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Structogram1 - PianoDidattico Completo

Il documento presenta un corso di formazione focalizzato sull'efficacia personale e sull'autoconoscenza, sottolineando l'importanza di comprendere se stessi per migliorare la propria produttività e benessere. Si discute come l'era del knowledge working richieda un riposizionamento dell'individuo al centro della propria esistenza, utilizzando la conoscenza per affrontare le sfide. Viene introdotto il metodo Structogram come strumento per facilitare la realizzazione del potenziale individuale attraverso la comprensione delle proprie motivazioni e comportamenti.

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Luigi Leonardi
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Structogram1 - PianoDidattico Completo

Il documento presenta un corso di formazione focalizzato sull'efficacia personale e sull'autoconoscenza, sottolineando l'importanza di comprendere se stessi per migliorare la propria produttività e benessere. Si discute come l'era del knowledge working richieda un riposizionamento dell'individuo al centro della propria esistenza, utilizzando la conoscenza per affrontare le sfide. Viene introdotto il metodo Structogram come strumento per facilitare la realizzazione del potenziale individuale attraverso la comprensione delle proprie motivazioni e comportamenti.

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2018 COPYRIGHT I.A.B.I. Istituto Analisi Biostrutturale Italia.

Ogni utilizzo è disciplinato dai regolamenti interni e dalle Leggi in materia. Riproduzione vietata.
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Apertura della sessione di Training
Introduzione e Autopresentazione dei Partecipanti
Benvenuto a cura del Trainer, ringraziare per la partecipazione (non è scontato trovare tempo da dedicare a
sé ed al proprio nutrimento concettuale, filosofico e formativo – ragione per cui molte persone, pur cercando
soluzioni e risposte, non dedicano spazio alla coltivazione delle giuste domande).
Informarsi e Formarsi è necessario per il ripristino e per l’accumulo energetico (sapere è potere).
Indagare le motivazioni legate ad una scelta di presenza di ogni singolo partecipante e sondare così il
messaggio trasferito ad ognuno di loro. Perché sono qui e cosa si aspettano dalla sessione?
Autopresentazione del trainer
Parlare di sé in un contesto pubblico non è solo auto-presentarsi di fronte ad un pubblico. La forza dello
sguardo dell’altro deve essere intercettata e sentita poiché è uno stimolo che differenzia la percezione che
abbiamo di noi stessi dalle percezioni che di noi creiamo ai nostri interlocutori.
L’attività di Trainer sollecita emozioni legate all’autostima ed alla migliore forma di espressione di sé che
rappresenta, soprattutto per il partecipante, il desiderio di sperimentare a sua volta quella condizione.
Qui si gioca buona parte della partita, che può essere vinta soltanto se vi è chiara la vostra “Reason Why”.
Structogram è essenziale per sollevare i pensieri più reconditi del partecipante, illuminandolo sulla possibile
prospettiva che può desiderare e costruire per sé, con il nostro aiuto e supporto.
L’obiettivo del corso consiste nel trasferire conoscenza utile all’uso di uno strumento, la cui funzione, come
per tutti gli strumenti, è quella di agevolare la realizzazione di una condizione che aumenti, produca e
restituisca benessere. (Esempio: lo schiaccianoci, diversamente dalle proprie mani, permette di sgusciare le
noci più agevolmente, anche se è possibile farlo con le mani, utilizzando più energia e rischiando qualche
piccolo danno collaterale 😉😉)

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Efficacia personale
Il paradigma della produttività personale nell’era del knowledge Working
L’efficacia è la capacità di determinare un risultato in termini positivi. L’efficacia è un processo sinallagmatico
con il concetto di produttività. Se sono efficace, allora sono anche produttivo e viceversa.

La produttività è innanzitutto uno stato dell’essere, ma questa evidenza è stata profondamente distorta
dall’era industriale. L’era industriale calcolava la produttività sull’analisi e la verifica di obiettivi quantitativi,
ponendo l’individuo “a latere” dei suoi reali bisogni, e con la specifica finalità di rispettare quantità, risultato
economico e scadenze. Il motto era: “Sei retribuito per “fare” in un dato tempo, e per seguire le disposizioni,
non per pensare, innovare, migliorare”. In questa condizione, l’individuo, rinunciando progressivamente alla
propria posizione di centralità e relegato ai margini della propria esistenza professionale, spinto dai precetti
dispositivi era come una pallina della roulette che, lanciata dal croupier, subisce per l’effetto di velocità e
forza centrifuga una spinta verso il bordo della ruota. Prende forma quindi il concetto-pretesa che è
necessario essere produttivi anche se non ci si “sente” affatto produttivi. Questo ritmo crescente, unito
all’esclusione, ha creato l’insostenibilità attuale della condizione di milioni di individui rispetto al lavoro ed ai
ruoli che il lavoro prescrive.

L’uomo, per la sua scarsa capacità di adattamento, ha iniziato con sempre maggiore ostinazione ad
influenzare il mondo intorno a sé per renderlo adatto a sé. Da qui il germe di quella che Peter Durker chiama:”
Era del knowledge working.”

Ecco che l’uomo vuole riposizionarsi al centro della propria esistenza e comincia ad utilizzare la “conoscenza”
per fronteggiare le situazioni che si presentano o per realizzare le condizioni che assicurano fattibilità
all’obiettivo. Tuttavia, prima di “conoscere cosa conoscere” in termini di obiettivo desiderato, è necessario
auto-conoscersi per individuare a cosa la nostra natura unica aspira.

La chiave di accesso al proprio potenziale genetico

Colui che ha trovato se stesso non può smarrire nulla in questo mondo. Zweig

Non suona strano il fatto che quando eravamo ragazzini, e andavamo a scuola, non vedevamo l’ora che
suonasse la campanella per dedicarci ad altro, ed oggi, che abbiamo tempo per fare altro, siamo alla ricerca
di quei contenitori che ci possano, attraverso la conoscenza, destrutturare e ristrutturare? (necessità di
formarsi).

C’è qualcosa che non andava allora, o che non va oggi? Forse qualcuno ha manomesso la ricetta di come per
ciascun individuo sia possibile realizzarsi. Sono stati nascosti gli ingredienti che conducono ad un’effettiva
condizione di armonia. (E/R/P =S)

Allora le prescrizioni che il contesto in cui viviamo ci “offre” (famiglia, amici, insegnati, lavoro) mancano di
qualche ingrediente se non ci è possibile rintracciare ed aderire al nostro più profondo significato di
benessere. Ed in mancanza di conoscenza, e quindi di orientamento, siamo “costretti” a fidarci di qualcosa o
di qualcuno che non siamo noi stessi. (Esempio avvocato, leggi che non sappiamo, ci affidiamo)

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Conosci te stesso

Chi sono veramente?

Osservando il mondo attorno a noi, disponiamo in abbondanza di regole e istruzioni che ci indicano ciò che
è giusto e ciò che è sbagliato. Tuttavia, se ogni individuo è unico, lo è anche il suo “sistema di percezione”,
per cui, non è affatto insolito che ciò che è giusto per molti non lo sia affatto per noi e ciò che per molti è
riprovevole per noi è assolutamente normale. A volte, anzi, spesso, non sappiamo davvero distinguere
un’opportunità di scelta adatta a noi e quindi, ci sentiamo in balia di continue contraddizioni che ci fanno
perdere anche il nostro senso di identità rispetto al mondo, ai fatti ed alle altre persone. Non potendo
rintracciare in noi i driver della nostra unicità, siamo sottoposti ad una scelta di “modelli esterni” e così, ci
troviamo a scegliere di essere qualcosa o qualcuno che non in tutte le circostanze assomiglia a noi e a ciò che
sentiamo di essere. Definire noi stessi, pur essendo il compito più naturale, è diventato il compito più difficile
ed improbabile.

Così, adottando identità diverse, a seconda delle situazioni che ci troviamo a fronteggiare, anche quando ci
sembra di avere tutto, o di avere raggiunto tutto, c’è qualcosa dentro di noi che non torna, perché quello che
abbiamo ottenuto, una volta ottenuto, non ci appaga e non ci assomiglia.

Il vero paradosso sta nel cercare per tutta la vita di voler essere ciò che non siamo. (Utilizzare qualche
esempio o aneddoto, tipo Il Re Leone)

Perché e come conoscersi per riconoscersi

Parlare di problema o di soluzione, non significa nulla se non sappiamo cosa per un individuo corrisponde ad
un problema e cosa ad una soluzione. Questo disorientamento disgrega la nostra autostima. L’autostima è la
capacità di misurarsi, ad esempio di fronte ad un compito. Il punto non è imparare a fare il compito, perché
su quello possono riuscirci tutti, quanto riuscire a misurare il costo biologico che ha per noi lo svolgimento
del compito. Essere scollegati dalla propria identità biologica è sempre sfiancante.

Seneca scrisse: “Abbiamo un giudice dentro di noi, che sa tutto di noi, ed è spietato nel riferirci le nostre
omesse responsabilità”. Bisogna sapere ascoltarlo.” Il nostro giudice non fa altro che il suo compito ed
emette sentenze, su ciò che facciamo e sul perché lo facciamo, su ciò che non facciamo e sul perché non lo
facciamo. Semplicemente abbiamo paura di confrontarci con lui perché è “vero” e dunque spietato. Come se
non bastasse necessitiamo di decodificare i perché, sia relativi ai nostri comportamenti, sia relativi alle
sentenze che gli stessi producono dentro di noi.

Già sapere che non abbiamo l’enzima che permette di digerire un determinato concetto ci offre la possibilità
di non doverlo masticare. La nostra personalità e la nostra natura che tramite essa tenta di esprimersi
pienamente, si basa su un protocollo operativo “inviolabile” che se viene bypassato crea congestioni
sgradevoli.

Come già anticipato, il trainer può usare la seguente provocazione (usando discrezione e sensibilità)
argomentando il perché di tale provocazione, e sottolineando la “copertura della validazione scientifica” di
tale affermazione: “tra poche ore saprò di voi, senza nemmeno il bisogno di parlare con voi, più delle persone
che reputano di conoscervi e con le quali siete a contatto tutti i giorni. Tra poche ore vi apparirà chiaro,
riclassificando le vostre esperienze, come mai determinate cose le ricercavate o rifiutavate in maniera del
tutto inconsapevole perché prescritte nel vostro codice genetico della personalità” .

Ps: se sentite che tale provocazione non la potete sostenere agevolmente, perché non connaturata in voi,
cercate una forma più morbida per esprimere questo concetto fondamentale.

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I vantaggi dell’autoconoscenza

Elementi determinati dalla motivazione biologica

Contrariamente a ciò che si crede osservando fatti e comportamenti, l’essere umano non è pigro. Basti
pensare che in vetta alla catena alimentare troviamo la tigre siberiana, identificata come l’animale più
aggressivo del pianeta e che l’uomo la caccia (anche a pancia piena), sembra sia arrivato il momento di capire
le reali regole del gioco.

Per come il nostro impianto cerebrale è strutturato, l’uomo ( inteso come sistema aperto) non è progettato
per fare cose complicate ed improbabili. I nostri cervelli cercano di farci sopravvivere, quindi ci tengono alla
larga da queste cose, dunque ci sentiamo motivati a fare cose che sono connaturate in noi, e quindi semplici.
La semplicità è il frutto distillato del nostro “impianto cerebrale” unico. Quello che per me è semplice per un
altro è complicato. I nostri cervelli sono progettati per fermarci a tutti i costi dal fare qualunque cosa che
possa farci del male. L’esitazione è un chiaro indizio sul fatto che ciò che stiamo valutando di voler fare è
respinto dal nostro sistema.

Le declinazioni del successo in termini individuali e soggettivi

Per raggiungere l’autonomia l’uomo ha bisogno di mettere in ordine tutte le informazioni già presenti nella
propria memoria esperienziale. L’autonomia è la capacità di governarsi da sé, dandosi delle regole. Per
svolgere un compito non è richiesta solo conoscenza, ma la conoscenza di come viviamo noi stessi, in termini
di limiti o di opportunità, quel compito stesso.

Questa capacità di differenziazione ci offre due vantaggi: 1) Possiamo individuare tutti quei compiti che ci
daranno appagamento. 2) Possiamo sopportare meglio i compiti sgradevoli sapendo che sono tali non per
nostra incapacità ma perché non risuonano nelle nostre corde biologiche.

Immaginate:” Vi è stato regalato un puzzle di 10 mila pezzi ed iniziate ad accostarli gli uni agli altri. Giorno
dopo giorno vi dedicate al completamento del puzzle, e solo quando sembra che la fine sia raggiunta, solo lì,
in quel preciso istante, vi rendete conto che manca un pezzo, minuscolo, ma manca. Cosa pensate? Di fronte
a questa anomalia, sicuramente una insoddisfazione. Magari pensate di provvedere con un sotterfugio,
sostituendo il pezzo mancante con altro materiale della stessa colorazione che mostri al mondo esterno
l’opera completa. Ma un conto è che gli altri non la vedano, un conto è che noi sappiamo di quell’anomalia.
Osserveremo quel puzzle sempre con un senso di profonda frustrazione. Mirare alla realizzazione delle nostre
propensioni è fondamentale affinché qualcosa dentro di noi non resti incompiuto.

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Le origini della ricerca ed il metodo Structogram

Le origini e la natura dei comportamenti

Frase Ippocrate

L’invito offerto da Ippocrate consiste nel capire meglio il cervello per capire meglio l’uomo. Per adempiere a
questo compito non è necessario capire il cervello nella sua completezza di funzionalità, ma scoprire gli ordini
e le funzioni principali. Ippocrate attribuì grande forza al cervello, in modo particolare alle emozioni, come la
gioia e il dolore, la felicità e la tristezza. Ciò che vediamo e pensiamo è influenzato dal nostro sistema
cerebrale. Ippocrate intuì che non solo tutto ha origine nel nostro cervello, ma là dove si generano emozioni
che ci danno gioia, crescono anche sentimenti che ci danno dolore. Significa che dentro di noi ci sono forze
contrastanti che non si possono governare, cioè accendere o spegnere come interruttori. Sarebbe possibile
imporsi di non voler più bene ad un figlio, o imporsi di volerne a qualcuno che gli abbia fatto del male?

Frase MacLean

MacLean si occupò del cervello come organo che gettava un ponte tra la fisicità e la scelta di un
comportamento.

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Rappresentare le scoperte di MacLean con la testa di legno: “Il Triencefalo”.

Quando parliamo del cervello umano non abbiamo a che fare con un solo cervello, bensì con tre cervelli. Nel
corso della storia evolutiva biologica, il cervello umano si è sviluppato fino a raggiungere una grandezza
straordinaria. La tripartizione del cervello non deve essere considerata un’ipotesi, ma è un fatto che va preso
alla lettera. Il nostro cervello presenta tre piani, aventi tre diverse formazioni nervose, che sono nettamente
divisi l’uno dall’altro; tuttavia essi si influenzano reciprocamente in modo complesso e si completano dal
punto di vista funzionale.

MacLean utilizza la figura della palla triplice, le cui parti soffiando prendono forma una dietro l’altra. Si
possono considerare questi tre cervelli come tre computer biologici, ciascuno dei quali è in possesso della
propria intelligenza, del proprio senso del tempo, del proprio pensiero e delle ulteriori funzioni ad esso
appartenenti. I tre cervelli da un lato collaborano strettamente tra loro, ma dall’altro mantengono le proprie
peculiarità ben distinte. Quindi operano collaborando e contraddicendosi. Sono indipendenti ed
interdipendenti, come i soci di una stessa società.

Ora è il momento di presentarvi questi tre soci e sono:

• Tronco Cerebrale

• Diencefalo

• Neocorteccia

Ogni individuo dispone di tutti e tre i cervelli, ma, come in un consiglio di amministrazione, chi prende le
decisioni è il socio di maggioranza. La composizione societaria può essere molto variegata:

• Un socio di maggioranza e due di minoranza

• Due di maggioranza e uno di minoranza

• Distribuzione equa delle quote

Perché la scelta è delegata al socio maggioritario? Perché ha più interessi di resa ma anche più costi, quindi
è coinvolto in prima linea in caso di opportunità e rischi. Ci appresteremo con l’autoanalisi a fare questo
lavoro.

Slide 8

I moventi biologici delle nostre scelte comportamentali: le propensioni e le resistenze

Il disco Structogram serve a rilevare con esattezza l’azione congiunta dei tre cervelli, la cui estensione delle
forze indica il nostro tratto di temperamento. Andremo a capire lo stimolo da chi dei tre viene raccolto per
prima, con quale ordine comunicano tra loro le tre parti, con quale stile e a chi spetta la decisione finale.

Come vedete il Disco presenta 36 tacche, suddivise in 3 aree di 12 tacche ciascuna, distinte da colori diversi
per ragioni di facilità di comprensione ma non solo. La scelta dei colori verde, rosso e blu nasce da un
vantaggio biologico: la cornea possiede i recettori proprio di questi tre colori. Fondamentale è capire che il
disco, essendo rotondo, trasferisce un senso di regolarità. Se una componente aumenta la propria
estensione, le altre devono per forza diminuire. Ogni forza presuppone limitazioni in altri ambiti. Ciò
corrisponde alla realtà: con quanta più forza un ambito cerebrale esercita la propria influenza, tanto più
debole sarà l’influenza delle altre forze. La prevalenza di uno degli ambiti attribuisce tipiche caratteristiche
al comportamento di un individuo. Non esiste la combinazione esatta, poiché ogni combinazione determina
in particolare misura la struttura di base della personalità con le sue sfumature assolutamente uniche e di
valore.

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Slide 9- 10

Rintracciare la struttura biologica della propria personalità

La capacità del trainer consiste nel guidare il partecipante ad eseguire il protocollo di autoanalisi. Questa è la
parte più importante perché anche se sono informazioni semplici, è altrettanto semplice fraintenderle.
(Limitarsi a leggere le slide o trovare una forma semplificativa, ma sempre a discrezione del trainer in base
all’aula).

Slide 11-13

Costruzione del proprio Structogram di riferimento

Invitare il partecipante ad estrarre il disco di cartotecnica sul retro del libro 1, illustrando le funzioni del disco
e come occorre procedere attenendosi alle slide.

Slide 14-18

Autovalutazione del risultato

Nell’ invitare alla lettura il partecipante, troverete, in base al risultato della combinazione del disco, dei
riferimenti che ne spiegano il significato, in base alla gerarchia che viene a costituirsi delle diverse
componenti.

Verifica: Il Trainer deve disegnare una lavagna così come riportato nella slide 18, interrogare i partecipanti in
merito alla lettura svolta ed inserire il loro risultato nelle seguenti colonne.

Colonna ++
In questa colonna va assegnata la preferenza del partecipante qualora ciò che ha letto gli consente di
“sentire” piena accordanza con ciò che egli sente di essere.

Colonna +
Anche la preferenza assegnata a questa colonna indica sintonia tra quanto “sentito” e quanto evidenziato
nel corso della lettura, ma con meno intensità.

Colonna – e Colonna --
La colonne esprimono una divergenza tra ciò che è la risultanza della lettura rispetto all’idea che il
partecipante ha di sé. Molto spesso tale divergenza si può riscontrare in presenza di una “doppia dominante”
o di una “doppia seconda componente”. Ciò è dovuto alla presenza di forze con uguale intensità nel
perseguire obiettivi “antagonisti” e pertanto il partecipante viene stimolato in ugual misura da fattori esterni
ed interni che sono in conflitto tra loro, scegliendo opportunità comportamentali spesso in apparenza
contraddittorie. Se ad esempio abbiamo una doppia dominante BLU-VERDE, abbiamo allo stesso tempo due
strategie opposte in relazione alla socialità. La componente Blu suggerisce “distacco”, mentre la componente
Verde suggerisce “avvicinamento”. Generalmente sarà la circostanza che caratterizza la relazione a
determinare di volta in volta in modo diverso, il tipo di comportamento attivato come risposta. In questi casi,
il partecipante avrà la possibilità di rintracciare la “verità” della rappresentazione della sua Biostruttura nel
corso degli approfondimenti offerti dal Trainer in relazione alle preferenze di base dei singoli ambiti cerebrale
ed alla loro interazione. È anche possibile che il partecipante abbia sbagliato la modalità di esecuzione del
protocollo, per cui è sempre bene verificare durante lo svolgimento dell’Autoanalisi che ogni singolo
partecipante abbia capito come fare l’esercitazione e verificare se stia seguendo correttamente le scelte in
relazione ai quesiti posti dal protocollo.

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Slide 18

Come e perché riclassificare le esperienze del nostro vissuto.

Il training con lo Structogram non insegna nulla di completamente nuovo, ma piuttosto rende consapevoli i
partecipanti delle loro esperienze in relazione agli effetti che hanno prodotto. Nessun training può insegnare
ad una persona qualcosa di se stessa che non sia già presente nelle sue esperienze, anche se spesso soltanto
in maniera confusa, inconscia e non utilizzabile.

L’autoanalisi rende riconoscibile questo ordine. Ognuno dispone di una gran quantità di esperienze di vita
archiviate. Come mostra lo studioso del cervello Wilder Penfield, tale serbatoio di esperienze memorizzate è
molto più grande di quanto non lo sia la memoria consapevole. Spesso alla coscienza manca la chiave per
riconoscere un ordine e delle strutture nella grande quantità delle esperienze.

L’autoanalisi fornisce questa chiave che rende utilizzabili le proprie esperienze. Provoca quella situazione
esperienziale che fa esclamare: “ah ecco” e che ha luogo sempre nel momento in cui si riscontrano, tutto ad
un tratto ed inaspettatamente, dei collegamenti di cui prima non ci si rendeva conto.

Aumentando il grado di consapevolezza, aumenta anche la possibilità di imparare dalle proprie esperienze.
Secondo il grado dell’autoconoscenza, il training con lo Structogram porta la conferma di essere sulla strada
giusta, ad altri invece delle prospettive completamente nuove che aiutano ad eliminare modelli sbagliati.

Tuttavia ciò che dà a tutti è una maggiore chiarezza nell’autoconoscenza ed un’opportunità di ristabilire una
sintonia decisamente migliore tra la struttura della personalità predisposta ed il comportamento acquisito.
Questa opportunità di poter “differenziare” ciò che è innato da ciò che è “appreso” aiuta a sfruttare appieno
il proprio potenziale e non renderà mai insicuri ne potrà rivelarsi dannoso.

Vedendo molte più cose in una chiave diversa e più aderente al proprio sistema di percezione, il mondo
appare più chiaro, proiettandoci in un futuro di armonia anche in relazione alla determinazione ed al
raggiungimento dei nostri obiettivi.

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Slide 20

Rivendicazioni dei nostri 3 ambiti cerebrali

MacLean scoprì che durante il suo sviluppo, il nostro cervello mantiene i suoi tratti fondamentali originatisi
in diverse epoche evolutive relative alla biologia del cervello.
Il nostro apparato cerebrale non si è dunque formato in un unico momento, ma si è sviluppato
progressivamente per fronteggiare esigenze di sopravvivenza che il contesto, evolvendo a sua volta,
richiedeva di valutare ed agire in modo diverso.
Il Tronco cerebrale (Contraddistinto dal colore verde) lo condividiamo con i Rettili; in ambito scientifico è
anche denominato “cervello rettile”. Ha sue specifiche caratteristiche e funzioni che vedremo tra un minuto.
Il Diencefalo, contraddistinto dal colore rosso lo condividiamo con i mammiferi predatori.
La Neocorteccia, contraddistinta dal colore blu, la condividiamo con i primati, con le scimmie.
Attenzione, I colori sono semplificazioni visive utili alla memorizzazione tramite la semplificazione del
concetto; non classifichiamo un individuo con i colori; non esiste il tipo blu, il tipo rosso o il tipo verde… ogni
essere umano è dotato di Tronco , diencefalo e neocorteccia; sono tre computer biologici che perseguono
un unico obiettivo, farci sopravvivere; ciò che li differenzia sono i programmi di funzionamento e quindi le
diverse strategie che perseguono per determinare questo importante obiettivo. Ma sempre, tutti e tre,
concorrono ad orientare, in base alla loro forza specifica, le scelte comportamentali.
Slide 21

Cosa accade con o senza il nostro consenso

Tratteremo le caratteristiche di ognuno dei tre ambiti separatamente, in modo da facilitare la comprensione
delle loro grandi diversità e potenzialità; ricordiamoci però che i nostri comportamenti sono sempre
determinati dall’influenza di tutte e tre le componenti. A questo si aggiunge l’influenza dell’ambiente esterno,
che può, in determinati momenti, agevolare la nostra risposta naturale, in determinati altri limitarla e
sostituirla con il comportamento appreso dall’esperienza (anche se in conflitto con la nostra natura).
Andremo a vedere i meccanismi con cui ognuno dei tre ambiti cerebrali codifica e opera, con quali finalità e
che cosa questo aspetto determina in ambito comportamentale per l’individuo.
Avendo chiare le mappe individuali di riferimento ci sarà chiaro il tragitto e la corsia preferenziale che ognuno
percorre dal punto di vista percettivo e di risposta attraverso comportamenti tipici rivendicati da ciascun
ambito cerebrale.

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Slide 22
Ora vediamo uno per uno questi tre mondi; la separazione è funzionale ad una migliore
comprensione delle loro specifiche rivendicazioni, ma dobbiamo considerare che in ognuno di noi i
tre ambiti cerebrali esercitano la loro influenza, sinergizzando tra loro in maniera specifica, ed il
loro apporto, sul piano comportamentale individuale, è direttamente proporzionale allo loro
specifica estensione.
Il tronco cerebrale:
• È il più antico dei tre cervelli, anche definito “cervello rettile”
• Ha un obiettivo: permettere la nostra sopravvivenza
• Nel caso specifico del tronco cerebrale, presidiando funzioni basiche e fisiologiche
fondamentali, la sua assenza non ci farebbe sopravvivere
• È il magazzino delle nostre esperienze e tutto ciò che sperimentiamo si deposita in questo
magazzino
• Il tronco cerebrale, costantemente attivo, scannerizza ogni evento e lo parametra alle
esperienze vissute
• È orientato al passato, ambito in cui si rivolge per operare scelte sicure in quanto già
sperimentate
• Il tronco presidia le funzioni fisiologiche del corpo, pensa alla conservazione, e ricerca
dunque le migliori condizioni
• Il movente del suo operato È incentrato su questo potente messaggio: la tua sopravvivenza
È garantita grazie all’integrazione e all’interazione con i tuoi simili
Quali saranno dunque i comportamenti che ci esorta ad adottare?
• Integrarsi = appartenere ad un gruppo – essere accettato dal gruppo
• Interagire = creare condizioni per agevolare lo stare insieme ed il comunicare
• I comportamenti sono tendenzialmente
o Morbidi
o Avvolgenti
o Non giudicanti
o Premurosi
• Il linguaggi È tendenzialmente:
o Moderato
o Educato
o Rispettoso
• Il tronco ama le abitudini, che sono programmi consolidati a basso dispendio energetico:
o Cerca esperienze gradevoli
o Rapporti gradevoli
o Semplificazioni
o Ripete e tende a ripetere esperienze piacevoli
Siamo dunque responsabili di creare queste condizioni?
• Il tronco cerebrale non ama
o Le novità
o Il rischio
o I cambiamenti continui
• Il tronco ed i comportamenti che suggerisce spesso vengono giudicati:

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o Indecisi
o Troppo morbidi
o Inconcludenti
o Non adatti ai tempi in cui la risolutezza sembra un ingrediente vincente
• Il vantaggio enorme che offre È invece sottovalutato
o Capacità effettiva di empatia
o Sensibilità e percezioni affidabili (anche se spesso auto-censurate per non
dispiacere)
• Il tronco presidia importanti istinti
o Fame
o Sete
o Gradisce i riti sociali
o Cerca sicurezza dallo stare tra i propri simili
• Il movente di integrarsi non gradisce
o Rotture relazionali
o Separazioni
o Conflitti
o Disarmonie
Per non dispiacere, cercando l’approvazione sociale, non è quasi mai diretto, non esprime fino in
fondo ciò che pensa (per non ferire non per raccontare bugie)
• La forma vale talvolta più della sostanza
o Risente del distacco
o Soffre per comportamenti bruschi
Gentilezza, buon feeling, attenzione alla situazione individuale, sono fattori importanti e talvolta
irrinunciabili (in base all’estensione della componente).
• Progetti e/o comportamenti non compatibili con il valore sociale vengono evitati; la
reputazione (buona o cattiva) e ciò che genera nel contesto sociale è un ingrediente molto
sentito a cui il Tronco dà molta attenzione.
• Il tronco cerebrale accoglie l’altro, talvolta lo subisce tentando di giustificare il momento e
la condizione
• È disponibile e tende a farsi rubare il tempo a pezzi di 5 minuti
• Non vive bene il dire di no. Se può deludere, si preoccupa perché deludere significa
conseguenza inappropriata sul rapporto
• Non sopporta il tradimento
• Una volta che il rapporto si frattura è molto difficile ricostruire fiducia
• Il tronco è la sede dell’intelligenza sensibile
• Non è da sottovalutare la capacità di questo dispositivo biologico di osservare, ascoltare e
percepire i moventi profondi che si celano dietro comportamenti e relazioni

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Il Diencefalo
Dopo l’estinzione dei grandi rettili, circa 65milioni di anni fa, i mammiferi presero al volo la loro
occasione, e da allora, i mammiferi cui appartiene anche l’uomo, rappresentano la specie
dominante sulla terra.
I mammiferi si diffusero rapidamente e diedero vita a numerose specie: con la riproduzione dei
mammiferi, la battaglia per la sopravvivenza divenne sempre più intensa e condotta con armi
sempre più efficaci, sia per aggredire sia per difendersi.
In un momento storico di nuova esigenza di adattamento così complesso, serviva un nuovo
dispositivo, in grado di agevolare la sopravvivenza tramite impulsi immediati e reattivi. Diventava
fondamentale percepire con immediatezza la propria posizione di preda o di predatore. Sul tronco
cerebrale si venne a sormontare una nuova struttura biologica: il diencefalo
Il diencefalo ha, come nel caso del tronco cerebrale, l’obiettivo di garantire la sopravvivenza, ma
cambia profondamente la strategia per assicurarla: tu vivi se l’altro soccombe.
La dinamicità, unita a prerogative prestazionali sempre più efficaci, garantisce dunque la vita; non
tramite l’integrazione ma tramite la competizione. L’autoaffermazione e la lotta sono impulsi
governati da questo ambito cerebrale.
Con il diencefalo si sviluppa il concetto del clan; insieme, ma organizzati in branco con specifiche
funzioni orientate a determinare obiettivi di sopravvivenza.
Il più veloce, il più forte, il più mimetico il più feroce. . . la capacità prestazionale è fondamentale
nella competizione.
Il diencefalo è la sede della nostra intelligenza emotiva e gli impulsi reattivi caratterizzano questo
ambiente. La transitorietà tipica delle emozioni genera cambi repentini di direzione; Ciò che si
desidera ora, tra un minuto può non essere più desiderato.
La comunicazione, esattamente come il ruggito del leone appare aggressiva ed è finalizzata ad
affermare una posizione dominante. I propri simili, se non appartenenti al clan, sono potenziali
avversari da sconfiggere e sovrastare.
Per il Diencefalo, solo il tempo presente è la dimensione in cui si manifestano limiti e opportunità;
il prima ed il dopo sono irrilevanti per questo ambito cerebrale in presenza di un’opportunità.
È il mondo del leader che, supportato dai gregari, difende ogni conquista ed organizza rappresaglie
espansive. L’aggressività che si esprime per intimorire senza consumare energie nella lotta,
appartiene a questo mondo. Ecco che la dominanza di questa area cerebrale sulle altre,
caratterizza comportamenti che vengono classificati spesso come minacciosi e urticanti.
L’apporto dell’adrenalina conferisce elevata capacità prestazionale, movimento incessante e
frenetico.
Il riconoscimento dei pari grado e dei superiori di rango, corrispondono alla tendenza competitiva
e ne certificano il valore, da cui questo ambito dipende.
La sfida e la provocazione è il terreno fertile per poter dimostrare il proprio valore, il timore di
esclusione viene evitato con l’imposizione. Tutto ciò che è legato all’ottenimento rapido di un
risultato attrae potentemente l’attenzione.

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Istruzioni semplici e collocabili in un quadro che le renda praticabili subito, sono gradite.
La tendenza alla competizione spesso innesca resistenze all’esigenza del tronco cerebrale di
trovare armonia e reciproco supporto. Ogni agevolazione è apprezzata se garantisce la
determinazione di evidenze. Anche il compromesso è una scelta possibile se dal compromesso si
determina un vantaggio personale e/o per il clan.
La tendenza ad imporsi influenza in modo determinante anche la scelta del linguaggio; devi,
subito, assolutamente, sono espressioni rintracciabili in presenza dell’influenza di questo ambito
cerebrale.
Il contesto in cui viviamo evidenzia come i moventi profondi del diencefalo siano quanto mai
attuali:
• Velocizzare i processi
• Ridurre i prezzi
• Battere la concorrenza
• Affermare il proprio posizionamento
• Tutto ciò che esprime potere è attrattivo
• Auto e beni di lusso certificano la capacità fisica di competere e di conquistare
• Gli status symbol sono i moderni tatuaggi che certificano il valore del guerriero
Il tratto caratterizzato dall’influenza del diencefalo genera un enorme dispendio energetico;
dimostrare la propria forza è più importante del risparmio energetico o delle ferite che ci si
possono procurare nella competizione.
Simpatie / antipatie sono alimentate da ciò che approva o biasima i comportamenti che
caratterizzano questo ambito. La comunicazione è diretta, spesso brutale e senza mediazione;
L’inadeguatezza dell’altro viene immediatamente evidenziata e percepita come opportunità di
scalata sociale.
I comportamenti morbidi e avvolgenti sono graditi se intesi come riconoscimento della propria
influenza, e giudicati inadatti se osservati nel contesto e se slegati da questo desiderio, addirittura
inefficaci e forieri di dispersioni di tempo.

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La Neocorteccia
Già 60 milioni di anni fa, una specie di mammiferi, che più tardi si evolverà nei primati, si sottrasse
alla corsa per la sopravvivenza, ripiegando tra le cime degli alberi.
La vita nel groviglio mobile dei rami richiedeva presupposti del tutto nuovi: per la visione
prospettica mutarono la posizione degli occhi e per una presa sicura tra i rami, gli artigli divennero
mani prensili.
Riavventurandosi nella foresta, la deambulazione rese libera la mano prensile destinandola all’uso
di utensili e armi.
La neocorteccia rappresenta il cervello più recente nella storia dello sviluppo del nostro apparato
cerebrale.
A differenza dei programmi installati nel tronco e nel diencefalo, nel caso della neocorteccia la
spinta viene data prima di tutto dalla valutazione interna degli stimoli esterni.
La neocorteccia favorisce lo sviluppo di un quadro ambientale, e con l’aiuto di questo modello
interno, la neocorteccia controlla le proprie azioni e reazioni.
L’ambito temporale, focalizzato sulla prospettiva, è il futuro, e la domanda che si pone è : tutto
deve restare così com’è ? cosa succederebbe se qualcosa cambiasse?
La neocorteccia conferisce la facoltà di immaginare come potrebbe essere il futuro. Il lato critico è
la conseguenza di preoccuparsi eccessivamente per ciò che ancora non è accaduto.
La strategia di sopravvivenza è garantita dalla capacità di introitare ed analizzare dati ed eventi per
prevedere e ponderare le conseguenze.
A differenza del tronco che trova la sicurezza nella folla, e del diencefalo che trova la sua strada nel
clan organizzato, la neocorteccia sente la necessità di sviluppare nell’individuo la propria
peculiarità; l’esigenza è distinguersi per la propria unicità.
Le rivendicazioni della neocorteccia creano dunque una contraddizione rispetto ai moventi degli
altri ambiti cerebrali.
La neocorteccia, porta in se la capacità di comunicare tramite il linguaggio scritto o figurato,
servendosi di simboli: solo il linguaggio rende possibile formulare concetti complessi e astratti
come i pensieri, le emozioni e le sensazioni.
Disegni e scrittura consentono la memorizzazione e rendono possibile e trasmissibile il sapere,
puntando ad agevolare le generazioni future.
Tramite la trasmissione, la mole di conoscenza a cui accede il singolo cresce in maniera
esponenziale e la motivazione risiede nell’analisi e nella comprensione. Il tentativo primario è
sempre quello di agevolare il proprio futuro tramite scelte ponderate nel tempo presente e
supportate dall’esperienza.
A differenza del diencefalo e del tronco, la neocorteccia risente meno delle influenze esterne, e
più l’attività si sviluppa in questo ambito più risulta ridotta la capacità impulsiva ed empatica.
La neocorteccia favorisce comportamenti che possono essere classificati come freddi e razionali. Il
pensiero logico e la sostenibilità sono vincoli che la neocorteccia avverte in modo potente; tutto

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ciò che è approssimativo o non garantisce un risultato stabile è visto come dispendio energetico
inutile.
Tuttavia è naturale che la continua comparazione tra più elementi crea una condizione di
indecisione o di lentezza. L’esigenza di riflettere su ogni aspetto, se esasperata, viene percepita
come pedanteria e pesantezza soprattutto dai due restanti ambiti cerebrali.
L’attenzione alle parole, ai dettagli e alle informazioni, richiede concentrazione e attenzione, e
questo limita l’espressività sociale e le emozioni, determinando un senso di distacco e di
apparente disinteresse per l’altro.
Nella presentazione di un progetto, per esempio, più che il risultato finale, si tende a valorizzare il
percorso di costruzione, se è sostenuto da ogni elemento che ne garantisce la coerenza.
La neocorteccia crea dunque opportunità e limiti, esattamente come il tronco ed il diencefalo.
L’apporto della neocorteccia è determinante nella costruzione logica che sostiene la
comunicazione semplificata e l’ottenimento.
L’ordine, l’analisi, la coerenza danno alla comunicazione in questo ambito il potere della
persuasione.

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