Arte
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La pittura fiamminga è una scuola pittorica nata nel Quattrocento nelle Fiandre
(attuale Belgio). L’esponente più significativo è il pittore Jan van Eyck, che delinea
nuove tendenze artistiche come l’uso dei colori ad olio, l’attenzione per la ricerca
spaziale tramite l’applicazione della prospettiva, la luce come ulteriore elemento
necessario a migliorare il risultato della verità spaziale e il gusto per il miniaturismo.
Gli artisti fiamminghi svelavano e rivelavano la realtà dopo averla osservata con
occhio attento e sensibile, quasi sottoponendola a un’indagine microscopica, in cui
nulla del soggetto rappresentato viene dimenticato o lasciato all'immaginazione o
all'interpretazione dell'osservatore. Preferendo quindi tale metodo rispetto ad
un’analisi della realtà portata a termine grazie alla prospettiva, metodo scientifico
per la rappresentazione della realtà.
Molti artisti italiani del quattrocento aderirono alla scuola fiamminga, facendo uso di
alcuni espedienti definiti prettamente “fiamminghi”. Uno dei più interessati a questa
tipologia di pittura fu Antonello da Messina. Non possiamo considerarlo
completamente un pittore fiammingo, difatti nelle sue opere combinava le tecniche
prospettiche conosciute tramite le opere di Piero della Francesca, con la cura
meticolosa dei particolari di origine fiamminga. Egli venne probabilmente a contatto
delle opere Fiamminghi a Napoli e sembra che proprio nel capoluogo campano
conobbe la tecnica della pittura ad olio. Tra le sue opere, nel San Gerolamo nello
Studio sono riscontrabili particolari fiamminghi, come gli effetti della luce, il
paesaggio che si vede dalla finestra estremamente dettagliato, la descrizione per i
particolari minuti, come i vasi, i libri nella libreria, il crocifisso e gli effetti della luce.
Nella Vergine annunziata è riassunto il dualismo stilistico dell’autore: ovvero
l’attenzione per i dettagli fiamminga la ricerca spaziale prospettica rinascimentale
italiana. L'autore evidenzia le più minute caratteristiche del legno del leggio (dalle
venature ai fori dei tarli), è inoltre evidente l’attenzione per la spazialità data dalla
mano protesa della Vergine che ha la funzione di misurare lo spazio.
LE PROPORZIONI
La riscoperta del mondo classico e lo studio del trattato di Vitruvio, fornirono le basi
per una nuova conoscenza rinascimentale, ossia lo studio delle proporzioni che
divennero uno degli elementi cardine dell’arte rinascimentale. Una proporzione
indica la corrispondenza di misure tra due o più parti in relazione tra loro. Queste
corrispondenze di misure non sono altro che rapporti matematici. Inoltre questi
rapporti numerici rispecchiano quelli esistenti tra le varie note musicali.( come
l'unisono 1:1, il diapason 1:2). Nel De architectura di Vitruvio l'obiettivo
dell'architetto era quello di proporzionare le parti in modo da rispecchiare le
proporzioni del corpo umano. Secondo lo scrittore latino il corpo umano era ben
proporzionato e quindi era logico che nella progettazione architettonica ci si
attenesse alle simmetrie e ai rapporti esistenti tra le varie parti del corpo. Riguardo
all’applicazione delle proporzioni nell’architettura l’Alberti afferma che la bellezza è
accordo e armonia delle parti rispetto al tutto, ci deve essere un equilibrio di forma,
misura, collocazione nello spazio (è dunque possibile ottenere ciò facendo utilizzo
delle proporzioni nella progettazione architettonica). Grande appassionato dello
studio dell’antico egli riprende da Vitruvio alcuni criteri generali per definire l'opera
bella: la firmitas, ossia la solennità, l'utilitas, metta in relazione sia l'utilità della
struttura sia la sua forma, ma anche la venustas, nel quale esprime che la bellezza è
data da una grandissima armonia delle proporzioni rispetto al tutto .Riguardo la
bellezza ci dice che " l'armonia di tutte le membra, nell'unita di cui fan parte,
fondata sopra una legge precisa, per modo che non si possa aggiungere o togliere o
cambiare nulla se non in peggio" e rifacendosi all'architettura dice che" la bellezza è
accordo e armonia delle parti in relazione a un tutto, al quale esse sono legate
secondo un determinato numero, delimitazione e collocazione, così come esige la
concinnitas, cioè la legge fondamentale e più esatta della natura".
L’uso delle proporzioni non si limita all’architettura ma si estende anche alla pittura:
in particolare tra i pittori della stagione delle scoperte le proporzioni sono di
rilevanza consistente nel linguaggio di Piero della Francesca. La ricerca matematica e
numerica, la ricerca di proporzioni e la ricerca prospettica vengono declinate
contemporaneamente nelle sue opere dando vita ad un’arte lucida e razionale.
Quindi si tratta di un linguaggio rigoroso e matematico tanto che tratte le sue forme
come solidi geometrici messi in relazioni da ritmi dettati dalle leggi delle
proporzioni.
La Prospettiva
La prospettiva viene introdotta da Brunelleschi tra il secondo e terzo decennio del
'400,essa rappresenta un sistema geometrico-matematico basato su regole precise
che serve a rappresentare su due dimensioni lo spazio, che realmente è di tre
dimensioni. La prospettiva dunque consentiva una perfetta rappresentazione della
realtà poiché si basava appunto su leggi matematiche. Con questo sistema era
finalmente possibile calcolare le distanze con l’edificio tramite l’utilizzo della
geometria e della matematica e ottenere le giuste dimensioni e proporzioni da
utilizzare nella rappresentazione che si voleva eseguire. Il metodo delle proiezioni
ortogonali fu quindi sostituito molto velocemente dalla rappresentazione
prospettica proprio con essa era possibile mostrare 3 tipi di rappresentazioni
architettoniche in uno solo oppure per mostrare sia gli interni che allo stesso tempo
la sezione dei muri di una abitazione. Quest’ultima tipologia di rappresentazione è
quindi detta spaccato prospettico. Le lunghe operazioni di calcolo di Brunelleschi per
creare una raffigurazione prospettica vennero poi semplificato da Leon Battista
Alberti infatti a lui si deve il procedimento prospettico chiamato costruzione
abbreviata. Questo metodo però fu solo la prima tappa di un percorso che vide
contributi notevoli da parte di appassionati studiosi, pittori e matematici come ad
esempio Piero della Francesca che come l’Alberti ha il merito di aver dato
sistemazione teorica ai principi dell’arte rinascimentale con i suoi trattati. Tra la sua
produzione di trattati teorici sull’arte spicca il De perspectiva pingendi dove viene
trattato l’argomento della prospettiva e i metodi di applicazione. La prospettiva è
dunque la punta di diamante dell'arte del Rinascimento tanto che è onnipresente in
ogni opera. Gli artisti costruiscono spazi illusivi che vengono riempiti di strade
palazzi,città o paesaggi, ma anche popolati di personaggi, animali, piante o oggetti.
Tutto ciò che era visibile e quindi tutto il mondo poteva essere contenuto dentro la
scatola prospettica. La prospettiva però non trova applicazione solo nella pittura ma
anche nell’architettura: questo è il caso della chiesa di Santa Maria presso San Satiro
a Milano progettata da Bramante. La chiesa presenta una pianta a T con una cupola
che unisce la navata centrala alla navata maggiore del transetto, tuttavia, una strada
che scorre dietro la chiesa impedì la costruzione di un coro, a questo proposito
Bramante realizzò una struttura prospettica a stucco che crea l’illusione di un coro
composto da tre campate. Quindi la prospettiva applicata all’architettura in questo
caso serve a ricreare uno spazio illusorio che inganna l’occhio. Bramante riprende
concretamente i concetti di ricerca spaziale e ricerca prospettica tipici della pittura
per trasportarli nell’architettura allo scopo di conferire profondità là dove essa è
assente.
La luce
Come sappiamo nell’arte la luce ha un ruolo fondamentale infatti riesce a fare
percepire la tridimensionalità delle superfici e tramite dei giochi chiaroscurali può
anche mettere in risalto i volumi, inoltre è in grado di cambiare la percezione dei
colori tramite la propria cromaticità e può attribuire un carattere espressivo
all’opera.
Nell’architettura o nella scultura la luce svolge un ruolo esterno con lo scopo di
calibrare il livello luminoso esterno ed interno invece nella pittura la luce è un
elemento interno alla composizione che può avere varie forme.
Addirittura Leon Battista Alberti, nel suo trattato De Pictura del 1436, evidenziò
come il colore non fosse una caratteristica propria del soggetto, ma dipendesse
completamente dalla quantità di luce che investe il soggetto stesso. Uno dei più
grandi rappresentanti della luce nel Rinascimento è Piero della Francesca che utilizza
la luce mischiata ai colori per dare una perfezione diciamo astratta all’opera.
Nei dipinti di Piero la luce contribuisce alla costruzione dello spazio e riesce a
mettere a fuoco anche le cose più lontane. Nel Sogno di Costantino la luce è
sprigionata in maniera sovrannaturale dalla croce tenuta da un angelo in volo.
Questa luce colpisce la tenda intensamente ma allo stesso tempo quasi avvolge le
figure al suo interno. Un altro esempio è il cavaliere della sacra conversazione la cui
armatura risplende alla luce della finestra nascosta a sinistra.
Anche nella scultura la luce contribuisce a conferire particolari caratteriste alle
opere infatti lo scultore sa utilizzare pienamente la luce ed i suoi svariati effetti
espressivi. Se infatti deve esprimere forti stati d'animo, violenti ed inquieti, oltre a
dare forme dinamiche e contorte aumenterà anche il contrasto luci-ombre.
Se invece è sua volontà esprimere nella scultura amore, calma e serenità, la forma
sarà più statica, predomineranno le superfici curve, ben levigate in cui la luce non
andrà a scontrarsi con la materia ma scivolerà lentamente, senza ostacoli: è il caso
del David di Donatello, un nudo virile. Donatello conferisce al suo personaggio,
un'espressione pensosa, in contrasto con l'innaturale postura del corpo di
derivazione policletea. Tutto il peso del giovane corpo grava sulla gamba destra,
imponendo un corrispondente abbassamento del bacino a sinistra. In opposizione a
questo la spalla sinistra è lievemente alzata, mentre la mano destra impugna una
lunga spada e il piede sinistro poggia, in segno di vittoria, sulla testa del nemico
ucciso. La luce è impiegata come strumento modellante delle masse, scivolando
sulle membra del David, finisce per addensarsi ai suoi piedi, dove crea ombre
profonde sulla testa mozzata del Golia-Argo.
Ville suburbane dell’architettura del Cinquecento
La tipologia della villa suburbana residenziale si sviluppò a Roma nel Cinquecento e
qui fu oggetto di un'intensa sperimentazione, per la richiesta delle famiglie
aristocratiche e di cardinali, che volevano una dimora all'antica. Il modello deriva da
quello fiorentino, a pianta quadrangolare articolata attorno a un cortile centrale. Un
esempio è la Villa Farnesina progettata da Baldassare Peruzzi e ha inaugurato a
Roma la tradizione delle ville nobiliari suburbane. Presenta un impianto a 'U', con ali
avanzate rivolte verso il Tevere che inquadrano il giardino, al pianterreno, un
loggiato instaura un rapporto di continuità tra architettura e ambiente naturale.
L'edificio si sviluppa su due piani, scanditi all'esterno da cornici e lesene tuscaniche;
il sottotetto a mezzanino presenta piccole finestre alternate a rilievi con festoni e
putti. Non ha rivestimenti in marmo o a bugnato, ma una razionale intelaiatura
entro membrature (cornici e paraste).
Tale tipologia di villa suburbana si sviluppò successivamente anche nel Veneto: qui i
nobili della Repubblica Veneta cominciarono ad investire i loro capitali, accumulati
in decenni di attività commerciali, nell'acquisto e nella conduzione di fondi agricoli a
causa della crisi dei commerci marittimi nel Mediterraneo. Sorsero dunque
nell’entroterra numerose ville. In questo contesto si colloca l’architetto veneto
Andrea Palladio considerato il padre della villa veneta del Cinquecento. Il linguaggio
architettonico di Palladio è caratterizzato da un grande interesse e studio riguardo
l’architettura classica però tali principi classici se da un lato rappresentano il
riferimento fondamentale per il progettista, d’altro canto non vengono assunti come
rigidi vincoli ,Palladio, anzi, sviluppa una continua sperimentazione sulla base di essi.
Palladio ha saputo dunque interpretare l’esigenza di eleganza e funzionalità dei
committenti di questa tipologia di ville. L’esempio più eclatante di villa suburbana
veneta è sicuramente La Rotonda, a Vicenza, è un'elaborazione esemplare della
tipologia a pianta centrale applicata a un edificio privato. Presenta una pianta
quadrata, con un grande salone a base circolare coperto da cupola. Questa
distribuzione si manifesta all'esterno, dove, sui quattro lati, è ripetuto lo stesso
motivo di facciata, un prònao greco: sei colonne ioniche, poste su un alto basa
mento introdotto da una gradinata, sorreggono una trabeazione e un timpano,
Palladio pone al centro della sua riflessione il rapporto con il contesto: nella Rotonda
la concezione 'aperta' dell'edificio determinano un'armonica fusione con il
paesaggio.