misura dello spazio inedificato del
vi.142 Da segnalare invece l’assenza dell’oratorio Biandrate che rimase tale fino alla soppressione
di S. Pietro, probabilmente non ancora costru- napoleonica del convento, come si può osserva-
ito. Purtroppo la più antica raffigurazione nota re nelle mappe catastali. Si trattò dunque di un
di Trino (Gian Maria Olgiati, 1547)143 consiste accordo per garantire ariosità e possibilità futu-
in un rilievo delle mura senz’altre più precise re di elevazione al chiostro appena costruito e
indicazioni urbanistiche. consacrato, e non di una preparazione all’allun-
gamento della chiesa.
Vediamo ora di comprendere il progetto della
5. Il progetto architettonico originale chiesa. Del suo impianto [25] a tre navate con
cappelle terminali per cinque campate di pro-
Come si può constatare dal confronto serrato fondità si è già detto, così come della struttura
fra dati storici (documenti scritti e grafici) e laterizia a pilastri cilindrici. Restano da valu-
materiali (analisi autoptiche e strumentali), la tare attentamente le anomalie e i dati storici e
configurazione attuale rispetta sostanzialmente archeo logici perduti (iconografia, descrizioni,
la consistenza originale nell’impianto planime- scavi) nel contesto dell’intero cantiere.
trico, in parte dell’elevato interno e nelle strut- Innanzitutto, vanno osservate le anomalie di-
ture accessorie (campanile, chiostro dei morti). mensionali. Le cappelle orientali laterali (ora
Anche l’assenza dell’atrio (costruito intorno al chiuse ma un tempo direttamente comunicanti
1600) va registrata come uno dei caratteri ori- con le navatelle) hanno pianta perfettamente
ginali anche perché i dati dimensionali espres- quadrata (m 3,40 di lato) mentre la scarsella mag-
si dal documento del 1453 – diversamente da giore no (m 7,10 x 6,60); anche le cinque campa-
quanto finora sostenuto – contribuiscono a te hanno lunghezza variabile e progressivamente
escluderne l’esistenza a quell’epoca: infatti, la crescente verso est (da ovest: m 6,10-6,30; 5,90-
279
Marco Frati
6,00; 6,00-6,30; 6,80; 7,40), creando un effetto siderazioni: che quel muro (ora tutto coperto
prospettico di rallentamento della profondità dal tetto) era visibile dall’esterno, che la co-
dell’intera chiesa verso il presbiterio. È difficile pertura della quinta campata era più bassa di
dimostrare una volontà progettuale nel suscitare quella della quarta (a meno di pensare a set-
147
questa percezione. Certamente, non mancano in ti estradossati) e che la copertura originale
età gotica esempi di correzioni ottiche145 ma qui era a sole due falde, il che esclude l’esistenza
le incertezze costruttive sono molte e riguardano di un claristorio (come invece rappresentato
anche la larghezza della navata centrale (m 6,70) nel Theatrum Sabaudiae) e può far pensare a
che non trova un perfetto proporzionamento una preferenza per uno spazio a sala fin dalla
con quelle collaterali (m 3,60-3,80) neppure fase progettuale. L’osservazione non si è spin-
considerando gli spessori murari esterni (m 7,90 ta all’altro muro trasversale, quello fra la terza
della centrale rispetto ai m 4,10-4,60 delle colla- e la quarta campata. Se la situazione si fosse
terali) o gli interassi fra i sostegni (m 7,40 della ripetuta verso ovest, allora sopra l’unica cam-
centrale rispetto ai m 4,20-4,50 delle collaterali): pata quadrata (la quarta) la struttura si sarebbe
tutt’al più (e con molta approssimazione per di- innalzata indicando un luogo privilegiato della
fetto) si può pensare al semplice rapporto 2:1 fra chiesa. Del resto, i due setti trasversali corri-
navata centrale e collaterali. spondono esattamente a lesene profonde una
Le misure tutte diverse degli archi (anche fra le testa che ispessiscono il muro di circa un quin-
navate della stessa campata) dimostrano inol- to e preparano un sistema voltato. È singolare
tre che lo spazio interno è stato costruito tutto che fra terza e quarta campata all’esterno non
insieme: infatti, per ciascun arco è stata neces- ci siano tracce della lesena a cui la parete della
saria una centina particolare che, se riutilizzata, cappella della Beata Panattieri avrebbe dovuto
avrebbe dovuto generarne uno identico. Dun- ben appoggiarsi o addentellarsi: è come se in
que, le due arcate nord e sud sono state rea- quel punto non ci fossero spinte da assorbire.
lizzate contemporaneamente e subito dopo si Dunque si può concludere che in origine fos-
può pensare siano stati lanciati anche gli archi se prevista la copertura in muratura solo sulle
trasversi fra una campata e l’altra. ultime due campate e che per evitare dissesti si
Anomalie riguardano anche le coperture. Con- fossero caricati gli archi trasversi con un peso
seguenza delle considerazioni appena fatte in- supplementare irrigidendo pure tutte e tre
torno alle campate e agli archi che le delimitano le quarte campate. Un indizio dell’intenzione
è una gran varietà nelle dimensioni delle volte di coprire in tempi successivi una parte della
a crociera (sempre quadrangolari, ovviamente) chiesa è offerto dal già citato testamento di
nella loro forma (cupoliforme o no), nella loro Giovanni Tizzoni (1443, eseguito forse entro
altezza (maggiore nel presbiterio) e nella loro il 1450) in cui la copertura di mattoni (cioè la
adesione alle strutture in elevato (che sembre- volta) sopra l’altare da lui fondato è ancora tut-
rebbe successiva nelle prime tre campate). Una ta da fare. Dunque inizialmente la chiesa [25]
qualche spiegazione può venire dall’osservazio- era parzialmente coperta a capriate (le prime
ne dei livelli originali dei tetti. tre-quattro campate) e il resto a volte, come in
La navata sud oggi è coperta insieme a quella molti esempi domenicani due-trecenteschi148
centrale da una sola falda mentre sopra la na- inizialmente dovuti alla rigida legislazione
vata nord la copertura è a una quota di poco dell’Ordine149 e poi a una pratica convenienza.
inferiore ma distinta da quella centrale e con- L’apparato decorativo si presenta estremamente
serva il suo originale rapporto con la parete semplice all’interno, anche in ragione della perdi-
esterna (semplice cornice a due file di mat- ta degli arredi e delle finestre originali che dove-
toni). Viste dal sottotetto, le travi dell’ultima vano avere qualche minimo valore plastico-line-
campata appaiono rialzate di circa un metro. are. Sono dunque le strutture stesse a costituire
Queste modifiche sono coerenti con la realiz- il principale tema compositivo: la nitidezza dei
zazione delle cappelle laterali (prima a nord, pilastri, il blocco orizzontale degli abachi, il fiori-
poi a sud): rialzando il tetto delle navatelle e re degli archi e soprattutto dei costoloni, ogivali
lasciandolo spiovere sopra le cappelle, si con- nelle volte centrali e torici in quelle laterali. Si di-
cedeva a queste ultime una maggior altezza e stinguono, per la loro base ottagonale, i pilastri
illuminazione.146 La traccia dell’antico manto fra le ultime campate, adatti a ricevere tramezzi
di copertura su tutto il muro trasversale fra o altre strutture in muratura. Unica concessione
quarta e quinta campata suggerisce tre con- alla scultura è data dal cervello delle volte costi-
280
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
tuito da medaglioni in pietra decorati a intrecci monofore della cella campanaria hanno un arco 26. Trino Vercellese
geometrici o vegetali e, solo nel presbiterio, con acuto esterno ed uno ribassato interno mentre S. Caterina, fianco,
portale, ghiera,
simboli cristologici (la croce, l’agnello). agli altri piani il profilo è sempre ribassato. Fra fregio, cuneo in
All’esterno la decorazione della chiesa appare un ordine e l’altro la cornice marcapiano è ar- laterizio scolpito
oggi assai limitata. Al ritmo delle lesene (ma solo ricchita da uno o due fregi di mattoni a denti di (foto Patrizia
Borlizzi).
nella parte terminale della chiesa) fa da contrap- sega sostenuti da una teoria di archetti pensili su
punto la scarna cornice di gronda. Unico resto dentelli, motivo di origine romanica assai diffu-
di un qualche ornamento è la ghiera della piat- so nel territorio monferrino.152 Gli archetti sono
tabanda del portale laterale (ora tamponato). In composti da un paio di pezzi speciali il cui di-
essa compaiono motivi semplicissimi (soprat- verso accoppiamento genera archi a tutto sesto,
tutto se confrontati con l’esuberante tradizione acuti o ellittici. La parete reca tracce di scialba-
decorativa del Marchesato)150 a rosette a quattro tura o d’intonaco chiaro che fa meglio emerge-
petali circolari o lanceolati. Ciascun pezzo lateri- re gli elementi architettonici dalle specchiature
zio [26] ha forma e dimensioni proprie e dunque secondo un rigoroso schema geometrico intro-
è stato scolpito e non stampato. Lo sfondo reca dotto fin dal Duecento nel S. Andrea a Vercelli.
tracce di scialbatura, funzionale a mettere in evi- Unico resto dei chiostri quattrocenteschi (dei
denza le pur povere forme delle figure vegetali. morti e dei frati) è l’arcata ovest del portico
Nulla sappiamo purtroppo del portale principale [27], forse l’unica a esser realizzata, dato che
in cui forse era concentrato tutto lo sforzo com- non restano tracce sul fianco nord della chiesa e
positivo e decorativo, poi riversato sul perduto sul fabbricato della biblioteca, mentre la manica
ingresso da sud, a meno di supporlo come luogo est è stata completamente demolita. La fattura
di provenienza del rilievo con la Santa titolare degli archi acuti è piuttosto semplice (ghiere
databile intorno al 1460 e attribuito al plastica- larghe una testa e mezza), così come quella delle
tore Francesco Filiberti e ora incastonato nell’in- sottostanti colonne vagamente tuscaniche (base
gresso al settecentesco oratorio di S. Pietro.151 con plinto ottagonale, spira a gola rovescia e a
L’episodio ornamentale di maggior rilievo ri- toro) e dei loro capitelli cubici (collarino torico,
sulta dunque l’articolazione del campanile. Le abaco ed echino).
281
Marco Frati
282
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
156 164
Doreria – che gli donava i terreni e le case che il palazzo e il futuro convento di S. Caterina .
furono di suo padre Giovanni – è evidente un Anzi, nella prima metà del XV secolo, quando
157
forte interessamento dei Paleologi alla venuta Trino era ancora fra le residenze preferite dai
165
dei domenicani in Trino, chiaramente indicato Paleologi e al palazzo marchionale mancava
dalla personale presenza del marchese, della una cappella (presente con sicurezza solo dal
corte e della nobiltà locale (i marchesi d’Inci- XVI secolo),166 la chiesa domenicana può esser
sa) alla cerimonia in S. Bartolomeo il 5 marzo stata pensata come chiesa palatina.
1403.158 Che si trattasse di un progetto elabo- Le motivazioni iniziali alla realizzazione del
rato da tempo lo suggerisce anche il privilegio convento dovettero lasciare il posto ad altre. Lo
apostolico pubblicamente letto in quella solen- scisma andava esaurendosi, le alleanze furono
ne occasione e datato 27 aprile 1402. Con esso più volte rovesciate, Trino fu perso dai Paleolo-
Bonifacio IX concedeva al provinciale lombar- gi nel 1431. Sebbene i Savoia lo avessero presto
do Antonio da Sannazzaro autorità di costituire (nel 1435) restituito in feudo a Giangiacomo
due conventi maschili e uno femminile.159 E due (1395-1445) e subito ne fossero state rafforzate
su tre vennero fondati proprio a Trino! All’e- le mura167 per farne un caposaldo della difesa del
poca la Provincia domenicana di Lombardia Monferrato,168 dagli anni quaranta del Quattro-
era divisa fra gli urbanisti (da Urbano VI, papa cento in poi i marchesi si stabilirono a Casale,
romano, a cui era succeduto Bonifacio IX nel abbandonando le altre sedi.169 A Trino, che fino
1389), capeggiati dal Sannazzaro, e i clementini a quel momento era stata una delle residenze più
(da Clemente VII, papa avignonese, a cui era frequentate, la corte ritornò solo nel 1464 con
succeduto Benedetto XIII nel 1394), guidati Guglielmo VIII (1464-1483). Al convento, dun-
da Pietro Martini da Savigliano.160 Le due fa- que, poteva venire a mancare il più importante
zioni domenicane s’inquadravano nello scisma appoggio, quello della famiglia marchionale.
d’Occidente (1378-1449) che nell’Italia setten- In realtà, il palazzo di Trino continuò ad essere
trionale all’inizio del Quattrocento corrispon- frequentato dalla principessa Sofia (imperatrice
deva ai blocchi di alleanze politiche intorno ai d’Oriente nel 1421-1426 e ritiratasi qui dopo
Visconti (urbanisti) e ai Savoia (clementini). La il ripudio fino alla morte nel 1437)170 e c’è da
fondazione a Trino, non distante dal confine scommettere sul sostegno della matrigna Mar-
con Piemonte e Milanese, di ben due conven- gherita di Savoia che, dopo la morte di Teodoro
ti domenicani (uno maschile e uno femminile) II e l’ascesa al trono di Giangiacomo (1418), si
urbanisti e dunque filoviscontei aveva all’epoca era trasferita ad Alba dove si era fatta terziaria
certamente il suo chiaro significato politico. I domenicana (per evitare la proposta di nozze di
legami diretti fra la comunità trinese e la Chiesa Filippo Maria Visconti ‘rimasto’ vedovo di Bea-
di Roma furono rinsaldati dalla nomina di fra’ trice di Lascaris nello stesso anno), stabilendosi
Antonio de Ferrari, ‘alunno’ di Trino, a cappel- nella domus marchionale (cedutale dal figliastro
lano della Santa Sede da parte dell’urbanista solo nel 1422), e monaca di clausura nel 1445, ri-
Giovanni XXIII nel 1414.161 formando il convento di S. Maria Maddalena.171
Non sappiamo se la scelta del sito su cui fon- Un indizio di una qualche presenza paleologa
dare i conventi dipese dalla disponibilità degli a Trino anche alla metà del Quattrocento – col
immobili dei Doreria o da una precisa volontà conseguente sostegno al cantiere domenicano –
della corte a cui Antonia fu costretta a sotto- è la residenza dei Da Biandrate, fra i più assidui
mettersi. Infatti, S. Caterina era la chiesa più vi- frequentatori (spesso presenti nella camera cubi-
cina alla piazza del mercato (declassata a ‘piazza cularis) dei marchesi nel XV secolo.172 Giacomi-
vecchia’ solo nel 1613),162 al palazzo del comu- no era medico di Giangiacomo Paleologo (dal
ne (distrutto nell’Ottocento) e soprattutto alla 1429) e di Sofia (nel 1434) attraverso la quale
residenza marchionale (fondata da Teodoro I e ottenne la castellania di Trino, che teneva ancora
ampliata nel primo Quattrocento)163 e, dunque, nel 1440. I Biandrate negli anni venti del Quat-
si proponeva naturalmente come il punto di ri- trocento e nel 1453 comparivano come i pro-
ferimento spirituale per la ‘zona di comando’ di prietari degli edifici situati sulla via pubblica de
Trino. La presenza della corte nella zona orien- medio a ovest del convento,173 già dei Ferrarotto
tale del castello aveva comportato la rotazione e degli Arienta all’inizio del Quattrocento,174 e
dell’asse viario principale dalla strada porticata diventati alla metà del secolo una lussuosa abi-
(con direzione nord-sud) alla platea (con dire- tazione su due piani, dotata di una sala maior,175
zione est-ovest) e l’afflusso delle famiglie verso segno di una loro stabile residenza. Dunque,
283
Marco Frati
potrebbero aver sostenuto il completamento del pica chiesa di S. Domenico a Bologna (1228-
complesso e il prosieguo della vita della comuni- 1233) si trovava un’unica campata quadrata
tà nel corso della seconda metà del secolo. davanti al tramezzo e in corrispondenza della
182
tomba del Santo. È assai suggestivo pensare
a un possibile parallelismo fra i due edifici e
7. Spazio e liturgia all’ipotesi di una sepoltura privilegiata in questa
zona della chiesa ma nessuna evidenza ne dà per
La configurazione dello spazio originale, così ora conferma.
come si è in grado di ricostruire dai documenti Nella ecclesia laicorum si trovavano alcuni alta-
storici e dalle evidenze archeologiche, suggeri- ri: almeno tre già nel 1452; essi potevano essere
sce la tradizionale divisione – tutta canonicale e addossati alle colonne o posti lungo le pareti la-
domenicana176 – fra ecclesia laicorum ed ecclesia terali ed erano circondati da tombe.183 Come nel
presbiterorum. La prima, posta a ovest e presu- caso della ‘cappella’ di S. Pietro Martire la loro
mibilmente accessibile dal perduto ingresso in erezione poteva contribuire al completamento
facciata, corrispondeva alle prime quattro cam- della Hallenkirche con la realizzazione della
pate coperte a tetto; la seconda, posta a est, cor- volta. Naturalmente, gli altari recavano imma-
rispondeva all’ultima campata e alla scarsella ed gini e suppellettili, come disposto da Giovanni
era coperta da volte cupoliformi, acusticamen- Tizzoni che destinava il ricavato della vendita di
te perfette. Forse la quota minore delle volte tutte le sue vesti all’acquisto di una maestà o un
costruite successivamente indica una diversa messale o altri ornamenti.184
altezza del pavimento originale e, dunque, l’al- La sostanziale austerità, pur amplificata dai re-
tezza attuale del presbiterio potrebbe rispettare stauri, fa pensare a una certa volontà – tanto da
quella originale. D’altra parte, il rialzamento del parte della comunità quanto da parte del cripto-
rivestimento impedisce di osservare la base dei committente – di ricondursi alle primitive espe-
pilastri e dunque le quote d’impianto. La fun- rienze domenicane. L’interesse di Teodoro II
zione esclusivamente liturgica del presbiterio è per i movimenti osservanti, che miravano a una
inoltre indicata dalla decorazione delle volte con riscoperta della radicalità e della regola dei Fon-
temi cristologici (croce, agnello). La presenza di datori, è noto185 ma all’epoca dell’insediamento
uno o più fori sulla scarsella indica un sistema dei frati predicatori a Trino il fenomeno in seno
di sollevamento per calare immagini o fonti di all’ordine era appena agli albori.186 I governi laici
luce artificiale: sopra il coro ligneo (come attual- diventavano volentieri patroni degli osservanti
mente) o sopra l’altare (come già nel 1471177 e per le loro molte e utili qualità – profondo ra-
forse ancora nel XVII secolo). Il coro, con ogni dicamento nella società, grande forza espansiva,
probabilità, occupava l’ultima campata centrale attività devozionale, autonomia delle congre-
e il suo recinto poteva ben appoggiarsi alle fac- gazioni locali dall’ordine centrale187 – e anche i
ce dei pilastri prismici che potevano fargli da marchesi non sfuggirono a questa logica. Ma an-
angolo.178 Prima della loro chiusura, le due cap- cora nel 1470 dell’elenco dei trentotto conventi
pelle orientate potevano ospitare altri due altari. riformati della congregazione lombarda solo uno
In quella sud, di pertinenza marchionale e dedi- era in Monferrato: quello di Casale,188 funzionale
cata al Crocifisso, pare si recasse abitualmente, alla (seppur tarda) affermazione di una Chiesa
secondo la tradizione,179 la beata Margherita di ‘marchionale’ voluta da Guglielmo VIII.189
Savoia. La cappella dei Marchesi non sembra
si potesse raggiungere liberamente dall’ester-
no e le successive trasformazioni impediscono 8. Rapporti formali e materiali
di controllare la presenza di aperture originali. coi cantieri dei Paleologi
Al presbiterio si doveva dunque accedere esclu-
sivamente dalla navata e dal chiostro dei frati Per quanto riguarda i pochi resti delle case dei
attraverso il portale laterale (tamponato) corri- Doreria preesistenti il convento domenicano, il
spondente alla quinta campata. confronto è suggerito dalla prima fase del pa-
Molto probabilmente ai pilastri ottagonali si lazzo paleologo di Trino, riconoscibile «pres-
appoggiava un tramezzo che (almeno nella na- so lo spigolo sud-occidentale del complesso
vata centrale) chiudeva alla vista il presbiterio180 superstite, quasi in asse con la rua militum»,
spingendosi forse nella quarta campata sotto la caratterizzato da «uno sviluppo lineare su due
‘perfetta’ volta quadrata.181 Anche nell’archeti- piani, dove quello di terra assolveva le funzioni
284
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
199
di governo e di rappresentanza, mentre il primo del Quattrocento) che si appoggiano sulle con-
190
conservava una valenza privata». Dal corpo di suete tozze colonne laterizie con capitelli forte-
191
fabbrica, databile fra il 1305 e il 1336, emer- mente geometrici (ungulati o sgusciati). Capitelli
gono archi leggermente acuti su colonne lateri- cubici rimangono all’interno a sostegno del cul
zie con capitelli cubici del tutto simili a quello de lampe in cotto in corrispondenza del passag-
rintracciabile nella parete nord della chiesa di gio fra una manica e l’altra.200 Infine, la decora-
S. Caterina, poi riproposto serialmente nel chio- zione a fresco di una lunetta scoperta nel 1984
stro dei frati. Le sfortunate vicende dei palazzi e riferibile agli anni 1485-1496201 riproduce lo
paleologi e il frequente disinteresse per il loro stesso motivo tangente delle modanature late-
aspetto materiale192 limitano di molto le possibi- rizie della scarsella di S. Caterina. Nel palazzo,
lità di confronto con essi. dunque, convivono forme aggiornate ai linguag-
I non molti paragoni possibili con le precedenti gi di territori amici (archi di origine veneziana)
fabbriche religiose monferrine di ambito pa- e altre legate alla tradizione locale (archi acuti,
leologo193 conducono soprattutto a valutare le tecnologia laterizia), compreso il prestigioso mo-
torri campanarie dei conventi mendicanti, da dello della nostra chiesa domenicana.
interpretare come segni territoriali oltre che da Successivi tanto alla chiesa quanto al palazzo
intendere come edifici funzionali.194 Il primo sono altri conventi monumentali di committen-
cantiere trecentesco in cui fu decisiva la com- za paleologa, che si segnalano, fra l’altro, per
mittenza dei marchesi è il S. Francesco di Mon- l’inusitato numero di navate. Il S. Domenico
calvo,195 costruito prima del 1323 e diventato il di Casale Monferrato (1470-1506)202 mostra per
mausoleo di Guglielmo VIII e di Teodoro II. l’ultima volta il campanile romanico-gotico con
Qui il campanile (poi abbassato) si presenta a specchiature, nel braccio ovest del transetto i ti-
ordini di doppie specchiature separate da le- pici decori laterizi a rosette (nella modanatura
sene e teorie di archetti pensili. Lo stesso tipo esterna della cornice anulare al rosone) e nel se-
compare nel S. Domenico di Alba:196 alla chiesa, condo chiostro (1480) le tozze colonne laterizie
cominciata alla fine del XIII secolo, il campanile con capitelli cubici, proposte in extremis anche
è stato aggiunto dopo, forse ai tempi dei Paleo nel chiostro carmelitano (ora intonacato) di
logi (signori del capoluogo delle Langhe dal S. Maria delle Grazie di Trino (dal 1474 in poi),203
1369 in poi). Qui, oltre all’articolazione vertica- in quello agostiniano di S. Croce a Casale204 e nel
le e orizzontale delle pareti esterne, il confronto palazzo di Anna d’Alençon nella Capitale.205
può essere spinto alle monofore, a doppia ghie-
ra esattamente come a Trino. È quasi incredibile
che un tipo edilizio elaborato intorno al Mille197 9. Rapporti coi cantieri del Tre-Quattrocento
godesse ancora di una certa fortuna quattro se- lombardo, domenicani in particolare
coli dopo e oltre, come si vedrà fra poco.
Tornando a Trino e al palazzo paleologo, si pos- L’impianto di S. Caterina, con le sue tre navate a
sono osservare altre forti analogie formali e co- campate centrali quadratiche, senza transetto e a
struttive con la chiesa di S. Caterina. Perduta la terminazione piatta, ricorda numerose chiese go-
seconda fase del palazzo (manica meridionale), tiche della Pianura Padana. La combinazione di
realizzata da Teodoro II verso la fine del XIV questi elementi, altrove isolati, deriva dal piacen-
secolo e dunque di pochissimo precedente il tino S. Giovanni in Canale (1230-1270),206 mo-
cantiere domenicano, la terza corrisponde al dello delle altre chiese domenicane lombarde.207
corpo porticato di cui resta solo la manica orien- Questa particolare configurazione basilicale –
tale, la cui datazione è stata oggetto di un lungo che sembra prescindere dal modello cistercense
dibattito ma sembra poter essere fissata all’arco bernardino208 per l’assenza di bracci sporgenti –
cronologico a cavallo tra il governo di Gugliel- è diffusa in Piemonte (con o senza conclusione
mo VIII (1464-1483) e quello del fratello Boni- rettilinea) anche a Susa (S. Francesco, XIII seco-
facio III (1483-1494):198 nel residuo fabbricato si lo),209 ad Alba (S. Domenico, intorno al 1292),210
notano al piano superiore finestre dalla doppia a Vercelli (S. Francesco, fine del XIII secolo),211
ghiera (acuta sopra, ribassata sotto) e a quello ad Alessandria (S. Maria del Carmine, dopo
inferiore una successione di archi carenati (un 1320),212 a Chieri (S. Domenico, entro 1388),213 a
tempo attribuiti a maestranze ‘moresche’ ma Carmagnola (S. Agostino, 1406-1447),214 e trova
confrontabili con modelli architettonici diffusi pochi altri riscontri fuori regione.
in area lombardo-veneta verso la seconda metà Il tipo di spazialità scelto per S. Caterina è quello
285
Marco Frati
a Hallenkirche, che vede una certa diffusione copertura dall’elevato. Anche il pilastro cilindri-
in Lombardia a partire dall’inserimento delle co e il suo particolare inserimento nella struttu-
volte nella chiesa di S. Eustorgio (1252-1290) ra a sala sembrano derivare dal S. Giovanni in
215
appena passata ai Domenicani. Nella chiesa a Canale, che pure presenta presso il presbiterio
sala è raggiunta una piena unitarietà dello spa- sostegni ottagonali. Quest’ultima soluzione, fun-
zio soprattutto se alle coperture poste alla stessa zionale all’appoggio di arredi e tramezzi ma de-
quota è associato il sistema uniforme (campate cisamente più rara, compare presto anche nella
centrali e laterali con la stessa profondità) e se S. Corona a Vicenza (anni sessanta del Duecento)
il ritmo dei sostegni è tanto ampio da prevede- e nel S. Domenico a Torino (inizio del Trecento).
re campate centrali quadratiche, esattamente I pilastri di forma prismica ottagonale compaio-
come a Trino. E questa combinazione di ele- no spesso nelle Hallenkirchen trecentesche della
menti è nuovamente condivisa con il S. Gio- Germania,224 senza pensare all’uso sistematico
vanni in Canale, il S. Secondo di Asti (metà del che se ne fa in S. Croce a Firenze (dopo il 1295)
XIII secolo),216 il S. Domenico di Alba, il Carmi- in assenza, però, delle volte e con altri intenti.225
ne di Alessandria, il S. Domenico di Chieri e il Il continuo riferimento a schemi progettuali
S. Francesco di Susa (questi ultimi tre voltati in duecenteschi (vecchi quindi di più di un secolo)
pieno XV secolo). tornati di moda nel Milanese nella prima metà
La diversa profondità delle campate, come si è del Quattrocento226 sembra indicare tanto la vo-
già visto, è indice di precise procedure costrut- lontà di ripetere formule rigorose delle origini
tive e lascia supporre un tardo inserimento delle della storia dell’ordine quanto di assecondare il
volte rispetto alle strutture in elevato. Effetti- gusto imperante in territorio amico. Diverso è
vamente, sappiamo della successiva copertura il discorso relativo alle decorazioni, anche se si
in mattoni e/o in pietra della navata centrale deve rinunciare all’episodio ornamentale proba-
del Carmine di Alessandria (1463 circa), del bilmente più importante dell’intero complesso,
S. Francesco di Cassine (intorno al 1300),217 cioè il portale di cui, forse, si è salvata l’immagi-
del S. Domenico di Chieri, del S. Francesco di netta della santa titolare reimpiegata nel Sette-
Cuneo (1491),218 del S. Francesco di Susa, del cento nella facciata di S. Pietro Martire. Infatti,
S. Domenico di Torino (1300-1344)219 e, in Ve- le uniche aperture originali sopravvissute consi-
neto, della S. Anastasia a Verona (1290-1444).220 stono nei tre occhi tangenti della scarsella sulla
Ciò corrisponde alla consuetudine, diffusa so- parete orientale. La complessa modanatura la-
prattutto fra gli ordini mendicanti, di voltare terizia che fa loro da cornice (esterna: astragalo,
solo il presbiterio,221 in ossequio prima alle se- cavetto, fascia; interna: grado smussato, toro,
vere norme imposte dai capitoli generali, poi a fascia, gola diritta, listello, grado smussato) è
ragioni finanziarie (dilazione degli investimenti pensata come un unico fluire di forme continue,
in edilizia) e ideologiche (richiamo progettuale come accade nella praticamente coeva Certosa
a forme tradizionali). di Garegnano,227 dove occhi diversi sono combi-
La fattura delle volte a crociera impiegate a Tri- nati senza interruzione.
no ha precisi riscontri nelle chiese subalpine e Per meglio comprendere la commistione di
padane. Per esempio, anche nel S. Domenico arcaizzanti modelli architettonici (spaziali e
di Chieri, in origine coperto in muratura solo strutturali) e aggiornate soluzioni decorative
sul presbiterio, nelle volte più antiche i mattoni (aperture) va ricordato con Enrico Lusso228 che
sono disposti di punta secondo il verso delle un- quello di Trino è il primo insediamento dome-
ghie mentre sopra le campate centrali appaiono nicano del Monferrato storico e di committenza
disposti a spinapesce di coltello.222 Inoltre, volte paleologa. Pertanto, esso costituisce un impor-
cupoliformi sono presenti nel S. Domenico di tantissimo tramite ideale del riverbero delle
Alba, così come unghie a salita piatta appaiono austere forme originarie di spazio e di vita dei
nella S. Anna a Piacenza, a cui sono anche asso- primi insediamenti domenicani – garanzia di
ciati i più rari costoloni a mandorla. prestigio spirituale e autonomia istituzionale –
Più significativa è la scelta dei sostegni: pilastri fino alla strategica fondazione osservante del
cilindrici piuttosto snelli (se confrontati con gli S. Domenico di Casale.
analoghi elementi strutturali assai diffusi fra ro- Esiste allora un modello paleologo nell’archi-
manico e gotico in Pianura Padana)223 conclusi tettura mendicante?229 Al di là dell’innegabile
da semplici abachi che con la loro linearità ta- ripetizione di alcune scelte formali,230 fra cui
gliano orizzontalmente lo spazio separando la spiccano l’articolazione delle torri campanarie
286
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
e i sostegni dei portici claustrali (veri e propri nell’ambito della committenza paleologa, ha
landmarks), non sembra di poter ravvisare la ri- visto esaurire molto presto (entro il suo primo
petizione di matrici spaziali e strutturali altrove secolo di vita) la forza delle proprie proposte
in Monferrato, anche per il sopraggiungere di progettuali, rimanendo così, complice anche
linguaggi irresistibilmente più aggiornati al tra- una non felicissima collocazione urbanistica che
monto del Medioevo.231 Pertanto, S. Caterina, ne ha ridotto la monumentalità, un episodio in-
forse destinata a essere cantiere paradigmatico giustamente misconosciuto.
287
Marco Frati
Trino, 17 maggio-17 giugno 1980), a cura di C. Spantigati, aree di confine e assetti del popolamento rurale nel Monfer-
A. Barbero, Trino 1980, pp. 206-215: 214. rato paleologo, in «Monferrato. Arte e Storia», XVI (2004),
12
Nella cappella dell’Annunciazione: G.A. Irico, Rerum pp. 5-40: 27.
32
Patriae Libri III, Milano 1745, p. 299, che offre una pri- B. Del Bo, Uomini e strutture di uno Stato feudale:
ma trascrizione della ‘magna marmorea tabula’; Iszak, La il marchesato di Monferrato (1418-1483), Milano 2009,
scomparsa della reliquia, p. 57. p. 376; Ead., Trinesi al servizio dei marchesi di Monferra-
13
Sulle lapidi non si notano tracce di combustione. Sull’in- to nel Quattrocento (1418-1483), «Tridinum», V (2009),
cendio si veda la n. 75. pp. 25-62: 59-60.
14 33
Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, pp. 160-172, Iszak, La scomparsa della reliquia, pp. 52, 53 n. 4.
34
dalle cui conclusioni si prescinde in questa sede. Ivi, p. 52; il documento appare riprodotto in Cavalchino,
15
Cfr. ivi, pp. 151-157, dalle cui conclusioni si prescinde De Leo, Il restauro di necessità, p. 114.
35
in questa sede. Del Bo, Uomini e strutture, p. 226; Ead., Trinesi al ser-
16
Sciolla, L’arte a Trino, p. 9. vizio, p. 35.
17 36
«Si è rilevato che due robuste fondazioni correvano Fecero da testimoni Tommaso Bondoni, Pietro Da Per-
parallele da ovest a est, una posta al centro dei locali della gamo, Bartolomeo Pastore: cfr. Ead., Uomini e strutture,
Biblioteca e l’altra proprio sotto l’attuale muro settentrionale pp. 232, 329.
37
della chiesa. Queste fondazioni erano collegate da una terza, Forse della nobile famiglia dei marchesi di Ponzone:
corrente da nord a sud. Doveva trattarsi nel complesso di cfr. R. Pavoni, Ponzone e i suoi marchesi, in Il Monferrato
un vasto e robusto edificio, e ciò è dimostrato da queste crocevia politico, economico e culturale tra Mediterraneo ed
fondazioni, identiche nella loro struttura, formata da un Europa, «Atti del Convegno internazionale, Ponzone, 9-12
muro di ciottoloni fluviali legati da solida malta. Sopra la giugno 1998», Genova 1999, pp. 15-56.
38
fondazione si elevava l’alzato di mattoni che si restringeva Giacomino possedeva sulla via pubblica de medio ac-
a gradini fino a comporre la base del muro, larga cm 75. canto al convento di S. Caterina una lussuosa abitazione
Una fondazione talmente solida, che poté essere utilizzata su due piani, dotata di una sala maior e/o di una sala su-
(quella posta a sud) per sopraelevarvi il muro settentrionale perior. Del Bo, Uomini e strutture, p. 226; Ead., Trinesi al
della chiesa». Borla, Note di Storia, pp. 30, 41-42. servizio, p. 38.
18 39
S. Fossati, La datazione dei mattoni: una proposta di me- Assumendo il trabucco casalese, pari a m 2,904 e divisibi-
todo, «Archeologia medievale», XII (1985), pp. 731-736, le in 6 piedi e 72 once.
40
per il metodo mensiocronologico; C. Rivera, Un metodo Irico, Rerum Patriae, p. 211.
41
di datazione del patrimonio edilizio: la curva mensiocrono- Vanno lamentate la dispersione dell’archivio conventua-
logica dei mattoni ad Asti, tesi di laurea in architettura, rel. le e la perdita di un mazzo di documenti da Archivio di
T. Mannoni, Università degli Studi di Genova 1990-1991, Stato di Torino [d’ora in poi AST], Sezione Corte, Mon-
per le difficoltà di applicazione in area monferrina; M. Fra- ferrato feudi, m. 22, visto da Sciolla, L’arte a Trino, p. 24,
ti, Tracce di cultura materiale nel San Pietro di Consavia ad ma non più da M. Cassetti, Alcune fonti per la storia di
Asti, in L’antico San Pietro in Asti, a cura di R. Bordone, Trino conservate presso Archivi pubblici, in Inventario trinese,
A. Crosetto, C. Tosco, Torino 2000, pp. 153-157, per l’uso pp. 30-35: 33 n. 11.
42
del metodo in un cantiere medievale. Sciolla, L’arte a Trino, p. 24.
19 43
Borla, Note di Storia, p. 42. Bullarium Ordinis Praedicatorum, III, Romae 1731,
20
Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 155. pp. 528, 550, cit. da Iszak, La scomparsa della reliquia,
21
Fra i lavori su Trino in cui compaiono consistenti rifles- p. 59, n. 33.
44
sioni su S. Caterina, Irico, Rerum Patriae; Borla, Note di Irico, Rerum Patriae, pp. 216, 218.
45
Storia; Biancolini Fea, Chiesa di Santa Caterina. Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella Lom-
22
Si veda n. 3. bardia, p. 130. Sul priore milanese, V. Leoni, s.v. Sebastiano
23
In particolare, le serie delle Visite Pastorali. Maggi, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXVII, Roma
24
Versato in quello della Parrocchia domenicana della Ma- 2007, pp. 362-365. Nell’occasione il capitolo provinciale fu
donna delle Rose di Torino nel 2001 e al momento della celebrato a Trino: Irico, Rerum Patriae, p. 226.
46
ricerca (2013) in attesa d’inventariazione e pertanto non Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
consultabile. Attualmente i documenti di età moderna Lombardia, p. 332.
47
sembrano essere andati quasi tutti dispersi (informazione Iszak, La scomparsa della reliquia, pp. 44, 53. Cfr. Sciol-
a voce di Sara Badano). la, L’arte a Trino, p. 25, che data la cessione al 1543.
25 48
Il documento è andato disperso dopo il trasferimento Iszak, La scomparsa della reliquia, pp. 56 n. 18, 60; Caval-
dell’archivio conventuale. Cfr. le trascrizioni di Irico, Re- chino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 116. La visita alle
rum Patriae, pp. 142-145; G. Villa d’Andezeno, P. Benedi- «Confraternite et oratorij di detta terra di Trino» cita però
centi, I domenicani nella Lombardia superiore: dalle origini solo quelli per cui sono previsti decreti: cfr. Archivio Stori-
al 1891, a cura di V. Ferrua, Torino 2002, pp. 83-86, che co Diocesano di Casale Monferrato [d’ora in poi ASDCM],
non differiscono nella sostanza. Visite Pastorali, I, c. 111v.
26 49
È probabile che sia questo il principio della particolare Sull’oratorio, investito da una radicale ristrutturazione
devozione dei Trinesi alla Croce, di cui parlano Cavalchi- all’inizio del Settecento, Sciolla, L’arte a Trino, pp. 25-26;
no, De Leo, Il restauro di necessità, p. 109. Biancolini Fea, Chiesa di San Pietro Martire, pp. 186-189.
27 50
Si veda il testo alle nn. 153-167. G. Colombo, Documenti e notizie intorno agli artisti
28
«mccccxxxviii tempore prioratus fratris bartholomaei vercellesi, Vercelli 1883, pp. 127-131 doc. XIX: «capitoli
de millo de tridino ordinis fratrum praedicatorum haec fati tra m. Anselmo Zaldera, m. Gio. Serrafino, m. Michel
domus fabricata fuit». Irico, Rerum Patriae, p. 199. Miavacha di ordine di tuta la compagnia di Santo Pietro
29
Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella Martire di Trino, con m. Boniforte de li Oldoni pintore di
Lombardia, pp. 86-87. Vercelle quali siano da oservare in far una ancona ne la ge-
30
C. Sincero, Trino e i suoi tipografi e l’Abbazia di Lucedio, sia di detta compagnia».
51
Torino 1897, p. 98. ASDCM, Visite Pastorali, II, c. 254: «Nell’oratorio di
31
E. Lusso, Le ‘periferie’ di un principato. Governo delle Santo Pietro Martire del luogo di Trino che è nel claustro
288
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
62
di Santa Catherina de’ frati predicatori»; Iszak, La scom- Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
parsa della reliquia, pp. 56 n. 18, 60; Cavalchino, De Leo, Lombardia, p. 281.
63
Il restauro di necessità, p. 116. Irico, Rerum Patriae, p. 373; Borla, Trino tra le guerre,
52
Iszak, La scomparsa della reliquia, pp. 57-58. p. 105.
53 64
Il legato prevedeva elemosine ai poveri che forse al Ivi, pp. 150, 215.
65
tempo della prima visita apostolica (1577) non venivano Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
regolarmente donate. All’epoca l’altare si trovava sicura- Lombardia, p. 130.
66
mente all’interno della chiesa. ASDCM, Visite Pastorali, I, P. Cavanna, Convento dei Padri Domenicani, in Inventa-
cc. 112r, 139r-139v. rio trinese, pp. 216-217: 217.
54 67
Secondo Irico, Rerum Patriae, p. 146; per la datazione Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 53 n. 4.
68
va considerato che il pittore novarese fu stabilmente impe- A. Baudi di Vesme, Schede: l’arte in Piemonte dal XVI
gnato a Vercelli fino al 1534 e a Milano almeno dal 1537: al XVIII secolo, I, Torino 1963, p. 231. Solo quattro anni
R. Sacchi, s.v. Gaudenzio Ferrari, in Dizionario Biografico, prima era stato riparato un reliquiario della Beata (Sciolla,
XLVI, Roma 1996, pp. 573-581. L’arte a Trino, p. 25), forse a seguito di un qualche danneg-
55
«Si conservi in divotione l’imagine della Madonna di- giamento della cappella.
69
pinta nella colonna ancora che sia levato l’Altare. L’altare Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 17.
70
di San Giovanni Battista si tenghi continuamente ornato Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
dalli essecutori del testamento del Pergamo de’ candelie- Lombardia, p. 250.
71
ri di ottone, buone tovaglie, palii et | ogn’altra cosa che si Biancolini Fea, Chiesa di San Pietro Martire, p. 187.
72
riesca come per il decreto generale. Gli altri altari ancora Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 17.
73
in questa chiesa s’accomodino, ornino et conforme a’ det- Sciolla, L’arte a Trino, p. 25.
74
ti decreti generali et fra un anno al più; et, passato quel Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 62.
75
termine, non si celebri a quelli altari che così non saranno G.M. Raviola, Monografia della città di Trino, Trino
accomodati. Le sepolture si cuoprino con il suo marmo fra 1993, p. 55; Irico, Rerum Patriae, p. 147: «sacrarium, ubi
tre mesi al più: altrimenti s’empiano di terra conforme al sacerdotalium vestium et argenteorum templi ornamento-
decreto generale. Si pongano fra due mesi al più in chiesa rum non contemnenda copia ad divini cultus maiestatem
due confessionali accomodati et ornati alla forma et in luo- parata custoditur».
76
go conspicuo». ASDCM, Visite Pastorali, I, c. 139; Iszak, Ivi, p. 146.
77
La scomparsa della reliquia, pp. 56 n. 18, 60; Cavalchino, AST, Sezione Corte, Materie ecclesiastiche, Regolari di
De Leo, Il restauro di necessità, p. 116. qua dai monti, m. 9, p. 134, cit. da Cavalchino, De Leo,
56
ASDCM, Visite Pastorali, II, cc. 253v-254r: «Si fermi Il restauro di necessità, p. 118.
78
meglio il Mondino sopra dell’altare maggiore né in esso si Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 62.
79
conservi altro che il Santissimo Sacramento nella pisside Ivi, pp. 62-63.
80
et s’otturino meglio le fissure che sonno inverso l’uscio et Biancolini Fea, Chiesa di Santa Caterina, pp. 210, 212.
81
si tenghi polito dalla polvere et ragnate et si riduchi a de- Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 63 n. 47; Sciolla,
bita | forma il tabernacolo ostensorio. L’altar maggiore si L’arte a Trino, p. 24.
82
copri di tavole, si provedi di pietra sacrata di debita misura, Testimonianza del padre Lanza, riportata da Iszak, La
si otturi essendo di sotto vaccuo, si provedi di carta delle scomparsa della reliquia, p. 64 e n. 48.
83
scuretti con le cornici et altre cose necessarie. Si facciano F. Bartoli, Notizia delle Pitture, Sculture ed Architetture
due fenestre in forma nel choro, una per le reliquie, alle d’Italia, Venezia 1776, p. 122.
84
quali si deve far un conveniente reliquiario, et l’altra per Un’effigie della Beata Maddalena si trovava con quella del-
l’olio santo degl’infermi. Gl’altari tutti della chiesa che la Beata Arcangela: Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 64.
85
sonno spogliati della maggior parte delle cose necessarie si Ibid.
86
provedino d’esse dalli padroni secondo si contiene ne’ de- Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 18.
87
cretti generali, et si levino le sepolture a essi troppo vicine, Biancolini Fea, Chiesa di Santa Caterina, p. 211.
88
et si riduchino insieme con l’altre a debita forma»; Iszak, La documentazione coeva si riferisce a un generico con-
La scomparsa della reliquia, pp. 56 n. 18, 60; Cavalchino, vento di S. Caterina a Trino, senza specificare se si tratti di
De Leo, Il restauro di necessità, p. 116. quello maschile o di quello femminile: Cavanna, Convento
57
Irico, Rerum Patriae, p. 40. Le reliquie attiravano devo- dei Padri Domenicani, p. 217. Cfr. F. Crosio, Insediamento
zione e lasciti e alimentavano la competizione fra le confra- e sviluppo in Trino del primo Monastero delle Domenicane,
ternite trinesi che nel 1698, in occasione della processione secondo un manoscritto del XVIII secolo, in Il teatro della
della Santa Spina, arrivarono a provocare disordini nella città, a cura di P. Cavanna, Trino 1988, pp. 15-31.
89
lotta per assicurarsi il privilegio di portare il baldacchino. Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
A. Barbero, Apparenza e realtà nell’immagine pubblica nella Lombardia, p. 288.
90
pratica religiosa, in Inventario trinese, pp. 52-63: 60-62. Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 120.
58 91
Il documento è andato perduto: si veda la n. 41. Sciolla, L’arte a Trino, p. 24.
59 92
Si veda il testo alla n. 11. Ibid.; il convento, che faceva parte della provincia pie-
60
Alla città furono portati ben sette assedi: dai Savoia nel montese, era rappresentato al capitolo provinciale del
1612 e nel 1629 (a cui seguì la peste manzoniana), dai Gon- 1834: Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
zaga nel 1613, dagli spagnoli nel 1652 e dai francesi nel Lombardia, pp. 323, 327.
93
1639, nel 1643 e nel 1658. S. Borla, Trino tra le guerre del Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 64.
94
Seicento, Trino 1977. Biancolini Fea, Chiesa di Santa Caterina, p. 211.
61 95
Ivi, p. 82. Sulle difese di Trino e, in particolare, sulla Ivi, p. 208.
96
cittadella, A. Longhi, E. Lusso, Le fortezze del Piemonte Raviola 1993, p. 61.
97
sudorientale, in Fortezze «alla moderna» e ingegneri militari Sciolla, L’arte a Trino, p. 24; cfr. Villa d’Andezeno, Be-
del ducato sabaudo. Forteresses «à la moderne» et ingénieurs nedicenti, I domenicani nella Lombardia, p. 350, che ripor-
militaires du duché de Savoie, a cura di M. Viglino Davico, ta notizia di un capitolo provinciale tenuto a Trino ancora
Torino 2005, pp. 493-527: 498-499. nel 1866.
289
Marco Frati
98 124
Biancolini Fea, Chiesa di Santa Caterina, p. 208. Incisore Anonimo, Trino, in Gelegenheit und heutiger Zu-
99
Ivi, p. 217. stand des Hertzogthums Savoyen und Fürstenthums Piemont,
100
Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 64 n. 52. Nürnberg 1690; Trino nelle antiche stampe, pp. 42-43.
101 125
Ibid. Incisore Anonimo, Trino, in Theatrum Sabaudiae: teatro
102
Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 122. degli stati del Duca di Savoia (1682), a cura di R. Roccia,
103
Ivi, pp. 122-123. Torino 2000, tav. 56. Per le diverse datazioni e interpretazioni,
104
Ivi, p. 123. cfr. Iszak, La scomparsa della reliquia, pp. 60-62; cfr. T.K.
105
Ivi, pp. 125-126. Ciò è ben mostrato dalle immagini re- Kirova, Indagine sull’urbanistica del Piemonte nel secolo
mote della zona orientale della chiesa. XVII: il Theatrum Sabaudiae e le illustrazioni relative a due
106
Sul metodo regressivo e sull’uso delle fonti iconografi- suoi piccoli centri fortificati, Torino 1972, pp. 16-17; Trino
che, cfr. A. Longhi, La storia del territorio per il progetto nelle antiche stampe, pp. 40-41.
126
del paesaggio, Torino 2004; C. Tosco, Il paesaggio storico. La visualizzazione della «piramide» descritta da Irico,
Le fonti e i metodi di ricerca tra medioevo ed età moderna, Rerum Patriae, p. 146, non chiarisce se si trattasse di un
Roma-Bari 2009. classico timpano o di una gotica ghimberga.
107 127
Immagini di Trino nelle vecchie fotografie (cat. della mo- La datazione è offerta dagli Ordinati del Comune di Tri-
stra, Trino, 20 dicembre 1980-17 gennaio 1981), a cura di no: Il museo didattico di Trino o Museo civico Gian Andrea
A. Barbero, Trino 1980. Irico, a cura di V. Viale, Trino 1978, p. 25.
108 128
V centenario della introduzione della stampa in Italia, ce- Federico Guazzo, veduta prospettica di Trino, Torino,
lebrazioni in onore degli antichi editori e stampatori torinesi, Raccolta Istituto San Paolo, in Borla, Trino tra le guerre,
Torino 1965. fig. 13; Il museo didattico di Trino, fig. 29.
109 129
Clemente Rovere, Convento dei Domenicani a Trino, Nella generale approssimazione della veduta, però, que-
22 giugno 1845, in Il Piemonte antico e moderno delineato sto dato non può essere considerato del tutto attendibile.
130
e descritto da Clemente Rovere, a cura di C. Sertorio Lom- Carlo Morello, Pianta di Trino, 1656, in Biblioteca Rea-
bardi, Torino 1978, p. 822 nr. 2717. le di Torino [d’ora in poi BRT], Manoscritti, Militari 178,
110
De Georgis, Section F du chef-lieu, 1811, in P.A. Cavan- ff. 72v-73; C. Morello, Avvertimenti sopra le fortezze di
na, R. Manchovas, Il Palazzo Paleologo a Trino, Trino 1984, S. A. R. del capitano Carlo Morello primo ingegniero et
fig. 16: nr. 576-580. luogotenente generale di sua arteglier(ia), Torino 2001, ff.
111
Plan Géométrique de la … Ville de Trino, 1810, in AST, 72r-73r; Longhi, Lusso, Le fortezze del Piemonte, p. 518
Ministero delle Finanze, Catasti, all. A, pf. 244, Trino; reg. fig. 467.
131
in Monferrato: un paesaggio di castelli, a cura di V. Comoli, Si veda la n. 67.
132
Alessandria 2004, p. 168 n. 178. Gérard Bouttats, Trino preso dal Generale Marchese Villa
112
Città di Trino, primo decennio dell’Ottocento, in Caval- alli 22 di Luglio 1658, in G.G. Priorato, Historia di Leopol-
chino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 116. do Cesare, Wien 1670-1674; cfr. Trino nelle antiche stampe,
113
Momo, Carta in due parti del territorio di Trino, 3 no- pp. 38-39.
133 r
vembre 1802, in AST, Sezione Corte, Carte geografiche per S. de Beaulieu, Plan de la Ville et Citadelle de Trin
e
A e per B, Trino, m. 1; reg. in Monferrato: un paesaggio, en Piedmont assiegée le 2. Aoust par l’armée du Roy très
p. 170 nn. 172-173. Chrestien Louis xiiij comandée par le Prince Thomas de
114
Pier Paolo Operti, La beata Panettieri supplica Cristo Savoye Lieuten. g. n. al des Armées du Roy en Italie, ren-
me
di risparmiare Trino, Trino, chiesa di S. Caterina, cappella due a l’obeissance de Sa Majeste le 27. Septemb. 1643, da
della Beata Panattieri, vista e descritta da Bartoli, Notizia S. de Pontault, Les glorieuses conquête de Louis le Grand,
delle Pitture, p. 122. où sont représentées les cartes, profils, places, plans des villes
115 ta
Bernardo Vittone, Chiesa di S. Cattarina de’ R. R. P. P. di avec leurs attaques, Paris 1676-1694; cfr. Trino nelle antiche
t
S. Domenico, 9 marzo 1753, in AST, Sezioni Riunite, Paten- stampe, pp. 28-29.
134
ti controllo finanze del secolo XVIII, reg. 23, f. 129; Sciolla, Louis Duprè, Prise de Trino. 23 Septembre 1643, secon-
L’arte a Trino, fig. 38. do quarto del XIX secolo, Versailles, Musée National des
116 ta
Giovanni Giuseppe Boldrino, Chiesa di S. Cattarina de’ Châteaux de Versailles et de Trianon, da cui è ricavata
t
R. R. P. P. di S. Domenico, 22 settembre 1740, ivi, fig. 39. l’incisione di Mannin pubblicata in C. Gavard, Galleries
117
Volendo anche identificare la porta disegnata con una di Historiques de Versailles, Paris 1837-1844.
135
quelle tamponate ma esistenti a quote superiori, si deve am- Giuseppe Zorgno individua in un campanile cuspidato
mettere che sarebbe stata necessaria una scala per accedervi, quello di S. Caterina: Trino nelle antiche stampe, p. 30.
136
che comunque non risulta nei grafici di Boldrino e Vittone. Domenico Arduzzi, Pianta di Trino, intorno al 1630, in
118
Mappa catastale rappresentante il territorio di Trino con- BRT, Manoscritti, Militari 177, f. 7; M. Viglino Davico,
servata in archivio privato: Cavalchino, De Leo, Il restauro I grandi progetti per le “moderne” piazzeforti dei duchi di
di necessità, p. 115. Savoia, in Le Magnificenze del XVII-XVIII secolo alla Bi-
119
Si veda il testo alla n. 73. blioteca Reale di Torino, a cura di G. Giacobello Bernard,
120
Si vedano le nn. 34-39. A. Griseri, Milano 1999, pp. 109-119: 119 nr. 34; Longhi,
121
Irico, Rerum Patriae, p. 401: «n° 2 Templum S. Catharinae Lusso, Le fortezze del Piemonte, p. 518, fig. 469.
137
Virginis et Martyris cum Coenobio FF Praedicatorum, Pietro Arduzzi, Pianta di Trino, intorno al 1630, in BRT,
n° 8 Templum S. Petri Martyris Sodalitii Sanctae Crucis, Manoscritti, Militari 177, f. 8; Viglino Davico, I grandi pro-
n° 18 Collegium Sororum de Poenitentia Tertii Ordinis getti, p. 113; Fortezze «alla moderna», p. 140, fig. 122; reg.
S. Dominici»; cfr. Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 6; in Monferrato: identità di un territorio, a cura di V. Comoli,
Crosio, Insediamento e sviluppo; Trino nelle antiche stampe, E. Lusso, Alessandria 2005, p. 167 n. 64.
138
a cura di P. Giordano, Trino 1996, pp. 44-45. Nell’ordine: inizio XVII secolo: AST, Sezione Corte,
122
ASCM, Fondo dei Conti, cart. VI, fasc. 12/47bis; Monfer- Monferrato materie economiche ed altre, m. 17, f. 13; XVII
rato: un paesaggio, p. 166 n. 118. secolo: ivi, Monferrato Feudi, m. 66, Trino, cart. 1, doc.
123
G. Rustico, G. Bazzani, Casale Antica nelle stampe e nei 5; 1613: ivi, doc. 6; 1628: BRT, Disegni, vecchi, II 133. E.
disegni, Casale Monferrato 1982, p. 53 n. 51; Trino nelle Lusso, La presa di possesso del territorio e i nuovi equilibri
antiche stampe, pp. 48-49. insediativi, in “Quando venit marchio Grecus in terra Monti-
290
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
sferrati”. L’avvento di Teodoro Paleologo nel VII centenario moderna, S. Mostaccio, Una santa cateriniana tra Savoia
(1306-2006), «Atti del Convegno di studi, Casale Monfer- e Paleologi? Caratteri della santità di Margherita di Savoia-
rato-Moncalvo-Serralunga di Crea, 14-15 ottobre 2006», a Acaia, «Alba Pompeia», n. s., XVII (1996), 1, pp. 57-65:
cura di A.A. Settia, Casale Monferrato 2008, pp. 83-102: 96 60; G. Parusso, La beata Margherita di Savoia 1382-1464,
fig. 8; Monferrato: identità, p. 164 nr. 74; Longhi, Lusso, Le in L’arrivo in Monferrato dei Paleologi di Bisanzio 1306-
fortezze del Piemonte, p. 517 fig. 466; Monferrato: identità, 2006. Studi sui Paleologi di Monferrato, a cura di R. Mae-
p. 167 nrr. 56, 61. stri, Acqui Terme 2007, pp. 89-95.
139 155
Vi sono rappresentate le arginature in territorio di Trino L. Patria, Teodoro Paleologo e gli ordini mendicanti nelle
e Pobietto da eseguire dopo l’alluvione del 1595, in AST, terre del Marchesato, in “Quando venit marchio Grecus”,
Sezione Corte, Monferrato Feudi, m. 66, Trino, cart. 1, doc. pp. 129-194: 135-148.
156
3; Monferrato: identità, p. 161 nr. 37. L’importante ruolo delle donne nell’introdurre nuove
140
Pianta de Trino, entro il 1570, in AST, Sezione Corte, comunità religiose in area monferrina è confermato da un
Monferrato Feudi, m. 66, Trino, cart. 1, doc. 2; Monferrato: episodio del 1439, del tutto simile a quello di Trino: la no-
un paesaggio, p. 160 nr. 12; Longhi, Lusso, Le fortezze del bildonna Giovanna di Montiglio, vedova del trinese (!) Bro-
Piemonte, pp. 498, 517 fig. 465. glia, donava un complesso immobiliare in Casale alle terzia-
141
AST, Sezione Corte, Monferrato Feudi, m. 66, Trino, rie francescane e vi fondava un monastero femminile sotto
cart. 1, doc. 1; Il museo didattico di Trino, fig. 10; Monfer- la guida dei frati osservanti di San Maurizio a Conzano, già
rato: un paesaggio, p. 159 nr. 7; Longhi, Lusso, Le fortezze protetti da Teodoro II. Ivi, pp. 159, 161-162, 188-193.
157
del Piemonte, pp. 498, 517 fig. 464. Vi accennano Sciolla, L’arte a Trino, p. 9, che per primo
142
Cfr. Lusso, I conventi del principe, p. 102, che vede nel dà a Teodoro «il merito della fondazione del convento»;
coro poligonale contraffortato di S. Caterina un episodio E. Lusso, L’insediamento nella prima età moderna, in Mon-
«aderente a quel gusto arcaizzante dell’architettura di com- ferrato: identità, pp. 98-117: 101, ma senza fornire spiega-
mittenza marchionale, di cui peraltro rappresenta uno dei zioni e variando la data della consacrazione (1458!).
158
primi esempi». «allorchè il priore provinciale di Lombardia Antonio
143
ASCM, Archivio storico civico, famiglia Volpi, n. 91, Sannazzaro giungeva a Trino con alcuni frati per
fasc. 2; Longhi, Lusso, Le fortezze del Piemonte, p. 517 prendere possesso ‘corporale’ della donazione, trovò
fig. 463. Monferrato: identità, p. 163 nr. 6. ad attenderlo il marchese Teodoro II, il quale assistette
144
Misurazioni effettuate dall’arch. Patrizia Borlizzi. poi alla prima predicazione, svolta nella chiesa di San
145
Si vedano i casi monumentali delle cattedrali di Orvieto Bartolomeo. Si apprende così, proseguendo nella lettura
e Siena: R. Bonelli, Il Duomo di Orvieto e l’architettura del documento autenticato nello stesso 1403 dal notaio
italiana del Duecento-Trecento, Città di Castello 1952; Verulfo de Verulfi di Verolengo, come Teodoro, nel
C. Pietramellara, Il duomo di Siena: evoluzione della for- corso della cerimonia, convocasse Antonia per assicurarsi
ma dalle origini alla fine del Trecento, Firenze 1980. che i beni ceduti fossero liberi da carichi di qualunque
146
Cfr. Iszak, La scomparsa della reliquia, p. 63, che sup- genere, quindi acconsentisse alla donazione facendosene
pone anche il rialzamento delle volte e l’eliminazione del garante e, accanto al Sannazzaro, guidasse infine la
claristorio nella navata centrale. processione fino al luogo dove sarebbe sorto il convento.
147
Si veda, ad esempio, la navata centrale del duomo di Insomma, si apprende come il marchese prendesse sotto
Modena. Per gli accurati rilievi architettonici, Lanfranco e la propria protezione la nascente istituzione e garantisse
Wiligelmo. Il Duomo di Modena, a cura di E. Castelnuovo il finanziamento della fabbrica». Lusso, I conventi del
et alii, Modena 1984. principe, p. 101.
148 159
Per S. Maria Novella a Firenze: E. Bradford Smith, San- Villa d’Andezeno, Benedicenti, I domenicani nella
ta Maria Novella e lo sviluppo di un sistema gotico fiorenti- Lombardia, pp. 84-85.
160
no, in Arnolfo di Cambio e la sua epoca: costruire, scolpire, Ivi, p. 83.
161
dipingere, decorare, «Atti del Convegno internazionale di Ivi, p. 93.
162
studi, Firenze-Colle di Val d’Elsa, 7-10 marzo 2006», a cura Cavalchino, De Leo, Il restauro di necessità, p. 107.
163
di V. Franchetti Pardo, Roma 2006, pp. 289-298. Lusso, I Paleologi di Monferrato, pp. 35-36; sul palaz-
149
Già nel 1297-1300 i capitoli generali aboliscono le restri- zo anche: Id., Terre e castelli tra Paleologi e Gonzaga. Tra-
zioni (campanili, dimensioni, coperture), da tempo disat- scrizioni e commento critico degli «Inventari de’ beni, red-
tese. Sul tema, Villetti, Studi sull’edilizia, pp. 19-30. cfr. diti et mobili, delle terre e castelli appartenenti alla Ducal
il contributo di Carlo Tosco, L’architettura dei Predicatori Camera, dall’anno 1500 all’anno 1614», in Monferrato: un
nel Medioevo: prospettive di ricerca, al convegno di Chieri paesaggio, pp. 80-157: 141-143; Id., I Paleologi di Mon-
(v. n. 4). ferrato, pp. 41-42; Del Bo, Trinesi al servizio, pp. 28-33.
150 164
G. Donato, Ornamento e finiture nell’edilizia albese, in Lusso, I conventi del principe, pp. 102-104.
165
Una Città nel Medioevo. Archeologia e architettura ad Alba Del Bo, Uomini e strutture, p. 36.
166
dal VI al XV secolo, Alba 1999, pp. 191-222. Lusso, I Paleologi di Monferrato, p. 37.
151 167
Biancolini Fea, Chiesa di San Pietro Martire, p. 188. Sincero, Trino e i suoi tipografi, pp. 98-99.
152 168
C. Tosco, Il Monferrato come scuola architettonica: in- Lusso, L’insediamento nella prima età moderna, pp. 100-
terpretazioni critiche di un tema storiografico, «Monferrato 102.
169
– arte e storia», IX (1997), pp. 45-77; M.L. Vescovi, Ultra Del Bo, Uomini e strutture, p. 75.
170
Padum: Ecclesia e Comites, tesi di dottorato di ricerca in Sincero, Trino e i suoi tipografi, p. 97.
171
Storia dell’arte e dello spettacolo, tutor A.C. Quintavalle, Ferrua, Margherita di Savoia, pp. 794-795; sulla proba-
XX ciclo, Università di Parma 2008. bile fondazione osservante, Mostaccio, Una santa cateri-
153
E. Lusso, I Paleologi di Monferrato e gli edifici del pote- niana, pp. 61-62; sul convento di Alba, R. Audenino, Dalle
re. Il caso del palacium curie marchionalis di Trino, «Tridi- Grazie alle Domenicane di Alba. Il fondo del monastero della
num», IV (2007), pp. 23-57: 34. Beata Margherita di Savoia fra XI e XV secolo, tesi di laurea
154
La prova è tarda, risalendo al 1428: A. Ferrua, Marghe- in lettere, rel. R. Bordone, Università degli studi di Torino,
rita di Savoia, in Bibliotheca Sanctorum, VIII, Grottaferra- 1994-1995; Lusso, I conventi del principe, pp. 105-108.
172
ta 1967, pp. 794-795; cfr., per la ripresa del culto in età Del Bo, Uomini e strutture, p. 67 n. 145.
291
Marco Frati
173
Bonifacio, Domenico e Giovanni risiedevano nella rua «Archivum Fratrum Praedicatorum», XV (1945), pp. 89-
Plathee: ivi, p. 225. 95; S. Fasoli, Tra riforme e nuove fondazioni: l’Osservanza
174
Si veda la n. 25. domenicana nel Ducato di Milano, «Nuova Rivista storica»,
175
Del Bo, Uomini e strutture, p. 226. LXXVI (1992), 2, pp. 417-494.
176 189
C. Gilardi, Ecclesia laicorum e ecclesia fratrum: luoghi e Patria, Teodoro Paleologo, p. 131.
190
oggetti per il culto e la predicazione secondo l’Ecclesiasticum Lusso, I Paleologi di Monferrato, p. 36.
191
Officium dei Frati Predicatori, in Aux origines de la liturgie Id., La presa di possesso, pp. 87-89.
192
dominicaine: le manuscrit Santa Sabina XIV L 1, «Actes du C. Bonardi, Fortezze del Monferrato, in Cultura castel-
Colloque international, Rome, 2-4 mars 1995», sous la di- lana. Atti del corso 1994, a cura di M. Viglino Davico, To-
rection de L.E. Boyle, P.-M. Gy, Paris 2004, pp. 377-443; rino 1995, pp. 33-42; I castelli della Camera di Monferrato,
Tosco, L’architettura dei Predicatori. «Tridinum», I (1997), pp. 35-63, sintesi della mostra curata
177
Si veda la n. 42. dalla stessa autrice; E. Lusso, Il Monferrato in età paleo-
178
Sulla disposizione dei cori nelle chiese mendicanti, logica: territorio e insediamenti nei secoli 14. e 15., tesi di
G. Descoeudres, Choranlagen von Bettelordenskirchen, in dottorato di ricerca in Storia e critica dei beni architettoni-
Kunst und Liturgie. Choranlagen des Spätmittelalters – ihre ci e ambientali, tutor C. Bonardi, XV ciclo, Politecnico di
Architektur, Ausstattung und Nutzung, herausgegeben von Torino 2003; Il castello di Casale Monferrato. Dalla storia al
A. Moraht-Fromm, Ostfildern 2003, pp. 11-29. progetto di restauro, a cura di V. Comoli, Alessandria 2003;
179
F.G. Allaria, Vita della b. Margherita di Savoia, 2 voll., Monferrato: un paesaggio; Atlante castellano: strutture forti-
Alba 1877. ficate della Provincia di Torino, a cura di M. Viglino Davico
180
Sui tramezzi nelle chiese domenicane, M. Merotto et alii, Torino 2007, pp. 124, 192; E. Lusso, Confronti tra
Ghedini, Il tramezzo nella chiesa dei Santi Giovanni e modelli architettonici. Le fortificazioni in città e centri mino-
Paolo a Venezia, in De lapidibus sententiae. Scritti di sto- ri fra Langhe, Roero e Monferrato, in Castelli e fortezze nelle
ria dell’arte per Giovanni Lorenzoni, a cura di T. Franco, città italiane e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV), a
G. Valenzano, Padova 2002, pp. 257-262; G. Lorenzoni, cura di F. Panero, G. Pinto, Cherasco 2009, pp. 67-96.
193
G. Valenzano, Pontile, jubé, tramezzo: alcune riflessio- Di fondamentale importanza sarebbe la conoscenza del
ni sul tramezzo di Santa Corona a Vicenza, in Immagine principale monumento religioso di Trino, la collegiata di
e ideologia: studi in onore di Arturo Carlo Quintavalle, S. Bartolomeo, costruita intorno al 1275 e rifatta nel 1633-
a cura di A. Calzona, R. Campari, M. Mussini, Milano 1635 a seguito dei danneggiamenti provocati dall’assedio
2007, pp. 313-317; G. Valenzano, La suddivisione del- del 1628: Sciolla, L’arte a Trino, pp. 17-18. Prima del 1570
lo spazio nelle chiese mendicanti: sulle tracce dei tramezzi la sua configurazione planimetrica non appariva dissimi-
delle Venezie, in Arredi liturgici e architettura, a cura di le da quella di S. Caterina (si veda la mappa alla n. 141)
A.C. Quintavalle, Milano 2007, pp. 99-114; L. Carrer, Il mentre poco dopo il 1595 (veduta alla n. 139) il suo alzato,
ciclo della “Passione” di S. Maria di Biliemme a Vercelli e i ritmato da contrafforti che suggeriscono campate voltate
tramezzi francescani tra Piemonte e Lombardia, «Quader- a crociera, corrispondeva chiaramente a navate di altezze
ni della Biblioteca del Convento Francescano di Dongo», diverse esprimentesi nella facciata a salienti e nell’alto cla-
XX (2009), 56, pp. 56-69; si veda infine il contributo di ristorio. Molto interessante – ma qui poco pertinente – ap-
Diego Peirano, Soglie del sacro, barriere fra uomini: pontili pare l’innesto del campanile prismico sull’ultima campata,
e altre separazioni nelle chiese domenicane in Piemonte, al secondo un raro schema romanico già diffuso nelle Alpi
convegno di Chieri (n. 4); sulla possibilità di rintracciare occidentali ma tornato in auge nella seconda metà del Due-
il perimetro dei tramezzi sulla base dei rivestimenti pavi- cento soprattutto nella Toscana ghibellina per influenze
mentali (negata a Trino da più rifacimenti), cfr. T. Fran- imperiali e renane.
194
co, Appunti sulla decorazione dei tramezzi nelle chiese M. Frati, I luoghi del potere nella città medievale: il Pie-
mendicanti. La chiesa dei Domenicani a Bolzano e di Santa monte orientale fra ripresa urbana e regime visconteo, tesi di
Anastasia a Verona, in Arredi liturgici e architettura, pp. dottorato di ricerca in Storia e critica dei beni architettonici
113-128: 118-124. e ambientali, tutor V. Comoli, C. Bonardi, XIII ciclo, Poli-
181
Una simile situazione è nota nella veneziana chiesa tecnico di Torino 2001, pp. 160-164.
195
francescana di S. Maria Gloriosa dei Frari: H. Dellwing, C. Lupano, Moncalvo sacra: notizie edite ed inedite, Mon-
Die Kirchenbaukunst des spätens Mittelalters in Venetien, calvo 1899, pp. 21-51.
196
Worms 1990. C. Tosco, Il gotico ad Alba: l’architettura degli ordini
182
Gilardi, Ecclesia laicorum, pp. 392-394. mendicanti, in Una Città nel Medioevo, pp. 88-107.
183 197
ASDCM, Visite Pastorali, I, c. 139r; II, c. 254r. Crema, L’architettura medievale; C. Tosco, Architetti e
184
Del Bo, Trinesi al servizio, p. 60. committenti nel romanico lombardo, Roma 1997.
185 198
Patria, Teodoro Paleologo, p. 159. Per una sintesi del dibattito, «Tridinum», I (1997),
186
Il primo impulso alla riforma in Italia venne dal mae- pp. 9-22, a cui vanno aggiunti i lavori di Kirova, Indagi-
stro generale dell’Ordine Raimondo da Capua, che tra il ne sull’urbanistica; P. Cavanna, Problemi e indirizzi nella
1391 e il 1393 promosse la restaurazione della disciplina riconnessione tra presenza architettonica e ruolo urbano: il
a Venezia e a Chioggia e nel 1393 nominò un vicario ge- palazzo Paleologico a Trino, in La vocazione dell’esistente:
nerale per i riformati italiani. Lo sviluppo e l’istituziona- 11 tesi di laurea di restauro architettonico e teoria del re-
lizzazione del movimento osservante conobbero vicende stauro, a cura di M.G. Vinardi, L. Re, Torino 1993, pp. 65-
alterne nella prima metà del XV secolo; in particolare la 75; e le conclusioni di Lusso, Le ‘periferie’ di un principato,
Congregazione osservante lombarda ebbe definizione isti- pp. 141-142; Id., I Paleologi di Monferrato.
199
tuzionale con gli statuti emanati nel 1459 da Pio II. Leoni, Ivi, p. 38.
200
s.v. Sebastiano Maggi. Cavanna, Manchovas, Il Palazzo Paleologo, fig. 11.
187 201
Cfr. G. Chittolini, Stati regionali e istituzioni ecclesia- Ivi, fig. 9, per la scoperta; Lusso, Le ‘periferie’ di un prin-
stiche nell’Italia centrosettentrionale del Quattrocento, in cipato, p. 142, per la datazione; E. Lusso, F. Panero, Castel-
Storia d’Italia. Annali, IX, 1986, pp. 147-193: 174-175. li e borghi nel Piemonte bassomedievale, Alessandria 2008,
188
A. D’Amato, Vicende dell’Osservanza regolare nella Con- pp. 121-128, per la descrizione.
202
gregazione domenicana di Lombardia negli anni 1469-1472, Sciolla, L’arte a Trino, p. 9, per il confronto; Lusso,
292
La chiesa di S. Caterina a Trino Vercellese, prima fondazione domenicana nel Monferrato paleologo
218
I conventi del principe e il contributo di Antonella Perin, A. M. Riberi, G. Vacchetta, La facciata della chiesa di
L’autunno del medioevo domenicano: il convento di Casale S. Francesco in Cuneo; La loggia veneziana della lana in Cu-
Monferrato, al convegno di Chieri (n. 4), per la descrizione. neo, «Bollettino della R. Deputazione Subalpina di Storia
203
P. Cavanna, Chiesa di Santa Maria delle Grazie e Conven- Patria, sezione di Cuneo», XVIII (1939), pp. 5-26; P. Bovo,
to dei Padri Carmelitani, in Inventario trinese, pp. 218-220. San Francesco in Cuneo: torna a vivere il cuore della città,
204
Lusso, I conventi del principe, pp. 111-112. Savigliano 2011.
205 219
Sciolla, L’arte a Trino, p. 25, per il confronto. A. Ca- R. Brayda, F. Rondolino, La chiesa di S. Domenico in To-
stelli, D. Roggero, Casale: immagine di una città, Casale rino, Torino 1909, pp. 39-118; A. Longhi, San Domenico,
Monferrato 1986, p. 113, per la descrizione. in Chiesa torinese, chiese giubilari, Milano 2000, pp. 43-44.
206 220
L. Nicò, Ideologia e forma nell’architettura mendicante: G. Suitner, L’architettura religiosa medievale nel Veneto
San Giovanni in Canale a Piacenza, «Bollettino storico pia- di terraferma (1024-1329), in Il Veneto nel medioevo. Dai
centino», LXLIV (1999), pp. 177-197; E. Civardi, Architet- comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca, a cura
tura domenicana in Piacenza: la chiesa e il convento di San di A. Castagnetti, G.M. Varanini, Verona 1991, pp. 493-
Giovanni in Canale, ivi, pp. 201-250. 591: 580-582.
207 221
Patrimonio artistico italiano. Lombardia gotica, a cura di Villetti, Studi sull’edilizia, p. 61.
222
R. Cassanelli, Milano 2002. Si veda il contributo di Monica Volinia, I risultati delle
208
Sul rapporto con il plan bernardin, V. Franchetti Pardo, analisi termografiche, al convegno di Chieri (n. 4).
223
Architettura cistercense ed architettura degli ordini mendi- Di stampo ancora romanico sono quelli poderosi di
canti: confronti e differenze con riferimenti anche all’area S. Eustorgio e di Chiaravalle. Gli edifici su pilastri cilin-
della marittima, in Il monachesimo cistercense nella Marit- drici di chiaro sapore gotico sono quasi tutti di ordini
tima medievale: storia e arte, Casamari 2002, pp. 251-297. mendicanti: domenicani quelli di Alba, Chieri, Treviso
209
L. Bertazzo, C. Bertolotto, San Francesco ritrovato: stu- (S. Niccolò), Venezia (Ss. Giovanni e Paolo), Verona
di e restauri per il complesso francescano di Susa, Torino 2008. (S. Anastasia), Vicenza (S. Corona); francescani quelli di
210
Si veda la n. 197. Brescia, Lodi, Parma, Pavia, Susa, Venezia (S. Maria), Vi-
211
G. Sommo, I bacini di ceramica graffita della chiesa di cenza (S. Lorenzo); umiliati a Piacenza (S. Anna) e Vibol-
S. Agnese (ex. S. Francesco) di Vercelli, «Bollettino storico done. Fanno eccezione i cistercensi a Follina e i canonici
vercellese», XII (1983), pp. 199-216. a Varenna.
212 224
Santa Maria del Carmine. Schenkluhn, Die Baukunst der Dominikaner, pp. 210-
213
P.A. Guarienti, La chiesa di S. Domenico di Chieri, 215; fra gli esempi più vicini va citata la chiesa domenicana
Torino 1960, pp. 9-45; i contributi di Giovanni Donato, di Bolzano: Franco, Appunti sulla decorazione, pp. 113-118.
225
Scultura e architettura: percorsi di ricerca, e di Chiara Ollino M. Frati, “De bonis lapidibus conciis”. La costruzione di
e Chiara Strola, Disegnare l’architettura: il rilievo del San Firenze ai tempi di Arnolfo di Cambio: strumenti, tecniche e
Domenico, al convegno di Chieri (n. 4). maestranze nei cantieri fra XIII e XIV secolo, Firenze 2006,
214
M. Marchetti, La Chiesa e il Convento di Sant’Agostino pp. 172, 173.
226
in Carmagnola: memorie storiche, religiose, artistiche, illu- Cfr. L. Patetta, L’architettura del Quattrocento a Milano,
strate, Carmagnola 1936. Milano 1987.
215 227
Romanini, Le chiese a sala, pp. 54-57. La realizzazione dei due occhi (dimensionalmente di-
216
C. Bonardi Tomesani, Asti: Collégiale San Secondo, in versi) risale a prima della costruzione della manica cinque-
e
Congrès Archéologique du Piémont, «Actes de la 129 ses- centesca del chiostro grande, poi demolito. Ivi, pp. 57-61;
sion du Congrès archéologique de France, Torino, 1971», C. Capponi, La Certosa di Garegnano in Milano, Cinisello
Paris 1978, pp. 364-370; L’insigne collegiata di San Secondo Balsamo 2003.
228
di Asti, a cura di P. E. Fiora di Centocroci, Torino 1998. Lusso, I conventi del principe, pp. 101-102.
217
I (labili) dati documentari si riferiscono al 1291 e al 229
Cfr. l’ipotesi a scala territoriale e urbana di Id., Il Monfer- manca n.
1327. S. Francesco di Cassine: sopravvivenze di un monu- rato in età paleologica, pp. 337-351.
230
pagine
mento gotico, Cassine 1979; L. Moro, E. Rossetti Brezzi, Id., I conventi del principe, pp. 000-000.
231
Il complesso conventuale di S. Francesco a Cassine, Alessan- F.P. Di Teodoro, L’Antico nel rinascimento casalese. Arte,
dria 1982, pp. 1-23. architettura, ornato, in Monferrato: identità, pp. 64-73.
The Dominican church of S. Caterina in Trino graphical gap by framing the building site in the
Vercellese is inscribed in the late Gothic archi- broader theme of late medieval brick architec-
tecture of northern Italy. Despite the impor- ture. The analysis starts from the anomalies and
tance of the client (the Paleologists, Marquises from the material data obtained from geometric
of Monferrato) and the grandeur of the building and thermographic surveys, from excavations
(a vast hall church), it does not enjoy adequate (not stratigraphic) and from archaeological ob-
critical fortune, thanks to the unfortunate urban servations on the elevations, which reveal nu-
location and the progressive development of ac- merous construction phases. The chronological
cessory volumes. We can therefore fill a historio- sequence is compared with the written docu-
293
Marco Frati
mentation, which emphasizes the centrality of privileged altars and burials. Although it is not
the building site in the local and dynastic con- possible to support with certainty a direct mar-
text, and with the rich historical iconography, quis commission, the Tridinese building shows
which allows a punctual regressive history of the numerous formal and material relationships
building site (church and convent). This makes with those of the Paleologists: in particular,
it possible to conjecturally reconstruct the crisp some common architectural elements seem to
original architectural design, which still includ- have a heraldic function. The close comparison
ed a mixed roofing system on differently deep of S. Caterina with the architecture (Dominican
spans. This conserva tive choice is consistent or otherwise) of the Tre-Quattrocento lombardo
with the foundation of the community, char- shows an openly traditionalist attitude, proba-
acterized by religious contrasts (schism) and bly functional to increase the prestige of the late
military clashes whose theatre was not far from Monferrato foundation.
Trino. In the liturgical context, the medieval
space appears as organized in the other Domin- Keywords
ican churches and enriched by the presence of Architecture - liturgy - late gothic - Dominicans
294