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Il seminario esplora l'interazione tra diritto penale e neuroscienze, evidenziando come le leggi epidemiologiche possano influenzare i processi penali, come nel caso del processo di Porto Marghera. Si discute della difficoltà di attribuire responsabilità individuali in contesti complessi e della distinzione tra leggi scientifiche e statistiche nel determinare nessi causali. Inoltre, si analizza come le indagini criminologiche abbiano messo in luce la necessità di riformare le norme sulla corruzione e la concussione, introducendo il concetto di 'concussione ambientale'.
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Il seminario esplora l'interazione tra diritto penale e neuroscienze, evidenziando come le leggi epidemiologiche possano influenzare i processi penali, come nel caso del processo di Porto Marghera. Si discute della difficoltà di attribuire responsabilità individuali in contesti complessi e della distinzione tra leggi scientifiche e statistiche nel determinare nessi causali. Inoltre, si analizza come le indagini criminologiche abbiano messo in luce la necessità di riformare le norme sulla corruzione e la concussione, introducendo il concetto di 'concussione ambientale'.
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14-11

→ Attraverso il seminario cercheremo di capire in che modo il giurista può usufruire delle nozioni
che arrivano dal mondo scientifico. Mi interessa soprattutto porre l'attenzione sugli aspetti
neuroscientifici (che pongono al dir. penale degli interrogativi che sono antichi perché sono gli
interrogativi su quanto l'uomo è libero e fino a che punto è possibile fotografare la sua libertà) e su
quanto di quel mondo scientifico può essere messo a fondamento di un giudizio.

Come accennavamo, spesso il dir. penale si è trovato a dover fare una barricata contro il propendersi
delle urgenze dal pdv sociologico ed emergenziale.

Facevamo l'es. del processo del Porto di Marghera: era stato un grandissimo processo in cui c'erano
state più di mille parti civili che chiedevano di essere risarcite (o quanto meno di individuare una
responsabilità, oltre che strettamente penale, anche civilistica) per le morti da CVM (cloruro di
vinile monomero) e per l'invalidità permanente che deriva dalla asbestosi (malattia che colpisce le
vie respiratorie in via permanente nel momento in cui si respirano determinati gas tossici). In quel
caso ci fu l'entrata di tutte queste parti civili all'interno di un processo che era assolutamente
incapace di poter gestire i destini di più di mille persone, che attraversavano trent'anni di storia della
chimica italiana. Quale fu l'escamotage giuridico per far rientrare questi accertamenti all'interno di
un ambito, il processo, che non era il suo luogo di destinazione? Perché il suo luogo di destinazione
sarebbero state delle norme che fossero a presidio della salute dei lavoratori all'interno delle
industrie e non il processo in cui si doveva accertare delle singole responsabilità dei dirigenti
nell'ambito del cambio di trent'anni. Il dir. penale si trovava senza strumenti a monte, quindi tutto
nelle mani dei giudici penali. Nel processo non ci furono né delle scorciatoie né delle norme
emergenziali per cercare di trovare una soluzione a quella crisi giuridica, ma si lasciò che il dir.
penale assolvesse alla sua funzione attraverso quelli che erano i suoi meccanismi interni.

Cosa successe? Il Pm di quel processo era Felice Casson. Egli fece entrare all'interno di quel
processo un'idea di causalità che era capace di essere modulata su delle necessità emergenziali.
Casson dice che quello che interessa non è andare a cercare se sussiste realmente il nesso causale tra
quella morte e quell'assunzione di CVM, ma sapere che il CVM provoca la morte: di conseguenza,
siccome provoca la morte, avrà provocato la morte anche di quei lavoratori che sono morti
all'interno dello stabilimento. In questo modo Casson, facendo leva su un'esigenza sostanzialistica
di carattere sociale stigmatizzata dalle indagini criminologiche (cioè la necessità che i lavoratori che
vivono a contatto con sostanze altamente nocive e tossiche debbano essere tutelati), fece di queste
indagini criminologiche un grimaldello attraverso il quale entrare nel processo penale. Ed entrò nel
processo penale attraverso la forzatura del nesso causale, sostituendo le leggi scientifiche di
copertura con le leggi epidemiologiche.

Cosa sono le leggi epidemiologiche? Le leggi epidemiologiche sono le leggi che si fondano su un
ragionamento statistico: sono le leggi che ci dicono che c'è un aumento di mortalità in presenza per
es. di determinate zone o all'assunzione di determinate sostanze. Le leggi epidemiologiche sono
quelle leggi che si fondano su indagini statistiche: ci dicono che statisticamente in presenza di certi
fattori c'è un aumento di un determinato evento. Dopo di che, le leggi epidemiologiche non ci
possono dire se poi di fatto, in concreto, quell'evento è stato causato da quel fattore.
Le leggi epidemiologiche si differenziano dalle leggi scientifiche. Le leggi scientifiche, per essere
tali, devono indicare un'alta probabilità (il 99%): sono leggi scientifiche di copertura, cioè leggi che
permettono di collegare un evento a una condotta in base a un meccanismo probabilistico ma non
statistico bensì scientifico (cioè un'altissima probabilità).
L'assunzione di fumo, si dice, non è più una legge probabilistica, ma è una legge scientifica perché
si è scientificamente messo in evidenza quali sono i passaggi che permettono di stabilire un nesso
tra l'assunzione di tabacco e determinate forme tumorali: è una legge scientifica probabilistica.
Questo non vuol dire che tutti quelli che fumano avranno delle forme tumorali, perché non è una
legge universale. Tutti gli uomini muoiono: questa è una legge universale. Tutte le persone che
fumano non necessariamente avranno una forma tumorale: dipenderà da tanti fattori che dovranno
essere valutati. Però, pur non essendo una legge universale ma essendo una legge probabilistica, è
scientifica e la scientificità deriva dal fatto che la probabilità è molto alta. Quindi quella legge
probabilistica diventa una legge scientifica che può essere messa a fondamento del nesso causale
capace di ricondurre un evento a una condotta anche in materia di dir. penale.
Le leggi statistiche invece sono quelle leggi probabilistiche che sono sotto la soglia dell'alta
probabilità, che mettono semplicemente un indice di maggiore rischio, un indice che mette in
evidenza che c'è una probabilità che in presenza di determinati fattori conseguono determinati
eventi, ma non è una legge scientifica: è una legge statistica, ci mostra solo che statisticamente nel
60% o nel 50% o nel 70% dei casi quella popolazione sviluppa con maggiore probabilità
determinate forme allergiche, malattie, inclinazioni o predisposizioni.

Portare la legge statistica, che si fonda su un'indagine epidemiologica, nell'ambito del dir. penale
significa sovvertire quello che è il criterio messo a fondamento del dir. penale, che è l'ascrizione di
singole responsabilità rispetto a singoli eventi. La legge statistica ci dice che in una probabilità più o
meno elevata a quelle condizioni segue quell'evento, ma non ci dice che in quel caso specifico
quell'evento è determinato da quella causa. La differenza è enorme. E questa differenza enorme è
stata forzata da chi di dir. ne sapeva: Casson conosceva perfettamente la differenza tra leggi
statistiche e leggi epidemiologiche, ma attraverso l'inserimento delle leggi epidemiologiche sulla
base del fondamento di una legge scientifica lui cercava di portare all'interno del processo quella
che era un'emergenza che scuoteva le coscienze collettive di tutti quei soggetti che, avendo lavorato
all'interno di queste industrie, avevano riportato delle malattie sicuramente legate a quelle
assunzioni. Ma questa è la fotografia dal pdv sociologico-criminologico. Dal pdv penale è un'altra
cosa. Perché il dir. penale non ascrive a responsabilità di massa, a responsabilità di una classe
dirigenziale, a responsabilità di una classe politica, ma ascrive la responsabilità del singolo fatto
rispetto al singolo soggetto. E rispetto a questo metodo di ascrizione, anche nel Porto Marghera,
portò ai risultati a cui doveva portare, cioè al fallimento dell'ingresso delle mille parti civili: solo
alcuni dirigenti furono riconosciuti responsabili di sole 10-20 persone che si erano ammalate:
perché solo rispetto a quelle fu possibile, minando le leggi epidemiologiche, riferirsi a delle leggi
scientifiche di copertura che permisero di ricondurre questo nesso di determinazione tra esposizione
a CVM e determinate forme di malattia.

Le leggi statistiche, viceversa, sono rivolte alla politica, al legislatore. Le leggi statistiche ci dicono
che c'è un indice di pericolosità tale per cui chi vuol fare una buona politica deve mettere il
campanello di allarme e dire “siccome non so ancora cosa accadrà, siccome la scienza ancora non
mi dice fino a che punto sono pericolose queste assunzioni di determinate sostanze, io metto una
norma precauzionale: all'interno degli stabilimenti dove si producono materiali chimici non posso
mettere un lavoratore esposto a queste sostanze chimiche più di un certo periodo di tempo, se non in
presenza di determinati filtri, e non per un tempo prolungato”. Cioè si instaura un meccanismo di
precauzione sulla base delle indagini statistiche. Allora le indagini statistiche servono per stabilire
delle norme capaci di porre delle fattispecie ostacolo, delle fattispecie di pericolo presunto, delle
fattispecie di pericolo astratto, capaci di determinare delle regole rispettando le quali l'imprenditore
è sicuro di poter aver fatto tutto il possibile. Dopo di che, le regole scientifiche dovranno stabilire
non se è stata fatta una buona politica industriale ma se quel singolo dirigente in quel singolo settore
violando quelle norme precauzionali ha determinato la morte di quel singolo soggetto.

Quindi ho deviato dalla retta via che era Tangentopoli. Perché in realtà quello che è successo con
Tangentopoli e con Porto Marghera e che è successo in altri processi importanti si ha tutte le volte
in cui a un'esigenza sostanzialistica, fotografata dalle indagini criminologiche, il diritto reagisce
attraverso un mezzo improprio: quello di affidare al giudice penale dei compiti che non sono suoi.
E quando il giudice penale ha dei compiti che non sono suoi può fare 2 cose: - o far male il suo
lavoro, e quindi assorbire quelle istanze sostanzialistiche ma in questo modo derogando da quelli
che sono i principi di legalità e di uguaglianza e quindi di giustizia formale e sostanziale; - o
cercando di riassorbire questo meccanismo che lo ha inondato di un compito che non è il suo coi
suoi meccanismi interni, e cioè sfrondando da quella che è la sua vocazione tutto ciò che è esterno
alla sua missione, che è quella di ascrivere singole responsabilità, tralasciando tutto quello che è
l'aspetto simbolico o che si vuole affidare a quel processo e a quell'indagine che non è invece
proprio delle aule di giustizia di dir. penale.

Questo è quello che è successo per il Porto Marghera e che è successo per Tangentopoli, quando la
Procura (inizialmente quella di Milano e poi via via in tutta Italia) ha fatto corto circuito: era
impossibile andare dietro a quello che si chiedeva fosse il riscatto della società civile rispetto a
quella ondata di malaffare che invastiva tutti i nodi portanti del nostro ordinamento, quello
amministrativo e quello politico e quello imprenditoriale. Ma questa non è una missione da dir.
penale. E questo aveva creato una paralisi della nostra giustizia per molto tempo.

Una paralisi della nostra giustizia che determinò un'emergenza, processuale e politica e sociale, che
doveva in qualche modo essere sbloccata. Secondo alcuni la doveva sbloccare attraverso per es. il
meccanismo del patteggiamento. Secondo altri la si doveva sbloccare attraverso un altro possibile
meccanismo, che fu quello che per un certo periodo di tempo fu accolto all'interno della Procura di
Milano e che fu portato avanti da alcuni Mani Pulite (e in particolare da Davigo). I giudici di mani
Pulite misero in evidenza come Tangentopoli si ripercuotesse non solo in una lesione del bene
giuridico connesso direttamente al reato di concussione o di corruzione, ma si ripercuotesse su
quelli che erano i grandi portanti di una società civile, cioè la fiducia nella Pa, l'integrità
dell'economia nazionale, le regole della concorrenza, l'imparzialità della Pa, quindi su tutti i beni
giuridici che erano a fondamento di uno stato democratico. Soprattutto, i giudici di Mani Pulite
mettevano in evidenza come vi fosse una inscindibile presenza di questa ripetitività di condotte
nocive, per cui chi lo aveva fatto una volta lo continuava a fare: questi atti corruttivi, una volta
scoperti in un singolo caso, se si andava a vedere il pregresso si scopriva che questo era il modus
operandi di chi gestiva quel potere politico, amministrativo, economico. Quindi si minavano le basi
etiche, morali e sociali della nostra società in quegli anni.

Quale fu l'indicazione che venne da Mani Pulite in quel momento in cui si mostrava l'elevatissimo
livello di pericolosità di questo tipo di atti illeciti? Davigo attuò una proposta scioccante per quello
che era il mondo del diritto. Si propose di eliminare la distinzione tra concussione e corruzione e di
far rifluire tutto all'interno della concussione nel momento in cui si può dimostrare che esiste una
situazione di “concussione ambientale”. Per la prima volta si coniò questo termine, concussione
ambientale. Era un termine mutuato dalle indagini criminologiche, che mettevano in evidenza da
molto tempo come in realtà, in quegli anni e quegli ambiti della Pa, non ci fosse un vero e proprio
scambio per quanto riguardava un singolo atto ma che ci fosse una vera e propria concussione
ambientale: non erano atti singoli, ma erano atti che si ripetevano all'interno di determinati uffici
amministrativi (alcuni uffici della Pa erano votati a ripetere atti contrari alla legge per avere dei
ritorni dal pdv economico). Quindi le indagini criminologiche mostravano da alcuni anni come non
si potesse più parlare di uno scambio di atti tra privato e pubblico ufficiale, ma che in realtà spesso
laddove c'era un atto di concussione o di corruzione lì si aveva un vero e proprio mercimonio di
tutti gli atti della Pa, tanto da parlare di concussione ambientale. Questa era la fotografia che
emergeva dall'ambito delle indagini criminologiche.

Anzi, le indagini criminologiche mettevano in evidenza qualcosa di più inciso e devastante:


mettevano in evidenza come le norme sulla corruzione e sulla concussione erano ormai antiche
rispetto alla capacità di selezionare il disvalore che si stava innestando nel tessuto sociale. Perché?
La concussione e la corruzione nascono negli anni 30, quando il mercimonio riguardava un singolo
atto che era oggetto di scambio tra privato e pubblico ufficiale. Es. il privato andava dal pubblico
ufficiale e gli chiedeva la concessione per poter edificare su un terreno che a quell'epoca non era
edificabile: il pubblico ufficiale, in base al denaro conseguito, poteva aderire o meno a questa
indicazione. Il pubblico ufficiale corrotto accettava del denaro e in cambio decideva di realizzare un
atto che era contrario ai suoi doveri d'ufficio o un atto che era conforme ai suoi doveri d'ufficio
perché discrezionale ma la cui discrezionalità era stata influenzata: il pubblico ufficiale decideva
non sulla base dell'interesse pubblico, ma sulla base di un interesse privato. Es. se si doveva
decidere quale terreno rendere edificabile, il pubblico ufficiale non decideva sulla base dell'interesse
collettivo ma sulla base di quella che era la contropartita che il privato gli offriva. Il pubblico
ufficiale faceva gli interessi suoi a scapito della collettività. Negli anni della corruzione il disvalore
che si voleva punire era questo: il disvalore che si voleva selezionare attraverso i reati di
concussione e di corruzione col Codice Rocco era quello dell'imparzialità della Pa, che violava
questo patto di fiducia che il pubblico ufficiale aveva con la Pa rispetto ad un singolo specifico atto.

Le indagini criminologiche mostrano che Tangentopoli scoperchia un altro disvalore: sono altri i
beni giuridici che vengono messi a ferro e fuoco, sono altri gli interessi e la panoramica in cui si
snoda il teatro del malaffare. Non è più il privato che paga il pubblico ufficiale per avere un singolo
atto. In quegli anni altri soggetti si affacciano a questa repubblica del malaffare: si inseriscono altre
parti in quella commedia farsesca. E sono il politico e l'imprenditore, che non sono più parti passive
di quel rapporto, ma diventano dei soggetti attivi in quell'ambito di rilevanza penale. Perché?
Perché il pubblico ufficiale non può più niente, è una longa manus nelle mani di chi veramente
detiene il potere. A quel punto il pubblico ufficiale è lì perché è stato messo lì da un politico che
detiene il potere di quell'ufficio amministrativo. Quindi in realtà il pubblico ufficiale non è che ha
un contraccambio. Il pubblico ufficiale ovviamente prende parte a questa ripartizione di denaro
illecito, non è certo una longa manus irresponsabile, fa parte di quel patto scelere. Ma non è più un
patto scelere tra due soggetti perché ce n'è un terzo: il terzo soggetto disvela come il panorama sia
mutato radicalmente perché il terzo soggetto è appunto il politico, il faccendiere, quello che
permette di interagire e di intessere relazioni economiche illecite tra il potere politico e il potere
amministrativo. Quindi il privato, quando va a pagare il pubblico ufficiale, non paga perché come
nell'es. che abbiamo fatto prima vuole che gli venga data la concessione del terreno, ma paga perché
dice vuole far parte di quella repubblica del malaffare (“io ti pago non perché voglio quell'atto, ma
perché tu, quando avrai a che fare con me, ti ricordi che io ti ho pagato, perché tu sei parte di quel
patto scelere che si instaura tra me imprenditore con te Pa e con chi sta dietro di te e che ti ha messo
lì, cioè il potere politico”).

Quindi quelle fattispecie di concussione e corruzione sono ormai vecchie: non fotografano la realtà
e il disvalore che si vuole punire, perché quelle fattispecie vogliono selezionare un disvalore che
ormai non c'è più in quanto selezionano semplicemente la presenza di un atto concordato tra privato
e pubblico ma un patto tra privato e pubblico non esiste più. Se noi si va a vedere perché si paga la
tangente non c'è un atto. Quindi quelle fattispecie non sono operative perché manca l'atto perché in
realtà il privato non paga per avere qualcosa in quel momento, ma paga perché gli servirà, paga
perché nel futuro quegli atti discrezionali siano fatti a suo favore. Es. l'imprenditore non paga a
ridosso di un appalto, non paga a ridosso di una concessione: ha pagato prima e questo perché il
politico gli permetterà, attraverso l'individuazione di quel pubblico ufficiale che ha nominato lui, di
creare i presupposti per arrivare a quell'attività economica che a cascata sarà favorevole a lui.
Quindi in realtà il pagamento della tangente è semplicemente il pagamento che si fa per poter avere
una quota nella spartizione della torta pubblica: non è per avere un atto definito, ma per poter essere
presenti, per poter avere un ruolo, per poter avere un pezzo della torta che è la spartizione del
denaro pubblico. Quindi è chiaro che le fattispecie di concussione e corruzione sono antiche ormai.
E quando viene fuori Tangentopoli ci si accorge che quella fattispecie lì è incapace di rappresentare
la realtà ed è inoperante: anzitutto perché va a cercare un atto e l'atto stesso non c'è;
secondariamente perché non riesce a punire chi veramente sta dietro a quell'atto, cioè il politico, il
terzo soggetto. Non c'è una fattispecie capace di stigmatizzare in maniera chiara, netta e puntuale la
responsabilità di chi veramente è il responsabile di quella situazione di malaffare: perché chi sta
dietro non fa l'atto e quindi non c'è responsabilità diretta, perché non è un pubblico ufficiale, è il
politico, ma il politico è colui che ce l'ha messo ed è colui che tira le fila del rapporto micidiale e
triadico tra la Pa e il potere imprenditoriale, tra il potere economico e il potere amministrativo. E il
politico è proprio lì, per fare la congiunzione in vista di una spartizione illegittima di quelle che
sono le finanze pubbliche e quelli che sono gli interessi pubblici.

Quindi Tangentopoli è inadeguata a poter essere assorbita: non solo perché entrano a far parte del
processo una miriade di inquisiti (c'è un numero di processo assolutamente ingestibile per una
Procura normale), ma anche perché questi processi hanno sia la spada di Damocle della prescrizione
(essendo così tanti non possono essere smaltiti in maniera veloce) sia la spada di Damocle di essere
inefficaci (perché nel momento in cui si cerca non si trova perché non c'è, perché quello che viene
realizzato è qualcosa di diverso).

Allora il Pool di Mani Pulite cosa dice? Dice che abbiamo davanti una realtà molta chiara, che ci è
mostrata con nettezza dalle indagini criminologiche: abbiamo l'entrata a gamba tesa di un altro
soggetto, il politico. Il politico non può essere accusato per illecito finanziamento dei partiti perché
non questo non risolverebbe niente. Però il politico è l'artefice di quegli atti di corruzione: dovrà
essere responsabile in qualche modo? dovrà essere portato dentro in questo processo? Ma non è
possibile, perché quelle fattispecie sono molto complesse da poter essere attagliate a questa nuova
dimensione. E quindi il Pool di Mani Pulite dice: siccome nessuno (cioè il legislatore) ci viene
incontro e quello che ci viene chiesto dalla società civile è il ripristino della legalità, e qui noi siamo
in panne perché siamo pieni di processi che mostrano l'incapacità del potere politico e
imprenditoriale di essere all'altezza di una classe dirigente quanto meno decorosa, allora ci
pensiamo noi. In che modo? Forzando il dato giuridico. A quel punto, dicono, non mi interessa la
distinzione concussione/corruzione, io adotto la nozione criminologica di “concussione
ambientale”.

Cosa è la concussione ambientale? È l'eliminazione della prova dell'induzione. Che vuol dire?

Davigo dice che, nel momento in cui si mostra che c'è un'ipotesi di concussione ambientale rispetto
a quell'ufficio amministrativo, quindi si mostra che c'è una ripetitività di atti illeciti, questo significa
che il privato che si interfaccia con quell'ufficio si trova a interfacciarsi con chi, anche se non te lo
chiede, è già lì pronto a prendere la parte illecita.

Quale era la differenza tra concussione e corruzione all'epoca (perché adesso è ancora diversa dato
che c'è stata la riforma del 2013)?

– Concussione → il privato pagava perché indotto, perché costretto a pagare: il pubblico


ufficiale manifestava la sua forza di intimidazione, lumeggiando l'impossibilità da parte del
privato di poter ottenere quello che voleva o che gli era dovuto se non pagasse una certa
somma di denaro. Il privato era costretto a pagare perché il potere pubblico manifestava
tutta la sua arroganza di potere, imponendo al privato il pagamento di ciò che non doveva
per ottenere un atto che poteva essergli anche favorevole o dovuto, ma che cmq il privato
era disposto a pagare pur di averlo in tempi magari più celeri o immediati o magari per avere
qualcosa che non era esattamente quello da lui richiesto ma che gli tornava comodo. Quindi
l'atto di concussione ha alla base una costrizione, un'induzione: è il pubblico ufficiale che
manifesta la sua arroganza di potere e che costringe il privato se vuole ottenere qualcosa a
pagare. C'è un dislivello dal pdv soggettivo: il privato succube e il pubblico ufficiale che
impone la sua linea.
– Corruzione → si tratta di tutte le ipotesi in cui l'atto di mercimonio dell'atto pubblico
avviene attraverso un rapporto di parità: il privato non è costretto, ma volendo ottenere
qualcosa dal pubblico ufficiale lo tenta, lo lusinga, anche attraverso una dazione di denaro e
il pubblico ufficiale accetta questo patto scelere con il privato e acconsente. Non c'è un'opera
di costrizione e di induzione da parte del pubblico, ma è un rapporto tra pari: l'imprenditore
propone di pagare e il pubblico ufficiale se gli conviene perché gliene deriva un vantaggio
accetta. C'è un mercimonio dell'attività pubblica paritario.

Cosa dice Davigo (e quindi Mani Pulite) in quegli anni? Siccome esiste la concussione ambientale,
perché ce lo hanno dimostrato le indagini criminologiche ed in effetti vediamo che questo realmente
può accadere, io stabilisco che, se vedo che un ufficio della Pa ha utilizzato questo pactum sceleris
nei confronti del privato e quindi ha chiesto denaro al privato per poter realizzare un atto pubblico,
io ritengo che in quell'ufficio si realizza un'opera di costrizione nei confronti del privato. Cioè si
apre una concussione ambientale: è l'ambiente circostante che induce il privato a pagare. Non c'è
più bisogno di capire se il pubblico ufficiale ha usato il metus o meno nei confronti del privato, se
ha attuato un atteggiamento di costrizione o meno. Io so che in quell'ufficio pubblico è prassi che si
debba pagare, quindi è chiaro che il privato subisce questo condizionamento che viene dall'esterno e
quindi nel momento in cui si trova in quell'ufficio sarà indotto a dover pagare perché sa che se non
paga non otterrà niente. E perché il privato lo fa? Perché tutti fanno così. Quindi la concussione
ambientale si ha tutte le volte in cui si ha la prova che in quell'ufficio ci si comporta in modo
illegale: dopo di che, chiunque acceda a quell'ufficio sarà indotto, prima ancora di chiedere, a
proporre una tangente perché sa che se non la propone il suo atto non viene nemmeno preso in
considerazione. Quindi si ha sempre un'ipotesi di concussione.
Quale è la prova della concussione? La concussione ambientale.

In quell'epoca, la fattispecie penale di concussione stabiliva che per aversi concussione si doveva
provare o la costrizione o l'induzione: queste erano le due modalità attraverso le quali si poteva
realizzare la fattispecie di concussione. Il Pool di Mani Pulite decide, sulla base di questa
interpretazione criminologica del dato della concussione ambientale, che, laddove ci sia un ufficio
che chiede del denaro, anche in quel caso specifico si sia realizzata la condotta di costrizione e di
induzione. Da dove la ricavo? Non la devo provare, ma mi basta avere la dimostrazione che sussiste
una concussione ambientale in quell'ufficio.

Cioè. Il pubblico ufficiale si trova in un ufficio dove è prassi consolidata (ma tacita) e dimostrata
che all'interno di quell'ufficio se tu vuoi ottenere un atto devi pagare. Come si prova questa prassi?
Per es. perché altri hanno denunciato, perché ci sono dei processi, perché altri lo dicono, perché ci
sono state delle situazioni pregresse, perché per es. a Milano in determinati ambienti si sapeva che
era così. Questa è la concussione ambientale: non necessariamente un dato giuridico, ma un dato di
percezione sociale, che si può fondare anche su pregresse denunce, su pregressi processi, su soggetti
che hanno detto che gli è stato richiesto del denaro e che quindi non hanno partecipato a
quell'appalto pubblico perché gli era stato richiesto qualcosa che loro non volevano dare. Quindi, se
il soggetto entra in quell'ufficio, dove sa che quella è la prassi consolidata, il giudice non deve
provare che è stato costretto, perché non ha la prova della costrizione: la prova della costrizione
deriva dal fatto che in quell'ufficio fanno così, non c'è bisogno di altra prova, non c'è bisogno di
provare la costrizione o l'induzione, non si deve andare a vedere che il pubblico ufficiale abbia
manifestato il suo metus nei confronti del privato che entra nell'ufficio. E' sufficiente che si provi
che in quell'ufficio sussiste una concussione ambientale. Dopo di che, il fatto che il soggetto entra e
anche se non gli è richiesto paga ugualmente, deriva non dal fatto di un rapporto paritario, ma dal
fatto che il privato sa già che se vuole ottenere qualcosa deve pagare.

Cioè (la prof. tenta di spiegarlo un'altra volta!). In moltissimi processi il giudice ha deciso che si
trattava di un'ipotesi di concussione perché il privato, quando ad es. è andato a richiedere
l'autorizzazione per aprire un'attività, nel momento in cui ha chiesto l'autorizzazione ha pagato una
somma di denaro, ovviamente illecita. Magari qualcuno, ad es. l'ufficio tecnico, era presente quando
c'è stato questo scambio di denaro e aveva riportato che quel privato nel momento in cui ha chiesto
l'autorizzazione ha dato quella somma al capo ufficio che era lì pronto per timbrare l'autorizzazione.
Questo è un dato di fatto: il privato entra, si ha la prova che ha dato una mazzetta al pubblico
ufficiale, che in quel momento ha rilasciato l'autorizzazione per l'apertura di un'attività pubblica. Lì
si è configurato un fatto penalmente rilevante. Che cosa è? Può essere o concussione o corruzione.
Normalmente come veniva declinato un processo di questo tipo prima di Tangentopoli? Bisognava
andare nel processo e dimostrare se ci fosse o meno concussione: si doveva dimostrare che il
privato fosse stato indotto a pagare, cioè che il pubblico ufficiale lo aveva condizionato e che quindi
c'era stato un atto di costrizione. Oppure si dimostra che il privato è arrivato lì e, senza che il
pubblico ufficiale gli abbia detto niente, paga. È chiaro che la prova della concussione è molto più
difficile da provare processualmente rispetto alla costrizione, dove è sufficiente dimostrare che c'è
stato lo scambio di denaro: lo scambio di denaro sicuramente mi dà corruzione, a meno che non
provi che quel denaro io lo do perché sono stato costretto dal pubblico ufficiale a darlo. Allora,
Davigo diceva: io ho 100 processi, 300 imputati, come faccio a dimostrare la corruzione o la
concussione?! io ho bisogno di andare avanti e di smaltire questi processi, perché la città è in
subbuglio, non c'è più nessuna identità morale e sociale che mi possa dare un'indicazione: qui
bisogna andare avanti e non mi posso arenare in questi processi in cui devo stabilire se c'è
corruzione o concussione. Quindi io prendo il dato criminologico della concussione ambientale e lo
metto come prova processuale. Che cosa è la concussione ambientale? Il fatto che la criminologia
aveva mostrato da tanto tempo che c'erano degli interi apparati dello Stato in cui la regola era quella
di pagare. E questo lo sapevano tutti: e come lo sapevano? perché l'imprenditore diceva “se vuoi
avere quell'autorizzazione allora devi pagare”. Quindi era chiaro che all'interno di quell'ufficio
vigeva quella prassi. Era una sorta di un'ulteriore di tassa illecita per accedere a prestazioni
pubbliche legittime. Quindi, si diceva, questa è concussione ambientale. Perché Davigo ha preso
questa nozione criminologica? L'ha presa perché gli è servita come prova dell'induzione: a quel
punto io non devo provare più niente perché io ho la prova, da altri processi o da altre segnalazioni,
che in quell'ufficio se entri devi pagare.

DOMANDA → Questi altri processi, da cui si ha la prova che se il privato entra nell'ufficio deve
pagare, dovevano essere necessariamente conclusi? No. Questo perché è un dato non giuridico, ma
criminologico. La criminologia, come sappiamo, si muove su gambe diverse da quelle giuridiche: si
muove sulle gambe della dannosità e dell'esperienza empirica.

DOMANDA → Con questo escamotage praticamente si arrivava a postulare una responsabilità


oggettiva? Esatto! La Cassazione ha detto che c'è concussione ambientale. C'era una sorta di cappa
e di emergenza, non se ne usciva da Tangentopoli, quindi il Pool di Mani Pulite disse di utilizzare
questo dato criminologico. Ed è un dato criminologico, quindi non aveva delle basi giuridiche, non
è il dato tecnico. Il dato tecnico è l'induzione, è la costrizione, è quello il dato tecnico, è quello il
dato sussunto da una norma giuridica. E invece nella concussione ambientale non esiste, non è mai
stata ratificata da nessuna legge: è una fotografia empirica di ciò che accade nella realtà.

Quindi, dice Davigo, una buona fetta di processi li mandiamo avanti così. Non si vuole provare
l'induzione e la costrizione: nel momento in cui so che in quell'ufficio c'è quella prassi non scritta, a
me basta questo per dire che il privato è stato costretto.

Perché serviva questa scorciatoia? Perché in questo modo il privato non era punito: perché la
concussione prevede la non punibilità del privato.

E, a sua volta, questa cosa serviva ai giudici per far parlare i privati: era un mezzo processuale per
ottenere le confessioni.
“Tu privato entri in quell'ufficio? Stai tranquillo, non avrai nessuna conseguenza, dimmi chi è, chi ti
ci ha portato, dimmi chi è il politico con cui hai a che fare e che ti ha indirizzato in quell'ufficio? E
io ho per te un salvacondotto: utilizzo la fattispecie di concussione, anziché quella di corruzione, in
base alla quale tu privato non sei punito”. Quindi è chiaro che il sistema è sovraesposto.

Uno dei danni tecnicamente più immediati è quello di una sorta di responsabilità oggettiva. Perché a
quel punto qualsiasi privato che entra in quell'ufficio e paga vede il pubblico ufficiale responsabile
di un atto di concussione, senza cercare di capire se veramente ha esercitato un'attività di
costrizione o di induzione: alla lunga determinerà una delle ipotesi di responsabilità oggettiva.
E ancora, il privato viene ad essere messo in una corsia preferenziale per motivi processuali, cioè
per permettere al sistema di essere capace di trovare i veri responsabili. Perché le indagini
criminologiche mostrano in maniera perfetta già da tempo come non si consuma tutto lì: il problema
non è il privato che va a pagare, ma il problema è chi ci sta dietro, il problema è che quell'ufficio
non è più in mano alla Pa ma al politico che ha pagato quell'ufficio e che gli ha detto “tu stai lì, ma
vedi di fare bene il tuo lavoro e fare bene il tuo lavoro vuol dire che io politico sono il tuo referente
perché se non fai come dico io tu alla prossima vai via”. Quindi è chiaro che il potere del malaffare
è in mano al potere politico, che interagisce col potere imprenditoriale e col potere amministrativo.
Quindi il fatto di cercare di oltrepassare la barriera dell'induzione e della costrizione, dando al
privato un salvacondotto attraverso l'applicazione della fattispecie di concussione, serve al Pool di
Mani Pulite per scardinare quello che veramente c'è dietro, e cioè i responsabili politici.
Responsabili politici che poi dovranno essere appannaggio di un sistema che non è giuridico: perché
quando il privato fa la confessione e dice “io sono lì perché il sindaco, il consigliere,
l'amministratore mi ha detto che...così io...”, quel sindaco o quell'amministratore non è più nelle
mani della giustizia perché la sua responsabilità in quel sistema era molto limitata; ma a quel punto
si rinnesta il potere mediatico attraverso il quale quel politico è messo all'indice da quello che è il
giudizio che diventa politico.

Quindi è un sistema che è andato in corto circuito perché in realtà si avvale di strumenti giuridici
per far ritornare il sistema a quello che è il suo controllo fisiologico, e cioè politico. Io mi servo
della compressione per individuare i responsabili politici perché sia la collettività a eliminare quei
politici nell'ambito delle prossime elezioni. È questo che succedeva, è questo che doveva succedere.
È chiaro che la vicenda giudiziaria di quel politico era molto circoscritta perché non c'erano delle
fattispecie capaci di stigmatizzare fino in fondo quell'attività, ma nel momento in cui il privato dice
che è stato quel politico a dirgli cosa doveva fare è chiaro che quel politico viene screditato, ma non
per la sua immissione in un processo giudiziario, che lascia il tempo che trova, ma per la ricaduta
che ha sugli unici organi che hanno il controllo dei politici, che non sono i giudici ma è l'opinione
pubblica. Quindi si capisce che in quegli anni il sistema era imploso: non c'erano più i controlli
necessari fatti dagli organi deputati, i politici devono essere controllati dall'opinione pubblica e da
quella che è la possibile buona amministrazione, ma non può essere il giudice che si serve di una
confessione per avere una ricaduta su quello che è il sistema di controllo sociale.

Quindi quegli anni erano stati degli anni in cui il diritto, il diritto penale, la società civile, la società
economica, la Pa, non aveva dei riferimenti certi. Considerando anche solo il nome “Mani Pulite”,
questo evoca una missione che non è propria dei giudici: perché i giudici non devono avere
quest'opera catartica, ma devono ascrivere delle singole responsabilità; invece, già solo l'idea che
esista Mani Pulite, che esista una necessità di rendere puro ciò che è stato sporcato dall'attività di
altri soggetti, evoca un ruolo che non dovrebbe essere proprio dei giudici, che non sono i giustizieri
ma dei soggetti che applicano la legge. In questo caso, è chiaro che erano stati investiti dall'opinione
pubblica e dalla società civile di un ruolo tale per il quale non potevano quasi sottrarsi dal dover
farsi carico di quella che era la loro missione. E Davigo è un magistrato di grandissimo profilo e
statura morale e giuridica, ma ciò nonostante in quegli anni, con questa interpretazione, aveva dato
vita a un sistema, quello della concussione ambientale, in cui in effetti si scardinavano quelli che
sono i precipitati della legalità. E quello della concussione ambientale di Tangentopoli era un
esempio emblematico di come la criminologia, quando non passa attraverso una struttura giuridica
di riferimento adeguata attraverso l'opera del legislatore, determina dei danni, anche se fatta sulla
spinta di un'esigenza sostanziale di legalità. La legalità non è mai sostanziale per il dir. penale, non
esiste una legalità sostanziale, non esiste una giustizia sostanziale: esiste solo un aspetto formale,
che è l'unico capace di garantire l'uguaglianza per tutti e il rispetto delle regole da parte degli
imputati. Quindi è indispensabile che le esigenze sostanzialistiche della criminologia passino
necessariamente attraverso l'opera legislativa. Se non passano attraverso l'opera legislativa si fanno
soltanto dei danni dal pdv della funzione del dir. penale (che è quello di ascrivere singole
responsabilità), arrivando appunto ad es. a snaturare concetti quali la costrizione e l'induzione e
proponendo un sistema in cui chi capitava lì per caso doveva avere solo paura perché poi era
travolto, ed era travolto attraverso dei meccanismi di responsabilità che erano dei meccanismi di
responsabilità lontani da quelli di ascrizione personale.

Quindi, è sempre indispensabile l'istituto del legislatore. Tanto è che adesso, dopo Tangentopoli, nel
2013 si è arrivati a una nuova norma nell'ambito della corruzione: si è delineata la figura della
corruzione attraverso il fatto di pagare non per un atto ma per una funzione. Quindi adesso esiste la
possibilità di incriminare un soggetto per aver asservito un organo pubblico o un ufficio pubblico al
servizio di un politico, perché in realtà il politico paga per far svolgere al pubblico amministratore
una funzione.

Quindi sicuramente questo panorama, che è stato disegnato dalla criminologia e che con
Tangentopoli ha avuto la sua esperienza giuridica, ha fortemente condizionato e formato quella che
è una nuova necessità di stigmatizzare determinate condotte. Ma d'altra parte questa idea della
concussione ambientale, e quindi della possibilità di vedere attraverso quella concussione
ambientale la prova dell'induzione, è vero che nasce con Tangentopoli ed è proposta da Davigo, ma
già Francesco Carrara aveva parlato di questa ipotesi. All'epoca di Carrara una parte della
giurisprudenza voleva provare l'induzione attraverso la prova del fatto che il soggetto avesse già
realizzato un atto di corruzione, come se aver già realizzato un atto di corruzione dovesse dare la
dimostrazione che anche quello dopo dava luogo ad un atto di induzione. E, come diceva Carrara,
non è che un soggetto che commette 3 furti poi al 4^ diventa un rapinatore. Perché questo è il
problema, cioè trasformare quella che è una presunzione, che in dir. penale vuol dire ascrizione di
responsabilità oggettive a un soggetto che non ha realmente commesso il fatto.

L'idea della trasformazione delle ipotesi di corruzione in concussione è stata ratificata da alcune
sent. della Cassazione: è arrivata fino in Cassazione e la Cassazione in alcune ipotesi ha dato
ragione all'idea della concussione ambientale. In questi casi siamo di fronte a un'ipotesi in cui si
dice che il Pool di Mani Pulite ha utilizzato l'ipotesi della concussione per stimolare le confessioni
dei privati e quindi arrivare all'individuazione dei reali responsabili che stavano dietro. Ma in realtà
questa ipotesi, come alcuni magistrati avevano messo in rilevo all'indomani di questa formulazione
del Pool di Mani Pulite, è una formulazione che ha dei rischi grandissimi. Il rischio è quello di poter
dare come segnale quello di dire “il potere amministrativo è assolutamente incapace di poter
arrivare a individuare i responsabili e quindi l'unico escamotage che possiamo trovare è quello di
dare a voi privati un salvacondotto”: questo era il segnale che veniva attraverso l'applicazione della
fattispecie di concussione. Era come se il potere legislativo dicesse “io non sono in grado di tutelare
voi privati: l'unica cosa che posso fare è darvi il salvacondotto della non punibilità; non posso
ripristinare la legalità, ma posso asseverare questo sistema che non sono capace di smantellare e che
non sono capace di rimodellare sui crismi della legalità e della correttezza e quindi, siccome sono
incapace di poter incidere sul momento di disvalore centrale, l'unica cosa che posso fare è dirvi che
non sarete puniti”. Quindi in realtà questa corruzione ambientale aveva anche mostrato di
individuare una fragilità nel sistema politico e giuridico in maniera assolutamente inammissibile.
Quindi da questo pdv era una vera e propria debacle.
Questa situazione era così generalizzata e strisciante che si ritenne, da parte di alcuni esponenti
della dottrina, che in realtà, pur lasciando al potere giudiziario di dovere in qualche modo assolvere
alle proprie funzioni, si dovesse attuare una riforma dal pdv giuridico, proprio durante
Tangentopoli. E quindi si propone ad es. quanto meno di attuare delle sanzioni più alte. Perché in
realtà i beni giuridici che venivano messi a ferro e fuoco erano beni giuridici completamente diversi
da quelli che punivano le fattispecie di concussione e corruzione originarie del Codice Rocco. Il
Codice Rocco puniva un atto simile di un privato con il pubblico ufficiale e gli affidava un carico
sanzionatorio di un certo tipo. Ma qui i beni in gioco erano diversi: erano la fiducia nelle istituzioni,
il bene della corretta amministrazione. Cioè quello che stava dietro a questa ipotesi di concussione e
corruzione travalicava il momento stesso dell'atto per incidere su quelli che erano quasi dei beni
meta-giuridici, che attenevano alla tenuta dell'intero sistema, quella che era la legalità e la fiducia
nelle istituzioni, e quindi non potevano essere puniti semplicemente come per aver contravvenuto a
dei singoli atti di carattere specifico. Ed è per questo che si era prevista la possibilità di un
incremento del carico sanzionatorio.

Una parte della dottrina (es. Padovani) metteva in evidenza come non c'era la necessità di attuare
nuove ipotesi criminose o prevedere nuovi aspetti di punire quello che stava accadendo durante
Tangentopoli. Perché noi avevamo già delle norme a disposizione per punire quello che stava
accadendo, che non era certo presente nel titolo che puniva la concussione e la corruzione: quelli
erano degli episodi, ma non è questo quello che sta accadendo in quegli anni. In quegli anni si
sarebbe dovuto tipizzare il primo titolo del nostro Libro della parte speciale, cioè quello che parla
dei reati politici, di sovvertimento dell'ordine costituzionale. Perché è questo che stava avvenendo
in quegli anni: non c'era più nessuno di quelli che sono i pilastri della democrazia capaci di tenere
nel sistema, non il potere politico, non il potere imprenditoriale, non il potere della Pa. I pilastri su
cui si regge una democrazia erano stati minati dalle fondamenta e quindi si sarebbe potuto
intravedere in quello che stava accadendo non già l'integrazione di un reato di concussione o di
corruzione, ma un attentato alle sorti del nostra Costituzione. Ma per poter applicare queste
disposizioni ci sarebbe stato bisogno di una classe politica all'altezza di poter tenere sulle spalle un
giudizio morale di questo tipo, ma noi in quel momento non avevamo più nessuna classe politica
all'altezza di reggere un giudizio morale di questa grandezza.
E quindi quelle norme forse erano le uniche a nostra disposizione capaci di catturare quel disvalore
che si stava realizzando, perché non si trattava semplicemente di un ufficio della PA che era
diventato corrotto, ma si trattava del fatto che non c'era più un referente capace di muoversi sulle
gambe della correttezza, era il fatto che qualsiasi attività economica, qualsiasi attività della Pa, non
si realizzava se non dietro al pagamento di tangenti pagate ai politici che erano a presidio di quelli
che sono gli organi istituzionali. Quindi non c'era la possibilità di uscirne fuori, se non
stigmatizzando quelle condotte per quelle che erano: un attentato al nostro ordine costituzionale,
perché non c'erano più quelli che sono i capisaldi di uno Stato democratico, una possibilità di
sovvertimento di quella che era la fiducia nelle istituzioni, la correttezza nella gestione del potere
politico e pubblico, perché quel potere era ormai appaltato dalla repubblica del malaffare: esisteva
solo quella come imperante, quella dettava le regole, le cadenze della democrazia.

Quindi è chiaro che la corruzione e la concussione non potevano fotografare e stigmatizzare quella
realtà. Ma le norme a disposizione noi le avremmo avute, che sono quelle del Libro I che
riguardano gli organi e le identità democratiche del nostro paese.

In questo ambito invece il sistema giuridico, ora come allora, cercò di trovare una soluzione interna,
attraverso quella che era la ricerca di una nuova classe politica, di una nuova classe dirigente e poi
dal pdv penale mettendo a fuoco quella che era l'opera del mediatore politico-affaristico. Il
mediatore politico-affaristico era il terzo soggetto che era entrato in questo panorama e che non era
stato mai stigmatizzato da una norma penale, mentre adesso questo mediatore diventa il centro della
nuova analisi criminologica e che viene ad avere quella rilevanza che abbiamo detto prima.
Quello che poi è accaduto è stata la ricerca non solo della fondazione di questa famigerata seconda
repubblica, che dovrebbe camminare su traiettorie diverse, ma soprattutto quella che è la fondazione
di un altro sistema giuridico. Tanto è che, dopo varie approssimazioni e varie proposte di legge,
siamo approdati nel 2013 a una nuova formulazione dei reati anti-corruzione. Di questi, quello che
ci interessa mettere in evidenza in questa sede, è:

– Anzitutto, il fatto che a questo punto venne punito il fatto di sottoporre una determinata
funzione pubblica da parte del potere politico, e quindi il fatto di pagare da parte del potere
politico un soggetto che svolge una funzione pubblica per poter rendere servigi quando e
come sarà opportuno al momento giusto: quindi questa è diventata una vera e propria ipotesi
criminosa.

– Secondariamente, il c.d. spacchettamento del reato di concussione. Questo perché? Perché


gli atti internazionali, soprattutto col mandato europeo e internazionale, avevano messo in
evidenza come da noi la fattispecie di concussione sia effettivamente un'ipotesi che quasi
non troviamo in altri Stati europei. Perché in realtà quello che interessa è se c'è stata la
compravendita di un atto, indipendentemente dal fatto che questo si possa chiamare
concussione o corruzione. La non punibilità del privato non c'è in quasi nessun altro Paese
europeo. In realtà quella che viene ad essere stigmatizzata è questa condotta di
compravendita, indipendentemente dall'atteggiamento e dalla necessità di distinguere da
quello che è il comportamento del soggetto attivo del reato.

– Ed è per questo che (anche per rispondere a quelle che sono le esigenze degli organi
internazionali: si metteva in evidenza che poi quando scaturivano delle ipotesi che venivano
accertate in altri Pesi europei c'era la possibilità del mandato europeo di arresto e non si
sapeva se era corruzione o concussione, siccome gli altri Stati non riconoscevano la
concussione si aprivano diatribe infinite) nel nostro ordinamento nel 2013 si attua un
restringimento delle ipotesi di concussione. La concussione era limitata solo ad alcune
ipotesi residuali. Le altre ipotesi vengono invece dislocate in una nuova fattispecie che viene
creata ad hoc: la indebita d'azione (art. 319 quater, che prende in considerazione l'indebita
d'azione di denaro).

Quindi adesso nel nostro panorama abbiamo 3 ipotesi criminose: concussione, corruzione, indebita
d'azione. Quale è la differenza?

– La concussione si ha tutte le volte in cui il privato paga costretto dalla condotta del pubblico
ufficiale. La concussione necessita della condotta di costrizione: presuppone che il pubblico
ufficiale abbia costretto il privato a dare del denaro. Il privato non viene punito.

– L'indebita d'azione fa riferimento a tutte le ipotesi che prima erano di concussione perché
prende in considerazione la condotta di induzione: si ha tutte le volte in cui il pubblico
ufficiale induce il privato a pagare. Il privato viene sempre punito, ma in forma più lieve
rispetto all'ipotesi di corruzione.

– La corruzione prende in considerazione lo scambio di favori, quindi il fatto di attuare un


pactum sceleris tra privato e Pa: non è importante la condotta, perché la condotta è
irrilevante, perché nel caso di corruzione si ritiene che si assista a uno scambio paritario, a
un rapporto paritario tra privati e pubblico ufficiale.

Quale è la distinzione tra la concussione e la nuova fattispecie di indebita d'azione e perché


l'indebita d'azione dà luogo alla punibilità del privato mentre la concussione non dà luogo a nessuna
conseguenza per il privato?
Su questo punto le interpretazioni della giurisprudenza e l'interpretazione della Cassazione
all'indomani dell'uscita della norma si sono scatenate perché ci sono state 5/6 interpretazioni. Noi
andiamo più in sintesi e vediamo una delle possibili distinzioni, che è quella più incisiva.

Nel caso della concussione si ritiene che la condotta di costrizione sia quella che si ha tutte le volte
in cui il pubblico ufficiale prospetta al privato il pagamento per un atto contrario ai doveri d'ufficio.
Quindi si ha tutte le volte in cui il soggetto privato chiede un atto dovuto e il pubblico ufficiale gli
dice “se tu vuoi questo atto devi pagare perché sennò io realizzerò un fatto contrario ai doveri
d'ufficio che ti penalizzerà”. Es. il pubblico ufficiale deve rilasciare quella concessione edilizia, ma
se il privato non paga non la concede. Quindi si ha tutte le volte in cui il pubblico ufficiale mostra al
privato un danno ingiusto, per sottrarsi al quale il privato decide di pagare. Questo, dice la
giurisprudenza, mostra la condizione di costrizione perché a quel punto il privato paga per avere un
vantaggio che è lecito, cioè per raggiungere un obiettivo riconosciuto come giusto da parte
dell'ordinamento. Tu pubblico ufficiale mi dovresti dare questo atto, mi fai pagare per avere quello
che mi è dovuto, quindi tu mi stai costringendo, perché altrimenti io riuscirei ad averlo anche senza
pagare. Quindi in questo caso il danno ingiusto è l'elemento che prova la situazione della
concussione.
D'altra parte, questa è un'ipotesi scusante: il soggetto privato non viene punito. Non viene punito
non tanto per il problema della pressione motivazionale, ma non viene punito perché per aversi
un'ipotesi scusante è necessario che il soggetto agisca in visione di un obiettivo di legge
riconosciuto come corretto da parte dell'ordinamento. Così nel caso ad es. del soggetto che si trova
in uno stato di necessità a dover uccidere un'altra persona per poter salvare la propria vita: in quel
caso il soggetto è vero che compie un fatto illecito e antigiuridico e colpevole, ma lo fa in vista di
un obiettivo di legge riconosciuto. In questo caso è esattamente la stessa cosa. Il privato non viene
punito perché paga per potersi sottrarre a un danno illecito, a un danno ingiusto, quindi agisce in
vista di un obiettivo che l'ordinamento riconosce come giusto, tanto è vero che gli dice che
quell'atto è dovuto. Quell'atto il privato dovrebbe ottenerlo, ma per ottenerlo è costretto a pagare. Il
privato non è punito perché il privato fa quello che non può non fare, cioè pagare per ottenere
quello che l'ordinamento gli considera come lecito, giusto, corretto. Tu devi ottenere quella pratica?
Se per ottenerla devi pagare non puoi essere punito. Tu paghi per ottenere quello che devi e quindi
io ordinamento riconosco che tu agisci in vista di un obiettivo che io reputo corretto e quindi non ti
punisco perché il fatto, pur essendo illecito e colpevole, è scusabile perché tu agisci non potendo
agire diversamente per raggiungere un obiettivo che l'ordinamento riconosce come legittimo.

Se invece il privato agisce indotto da un pubblico ufficiale ma per avere un vantaggio illecito, allora
non siamo più nell'ambito delle scusanti: perché il privato agisce per ottenere un profitto che
l'ordinamento non gli riconosce come legittimo. Es. se il pubblico ufficiale entra in un ristorante e
dopo aver mangiato dice al ristoratore “tu sei d'accordo che io non ti pago? perché magari mi tocca
guardarti tutte le ricevute fiscali! invece se te non mi fai pagare io vado via!”: questa è una condotta
di induzione per un atto che determina un vantaggio illegittimo. È ovvio che il soggetto è indotto.
C'è una condotta di induzione, ma è l'induzione rispetto a ottenere un vantaggio che l'ordinamento
non consente perché che il privato possa essere soggetto ad accertamenti fiscali è un dato che
giuridicamente fa parte di quel comportamento corretto che deve tenere. Se per ovviare a quella
condotta che è riconosciuta come legittima dalla legge, il privato è disposto a pagare per ottenere un
vantaggio illecito, è vero che è stato indotto, ma è stato indotto per avere un vantaggio che
l'ordinamento non gli riconosce come legittimo. E quindi, anche se la sua condotta è stata indotta, è
punito, ma è punito meno che nell'ambito della corruzione (dove è il privato che magari dice al
pubblico ufficiale “io ho questo terreno, lo voglio far diventare fabbricativo, mi dai una mano?”).
In queste ipotesi, cioè laddove ci sono atti discrezionali in cui il privato può avere dei vantaggi a
seconda di come si muove il pubblico ufficiale e paga perché quella discrezionalità sia orientata a
suo favore, non può usufruire di una scusante perché non agisce in vista di un obiettivo riconosciuto
dall'ordinamento perché ha un vantaggio illegittimo e quindi dovrà essere punito in base alla
indebita d'azione.

Quindi quale è il discrimine tra concussione e indebita d'azione? Il risultato. Se tu ottieni un


vantaggio illecito siamo di fronte a un'indebita d'azione. Se tu paghi per sottrarti a un danno ingiusto
si ha concussione. Tutte le altre sono ipotesi di corruzione. Nell'ambito della concussione il privato
non è punito perché agisce in vista di un obiettivo riconosciuto dall'ordinamento e quindi sussiste
un'ipotesi scusante. Nell'ambito dell'indebita d'azione invece il soggetto riceve un vantaggio illecito,
e questo è l'elemento che ci fa dire che siamo di fronte a un'indebita d'azione, ma il soggetto è
punito, anche se meno gravemente che nell'ipotesi di corruzione.

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