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Controllo Con Liquidi Penetranti: Controlli Non Distruttivi

Il documento tratta del controllo non distruttivo con liquidi penetranti, fornendo un corso per operatori basato su un software multimediale. Include informazioni sulla metallurgia degli acciai, i principi del metodo di controllo e le pratiche operative. Viene anche discusso l'uso, la responsabilità e la protezione legale riguardante il prodotto SIMULA.

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Controllo Con Liquidi Penetranti: Controlli Non Distruttivi

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CND: CONTROLLO CON LIQUIDI PENETRANTI

BUREAU VERITAS 30/11/2013

CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

CONTROLLO CON
LIQUIDI PENETRANTI

Corso per operatori addetti ai CnD, basato sui contenuti del


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INDICE

1. METALLURGIA DEGLI ACCIAI 4


1.1 L’ACCIAIO 5
1.1.1 Introduzione 5
1.1.2 Componenti dell'acciaio 5
1.1.3 Solidificazione del metallo 6
1.2 TRATTAMENTI TERMICI 9
1.2.1 Introduzione 9
1.2.2 Ricottura completa 10
1.2.3 Normalizzazione 11
1.2.4 Tempra 12
1.2.5 Rinvenimento 13
1.3 PRODUZIONE DELL’ACCIAIO 14
1.3.1 Processo di fabbricazione 14
1.3.2 Tipologie dei prodotti 18
1.4 DIFETTOLOGIA 27
1.4.1 Discontinuità nell'acciaio 27
1.4.2 Discontinuità nei forgiati 31
1.4.3 Discontinuità nei getti 34
1.4.4 Discontinuità nelle lamiere 36
1.4.5 Discontinuità nei tubi 37
1.4.6 Discontinuità di saldatura 39
2. PRINCIPI DEL METODO 48
2.1. PENETRANTI E RILEVATORI 49
2.1.1 Principio dell’esame 49
2.1.2 Classificazione dei penetranti 50
2.1.3 Composizione chimica 51
2.1.4 Proprietà fisiche 51
2.1.5 Altre proprietà 53
2.1.6 Sensibilità d’esame 54
2.1.7 Rivelatori 55
2.1.8 Classificazione dei rivelatori 56
2.1.9 Riepilogo delle caratteristiche dei penetranti e rilevatori 56
2.2 LAMPADE DI ILLUMINAZIONE 57
2.2.1 Classificazione delle lampade 57
2.2.2. Lampada di Wood 57
3. PRATICA DELL’ESAME 60
3.1 ATTIVITA’ PRELIMINARI 61
3.1.1 Esame del pezzo 61
3.1.2 Normativa di riferimento 61
3.1.3 Scelta del metodo e del tipo di liquido 64
3.2 FASI OPERATIVE DEL CONTROLLO 65
Introduzione 65
FASE 1: pulizia della superficie 66

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FASE 2: applicazione del penetrante 67
FASE 3: tempo di penetrazione 67
FASE 3a: applicazione emulsificatore (solo per liquidi post-emulsionabili) 68
FASE 3b: tempo di emulsificazione (solo per liquidi post-emulsionabili) 68
FASE 4: rimozione del penetrante 69
FASE 5: applicazione del rilevatore 70
FASE 6: esame dei segnali 70
Sintesi fasi operative 72
3.3 PRINCIPALI DISCONTINUITÀ RILEVABILI 73

3.4 PROVE DI TENUTA ED ATTENDIBILITA’ 80


3.4.1 Prova di tenuta 80
3.4.2 Prova di attendibilità 80
GLOSSARIO 83

1. METALLURGIA DEGLI ACCIAI

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1.1 L’ACCIAIO

1.1.1 Introduzione

L'acciaio è una lega Ferro-Carbonio che può contenere fino al 2,1% di Carbonio (se il Carbonio
supera questa percentuale non si parla più di acciai ma di ghise).

Il processo di fabbricazione dell'acciaio utilizza la ghisa fusa (ottenuta da minerale di ferro e


carbone coke) alla quale, attraverso specifici procedimenti realizzati in acciaieria, viene sottratto
carbonio, sino a trasformarla in acciaio.

1.1.2 Componenti dell'acciaio

Negli acciai, a causa del processo di fabbricazione, sono presenti alcuni elementi oltre al Carbonio
e precisamente: Manganese (Mn), Silicio (Si), Zolfo (S) e Fosforo (P). Questi elementi sono
chiamati impurezze.

Inoltre, per conferire all'acciaio determinate proprietà, si aggiungono altri elementi nella lega quali
Manganese, Cromo (Cr), Nichel (Ni), Molibdeno (Mo), Silicio (Si). In questo caso si parla di
elementi di lega.

Nota: Alcuni elementi possono essere sia impurezze che elementi di lega: sono Elementi di lega se sono
stati aggiunti per ottenere determinate proprietà.

In base agli elementi di lega presenti l'acciaio assume varie denominazioni:

• Acciaio comune: quando non contiene elementi di lega voluti


• Acciaio debolmente legato: quando gli elementi di lega non superano il 3%
• Acciaio legato: quando gli elementi di lega superano il 3%

Le impurezze e gli elementi di lega interferiscono con le caratteristiche meccaniche e con il


comportamento dell'acciaio. E' pertanto necessario conoscere alcune grandezze tipiche che si
ricavano da prove effettuate su campioni di materiale.

Nel nostro contesto, le prove più importanti sono la prova a trazione, la prova di resilienza e la
prova di durezza.

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1.1.3 Solidificazione del metallo

- Solidificazione del ferro

Durante la solidificazione di un metallo puro gli atomi, che allo stato liquido erano caoticamente
mescolati, si organizzano in precise strutture geometriche chiamate, come abbiamo già visto,
reticoli cristallini.

Il Ferro può cristallizzare in modi diversi, a seconda della temperatura:


- tra 1530°C (temperatura di fusione) e 910°C il reticolo è di tipo cubico a facce centrate (Ferro γ)
- al di sotto di 910° il reticolo è di tipo cubico a corpo centrato (Ferro α).

Come avviene la solidificazione del ferro?

Quando una massa di ferro liquido solidifica ha


inizio la formazione dei primi reticoli cristallini,
chiamati germi iniziali („).

Attorno a questi germi solidificano via via altri


reticoli e l'accrescimento avviene in modo che i
reticoli mettono in comune gli atomi delle facce
contigue.

La solidificazione avviene con ramificazioni


lungo le direzioni perpendicolari alle facce del
germe iniziale (modalità dendritica).

Il risultato dello sviluppo di


ciascun germe di solidificazione si
definisce grano.

I grani sono visibili al microscopio


e la loro distribuzione definisce la
struttura micrografica del metallo.

Durante la solidificazione gli atomi di ferro, molto più grandi degli atomi di carbonio, cristallizzano
ignorando questi ultimi, i quali si inseriscono come intrusi nei cristalli di ferro. Si dice che i due
metalli sono solubili allo stato solido per inserzione. Questo accade nel Ferro γ.

Nel Ferro α invece, il carbonio è molto meno solubile: i due elementi reagiscono chimicamente tra
loro, dando vita ad un composto che cristallizza con un proprio reticolo.

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- Solidificazione dell’acciaio

Analizziamo ora la solidificazione dell'acciaio ricorrendo ad un grafico avente la temperatura


sull'asse verticale e la percentuale di Carbonio su quello orizzontale.

Mentre il Ferro solidifica alla


temperatura costante di 1530°C,
l'acciaio solidifica in un intervallo
di temperatura con le temperature
di inizio solidificazione e di fine
solidificazione dipendenti dalla
percentuale di Carbonio presente.

All'inizio della solidificazione


siamo in presenza di Ferro
gamma nel quale il Carbonio è
solubile per inserzione. Ha così
origine una soluzione solida di
Carbonio nel Ferro gamma,
chiamata Austenite.

Al decrescere della temperatura


la solidificazione continua con la
progressiva scomparsa del liquido
sino a che tutta la lega si è
solidificata.

All'ulteriore diminuire della temperatura non succede nulla sino a che, ad un certo valore di
temperatura, il Ferro gamma comincia a trasformarsi in Ferro alfa.

All'abbassarsi della temperatura accadono pertanto due fenomeni:


• l'austenite si trasforma in ferrite (soluzione solida del Carbonio nel Ferro alfa;
• il Carbonio in eccesso, non più solubile, reagisce chimicamente con il Ferro dando vita ad un
composto chiamato cementite (carburo di ferro).

La trasformazione dell'austenite in ferrite e cementite avviene con formazione di sottilissime


lamelle, parallele ed alternate tra loro, in un aggregato che viene definito perlite.

Alla temperatura ambiente, la struttura micrografica dell'acciaio risulta pertanto così costituita:
• grani di ferrite
• grani di perlite, comprendenti ciascuno lamelle di ferrite e cementite.

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- Diagramma Ferro – Carbonio

Quanto sin qui detto può essere rappresentato in un diagramma, denominato diagramma ferro
carbonio. Il diagramma ha sulle ascisse (asse orizzontale) la percentuale di Carbonio presente
nella lega, e sulle ordinate (asse verticale) la temperatura.

Il diagramma ferro-carbonio mostra le fasi che si hanno nelle leghe ferro-carbonio (quali acciai e
ghise) al variare del tenore di carbonio e della temperatura.

Le linee presenti nel diagramma indicano


la separazione tra le diverse fasi:

• al di sopra della linea ABCD si ha la


fase liquida;

• al di sotto della linea AHIECF si ha la


fase solida;

• gli spazi compresi tra i gruppi di linee


citati rappresentano la
contemporanea presenza della fase
liquida e di quella solida.

Lo studio del diagramma è molto importante per capire il comportamento dell'acciaio durante la
solidificazione e per definirne le caratteristiche finali.

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1.2 TRATTAMENTI TERMICI

1.2.1 Introduzione

Le impurezze ed il meccanismo con cui avviene la solidificazione creano delle tensioni nel
materiale (definite tensioni interne) che possono alterare, in senso peggiorativo, le proprietà
meccaniche dell'acciaio. Per ovviare a questo inconveniente si ricorre ai trattamenti termici.

I trattamenti termici sono dei processi cui viene sottoposto l'acciaio allo scopo di conferirgli
particolari proprietà. Essi consistono in un riscaldamento e in un raffreddamento successivo,
attuato secondo varie modalità, diverse da trattamento a trattamento.

Elementi caratteristici di ciascun trattamento sono:


• Velocità di riscaldamento
• Temperatura di trattamento
• Permanenza alla temperatura di trattamento
• Velocità di raffreddamento

Un generico trattamento termico si


compone delle seguenti fasi:

• riscaldamento superficiale
Riscaldamento fino al raggiungimento
della temperatura di trattamento voluta
nella zona superficiale. La durata
dipende da molti fattori (temperatura di
trattamento, condu-cibilità termica
dell'acciaio, dimen-sione del pezzo,
ecc.).

• riscaldamento a cuore
Riscaldamento fino al raggiungimento della temperatura di trattamento in tutta la sezione e quindi
anche a cuore del pezzo. Sulla durata vale quanto detto nel riscald. superficiale. E' perciò difficile
stimare quando si raggiunga la temperatura a cuore prescritta, per cui si danno solo indicazioni
generiche circa il valore del tempo di riscaldamento totale (superf.+cuore).

• permanenza
Mantenimento della temperatura di trattamento su tutta la sezione del pezzo. La durata della
permanenza non dipende dalla sezione del pezzo e in generale vale 15-30 (10-20) minuti per la
tempra di acciai legati (non legati).

• raffreddamento
Diminuzione della temperatura di un pezzo.

I trattamenti termici di maggiore interesse sono:

• ricottura completa,
• normalizzazione,
• tempra e rinvenimento.

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1.2.2 Ricottura completa

Attenua gli effetti della solidificazione del materiale, elimina tensioni interne e incrudimenti da
lavorazioni. Si compone delle seguenti fasi:

• riscaldamento progressivo fino ad una temperatura tA superiore di circa 50°C rispetto al punto
A3 del diagramma Fe-C, in modo da trasformare la struttura dell'acciaio in austenite;

• mantenimento alla temperatura per un tempo sufficiente a far sì che tutte le parti del pezzo
abbiano raggiunto tale temperatura;

• raffreddamento molto lento in forno.

Al termine del trattamento si ottengono una struttura perlitica molto duttile e una buona lavorabilità
plastica a freddo. Per contro si ha una struttura a grani grossi non adatta per la lavorazione con
macchine utensili ad asportazione di truciolo. Per questo e altri motivi (per es. notevole impiego di
tempi e mezzi) la ricottura completa non viene quasi usata industrialmente.

La ricottura completa si effettua


riscaldando l'acciaio sino ad una
temperatura che determini la totale
trasformazione in austenite.

Con riferimento al diagramma Fe-C si


supera la linea A3 per il tempo
necessario alla omogeneizzazione della
temperatura all'interno del materiale.

Si fa poi seguire un raffreddamento lento


in forno tale da attraversare le linee A3
ed A1 in un tempo sufficiente-mente
lungo per ottenere la completa
separazione di ferrite e perlite.

In questo modo vengono eliminati stati di


tensione elastica ed il materiale acquista
una maggiore deformabilità senza
perdere in resistenza.

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1.2.3 Normalizzazione

La normalizzazione è uguale alla ricottura, salvo la fase di raffreddamento che avviene più
velocemente, all'aria.

Così facendo l'intervallo A3-A1 viene attraversato più in fretta e ne deriva una struttura ancora di
tipo granulare, ma più fine e con proprietà meccaniche migliori che con il trattamento di ricottura
(esempio: getto fuso 0,25% C).

Se però l'acciaio ha un tenore di Carbonio piuttosto alto (oltre lo 0,3%) il raffreddamento in aria
può dare luogo a fenomeni di tempra

• aumento della durezza e della resistenza a trazione


• a scapito della fragilità

dovuti al veloce raffreddamento, con sensibile peggioramento della duttilità.

Getto fuso 0,25%C Lamiera 0,25%C

Stato grezzo
di fusione

Stato
Laminato

Stato
normalizzato
← →

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1.2.4 Tempra

La tempra conferisce all'acciaio un grande


aumento della durezza. Ciò si ottiene
attraverso le seguenti fasi:

• riscaldamento sopra al punto A3 ;

• mantenimento a tale temperatura per il


tempo necessario ad assicurare a tutto
il materiale la struttura austenitica;

• raffreddamento rapido in modo da far


assumere all'acciaio, a temperatura
ambiente, una struttura martensitica.

Il raffreddamento può avvenire in acqua, soluzioni saline, olio, metalli fusi o aria soffiata, in
relazione alla forma del pezzo ed alla velocità di raffreddamento desiderata.
La struttura che si ottiene (martensite) è molto dura, ma molto fragile. Inoltre, nel materiale si
creano tensioni interne che possono causare rotture.

Per ovviare a ciò è stato messo a punto un


particolare processo di tempra detto
“tempra differita martensitica”, (o anche
tempra scalare, o martempering) in cui si
arresta il raffreddamento a una temperatura
poco superiore a MS (vedi grafico) per
raggiungere una temperatura uguale in tutti
i punti del pezzo.

Si riprende poi il raffreddamento fino a


temperatura ambiente per ottenere la
formazione completa della martensite.

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1.2.5 Rinvenimento

Il rinvenimento elimina l'eccesso di fragilità e le tensioni interne presenti in un prodotto temprato.


Il ciclo comprende:

• un riscaldamento fino ad una determinata temperatura (inferiore ad A1, in relazione alle


caratteristiche richieste);
• una permanenza per un tempo sufficiente;
• un raffreddamento in un mezzo appropriato (acqua o olio) fino alla temperatura ambiente.

Con il rinvenimento diminuisce la durezza ed aumenta la tenacità. Le caratteristiche meccaniche


finali dipendono dalla temperatura e dalla durata di rinvenimento, come si vede dai grafici
sottostanti, relativi ad alcuni tipi di acciai.

Influenza della durata (e della temperatura) di Variazione della durezza di un acciaio al variare
rinvenimento sul della temperatura (e della durata) del trattamento
carico di rottura di un acciaio. di rinvenimento.

Nota Con il termine Bonifica si intende l'insieme della tempra e del successivo rinvenimento eseguito
a temperature abbastanza elevate per ottenere buone caratteristiche di tenacità.

Approfondimento: tempra doppia

Quando, data la diversa percentuale di carbonio, il punto Ac3 dell'acciaio è molto superiore a quello
dello strato cementato, viene eseguito un secondo trattamento di tempra. Il primo passo è quello di
eseguire la cementazione (dopo riscaldo del pezzo) a una temperatura superiore al punto Ac3
dell'acciaio, in modo che con il raffreddamento si tempra il cuore del pezzo e si rigenera il grano
(ingrossatosi per il lungo periodo della cementazione); poiché la temperatura usata per la
cementazione è troppo alta per la tempra dello strato cementato, questo invece rimane con struttura
grossolana.

La seconda tempra viene quindi eseguita a temperatura molto inferiore (circa 800 °C), adatta allo
strato cementato, per ottenere un'adeguata rigenerazione della sua struttura (il cuore del pezzo non
subisce in questa fase un'attenuazione eccessiva dei benefici della prima tempra).

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1.3 PRODUZIONE DELL’ACCIAIO

1.3.1 Processo di fabbricazione

La produzione dell'acciaio ha origine dai minerali del ferro e dal carbone ed avviene secondo un
processo di fabbricazione che porta innanzitutto alla produzione della ghisa in altoforno e quindi
alla sua affinazione per ottenere l'acciaio vero e proprio.

Acciaio e ghisa sono infatti entrambe leghe ferro-carbonio caratterizzate dalla percentuale in peso
di carbonio:
• se inferiore al 2,1% si ha l'acciaio,
• se superiore al 2,1% si ha la ghisa.

Nella fabbricazione dell'acciaio si possono individuare le seguenti fasi:

• Fase 1: produzione I minerali del ferro (in prevalenza ossidi: ferroso, ferrico, pirite,
della ghisa magnetite, ...) dopo opportuni trattamenti preliminari volti a facilitare
l'estrazione del metallo e ad eliminare parte delle impurità in essi
presenti, vengono fusi in particolari forni assieme a del carbone.

Il prodotto di questa prima fusione è la ghisa.

• Fase 2: affinazione In questa fase la ghisa subisce una operazione metallurgica, detta
conversione, per:

l'eliminazione degli elementi estranei quali Si, Mn, S e P, impurezze


nocive per l'acciaio residui della lavorazione, e

la riduzione del tenore di carbonio.

Successivamente, avviene la colata del metallo fuso in un recipiente


contenitore detto siviera e durante questa operazione continua
l'affinazione.
• Fase 3: colata e L'acciaio viene colato secondo varie tecniche (in sorgente, diretta,
solidificazione continua) dalla siviera in lingottiere ottenendo un prodotto pronto per
le successive lavorazioni a caldo.

• Fase 4: laminazione Il prodotto della fase precedente viene laminato per ottenere le varie
forme commerciali: lamiere, nastri, barre, profilati,...

Nelle pagine seguenti esamineremo più in dettaglio le singole fasi.

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Fase 1 - Produzione della ghisa

La fusione dei minerali di ferro avviene in


forni chiamati altoforni del tipo rappresentato Bocca
in figura.

Il forno viene caricato dalla bocca con


minerale, carbone (di norma coke) e fondenti,
mentre l'accumulo dei prodotti di fusione
(ghisa e scorie) avviene nel crogiolo.

La combustione ha luogo nella zona


immediatamente sopra gli ugelli da cui viene
soffiata aria.

La riduzione dei minerali di ferro in ferro


avviene ad opera del carbonio (C) e Ugelli
dell'ossido di carbonio (CO). Crogiolo

Esaminiamo ora il processo di fusione, suddividendo l'altoforno in zone ed analizzando ciò che
accade in ciascuna zona.

Essiccamento e preriscaldamento
In questa zona il materiale inserito dalla
bocca (chiamato anche carica) si riscalda
sino a circa 400°C liberandosi dell'umidità.

Riduzione indiretta
Il materiale si riscalda sino a circa 800°C. In
questa zona inizia la riduzione del ferro ad
opera dell'ossido di carbonio.

Riduzione diretta
Percorrendo questa zona i materiali
raggiungono circa i 1350°C.

Qui inizia la riduzione diretta ad opera del


carbonio ed inizia anche la carburazione del
ferro, cioè la formazione del composto Fe3C.

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Fusione
Qui la temperatura arriva a 1600°C ed avviene la fusione di tutti i materiali presenti, con eccezione
del coke. Il ferro carburato formatosi nella zona precedente fonde e forma la ghisa fusa nella
quale passano tutti gli elementi provenienti dalla riduzione della carica iniziale, cioè Mn, Si, P, S.

Combustione
In questa zona avviene la combustione del carbone e si raggiungono le massime temperature
dell'altoforno, pari a circa 2000°C.

Decantazione
Questa zona comprende il crogiolo nel quale si ha, per decantazione, la separazione della ghisa,
che si depositerà sul fondo, dalle scorie.

Fase 2 - Affinazione

Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione,


detta conversione, per l'eliminazione di elementi quali Si,
Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui della
lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio.

Il processo consiste nel bruciare una certa percentuale di


carbonio della ghisa, sino a farla così diventare acciaio.

La ghisa liquida viene versata in un grande recipiente


(convertitore) nel quale, successivamente, viene soffiata
aria.

Si svolge allora una serie di reazioni chimiche che si


manifestano con l'emissione di intense fiamme dalla bocca
del convertitore e con un innalzamento della temperatura
che sale fino a circa 1650°C.

Al termine di questo processo l'acciaio


ottenuto non è però ancora pronto per le
applicazioni industriali e deve subire una
ulteriore purificazione.

Questa viene effettuata durante la colata


del metallo fuso in un recipiente
contenitore detto siviera, mediante
ossidazione provocata dall'insufflazione
di ossigeno, e successiva disossidazione
del bagno metallico.

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Fase 3 - Colata e solidificazione

La colata è l'ultima operazione a cui vengono sottoposti gli acciai allo stato liquido. Dalla siviera il
metallo viene fatto uscire da un apposito foro situato sul fondo per riempire le lingottiere entro le
quali si solidifica. Il riempimento delle lingottiere può avvenire in diversi modi, a seconda delle
necessità, come mostrato nelle figure sottostanti:

Colaggio diretto Colaggio in sorgente Colata continua

La macchina di colata continua trasforma in un solo passaggio l'acciaio liquido in un prodotto


semilavorato, mentre la colata tradizionale richiede lavoro addizionale come lo strippaggio (estrazione
del lingotto dalla lingottiera) ed altre ancora.

Fase 4 - Laminazione

Dopo la solidificazione il lingotto viene


riscaldato per subire una prima lavorazione
a caldo.

L'operazione più usuale è la laminazione,


dalla quale si ottengono profili finiti (tondi,
lamiere, nastri, etc.) o sbozzati (blumi,
bramme) destinati a successive lavorazioni
a caldo quali stampaggio e fucinatura.
L'operazione consiste nel far passare il
lingotto attraverso una serie di cilindri, che
lo allungano e ne riducono
progressivamente lo spessore.

La pressione dei cilindri modifica la struttura


granulare della billetta. I grani si rompono e
se ne formano di nuovi, di dimensioni più
piccole e disposti nel senso di laminazione
(nella billetta i grani non hanno una
direzione definita).

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1.3.2 Tipologie dei prodotti

I prodotti in acciaio utilizzati in campo industriale sono ottenuti con varie tipologie di lavorazioni e
possono essere così classificati:

Forgiati Getti

Lamiere Tubi

Giunti saldati

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- Forgiati

I forgiati sono i prodotti dell'operazione di fucinatura (o forgiatura), che consiste nella lavorazione a
caldo dei metalli mediante pressatura.

Si preferisce un fucinato ad una fusione o ad una modellatura di macchina utensile perché la


fucinatura conferisce al particolare caratteristiche meccanico-fisiche migliori.

Con la fucinatura si ottengono forme o complessi di forme geometricamente semplici dalle quali,
per successiva lavorazione meccanica, si ricavano particolari di forma complessa.

Caratteristica di un pezzo fucinato è quindi quella di avere una forma soltanto simile a quella finita
e con le dimensioni del pezzo finito.

I forgiati si possono suddividere in gruppi sulla base di caratteristiche morfologiche simili:

BLUMI

Sono prodotti da lingotto per fucinatura o laminazione nel senso


dell'asse del lingotto. Hanno sezione quadrata a partire da 120
mm di lato.

BRAMME

Sono prodotti da lingotto come i blumi. Hanno sezione


rettangolare con una larghezza l ed uno spessore s.

PIASTRE

Le piastre sono fucinati a forma di parallelepipedo che hanno le


misure a e b superiori alla misura assiale h.

BARRE

Sono fucinati con sezione poligonale (quadrata, esagonale,


ecc.) e lunghezza l di gran lunga superiore alla misura
caratteristica del poligono. Possono presentare fori passanti o
ciechi.

ALBERI

Gli alberi sono come le barre, ma con sezione tonda. Come le


barre, possono presentare fori passanti o ciechi.

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TUBI, MANICOTTI e VIROLE

Si definiscono manicotti, tubi e virole quei forgiati cavi nei quali


la deformazione principale avviene in senso assiale.

ANELLI

Si definiscono anelli quei forgiati cavi nei quali la deformazione


principale avviene in senso circonferenziale.

DISCHI

I dischi sono fucinati di forma cilindrica con il diametro di base d


superiore alla misura assiale h.

- Getti

La tecnologia di fusione si utilizza specialmente per la realizzazione di componenti di forma


geometrica complessa, che non è economico realizzare con altri metodi di fabbricazione.

Caratteristica di un pezzo fuso (getto) è quindi quella di avere una forma prossima a quella finita.

Ci sono vari processi industriali di fusione (colata in sabbia, colata in conchiglia, colata centrifuga,
colata sotto pressione, ecc. ). Qui sotto sono riportate le fasi del ciclo di fabbricazione dei getti con
la tecnica di colata in sabbia.

1. Costruzione del modello


2. Costruzione della forma
a) aggiunta dei supporti
b) eliminazione dei supporti

3. Colaggio in forma
4. Pulizia e taglio materozze
5. Lavorazioni finali

1. Costruzione del modello

Il modello è un campione del pezzo che si vuole


ottenere, realizzato in un materiale più tenero come
legno o polistirolo.

Il modello viene usato per la realizzazione della forma.

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2. Costruzione della forma

Copia impronta Aggiunta supporti Eliminazione supporti

La forma è il "negativo" del pezzo Vengono aggiunti i supporti per la Eliminati i supporti, la forma è
che si vuole ottenere. creazione dei canali di colata (per pronta per la colata.
Questa viene realizzata in sabbia l'alimentazione dell'acciaio liquido)
refrattaria impastata con leganti e dei canali di "riserva" (che
chimici, che una volta indurita servono a rendere "direzionale" la
diventa simile a cemento solidificazione del getto). I difetti si
refrattario. assommano tutti nell'ultima parte
La mescola, ancora fluida, viene che solidifica (materozze). A
costipata contro il modello e solidificazione completa, questa
indurendo copia l'impronta del parte verrà asportata.
pezzo che si vuole ottenere.

3. Colaggio in forma

Il colaggio in forma avviene ad una temperatura superiore di


50-100°C al punto di fusione del metallo.

Alla fine del colaggio le materozze vengono ricoperte con


polveri isolanti per ritardarne la solidificazione.

4. Pulizia e taglio materozze

A solidificazione completa si apre la "cassaforma" di sabbia, si tagliano i canali di colata e le materozze e si


procede alla pulizia superficiale del getto. I difetti trovati vengono asportati e successivamente riempiti
mediante riporti di saldatura con materiale adatto.

5. Lavorazioni finali

Il ciclo di lavorazione del getto si completa con :


- trattamento termico di qualità
- finitura di macchina utensile
- collaudi

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- Lamiere

Le lamiere sono tipici prodotti piani ottenuti per laminazione. Le varie fasi del processo produttivo
si possono così riassumere :

1. produzione del lingotto


2. dal lingotto per laminazione a caldo si ottiene lo slebo

Lo slebo è una piastra di dimensioni notevoli, avente lo Slebo


stesso volume del lingotto di partenza. Le dimensioni
usuali per uno slebo sono 180 X 2500 X 6000 mm .

Gli slebi, prima di subire ulteriori laminazioni devono


essere ripuliti dai difetti superficiali preesistenti sul lingotto.
Tale operazione viene effettuata mediante procedimenti
vari (molatura, scalpellatura pneumatica, asportazione di
fiamma) che vanno globalmente sotto il nome di
condizionamento.

3. dallo slebo si ottiene un grande nastro avvolto (COIL) oppure le bramme


Coil
Dalla laminazione a caldo dello slebo al treno continuo (più
gabbie di riduzione in serie) si ottiene un grande nastro
avvolto (coil) dello spessore di 6-8 mm.

Bramme
Le bramme si ottengono tagliando lo slebo in più segmenti
di lunghezza di 800-2000 mm.

4. dalla laminazione a caldo delle bramme si ottengono le lamiere


Le lamiere si ottengono dalla laminazione a caldo delle Lamiere
bramme per mezzo di laminatoi reversibili. Lo spessore
delle lamiere ottenute a caldo varia dai 10 ai 150 mm per
applicazioni cantieristiche e dai 4 ai 10 mm per lavorazioni
plastiche (stampaggio, ecc.. ).

5. dai nastri, per successiva laminazione a freddo, si ottengono i coils a freddo

Dai coils a caldo, per successiva laminazione a freddo Coils a freddo


mediante laminatoio continuo, si ottengono i coils a freddo (o
lamierini) utilizzati per carrozzerie di autoveicoli ed altre
applicazioni. Lo spessore di questi prodotti varia in genere a
partire da 0.6 mm.

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- Tubi

La parola tubo indica un corpo cavo, cilindrico, aperto alle due estremità ed adatto a convogliare
fluidi. I prodotti tubolari sono ottenuti mediante processi di fabbricazione differenti, ciascuno dei
quali conferisce al prodotto caratteristiche qualitative (come finitura, dimensioni e discontinuità)
che sono peculiari del processo di fabbricazione stesso.

A seconda della tecnica di


fabbricazione, i tubi si classificano in:

• tubi senza saldatura

Sono ottenuti per deformazione


plastica di masselli di acciaio,
riscaldati a temperatura opportuna e
lavorati con macchine adatte

Tubi senza saldatura


• tubi saldati

Sono ottenuti unendo, mediante


saldatura, i lembi di una striscia di
lamiera opportunamente "deformata"

Tubi saldati

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- Giunti saldati

Un giunto saldato è costituito da due parti metalliche, collegate in maniera permanente mediante
saldatura. I procedimenti di saldatura più comuni sono quelli autogeni per fusione, e in particolare i
processi di saldatura ad arco. Questi processi sfruttano il calore di un arco elettrico (scarica di
elettricità, luminosa e persistente) fatto scoccare tra un elettrodo (metallo d'apporto) ed il pezzo da
saldare.

Nelle saldature autogene il materiale


base originario parte-cipa attivamente
al processo subendo delle
trasformazioni nella sua struttura.

La zona interessata da queste


modifiche, chiamata zona
termicamente alterata (ZTA) o zona di
transizione, si estende per qualche
millimetro ai bordi della zona fusa.

SALDATURA AD ARCO

Sotto gas ( GMAW ) Manuale ( SMAW ) Sommerso ( SAW )


Gas Metal Arc Welding Shielded Metal Arc Welding Submerged Arc Welding

La protezione della zona fusa si ha con Tutte le operazioni ed i L'elettrodo è costituito da


atmosfere gassose in corrispondenza parametri di saldatura sono un filo continuo che
della zona d'arco e del bagno di fusione. governati dal saldatore e la avanza automaticamente
saldatura avviene all'aria.
durante la saldatura.
MIG e MAG: Metal Inert Gas welding
In funzione dei vari tipi di
Metal Active Gas welding La zona di saldatura
rivestimento si hanno elettrodi
basici, acidi, cellulosici. (arco, elettrodo e metallo
Saldatura che utilizza come elettrodo un filo base interessato) è
continuo consumabile, in cui la protezione del
coperta da un flusso di
bagno di saldatura può essere in gas inerte
(MIG) oppure in gas attivo ossidante (MAG). materiale granulare
(spesso sabbia).
TIG (Tungsten Inert Gas welding):
Saldatura con elettrodo di tungsteno in Il flusso ha lo scopo di
gas inerte: può essere eseguita con o proteggere la zona fusa
senza materiale d'apporto. dalla contaminazione
atmosferica.

Negli schemi sottostanti sono riportati i principali tipi di giunti che possono essere esaminati con
ultrasuoni. Il controllo con ultrasuoni è possibile solo quando i giunti sono a piena penetrazione.

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• Giunti di testa (butt joints)

- Preparazione a lembi retti (square groove):

Si effettua in due modi:


- per spessori fino a 3 millimetri con una passata e distanza tra i
lembi di 1 mm;
- per spessori tra 3 e 5 mm con due passate e distanza tra i
lembi di 2 mm

- Preparazione a V (V groove):

Si adotta per spessori compresi tra 5 e 15 mm.

- Preparazione a V con sostegno (V groove with backing strip):

Si adotta se il vertice è inaccessibile per la solcatura con ripresa,


onde evitare la mancanza di penetrazione.

- Preparazione a X (double V groove):

Si adotta per spessori oltre i 15 mm e quando il giunto è


accessibile da ambo le parti. Normalmente, la preparazione ad X
è simmetrica, ma può anche essere asimmetrica.

- Preparazione a U (U groove):

Si adotta al posto della preparazione a V quando lo spessore dei


lembi supera i 15 mm per diminuire il volume del materiale
d'apporto.

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• Giunti a T (tee joints)

- Preparazione a bordo retto (square edge):

Si adotta quando non è necessaria la completa penetrazione. I due


elementi da saldare dovranno essere a contatto (o con una distanza
massima di 2 mm)

- Preparazione a ½ V (single bevel groove):

Si adotta quando la saldatura richiede la completa penetrazione e non


vi è accessibilità da ambo le parti.

- Preparazione a ½ V con sostegno (single bevel groove with backing strip):

Si adotta se il vertice non è accessibile per la solcatura con ripresa, al


fine di assicurare la penetrazione.

- Preparazione a K (double bevel groove):

Si adotta quando il giunto è accessibile da ambo le parti e oltre i 15


mm di spessore.

- Preparazione a J (single J groove):

Si adotta per giunti di forte spessore al fine di limitare il volume di


materiale d'apporto.

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1.4 DIFETTOLOGIA

1.4.1 Discontinuità nell'acciaio

Le discontinuità presenti nell'acciaio possono essere suddivise, in base alla loro genesi, in cinque
gruppi. A queste si aggiunge una ulteriore classe per i difetti in esercizio:

Discontinuità Descrizione

- congenite nel materiale Sono discontinuità originate dalla presenza di elementi come
ossidi, solfuri, idrogeno disciolto

- da bagno metallico Sono inclusioni non metalliche che si possono formare


nell'elaborazione dell'acciaio, a causa del processo di
affinazione.

- durante la colata Sono discontinuità che insorgono durante la fase di colata e


solidificazione del lingotto.

- da lavorazioni a caldo Sono discontinuità che insorgono quando la fucinatura è


eseguita a temperatura non corretta (troppo bassa, o troppo
alta, o non omogenea).

- da trattamento termico Sono discontinuità di tipo superficiale, che possono essere


causate da una non corretta esecuzione del trattamento
termico, o anche da problemi legati alla particolare
geometria del pezzo ed alla velocità critica di
raffreddamento.

- che insorgono durante Circa il 90% dei cedimenti degli organi meccanici durante
l'esercizio l'esercizio avviene per il fenomeno della fatica.
Le discontinuità che insorgono nei materiali durante
l'esercizio sono quindi essenzialmente cricche (microcricche,
cricche di fatica, ecc... )

Ricordiamo che per discontinuità si deve intendere una interruzione della struttura fisica di un
manufatto, che non pregiudica necessariamente l'utilizzo del manufatto stesso.

Solo dopo che la discontinuità è stata valutata sulla base di un criterio di accettabilità, si può
eventualmente parlare di difetto e della opportunità di utilizzare il manufatto stesso.

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• Discontinuità congenite nel materiale

Ossidi.

Provengono dalla reazione dell'ossigeno con


elementi ossidabili (Fe, Ca, Si, Al, V, Ti, etc.).

La presenza di ossidi influenza la lavorabilità a


caldo del materiale. Se sono ossidi duri
possono provocare delle rotture superficiali o
interne o diventare punti di concentrazione di
sforzi.
Aspetto micrografico di inclusioni frantumate
Con la fucinatura non vengono eliminati, ma
nella laminazione
deformati o spezzettati secondo le
deformazioni principali di lavoro.

Solfuri.

Lo zolfo presente nell'acciaio si combina con


il ferro e con il manganese per formare
solfuri.

I solfuri sono molto plastici e seguono la


deformazione del materiale assumendo una
distribuzione in base alla direzione principale
di deformazione.

Aspetto micrografico di inclusioni allungate nella


laminazione

Fiocchi.

Sono dovuti alla presenza di idrogeno


disciolto nell'acciaio. In seguito alla
lavorazione a caldo e al successivo
raffreddamento, l'idrogeno tende a riunirsi in
"sacche" dove la pressione raggiunge valori
elevatissimi e provoca delle piccole
lacerazioni a forma di lente.

I fiocchi sono un difetto grave in quanto


diventano inneschi per possibili rotture a
causa della loro forma.

Sono eliminabili con una lavorazione


successiva a caldo e un adatto ciclo di
trattamento antifiocco. Aspetto dei fiocchi in una sezione trasversale
di una billetta quadrata

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• Discontinuità che insorgono nell'elaborazione del bagno metallico

Nell'elaborazione dell'acciaio, a seguito del processo di affinazione, si possono formare:

• inclusioni non metalliche; le più comuni sono quelle di silice ed allumina.

• più rare sono invece le inclusioni metalliche, quali quelle di stagno e rame, in quanto presenti
nel rottame di partenza.

• Discontinuità che insorgono durante la colata

Le principali tipologie di queste discontinuità sono :

1. inclusioni Durante la colata può accadere che parti di refrattario si stacchino dalla siviera, dal
canale di colata o da altre attrezzature, oppure possono verificarsi fenomeni di
riossidazione per il contatto con l'aria durante i travasi.
Durante la solidificazione, le inclusioni inglobate nell'acciaio tendono a concentrarsi
nella parte alta del lingotto (materozza) per cui con l'eliminazione della materozza
in quantità sufficiente vengono quasi integralmente eliminate.

Le dimensioni sono variabili (da molto piccole a molto grandi, dell'ordine di qualche
centimetro cubo). Sono visibili agli ultrasuoni, compatibilmente con le loro
dimensioni in quanto sono di materiale diverso dall'acciaio.

2. discontinuità di L'acciaio colato nelle lingottiere inizia la sua solidificazione dalle parti più esterne e
cristallizzazione con velocità di raffreddamento diverse tra la parte esterna e quella interna.

Ai nuclei di solidificazione primari si aggiunge sempre più materiale solido, ma non


in forma ordinata, bensì ramificata in tutte le direzioni, dando origine al fenomeno
del dendritismo.

Il fenomeno non pregiudica comunque la sanità del pezzo in quanto limitato alla
superficie ed è di fatto eliminabile con le successive lavorazioni a caldo.

3. discontinuità di La segregazione è un fenomeno che interessa grossi lingotti o forme geometriche


segregazione che presentano punti critici per questo fenomeno (spigoli). E' dovuta al fatto che
iniziano a solidificare prima i materiali più altofondenti e poi via via gli altri.
Questo comporta una differenza di composizione chimica del materiale che in
genere si accentua nella zona assiale dei forgiati.

4. cavità da ritiro Sono dovute alla diminuzione di volume che si ha durante il raffreddamento
(nell'acciaio la variazione di volume è pari a circa il 6%). Tale riduzione può dare
origine a cavità nella zona che si solidifica per ultima (zona della materozza).
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Le cavità sono eliminabili con appropriati cicli di fucinatura o laminazione, in virtù


delle proprietà che ha l'acciaio di saldarsi con la sola temperatura al contatto di due
superfici (purché non ossidate).
5. cricche Le cricche che si formano durante la colata dell'acciaio sono dovute a parametri di
colata sbagliati o ad errori di procedimento.

Interessano più il campo dei controlli superficiali che gli ultrasuoni. Potrebbero
essere di pertinenza del controllo con ultrasuoni se in seguito alla fucinatura
venissero spinti all'interno del materiale.

• Discontinuità che insorgono nel materiale durante l'esercizio

Circa il 90% dei cedimenti degli organi


meccanici durante l'eser-cizio avviene
per il fenomeno della fatica.

Il fenomeno si manifesta nei materiali


sottoposti a sollecitazioni variabili nel
tempo (oscillanti).

La rottura per fatica è improvvisa e si verifica senza che sia stato raggiunto in alcun punto della
sezione il carico di rottura.

La superficie della frattura ha un


aspetto caratteristico; vi si distinguono
due zone: una liscia, talvolta ossidata
con delle linee parallele, e una
brillante a grana cristallina.

L'aspetto mostra come la frattura


abbia avuto origine con una lesione
che è andata progres-sivamente e
lentamente aumen-tando fino alla
rottura finale.

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1.4.2 Discontinuità nei forgiati

Nei forgiati ottenuti direttamente dal lingotto (sbozzati), possono ritrovarsi le discontinuità tipiche
dell'acciaio. In alcuni tipi di forgiati la parte centrale dello sbozzato viene asportata e le
discontinuità che potrebbero derivare dal lingotto vengono così quasi tutte eliminate.

Le discontinuità che si possono formare durante il processo di forgiatura sono di due tipi principali.
• strappo da fucinatura
• ripiegatura.

Lo strappo da fucinatura (o fessura


da scoppio) consiste in una rottura
causata da una non corretta (troppo
bassa) temperatura di fucinatura.

In queste condizioni il materiale non


raggiunge il sufficiente grado di
plasticità e si strappa. Gli strappi da
fucinatura (o fessure da scoppio)
possono verificarsi sia sulla superficie
che all'interno del pezzo (strappi
subsuperficiali).

Nota La temperatura di forgiatura, oltre che non essere troppo bassa, non deve neanche
essere troppo elevata, altrimenti potrebbero verificarsi sulla superficie anomalie, quali
decarburazione e bruciature, e al cuore ingrossamento del grano.

Il secondo tipo, classico della fucinatura, è la ripiegatura.

Una ripiegatura (o ricalcatura) è


dovuta ad una parte di materiale che
invece di scorrere e di distendersi si
accavalla sovrappo-nendosi sulla
superficie del forgiato stesso.

Con i successivi cicli di fucinatura la


ripiegatura viene spinta all'interno del
materiale.

Un altro tipo di ripiegatura si genera nella forgiatura con stampo se le superfici dei calibri non
combaciano perfettamente.
Quando il pezzo da forgiare è
pressato dentro i calibri, nelle zone di
giunzione tende a fuoriuscire del
materiale che, con i colpi successivi di
pressatura, viene ripiegato sulla
superficie stessa dando origine ad
una ripiegatura.

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Forgiati con caratteristiche morfologiche simili hanno anche tipologie di discontinuità simili.

Esamineremo quindi le discontinuità nei forgiati assumendo la seguente suddivisione in gruppi:

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1.4.3 Discontinuità nei getti

Le discontinuità che si ritrovano nei getti sono, in linea di massima, le stesse del lingotto (un
lingotto può essere infatti considerato come un getto grossolano). Esistono tuttavia delle
differenze dovute al fatto che un getto ha, di norma, una forma geometrica più complessa di quella
del lingotto. Ciò che cambia, assieme alla forma geometrica, è la dinamica di solidificazione.

Il lingotto ha una forma geometrica semplice e i fenomeni legati alla solidificazione si presentano
in maniera lineare.

Un getto presenta una dinamica di solidificazione complessa che a volte causa discontinuità
impreviste.

Oltre alle discontinuità congenite nel materiale e a quelle che insorgono nell'elaborazione del
bagno metallico (per le quali vale quanto detto per i lingotti), nei getti si possono trovare :

• discontinuità che Durante la colata possono formarsi inclusioni non metalliche di


insorgono durante la composizione chimica complessa. Nel getto solidificato le
colata inclusioni si presentano o come grossi "panni" di inclusioni
disposti parallelamente alla superficie del getto, oppure come
"nuvole" ben localizzate di piccole inclusioni.

Le inclusioni possono essere originate da :


- la reazione dell'acciaio con l'ossigeno dell'aria (ossidi
secondari);
- le reazioni dell'acciaio e degli ossidi secondari con refrattari e
sabbia (ossidi complessi);
- il distacco di piccole parti della forma.

Un secondo tipo di discontinuità è la ripiegatura fredda, che si


forma quando del metallo fuso è colato sopra un metallo già
solidificato (ad es.: il metallo versato produce degli schizzi se
colpisce la forma troppo duramente; gli spruzzi sulle pareti
solidificano rapidamente e, quando il livello del metallo fuso li
raggiunge, si formano le ripiegature).

• discontinuità da reazione Quando la temperatura di colaggio è troppo elevata, si può avere


con la forma una reazione tra l'acciaio e lo strato superficiale della forma di
sabbia (sinterizzazione) e la formazione di uno strato di materiale
con caratteristiche intermedie tra il metallo e la sabbia.

Che si formi questo strato non è di per sé grave, ma è bene


rimuoverlo perché potrebbe nascondere difetti più gravi.

• discontinuità da Possono essere causate da una non corretta esecuzione del


trattamento termico trattamento termico, ma anche da problemi relativi alla particolare
geometria del pezzo e dalla velocità critica di raffreddamento.

La geometria complessa dei pezzi genera tensioni che possono


essere eccessive e generare rotture. I difetti da trattamento
termico sono per lo più esterni (superficiali).

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• discontinuità che si A causa della geometria complessa del getto, la solidificazione


formano durante la può procedere in modo non uniforme e quindi generare
solidificazione discontinuità del tipo qui elencate.

• Coni da ritiro
A causa di non perfette alimentazioni del getto da parte delle
materozze, si possono formare dei vuoti detti coni da ritiro. Le zone
del getto che solidificano per prime (quelle a spessore più sottile)
attirano materiale liquido dalle zone più calde non ancora
solidificate. Quando anche in queste zone il metallo è quasi
solidificato esso non scorre più e si creano le cavità.

• Porosità
la chiusura anticipata di uno spessore del getto può determinare la
formazione di vuoti di forma sferica molto piccoli e ben distribuiti

• Segregazioni
Sono drastiche variazioni di analisi chimica con allineamenti di
grossi solfuri, spesso dovute alla crescita anomala delle dendriti a
seguito della presenza di punti in cui è più difficile la perdita di
calore da parte della forma

• Strappi a caldo
Sono cricche dovute a cedimenti a caldo, localizzate nelle zone più
calde della superficie del getto. Se la fusione ha zone con spessori
sottili ed elevati, quelle con spessore sottile solidificheranno prima.
A causa di ciò anche i ritiri nel materiale non saranno uniformi e si
creeranno tensioni interne fra le varie zone a differente
temperatura che daranno luogo agli strappi.

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1.4.4 Discontinuità nelle lamiere

Le discontinuità presenti nel lingotto tendono a


permanere nelle lamiere, anche se con aspetto
morfologico alterato dalle successive laminazioni.

A lato è mostrato l'effetto della laminazione sulle


inclusioni non metalliche rimaste intrappolate nel lingotto
durante la solidificazione (e non asportate): le inclusioni
si appiattiscono e si allungano, principalmente nel senso
della laminazione.

Nelle lamiere vengono individuate le seguenti discontinuità:

PAGLIE CRICCHE DA TENSIONE

Sono difetti superficiali e sub-superficiali Possono aversi in lamiere di un certo spessore in


preesistenti nello slebo e non completamente corrispondenza dei bordi in seguito alle operazioni
asportati durante il condizionamento. di taglio comportanti incrudimenti localizzati o, più
in generale, sollecitazioni trasversali.

BUGNE, IMPRONTE INCLUSIONI

Sono discontinuità aperte in superficie, dovute a Sono difetti preesistenti nel lingotto; si suddividono
corrispondenti irregolarità sulla superficie di lavoro in refrattarie e plastiche.
dei cilindri del laminatoio.

SDOPPIATURE SEGREGAZIONI

Derivano direttamente dalle segregazioni del


lingotto e, per deformazione plastica, tendono ad
assumere una forma stratificata, disponendosi
entro il terzo medio dello spessore della lamiera.

Sono normalmente dovute a residui del polmone Normalmente sono dannose quando la lamiera
di ritiro primario o secondario del lingotto; viene sottoposta a forti sollecitazioni trasversali
trattandosi di cavità con superfici ossidate, (per lamiere di spessore superiore a 50 mm).
durante la laminazione non avviene la saldatura di
queste per cui risulta una ampia discontinuità Un tipico fenomeno conseguente la presenza di
planare. forti segregazioni è lo strappo lamellare.

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1.4.5 Discontinuità nei tubi

Le discontinuità che si riscontrano nel tubo laminato si dividono in due categorie:

• discontinuità congenite, discontinuità presenti nel materiale di partenza


• discontinuità di fabbricazione, discontinuità dovute al processo di fabbricazione

Spesso non è facile stabilire a vista se una discontinuità è dell'uno o dell'altro tipo, perché a volte
le due cause si sovrappongono oppure i difetti si presentano con uguale aspetto.

- Discontinuità congenite

Alcune delle discontinuità che si osservano nel tubo sono causate da discontinuità presenti nel
materiale usato per la fabbricazione del tubo stesso.

L'aspetto originale delle discontinuità è alterato dai processi di lavorazione del tubo.

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- Discontinuità di fabbricazione – Processo Mannesman

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- Discontinuità di fabbricazione – Processo per estrusione

1.4.6 Discontinuità di saldatura

Le saldature hanno la particolare caratteristica di unire permanentemente due parti solide


realizzando la continuità del materiale. Se questa continuità risulta imperfetta ci si trova di fronte
ad una discontinuità di saldatura.

Le discontinuità che prenderemo in esame riguardano la


saldatura autogena per fusione, che è il processo più
comune di saldatura. In questo tipo di saldatura le
discontinuità possono ritrovarsi sia in zona fusa che in
zona termicamente alterata (ZTA). Alcune discontinuità,
costituitesi in una delle due zone, possono propagarsi nel
materiale base.

Le eventuali discontinuità presenti in un giunto saldato


dovranno essere individuate ed esaminate al fine di
stabilirne la compatibilità con le condizioni di servizio
della struttura.

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Le discontinuità di saldatura possono essere classificate in funzione dei seguenti parametri:

• Posizione

Superficiali Volumetriche

Sono discontinuità affioranti sulla superficie Sono discontinuità che si sviluppano


della saldatura internamente alla zona fusa o alla zona
termicamente alterata (Z.T.A.) .

• Forma

Bidimensionali Tridimensionali

Sono discontinuità aventi una sezione trasversale Sono discontinuità che presentano uno
relativamente grande in una direzione e una sviluppo evidente in tutte le direzioni.
sezione trasversale piccola o trascurabile nella
direzione perpendicolare alla prima.

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• Origine

Di tipo metallurgico Di tipo operativo

Derivano da : Derivano da :
- tensioni residue; queste aumentano con la - insufficiente abilità del saldatore;
resistenza del materiale ed agiscono sia in senso - condizioni di lavoro non adeguate;
longitudinale che trasversale rispetto - materiali non adeguatamente conservati;
alla saldatura; - lembi mal preparati.
- fusione nel materiale base;
- assorbimento di gas nella zona fusa;
- raffreddamento veloce del giunto

Nelle pagine che seguono descriveremo i diversi tipi di discontinuità in saldatura con riferimento al
loro aspetto (forma e posizione) ed alle cause principali della loro formazione.

• Cricche in zona fusa


• Cricche in zona termicamente alterata (ZTA)
• Mancanza di penetrazione e di fusione
• Inclusioni
• Errori di profilo

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• Cricche in zona fusa

Una cricca è una discontinuità originatasi per distacco inter o trans cristallino in un materiale
metallico originariamente continuo e sano.

Le cricche sono il difetto più grave e temibile di un giunto saldato in quanto, anche se di piccole
dimensioni, sono sempre una rottura in atto, con alto fattore di concentrazione delle tensioni
(effetto d'intaglio) alle sue estremità; una cricca può essere suscettibile di ingrandirsi col tempo a
seconda delle sollecitazioni di esercizio e delle sue dimensioni iniziali, portando il giunto a
cedimento.

Una cricca viene normalmente considerata come una discontinuità bidimensionale perché è più o
meno allungata (da qualche millesimo di mm sino a parecchi cm) e profonda con un andamento
frastagliato, mentre i suoi lembi sono piuttosto ravvicinati. Se le dimensioni sono molto ridotte
(inferiori a 1 mm) si parla di microcricche.

Possono essere longitudinali, trasversali o interdendritiche (queste ultime sono quelle che
seguono l'andamento né longitudinale né trasversale dei grani dendritici nella zona fusa).

CRICCHE A CALDO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
Le cricche a caldo si manifestano durante la
solidificazione del giunto; hanno di regola andamento
longitudinale e s o; possono o no affiorare alla
superficie.

Nella saldatura degli acciai al carbonio, le cause


principali della loro formazione sono :
medio alto tenore di carbonio del materiale base;
alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel
materiale base;
alto grado di tensioni di ritiro di saldatura.

CRICCHE A FREDDO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
Le cricche a freddo si formano durante il
raffreddamento del giunto. Sono più frequentemente
trasversali che longitudinali, perché le tensioni
longitudinali sono le più elevate.

Le cause principali della loro formazione sono :


- un elevato tenore di idrogeno in zona fusa;
- alta velocità di raffreddamento;
- alto grado di tensioni di ritiro.

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• Cricche in zona termicamente alterata

Si trovano nella zona termicamente alterata di una saldatura o comunque vicino ad essa. La loro
direzione è generalmente longitudinale ma può anche essere trasversale, inoltre possono essere
interne al cordone o affioranti.

CRICCHE A FREDDO (longitudinali) SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
Si formano durante il raffreddamento del giunto.
Possono avere sia dimensioni ridottissime
(microcricche) sia molto rilevanti, con lunghezze di
decine di centimetri.

Le cause principali della loro formazione sono :


- presenza di strutture di tempra in Z.T.A.;
- assorbimento di idrogeno da parte del bagno;
- tensioni di ritiro residue.

CRICCHE A CALDO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
Sono cricche generalmente molto piccole dovute alla
fusione di composti basso-fondenti che si trovano al
contorno dei grani cristallini (nella zona termicamente
alterata del giunto) ed all'azione delle tensioni di ritiro
che provocano il distacco dei grani.

STRAPPI LAMELLARI SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
Sono cricche che si verificano nel materiale base
quando quest'ultimo è sollecitato perpendicolarmente
al piano di laminazione. Sono tipici dei giunti a T o
ad L vincolati ed hanno un caratteristico andamento a
gradino.

Le cause principali della loro formazione sono:


tensioni di ritiro;
geometria del giunto;
materiale base laminato di spessore medio alto
suscettibile agli strappi.

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• Mancanza di penetrazione e di fusione

Le mancanze di penetrazione e di fusione sono discontinuità provocate dalla mancata fusione di


entrambi o di uno solo dei lembi che compongono il giunto saldato. Sono difetti gravi e quasi
sempre inaccettabili.

MANCANZA DI PENETRAZIONE SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
Possono trovarsi nella zona della prima passata
(vertice) o al cuore della saldatura, a seconda del tipo
di preparazione (a V, a X, ecc.) o in corrispondenza di
passate successive.

La loro causa principale è la cattiva preparazione dei


lembi (angolo di apertura del cianfrino troppo piccolo,
distanza tra i lembi insufficiente, slivellamento) o nella
scarsa abilità del saldatore nel caso di procedimenti di
saldatura manuale.

MANCANZA DI FUSIONE SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
E' una discontinuità tra un lembo e la zona fusa
provocata dalla mancata fusione.

Le cause probabili sono le stesse della mancanza di


penetrazione.

INCOLLATURE SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦ ♦
Sono simili alle mancanze di fusione ma tra lembo e
zona fusa è interposto uno strato di ossido.

Un giunto con questo difetto ha cattive caratteristiche


meccaniche.

Sono tipiche degli acciai ferritici, per procedimenti ad


apporto termico poco concentrato (MAG) o di materiali
facilmente ossidabili (leghe di alluminio).

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• Inclusioni

Le inclusioni sono discontinuità situate in zona fusa, costituite da zone del cordone in cui, al posto
del materiale di saldatura, si trovano sostanze estranee (gas, sostanze non metalliche o
metalliche).

INCLUSIONI SOLIDE

INCLUSIONI DI SCORIA SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
Sono cavità disposte all'interno della zona fusa, in
uno o entrambi i margini di questa, e contenenti solo
scoria o scoria e gas.

L'inclusione è detta allungata quando è lunga più di


tre volte la sua larghezza.

Sono tipiche dei procedimenti ad elettrodo rivestito e ad


arco sommerso.

INCLUSIONI DI TUNGSTENO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
E' una inclusione a carattere sferico o poligonale,
costituita da tungsteno sotto forma di pezzi isolati o
di minute schegge raggruppate (spruzzi di tungsteno).

E' una discontinuità tipica del procedimento TIG.

INCLUSIONI GASSOSE

POROSITA' E SOFFIATURE SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
Sono cavità provocate da gas rimasti intrappolati nel
bagno e solidificatisi troppo rapidamente.

Le inclusioni tondeggianti sono dette pori o soffiature a


seconda che la loro dimensione sia inferiore o superiore a
1 mm.

TARLI SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦ ♦
Sono inclusioni gassose di forma allungata
(lunghezza superiore a tre volte il loro diametro).
I tarli con una coda particolarmente lunga possono
terminare con piccole chicche o incollature e sono da
considerarsi molto pericolosi per la sicurezza del
giunto.

Si tratta di un tipico difetto operativo. Possono anche


presentarsi raggruppati nelle zone in cui, per errore di
maneggio, l'arco con elettrodi basici o cellulosici è stato
troppo allungato.

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• Errori di profilo

Le discontinuità di profilo sono rappresentate da deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al
profilo ideale, costituito da una linea che penetra parzialmente nei lembi e si raccorda dolcemente
con il materiale base, indipendentemente dal tipo di giunto. Sono discontinuità ritrovabili solo nella
zona fusa.

ECCESSO DI SOVRAMETALLO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
Si riscontra nei giunti di testa.

E' dovuto in genere al saldatore che non è stato in grado


di distribuire opportunamente il numero delle passate (in
saldatura normale), oppure al saldatore che non si è
attenuto alle indicazioni dei parametri (nella saldatura
automatica).

CORDONE D'ANGOLO TROPPO CONVESSO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
E’ una discontinuità caratteristica dei giunti d’angolo.

E' dovuto ad un errato maneggio dell'elettrodo da parte


del saldatore (saldatura manuale) o a parametri non
corretti (saldatura automatica).

INCISIONI MARGINALI SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
Si presentano spesso nei cordoni eseguiti
manualmente, più frequentemente in posizione
diversa da quella piana.

Sono essenzialmente causate dall'impiego di corrente


eccessiva, associata ad un maneggio non corretto.

IRREGOLARITA' SUPERFICIALI SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
Conferiscono un brutto aspetto al cordone, le cui
maglie, anziché essere disposte parallelamente una di
seguito all'altra, hanno un andamento irregolare.

La causa è la capacità operatoria non adeguata da parte


del saldatore.

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SLIVELLAMENTO DEI LEMBI SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
Nel migliore dei casi consiste in una brusca
variazione del profilo, altrimenti si può avere la
mancanza di fusione del lembo sovrapposto.

E' dovuto ad un montaggio imperfetto che ostacola la


possibilità di eseguire una saldatura regolare.

COLPI D'ARCO SUP VOL 2D 3D MET OP


♦ ♦
Consistono in una fusione localizzata del materiale
base senza materiale d'apporto.

E' tipico dei procedimenti manuali ad arco provocati dalla


scarsa cura del saldatore che innesca l'arco sul materiale
base e non, come è regola, su un lembo del cianfrino.

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2. PRINCIPI DEL METODO

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2.1. PENETRANTI E RILEVATORI

I liquidi penetranti, ed i rivelatori, sono di diverso tipo e devono possedere determinate


caratteristiche per essere idonei all’utilizzo. Nelle pagine che seguono esamineremo le diverse
tipologie di prodotti e le loro principali caratteristiche fisiche. Nella prima parte vengono presentati
il principio dell’esame e gli strumenti necessari alla sua effettuazione:

• liquidi penetranti,
• rivelatori,
• lampade di illuminazione.

2.1.1 Principio dell’esame

L’esame con i liquidi penetranti (PT) permette di rilevare discontinuità sfocianti sulla superficie del
pezzo in esame.
Discontinuità aperta
Discontinuità interna al pezzo
sulla superficie
(non rilevabile con i liquidi
(rilevabile con i liquidi
penetranti)
penetranti)

Applicazione del liquido penetrante


Il principio dell’esame è il seguente:

• sulla superficie del pezzo si applica un liquido


colorato particolare, detto penetrante, il quale si
insinua nelle discontinuità superficiali presenti;
Rimozione del liquido in eccesso

• successivamente, dopo aver ripulito la


superficie dall’eccesso di penetrante, si
applica una sostanza, chiamata rivelatore,
la quale assorbe il penetrante insinuatosi
nelle discontinuità, creando così un segnale Applicazione del liquido rivelatore
che informa sulla discontinuità stessa.

Nella tabella seguente sono riportati i principali vantaggi e limiti dell’esame con liquidi penetranti

VANTAGGI LIMITI
• È applicabile a tutti i materiali • Rileva solo discontinuità sfocianti
(ferromagnetici e non). sulla superficie.
• È relativamente di facile esecuzione • Le discontinuità contenenti sostanze
ed interpretazione. estranee (sporcizia, ossidi, …) non
• È eseguibile anche su pezzi o sono rilevate (in quanto il liquido non
particolari aventi scarsa accessibilità. può penetrarvi).
• Richiede attrezzatura di costo molto • La superficie del pezzo va preparata
ridotto rispetto agli altri controlli. più accuratamente che negli altri
controlli.

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2.1.2 Classificazione dei penetranti

I liquidi penetranti si dividono in due gruppi, in relazione al metodo di osservazione delle


indicazioni di discontinuità che appaiono sulla superficie del pezzo da esaminare:

• liquidi colorati
forniscono indicazioni visibili alla luce del giorno, o in luce bianca artificiale (normali lampade
da illuminazione), per il contrasto di colore formato tra liquido (a cui è aggiunta una certa
quantità di pigmento rosso) e rivelatore (in genere bianco).

• liquidi fluorescenti
forniscono indicazioni visibili, al buio, per fluorescenza quando investiti da radiazione
ultravioletta (illuminati cioè da una lampada di Wood). A questi liquidi viene aggiunta una
sostanza fluorescente.

Queste due gruppi si suddividono a loro volta in tre sottogruppi, in base alla tecnica di rimozione
dell’eccesso di liquido non penetrato e ristagnante sulla superficie in esame:

• lavabili con acqua


sono detti anche autolavanti o idrosolubili, perché si possono lavare direttamente con acqua: o
in quanto sono per loro natura solubili in acqua o perché, pur non essendolo, contengono
incorporato un additivo emulsionante che ha la capacità di dissolverli in acqua; questi ultimi
possono anche essere detti auto-emulsionanti;

• asportabili con solvente


il liquido può essere asportato solo tramite un opportuno solvente organico;

• post-emulsionabili
il liquido in eccesso può essere asportato con acqua solo dopo l’applicazione di un liquido
emulsionante.

Sostanze fluorescenti

Certe sostanze, dette fluorescenti, sono in grado di assorbire radiazioni elettromagnetiche a lunghezza
d’onda relativamente piccola, nel nostro caso dell’ordine dei 350 nanometri (1 nanometro =10-9 metri)
per poi cedere immediatamente l’energia assorbita emettendo della radiazione luminosa visibile, detta
luce di fluorescenza.

Emulsione

Una emulsione è una miscela di due liquidi non solubili tra loro (sistema bifasico), nella quale uno (fase
dispersa) è disperso in forma di minutissime goccioline nell’altro (fase disperdente).

Un emulsionante è una sostanza che ha la proprietà di provocare un forte abbassamento della


tensione superficiale del liquido in cui viene disciolto, disponendosi attorno alle gocce della fase
dispersa.

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2.1.3 Composizione chimica

Dal punto di vista chimico i liquidi penetranti sono nella maggior parte di natura organica, a peso
specifico molto basso come alcoli, oli minerali o vegetali e prodotti di sintesi a base di petrolio,
opportunamente miscelati tra loro.

Tutti i prodotti da utilizzare (penetranti, solventi, emulsificatori, rivelatori, ecc.) devono essere
chimicamente inerti nei confronti dei materiali da esaminare, specie nei riguardi della loro possibile
capacità a corrodere.

NORME ASME – Sez. V – Art. 6


In particolare, le norme ASME, di cui a … i prodotti utilizzati nel controllo di leghe di nichel, devono
lato è riportato un estratto, impongono avere un contenuto di zolfo nel residuo secco non superiore
precise limitazioni al contenuto di certe all’ 1% in peso …
sostanze nei liquidi, onde evitare pericoli … i prodotti impiegati nel controllo di acciai inossidabili
di danneggiamento della struttura dei austenitici o di titanio e sue leghe devono avere un
materiali in esame. contenuto di alogeni (F, Cl, Br, I) nel residuo secco non
superiore all’1% in peso …

2.1.4 Proprietà fisiche

Il liquido utilizzato quale penetrante deve


CAPACITÀ DI
possedere determinate caratteristiche che
PENETRAZIONE
ne assicurino la sua inserzione all’interno
della discontinuità, anche se questa è molto Viscosità
sottile.

Questa capacità dipende da una proprietà Tensione


fisica chiamata capillarità, la quale a sua CAPILLARITÀ superficiale
volta dipende da altre proprietà quali:
viscosità, tensione superficiale, bagnabilità.
Bagnabilità

- Viscosità

La viscosità è una caratteristica dei liquidi che si riferisce all’attrito tra le molecole del liquido
stesso che ne limita il movimento. In pratica, quindi, la viscosità indica la capacità di un liquido di
scorrere su una superficie. Maggiore è la viscosità più lento risulterà il movimento.

Un penetrante con viscosità elevata impiegherà pertanto più tempo per penetrare nelle
discontinuità, allungando i tempi dell’esame.

Per contro, una bassa viscosità fa sì che il liquido scoli via rapidamente dalla superficie, in tempi
inferiori a quelli necessari per la sua penetrazione, soprattutto durante il controllo di superfici non
orizzontali.

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- Tensione superficiale

La tensione superficiale è una forza di coesione che si esercita tra le molecole superficiali di un
liquido, la quale fa sì che la superficie di un liquido si comporti, in un certo senso, come una
membrana elastica.

Essa è dovuta al fatto che mentre su una molecola all’interno di un liquido le forze che esercitano
le altre molecole sono simmetriche in tutte le direzioni, su quelle in superficie agiscono solo forze
laterali e verso l’interno.

Goccia di liquido
aria
All’interno
Sulla superficie A A

liquido liquido

All’interno: è nulla la forza totale Sulla superficie: forza totale


agente sulla molecola A agente sulla molecola B

- Bagnabilità

Con potere di bagnare o bagnabilità si intende la capacità di un liquido di spandersi su una


superficie anziché mantenere la forma sferica.

Consideriamo una goccia di liquido su di una Tangente alla superficie del


superficie solida e l’angolo ( ) che la superficie liquido nel punto di contatto
del liquido forma con la superficie di appoggio
nel punto di contatto: Angolo di contatto

• se questo è minore di 90° si dice che il


liquido bagna la superficie;
• se è uguale o maggiore di 90° si dice che il Punto di contatto
liquido non bagna la superficie.

Bagnabilità e tensione superficiale sono pertanto due proprietà che agiscono in senso opposto: ad
una alta tensione superficiale corrisponde una bassa bagnabilità e viceversa.

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- Capillarità

Il penetrante entra nella discontinuità per effetto della capillarità (e non della gravità).

La capillarità è un fenomeno fisico per


il quale, in tubi molto sottili di diametro
interno inferiore a 0,1 mm (capillari),
un liquido raggiunge un livello
anomalo: se tra una serie di vasi
comunicanti vi è un capillare il livello
in esso raggiunto dal liquido è
differente da quello comune agli altri
vasi.

Questo fenomeno è collegato alla tensione Pareti ‘bagnate’


superficiale del liquido e alle forze che si • innalzamento del livello
manifestano tra le molecole del liquido e • menisco concavo
quelle del recipiente.

Se il liquido “bagna” le pareti il livello è più


alto; se il liquido “non bagna” le pareti il livello Pareti ‘non bagnate’
è più basso. • abbassamento del livello
menisco convesso

In natura un esempio di capillarità è la risalita della linfa lungo il fusto delle piante che avviene
contro la forza di gravità. Nelle cricche, pur non essendo esse dei capillari, l’interazione tra la
superficie solida del pezzo e quella liquida del penetrante è responsabile della migrazione del
penetrante nella sottile apertura.

2.1.5 Altre proprietà

Altre caratteristiche che è importante conoscere, soprattutto in relazione alla sicurezza


dell’operatore, riguardano:

• punto di infiammabilità: indica la temperatura alla quale il penetrante deve essere riscaldato, in
determinate condizioni, per produrre vapore in quantità sufficiente a formare con l’aria una
miscela infiammabile; ovviamente è desiderabile che il punto di infiammabilità sia elevato.

• tossicità e irritabilità cutanea: non esistono particolari limitazioni dal punto di vista della
tossicità salvo quella di utilizzare una maschera durante l’uso dello sviluppatore se si opera in
ambienti chiusi o con sistemi ad aria compressa. In merito all’irritabilità cutanea è bene evitare
il contatto dei liquidi con la pelle onde evitare fastidiose irritazioni.

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2.1.6 Sensibilità d’esame

L’esame con liquidi penetranti risulta tanto più sensibile quanto più piccola e sottile è la
discontinuità che può essere rilevata.

La capacità di penetrazione diminuisce però quanto più al penetrante sono state aggiunte
sostanze, quali pigmenti colorati o fluorescenti e l’emulsificatore, che rendono il prodotto più
“carico” e quindi di più difficoltosa introduzione nelle fenditure sottili.

I penetranti fluorescenti sono più sensibili di quelli colorati, poiché richiedono una minore quantità
di sostanza fluorescente, rispetto a quella colorata, per assicurare la visibilità, il che assicura una
mobilità superiore che permette un più facile inserimento in fenditure sottili.

Liquido colorato ‘poco carico’

Liquido colorato ‘molto carico’

Dei tre gruppi autolavanti, rimovibili con solvente, post-emulsionabili, tenendo presenti le
considerazioni fatte sulle aggiunte di sostanze si può affermare che:

• i penetranti rimovibili con solvente, essendo i meno carichi, sono quelli che presentano una
sensibilità superiore,

• seguiti da quelli post-emulsionabili (l’aggiunta dell’emulsificatore prima dello sviluppatore


rende più difficoltosa la fuoriuscita del liquido)

• e da quelli autolavanti.

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2.1.7 Rivelatori

I rivelatori provocano la fuoriuscita del penetrante trattenuto nelle discontinuità, realizzando uno
strato sulla superficie del pezzo in cui sono presenti condotti di piccolissima sezione. La fitta rete
di canalini è creata dalle minutissime particelle di sostanze a base di talco, gesso o silice amorfa,
di cui è costituito il rivelatore.

Il liquido penetrante presente nelle discontinuità si inserisce entro i canalini per capillarità,
diventando così visibile sulla superficie del pezzo.

Particelle fini di polvere assorbente Penetrante


fuoriuscito
Strato di
rivelatore

Liquido
penetrante

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2.1.8 Classificazione dei rivelatori

Esistono tre tipologie di rivelatori:

• rivelatori a secco, sono costituiti da polvere finissima che viene applicata sul pezzo asciutto
tramite soffietto o distributore automatico ad aria compressa.
Assicurano la migliore sensibilità, ma risultano anche i più costosi !

• rivelatori in acqua, contengono dispersa o disciolta in acqua la polvere assorbente.


Dopo l’applicazione è necessario attendere che si asciughino, dopo di che presenta le stesse
caratteristiche del rivelatore a secco, ma con una minore sensibilità a causa della minore
definizione della traccia della discontinuità.

• rivelatori in solvente, contengono dispersa o disciolta in un solvente la polvere assorbente;


vanno utilizzati solo con penetranti rimovibili con solvente.
Questi rivelatori esercitano un azione benefica sui penetranti perché rimuovono eventuali
principi di essiccamento del penetrante ripristinando così la loro mobilità.

In linea generale, i produttori forniscono per ogni tipo di liquido penetrante il rivelatore adatto.
Questa indicazione va rispettata nell’utilizzo di questi prodotti.

2.1.9 Riepilogo delle caratteristiche dei penetranti e rilevatori

Di seguito sono riassunte le caratteristiche che un buon penetrante dovrebbe avere.


1. penetrare agevolmente in piccolissime discontinuità
2. fornire indicazioni chiare e ben definite
3. essere chimicamente inerte rispetto ai materiali da ispezionare e ai contenitori
4. essere poco infiammabile e atossico
5. avere un colore che contrasti decisamente sul fondo chiaro o essere spiccatamente
fluorescente
6. fuoriuscire dalla discontinuità all’applicazione del rivelatore
7. essere facilmente rimovibile dalla superficie su cui è stato applicato
8. non evaporare né asciugare troppo rapidamente
9. essere in grado di permanere entro discontinuità relativamente larghe

Di seguito sono riassunte le caratteristiche che un buon rivelatore dovrebbe avere.


1. essere facilmente applicabile
2. potersi diffondere facilmente sulla superficie, formando uno strato uniforme e sottile
3. avere una alta capacità di assorbimento
4. non essere fluorescente, se utilizzato con liquidi fluorescenti
5. fornire un colore di sottofondo ben contrastante, se utilizzato con i liquidi colorati
6. essere facilmente rimovibile dopo l’ispezione
7. essere inerte e non tossico

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2.2 LAMPADE DI ILLUMINAZIONE

2.2.1 Classificazione delle lampade

Nell’esame con i liquidi penetranti si utilizzano due tipi di apparecchi di illuminazione:


• a luce bianca
• a luce nera

La luce bianca (luce diurna o emessa dalle normali lampade) è impiegata per l’osservazione con
liquidi colorati, che dovrà essere sempre effettuata in un ambiente ben illuminato,

La luce nera è utilizzata per l’osservazione con liquidi fluorescenti, che si esegue in un ambiente
oscurato.

2.2.2. Lampada di Wood

La luce nera si ottiene filtrando la radiazione emessa


da una lampada a scarica elettrica in vapori di
mercurio.

Queste lampade presentano uno spettro di


emissione composto da diverse righe comprese tra
l’ultravioletto ed il visibile.

Filtrando opportunamente le radiazioni luminose


comprese nel visibile e nell’ultravioletto lontano si
lasciano passare solo le radiazioni comprese tra i
300 e 400 nm circa.

Questo filtro è detto filtro di Wood ed una lampada


con le caratteristiche illustrate è detta lampada di Lunghezza d’onda (nm)
Wood. Fattore di trasmissione del filtro
Radiazione trasmessa

- Struttura e componenti

La lampada di Wood è costituita da una


Bulbo esterno
piccola ampolla in quarzo contenente in vetro
alcune gocce di mercurio racchiuse in un
bulbo di vetro speciale. Elettrodi
Elettrodo principali
ausiliario
Ne esistono due versioni:
Resistenza
con bulbo trasparente: necessitano di un limitatrice
filtro esterno;

con bulbo in vetro speciale di Wood: non


Filtro di Wood
necessitano di filtro esterno.
Ampolla in quarzo, trasparente ai raggi
Vengono costruite con potenze di 100, 125, ultravioletti, contenente gas (neon o argon) a
250 e 400 Watt. bassa pressione, più qualche goccia di mercurio

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- Verifica di efficienza

Le lampade a scarica tendono ad esaurirsi nel tempo e perciò richiedono verifiche periodiche che
vengono effettuate con appositi strumenti di misura (radiometer).

L’ASME V prescrive di verificare l’intensità


delle lampade a luce nera ogni 8 ore di
funzionamento con uno strumento a sensibilità
centrata su 365 nm.

La verifica consiste nell’effettuare due letture,


la prima senza filtri UV e la seconda con filtro
UV assorbente (365 nm) posizionato sulla
fotocellula dello strumento indicatore. La
differenza tra le due letture deve essere di Sensor
almeno 1000 µW/cm2.

I radiometri moderni non necessitano della Radiometer


doppia lettura, in quanto la cella non è
sensibile alla luce bianca.

L’efficienza della lampada va verificata dopo almeno 15 minuti di riscaldamento.

ATTENZIONE
Non guardare direttamente la lampada al fine di evitare rischi di lesioni alla retina.
Utilizzare sempre gli appositi occhiali di protezione.

- Distanza di illuminazione

Per avere una buona percezione dei segnali occorre tenere la lampada ad una distanza dal pezzo
adeguata alla potenza della lampada stessa.

• Distanze eccessive non realizzano una luminosità sufficiente e ciò impedirebbe la percezione
di segnali deboli, quali quelli provenienti da discontinuità strette e profonde.

• Distanze troppo vicine causano invece una diminuzione del contrasto.

Con lampade usuali, della potenza di 100 W, la distanza deve risultare all’incirca di 40 cm.

- Pulizia e manutenzione

L’operatore deve curare la pulizia del filtro onde evitare l’accumulo di polvere. Uno strato di
polvere ridurrebbe infatti l’intensità di luce nera emessa dalla lampada e quindi la fluorescenza da
essa promossa.

Il filtro deve inoltre essere sostituito quando risulti screpolato. Attraverso le screpolature
potrebbero infatti passare anche le radiazioni ultraviolette dannose all’occhio.

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Percezione dei colori

L’occhio non percepisce i colori nello stesso modo ma ha una sensibilità massima per le radiazioni
giallo-verdi (emesse ad esempio dai rivelatori magnetici fluorescenti).

La percezione dei colori da parte dell’occhio varia al variare dell’illuminazione, infatti:

• aumentando l’illuminazione aumenta la percezione della differenza di colore e diminuisce la


capacità di individuare piccole fonti di luce (visione fotopica);

• mentre diminuendo l’illuminazione diminuisce la percezione delle variazioni di colore, ma aumenta


l’abilità a distinguere piccole fonti di luce (visione scotopica).

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3. PRATICA DELL’ESAME

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3.1 ATTIVITA’ PRELIMINARI

In questa seconda parte vengono presentate le varie fasi esecutive dell’esame, dalla prima pulizia
superficiale alla valutazione delle indicazioni.

3.1.1 Esame del pezzo

Prima di procedere con il controllo è necessario un attento esame del pezzo e della
documentazione ad esso allegata, allo scopo di ottenere utili informazioni per la scelta del metodo
d’esame e del tipo di liquido nonché sulle eventuali discontinuità da attendersi.

Infatti, per una corretta valutazione delle indicazioni che dovessero risultare, l’operatore deve
conoscere:
• le lavorazioni a cui è stato sottoposto il pezzo (es: laminazione, forgiatura, saldatura,
trattamenti termici);

• le condizioni di servizio (pezzo nuovo o usato, il tipo di sollecitazioni a cui è stato sottoposto e
l’ambiente in cui ha operato),

oltre a conoscere il tipo di discontinuità che ciascuna delle condizioni indicate può comportare.

Infine l’operatore deve sapere se viene richiesta l’applicazione di determinate norme o standard
(ad esempio, norme EN o ASTM) o di codici quali l’ASME o, eventualmente, di procedure interne
appositamente realizzate (vedi procedura in appendice).

In questo caso egli deve attenersi scrupolosamente a quanto prescritto nella normativa, o nella
procedura, durante la conduzione dell’esame e la valutazione dei risultati.

3.1.2 Normativa di riferimento

Infine l’operatore deve sapere se viene richiesta l’applicazione di:

• determinate norme o standard (ad esempio, norme EN o ASTM)

• di codici quali l’ASME

• o, eventualmente, di procedure aziendali appositamente realizzate.

In questo caso egli deve attenersi scrupolosamente a quanto prescritto nella normativa, o nella
procedura, durante la conduzione dell’esame e la valutazione dei risultati.

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NORME UNI EN ISO

NORME DI METODO

UNI EN ISO 3059 Esame con liquidi penetranti e controllo magnetoscopico


Condizioni di visione

UNI EN ISO 3452-1 Esame con liquidi penetranti.


Parte 1: Principi generali.

UNI EN ISO 3452-2 Esame con liquidi penetranti.


Parte 2: Prove dei materiali utilizzati nell’esame con liquidi penetranti

UNI EN ISO 3452-3 Esame con liquidi penetranti.


Parte 3: Blocchi di riferimento per le prove.

UNI EN ISO 3452-4 Esame con liquidi penetranti.


Parte 4: Attrezzatura.

UNI EN ISO 3452-5 Esame con liquidi penetranti.


Parte 5: Prove con penetranti a temperature maggiori di 50 °C.

UNI EN ISO 3452-6 Prove non distruttive – Esame con liquidi penetranti
Parte 6: Prove con penetranti a temperature minori di 10 °C

UNI EN ISO 12706 Terminologia – Termini utilizzati nel controllo con liquidi penetranti

NORME DI PRODOTTO

UNI EN 1371-1 Fonderia. Controllo con liquidi penetranti.


Getti colati in sabbia, colati in conchiglia per gravità ed a bassa pressione.

UNI EN 1371-2 Fonderia. Controlli con liquidi penetranti.


Fusioni a cera persa.

UNI EN 10228-2 Prove non distruttive dei fucinati di acciaio.


Controllo mediante liquidi penetranti.

UNI EN ISO 10893-4 Controlli non distruttivi dei tubi di acciaio


Parte 4: Controllo di tubi di acciaio, saldati e senza saldatura, per la
rilevazione di imperfezioni superficiali con liquidi penetranti

UNI EN ISO 23277 Controllo non distruttivo delle saldature


Controllo delle saldature mediante liquidi penetranti – Livelli di accettabilità.

UNI ISO 4386-3 Cuscinetti radenti. Cuscinetti radenti metallici multistrato.


Prove non distruttive con liquidi penetranti.

ISO 4987:2010 Getti di acciaio. Ispezione con liquidi penetranti

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NORME ASME (American Society of Mechanical Engineers)

ASME V Boiler & Pressure Vessel Code


Section V Nondestructive Examination

ASME V Article 6 Liquid penetrant inspection.

ASME V Article 24 Standard Test Method for Liquid Penetrant Examination


SE-165 (identical with ASTM E165)

NORME ASTM (American Society for Testing and Materials)

ASTM E165-09 Standard Practice for Liquid Penetrant


Examination for General Industry

ASTM E433-71 Standard Reference Photographs for Liquid Penetrant Inspection

ASTM E1135-97 Standard Test Method for Comparing the Brightness of Fluorescent
Penetrants

ASTM E1208-10 Standard Practice for Fluorescent Liquid Penetrant Testing


Using the Lipophilic Post-Emulsification Process

ASTM E1209-10 Standard Practice for Fluorescent Liquid Penetrant Testing


Using the Water-Washable Process

ASTM E1210-10 Standard Practice for Fluorescent Liquid Penetrant Testing


Using the Hydrophilic Post-Emulsification Process

ASTM E1316-10 Standard Terminology for Non destructive Examinations

ASTM E1417-06 Standard Practice for Liquid Penetrant Testing

ASTM E1418-10 Standard Practice for Visible Penetrant Testing


Using the Water-Washable Process

ASTM E1219-10 Standard Practice for Fluorescent Liquid Penetrant Testing


Using the Solvent-Removable Process

ASTM E1220-10 Standard Practice for Visible Penetrant Testing


Using Solvent-Removable Process

ASTM E2297-04 Standard Guide for Use of UV-A and Visible Light Sources and Meters
used in the Liquid Penetrant and Magnetic Particle Methods

ASTM A903-99 Standard specification for steel castings, surface acceptance standards,
magnetic particle and liquid penetrant inspection

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3.1.3 Scelta del metodo e del tipo di liquido

Diversi fattori possono essere presi in considerazione nella scelta della metodologia più idonea
per un certo controllo. Volendo dare delle indicazioni di massima si può affermare quanto segue.

1. Come già visto i liquidi fluorescenti offrono una sensibilità superiore a quella dei liquidi colorati
e quindi sono da preferire quando è richiesta una sensibilità elevata. Per contro, va tenuto
presente che essi richiedono l’utilizzo della lampada di Wood e di un ambiente buio per
l’esame delle indicazioni e ciò ne rende impossibile a volte l’impiego.

Nota L’esame delle indicazioni può essere effettuato anche in ambiente non completamente
oscurato purché si utilizzino lampade di grande intensità. In questo caso l’intensità
dell’illuminazione sul pezzo da esaminare non deve essere inferiore a 3000 mW/cm2 .

2. Tra i liquidi colorati i più pratici da utilizzare sono gli autolavanti, oggi disponibili anche in
comode bombolette spray. Essi offrono una sensibilità media, sufficiente in gran parte delle
applicazioni.

3. Per la rilevazione di discontinuità molto strette sono da preferire i liquidi rimovibili con solvente,
mentre per discontinuità larghe e poco profonde i più adatti sono i post-emulsionabili poiché gli
autolavanti potrebbero essere rimossi durante l’asportazione del penetrante.

Discontinuità molto strette e profonde Discontinuità larghe e poco profonde


Maggiore potere di Rimozione del
penetrazione penetrante dalla
(perché meno carico) discontinuità

Autolavante Rimovibile con solvente Autolavante Post-emulsionabile

4. Se il pezzo ha la superficie molto ruvida è preferibile utilizzare gli autolavanti poiché i post-
emulsionabili potrebbero presentare difficoltà durante la fase di rimozione dalla superficie.

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3.2 FASI OPERATIVE DEL CONTROLLO

Introduzione

Le fasi operative del controllo con liquidi penetranti sono riportate negli schemi di seguito.

Le fasi sono sostanzialmente identiche per i vari tipi di liquidi, salvo per i post-emulsionabili che
prevedono due fasi in più, come evidenziato nello schema.

Nel seguito esamineremo ogni singola fase, mettendo in evidenza le differenze esistenti in
relazione all'uso dei diversi liquidi. Supporremo che la temperatura della superficie in esame rientri
nel campo previsto dalle norme ASTM 165/80 (min.10°C, max. 38°C).

Esami in condizioni climatiche particolari richiedono una prova di attendibilità, preliminare al


controllo vero e proprio.

La prova è utile anche per verificare l'efficacia dei liquidi impiegati.

1. Pulizia della
superficie

2. Applicazione
del penetrante
Post-emulsionabili

3. Tempo di 3.a Applicazione


penetrazione emulsificatore

4. Rimozione del 3.b Tempo di


penetrante emulsificazione

5. Applicazione
del rivelatore

6. Esame dei
segnali

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FASE 1: pulizia della superficie

Questa operazione è fondamentale per assicurare l’efficacia dell’esame. Essa infatti è


indispensabile al fine di rimuovere dalla superficie sostanze estranee, quali grassi e sporcizia, che
potrebbero provocare:
• contaminazione del penetrante modificando così le sue proprietà fisiche;
• impossibilità per il liquido di una corretta bagnatura della superficie;
• ostruzione di discontinuità strette.

La pulizia si effettua con uno straccio pulito, imbevuto di solvente. Possono anche usarsi
detergenti, solventi per pitture, soluzioni disossidanti.

Metodi di pulizia della superficie

La sabbiatura è un metodo di pulizia da evitare poiché potrebbe causare la sigillatura di


discontinuità sottili a causa del ricalcamento dei loro bordi provocato dall’azione di martellamento
della superficie.

La molatura può essere effettuata ma facendo molta attenzione ad evitare anche in questo caso
l’ostruzione di eventuali discontinuità causate da possibili piegature del materiale.

La rimozione di scaglie di laminazione o di eventuale ruggine può essere effettuata con una
spazzola metallica.

Una volta pulita, la superficie deve essere perfettamente asciugata prima di procedere alla fase
successiva.

Sabbiatura Molatura Pulizia con spazzola

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FASE 2: applicazione del penetrante

In ogni caso il penetrante deve formare uno strato uniforme, esteso su tutta la superficie da
esaminare. Nel caso di zone limitate (es.: saldature), l’area ricoperta deve estendersi per circa 25
mm oltre il margine delle zone stesse.

Strato Strato non


uniforme uniforme

Il penetrante va applicato su superfici aventi la temperatura prevista dalle norme ASTM 165/80
(15 ÷ 52°C). Può essere applicato in vari modi:
• con un pennello
• a spruzzo (spray)
• mediante immersione nel caso di piccoli pezzi

FASE 3: tempo di penetrazione

Applicato il penetrante è necessario lasciar passare un certo tempo affinché esso possa inserirsi e
riempire le eventuali discontinuità. Questo tempo è chiamato tempo di penetrazione.

La tabella sottostante fornisce alcune indicazioni sui tempi di penetrazione per manufatti in acciaio
e alluminio. Da tener presente, comunque, che a parità di liquido penetrante utilizzato, il tempo di
penetrazione dipende dal grado di apertura della discontinuità, dal suo volume e dal materiale del
pezzo. I maggiori tempi di penetrazione sono richiesti da discontinuità molto sottili o di grandi
dimensioni.

TEMPI DI PENETRAZIONE (in minuti) DEI LIQUIDI PENETRANTI


ACCIAIO ALLUMINIO
Tipo di Penetranti Penetranti
Prodotto
difetto Lavabili Lavabili con Post- Lavabili Lavabili con Post-
con acqua solvente emulsionabili con acqua solvente emulsionabili
Porosità 30 10 (*) 5 5÷10 5 (*) 3
Getti Riprese a
30 10 (*) 7 5÷15 5 (*) 3
freddo
Forgiati Sfogliature,
NA 10 7 NA 10 7
estrusi ripiegature
Porosità,
Saldature mancanza di 60 20 7 30 5 3
fusione
Cricche 30 20 7 30 10 5
Tutti Cricche da
NA 30 10 NA 30 5
fatica

NA = Non Applicabile; (*) = Tecnica da utilizzare solo per microfusioni

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Il tempo di attesa per la penetrazione non deve prolungarsi oltre il necessario, altrimenti potrebbe
verificarsi un inizio di essiccamento del penetrante e quindi una sua fuoriuscita più difficoltosa
nella fase di assorbimento da parte del rilevatore.

Nel caso in cui il tempo di penetrazione sia medio lungo (15÷20 minuti) è bene eseguire una
ulteriore applicazione per impedire l’essiccamento e favorire il riempimento di eventuali
discontinuità.

FASE 3a: applicazione emulsificatore (solo per liquidi post-emulsionabili)

Questa operazione consiste nell’applicare uno strato di un agente emulsificante sopra lo strato di
penetrante.

Agente emulsificante Eccesso di


Liquido
Eccesso di penetrante in penetrante
penetrato nella
superficie emulsificato
discontinuità

L’applicazione dell’agente emulsificante può essere fatta:

• versando l’emulsificatore sul pezzo


• per immersione
• a spruzzo (con uno spray)

In ogni caso occorre evitare un’applicazione violenta, che potrebbe dar luogo ad un
mescolamento dell’emulsificatore con il penetrante rendendo così difficile il controllo del tempo di
emulsificazione; per questo motivo l’uso di prodotti spray è sconsigliato.

FASE 3b: tempo di emulsificazione (solo per liquidi post-emulsionabili)

L’emulsificatore, una volta applicato, inizia a diffondersi nel penetrante dirigendosi verso la
superficie del pezzo. Lo strato di penetrante in cui l’emulsificatore si è diffuso diventa così di tipo
autolavante e si potrà rimuovere con l’acqua.

Il tempo di emulsificazione è il tempo necessario affinché l’emulsificatore raggiunga la superficie


del pezzo. Questo è un elemento critico in quanto una sua valutazione insufficiente non consente
di rimuovere completamente il penetrante, mentre una sua valutazione eccessiva porta ad
asportare il penetrante da eventuali discontinuità (soprattutto se larghe e poco profonde).

Valutazione insufficiente Rimozione non completa dell’eccesso di penetrante

Valutazione eccessiva Rimozione di penetrante dalla discontinuità

In linea di massima si può dire che esso deve essere il più breve possibile compatibilmente con la
rugosità superficiale del pezzo e il tipo di discontinuità da evidenziare. In genere varia tra 1 e 3
minuti, ma in qualche caso può arrivare anche a 5 minuti.

Per determinare esattamente il tempo di emulsificazione si può ricorrere alla realizzazione di un


pezzo campione con il difetto tipo che si intende cercare.

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FASE 4: rimozione del penetrante

In questa fase bisogna provvedere alla completa rimozione del penetrante dalla superficie, senza
però interessare quello presente nelle discontinuità.

Il lavaggio (con acqua o con solvente a seconda del tipo di liquido) deve essere accurato poiché
lavaggi incompleti diminuiscono l’efficacia dell’esame a causa di macchie che si formano nelle
zone poco pulite e che impediscono di percepire i segnali corrispondenti a piccole discontinuità.

Modalità di rimozione dei penetranti


I penetranti autolavanti vengono puliti con un autolavanti
panno bagnato, o mediante un getto d’acqua
con una inclinazione di circa 45° con la Massima pressione
superficie del pezzo ed una pressione massima del getto ~ 3.4 atm
di circa 3.4 kg/cm2 (atmosfere).
Angolazione ~ 45°

I penetranti rimovibili con solvente richiedono una


prima rimozione con un panno asciutto (o carta Modalità di rimozione dei penetranti
assorbente), sino a lasciare sulla superficie un rimovibili con solvente
sottilissimo strato residuo di penetrante.
1. Rimozione con panno asciutto
Quest’ultimo viene poi rimosso tramite un altro
panno pulito, imbevuto di solvente. 2. Rimozione con panno imbevuto di
solvente
Va evitata l’applicazione diretta del solvente sulla
superficie al fine di evitare possibili diluizioni del
penetrante presente nelle discontinuità.

In ogni caso, una verifica della pulizia della superficie può essere effettuata passandovi un panno
bianco pulito ed osservandolo al termine dell’operazione.

Nel caso dei liquidi fluorescenti la verifica della rimozione può essere compiuta proiettando sul
pezzo la luce nera e verificando l’assenza di zone luminose.

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FASE 5: applicazione del rilevatore

Prima di applicare il rilevatore la superficie del pezzo va asciugata perfettamente con uno straccio
(a meno che il rilevatore non sia del tipo ‘in acqua’, nel qual caso lo si può applicare direttamente
dopo il lavaggio precedente).

L’asciugatura della superficie può essere accelerata con un getto di aria calda, tale però da non
superare i 52°C previsti dalla norma ASME, al fine di evitare principi di essiccamento del
penetrante.

Il rilevatore può essere applicato con diverse modalità in relazione al tipo:

• rilevatori in acqua
per immersione o con pennello

• rilevatori in solvente
a spruzzo o con pennello

• rilevatori a secco (in polvere)


con soffietto o distributore ad aria compressa

L’azione assorbente del rilevatore inizia subito dopo la sua asciugatura (immediatamente per
quelli a secco).

I rilevatori in solvente asciugano rapidamente per evaporazione spontanea; i rilevatori in acqua


possono essere riscaldati con aria calda, non in pressione, al fine di aumentare la velocità del
processo spontaneo di asciugatura, di per sé piuttosto lento.

FASE 6: esame dei segnali

L’esame dei segnali deve iniziare subito affinché la fuoriuscita del penetrante, da discontinuità di
una certa consistenza, non copra indicazioni più piccole (secondo le Norme ASME bisogna
interpretare i risultati non oltre i 30 minuti dall’applicazione del rivelatore).

Va tenuto presente che non sempre una indicazione è indice di discontinuità.

Alcuni segnali, costituiti da macchie o linee, possono essere originati in corrispondenza di


discontinuità geometriche note, caratteristiche del pezzo esaminato come ad esempio le
increspature della maglia in una saldatura (segnali non indicativi):

Altri segnali possono aversi in seguito a condizioni esecutive non corrette (falsi segnali):
• impronte delle mani dell’operatore,
• contatto con parti contenenti penetrante,
• lavaggio incompleto,
• residui di panni…

Ovviamente andranno esaminate solo le indicazioni che si riferiscono ad anomalie presenti nel
pezzo (segnali indicativi). I segnali indicativi, ottenibili con il controllo con i liquidi penetranti,
possono essere suddivisi in quattro categorie:

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• segnali continui : tratto rettilineo o
curvo, diritto o frastagliato, più o Segnali Segnali intermittenti
meno marcato; continui

• segnali intermittenti : linea


tratteggiata, diritta o curva;

• segnali rotondeggianti : macchie


a contorno più o meno circolare (o
poligonale);
Segnali Segnali diffusi
• segnali diffusi : agglomerato di rotondeggianti
punti, al centro spesso molto
concentrati.

Le discontinuità rilevabili all’esame con i liquidi penetranti vengono raggruppate in tre categorie in
base al momento della loro formazione nel pezzo:

• discontinuità primarie: si formano durante il processo di fabbricazione dei “semilavorati”


(lamiere, tubi, profilati, forgiati, …), ossia dei pezzi che devono subire altre lavorazioni prima di
giungere al pezzo finito;

• discontinuità finali: riscontrabili nel pezzo finito che ha subito lavorazioni di molatura, formatura
per deformazione plastica (piegatura, stampaggio), saldatura, …

• discontinuità di servizio: si formano durante il funzionamento del pezzo.

L’esame dei segnali consiste nello stabilire il tipo di discontinuità a cui essi si riferiscono
(interpretazione) e nel valutare se le stesse compromettono l’utilizzo del pezzo oppure no.
Per compiere quest’ultima valutazione l’operatore deve attenersi a specifici documenti di
riferimento quali norme e codici, secondo quanto stabilito nella procedura d’esame o nella
richiesta di servizio.

Come aiuto per l’interpretazione dei segnali, di seguito si riportano le principali discontinuità
rilevabili all’esame con liquidi penetranti.

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Sintesi fasi operative

Liquidi lavabili Preparazione Applicazione Tempo di


in acqua superficie penetrante penetrazione

Essiccazione Rivelatore in Lavaggio con


rivelatore acqua acqua

Rivelatore a
secco
Ispezione Asciugatura
Rivelatore in
solvente

Riparazione Accettazione Scarto

Pulizia Pulizia

Liquidi post-emulsionabili
Preparazione Applicazione Tempo di Applicazione
superficie penetrante penetrazione emulsificatore

Essiccazione Rivelatore in Lavaggio con Tempo di


rivelatore acqua acqua emulsificazione

Rivelatore a
secco
Ispezione Asciugatura
Rivelatore in
solvente

Riparazione Accettazione Scarto

Pulizia Pulizia

Liquidi lavabili Preparazione Applicazione Tempo di


con solvente superficie penetrante penetrazione

Ispezione Rivelatore in Lavaggio con


solvente solvente

Riparazione Accettazione Scarto

Pulizia Pulizia

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3.3 PRINCIPALI DISCONTINUITÀ RILEVABILI

1. Sdoppiature

Tipo
Primarie (prodotti laminati)

Origine
Nascono da inclusioni (soprattutto di gas) presenti nel lingotto di partenza, schiacciate ma
non saldate dalla laminazione. Riscontrabili nelle lamiere e nei tubi.

Posizione
Interne al pezzo, disposte parallelamente alle Sdoppiatura interna (non
rilevabile con i liquidi
superfici laminate. Possono sfociare sul Sdoppiatura penetranti)
bordo del pezzo e in tal caso sono rilevabili sfociante
all'esame con liquidi penetranti. al bordo

Aspetto del segnale


Linea diritta, continua e molto marcata, che
tende rapidamente ad allargarsi.

2. Ripiegature

Tipo
Primarie (prodotti laminati, forgiati e trafilati).

Origine
Possono formarsi sia da protuberanze che da avvallamenti nel materiale di partenza, che
subisce successivamente operazioni comportanti deformazione plastica. Le protuberanze
vengono ricalcate dalla lavorazione e si adagiano su di un lato sovrapponendosi al profilo
della sezione. Gli avvallamenti vengono richiusi su se stessi venendo così a formare un
interstizio.

Posizione
Sfociano alla superficie del pezzo, con
Ripiegatura originata da Ripiegatura
orientamento inclinato (protuberanze) o originata da una
perpendicolare (avvallamenti) alla superficie un avvallamento
protuberanza
stessa.
Direzione di
lavorazione del
Aspetto del segnale
materiale
A seconda del grado di aderenza della
ripiegatura, il segnale può essere costituito
sia da una linea continua, sia intermittente.

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3. Incollature

Tipo
Primarie (pezzi fusi).

Origine
Si formano quando due correnti di metallo
liquido, provenienti da punti diversi si Incollatura
incontrano ed aderiscono senza però
realizzare una omogeneità strutturale.

Posizione
Sfociano alla superficie (esterna od
interna) del pezzo

Aspetto del segnale


A seconda del grado di aderenza, questa
discontinuità può essere indicata da un
segnale continuo oppure intermittente.

4. Cricche da molatura e rettifica

Tipo
Finali

Origine
Sono provocate dal riscaldamento
localizzato generato dall'operazione di
molatura in materiali temprabili (acciai ad
elevato contenuto di carbonio o basso
legati).
Cricche da
Posizione
molatura
Sono localizzate alla superficie dalla parte
molata e sono generalmente caratterizzate
da un raggruppamento di fenditure
incrociante, prive di un orientamento
preferenziale.

Aspetto del segnale


Linee continue incrociante.

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5. Cricche a freddo

Tipo
Cricca a freddo trasversale
Finali (giunti saldati).

Origine

Si formano di preferenza nelle


saldature di acciai ad elevata
resistenza (al C-Mn, microlegati, a
bassa lega), favorite dall'impiego di
procedimenti di saldatura che danno
luogo all'apporto di idrogeno nel bagno
di fusione, o caratterizzati da un Cricca a freddo sotto il cordone,
insufficiente apporto di calore. sfociante alla superficie

Posizione
Sono spesso localizzate al di sotto della saldatura, nella zona termicamente alterata.
Possono sfociare alla superficie, ove appaiono come fenditure disposte parallelamente alla
saldatura ed al margine della stessa (rilevabili all'esame con i liquidi penetranti). Possono
anche formarsi in posizione trasversale alla saldatura.

Aspetto del segnale


Continuo, al margine della saldatura od attraversante quest'ultima in senso trasversale.

6. Cricche a caldo

Tipo
Finali (giunti saldati)

Origine
Possono formarsi nelle saldature di tutti i tipi di materiali (acciai, alluminio e sue leghe,
rame e sue leghe, etc..). Nel caso degli acciai, la formazione di cricche a caldo è favorita
soprattutto da elevate percentuali di carbonio, e dalla presenza di zolfo.

Posizione
Sono disposte nel senso
longitudinale della saldatura e di Cricca a caldo
regola raggiungono la superficie
della passata in cui prendono
origine. Possono quindi sfociare
alla superficie della saldatura.

Aspetto del segnale


Continuo, generalmente molto
marcato, disposto al centro della
saldatura ed ad essa parallelo.

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7. Strappi lamellari

Tipo
Finali, riscontrabili nei giunti a T o ad L soprattutto in quelli riguardanti materiali di notevole
spessore (oltre i 25 mm).

Origine
Sono favorite dalle elevate tensioni di ritiro costituentesi nelle saldature ad angolo di
notevoli dimensioni, e da materiale base affetti da sensibili inclusioni, che riducono la
duttilità nel senso trasversale del pezzo (direzione dello spessore).

Posizione
Interna al materiale. Gli strappi vengono ad
assumere un caratteristico aspetto a
gradini. Possono giungere alla superficie del
pezzo e sono allora rilevabili all'esame con
liquidi penetranti.
Strappi
Aspetto del segnale lamellari
Linea continua, molto marcata.

8. Porosità

Tipo
Finali (giunti saldati)

Origine
Insufficiente protezione del bagno di fusione oppure saldatura di pezzi con lembi molto
ossidati. Generalmente questa discontinuità è riconducibile ad una carenza operatoria del
saldatore.

Posizione
Nascono all'interno del bagno di
fusione ove possono costituirsi come Porosità
cavità rotondeggianti oppure (sfocianti in superficie)
allungate. In quest'ultimo caso, se
sono orientate nel senso dello
spessore, possono raggiungere la
superficie della saldatura ed essere
così rilevate all'esame con liquidi
penetranti.

Aspetto del segnale


Rotondeggiante, molto marcato e di
rapida dilatazione. Porosità
(interne)

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9. Mancanze di penetrazione

Tipo
Finali (giunti saldati)

Origine
Nascono da una preparazione dei lembi non adeguata, spalla eccessiva, insufficiente
distanza tra i lembi. Nelle saldature automatiche possono anche dipendere da una non
corretta regolazione dei parametri di saldatura.

Posizione
Nelle saldature eseguite da un solo lato,
sfociano alla superficie opposta al lato
ove ha agito il saldatore. Nelle saldature
eseguite da entrambi i lati, la
Mancata penetrazione
discontinuità è interna e non può quindi
essere rilevata all'esame con liquidi
penetranti.

Aspetto del segnale


Continuo, parallelo al giunto, più o meno
marcato a seconda del grado di
aderenza tra i lembi non fusi.

10. Mancanze di fusione

Tipo
Finali (giunti saldati)
Mancanza di fusione
Origine
Condizioni di saldatura non adeguate od
insufficiente capacità operatoria del
saldatore, che provocano l'adagiamento
del metallo d'apporto sulla superficie di
un lembo, senza che quest'ultimo venga
fuso.

Posizione
Può formarsi:
- al rovescio di giunti di testa eseguiti da un solo lato, a seguito dell'inserimento del
materiale d'apporto tra i lembi, senza che si verifichi la fusione di questi ultimi
(rilevabile);
- alla superficie di una delle parti saldate, nei giunti a T, a seguito della mancata fusione
del materiale base (rilevabile);
- all'interno del giunto (non rilevabile all'esame con i liquidi penetranti).

Aspetto del segnale


Continuo od intermittente, spesso di debole intensità.

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11. Incisioni marginali

Tipo
Finali (giunti saldati).

Origine
Insufficiente capacità operatoria del saldatore o condizioni di saldatura non adeguate
(eccessiva corrente e velocità di spostamento).

Posizione
Superficiale, al margine della saldatura. Incisioni marginali

Aspetto del segnale


Continuo, parallelo alla saldatura ed al
margine della stessa, di forma frastagliata e
generalmente molto marcato.

12. Cricche da fatica

Tipo
Discontinuità di servizio, riscontrabile in Cricca da fatica
pezzi sottoposti a sforzi continuamente
ripetuti o a vibrazioni.

Origine
La discontinuità inizia da brusche
variazioni geometriche nel pezzo o dalla
presenza di intagli superficiali.

Posizione
Superficiale e quindi perfettamente
rilevabile all'esame con liquidi penetranti.
Nel caso di pezzi a sezione circolare
(assi, alberi, perni), la discontinuità è
generalmente disposta a 45° circa
rispetto all'asse del pezzo. Nel caso di
saldature, le cricche da fatica sono
favorite dalla presenza di incisioni
marginali o mancanze di penetrazione.

Aspetto del segnale


Continuo, generalmente frastagliato e più
o meno marcato a seconda dello stato di Cricca da fatica
avanzamento della rottura.

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13. Cricche da tenso-corrosione

Tipo
Discontinuità di servizio, riscontrabili in tutti i pezzi nei quali esistono le condizioni indicate
dal punto seguente.

Origine
Si formano con la compartecipazione dei seguenti fattori:
a) elevate tensioni nel pezzo, incluse quelle residue (es. saldatura);
b) superficie del pezzo a contatto con un mezzo (liquido o gassoso) corrosivo.

Posizione
Si formano alla superficie del pezzo sotto Cricche da
forma di linee raggruppate ed orientate nelle tenso-corrosione
direzioni più diverse, che dipendono
dall'andamento delle tensioni interne.

Aspetto del segnale


Linee continue od interrotte, spesso ramificate
ed incrociante, più o meno marcate a seconda
dello stato di avanzamento del fenomeno.

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3.4 PROVE DI TENUTA ED ATTENDIBILITA’

3.4.1 Prova di tenuta

I liquidi penetranti possono essere utilizzati per controllare la presenza di discontinuità passanti su
pareti.

La prova consiste nell’applicare il


penetrante su di una superficie della Indicazione di
parete (superficie A) ed il rivelatore sulla discontinuità
superficie opposta (superficie B). passante

La rimozione del penetrante, in questo


caso, non è necessaria come fase
operativa poiché il rivelatore viene
applicato dalla parte opposta.

Dopo un certo tempo, dipendente anche


dallo spessore della parete, la presenza di
discontinuità passanti sarà segnalata sul
rivelatore. Superficie A Superficie B
Sezione

Questa prova può essere fatta con i penetranti autolavanti o con quelli rimovibili con solvente nel
caso in cui sia richiesta una sensibilità molto elevata.

3.4.2 Prova di attendibilità

Condizioni particolari di esame

Quando l’esame con liquidi penetranti deve essere eseguito in particolari condizioni climatiche (al
di fuori del campo di temperature previsto dalle norme: min.16°, max. 52°) è necessario verificare
se l’esame è in grado di fornire risultati attendibili.

La stessa cosa è necessaria quando si devono utilizzare liquidi o rivelatori nuovi oppure vecchi,
conservati in magazzino per lungo tempo.

In questi casi, si effettua un confronto dei risultati ottenuti nelle condizioni reali con i prodotti da
verificare con quelli ottenuti da un esame condotto in condizioni normali e con prodotti di cui si è
certi dell’efficacia. Il confronto tra i segnali ottenuti nei due casi permetterà di decidere
sull’attendibilità dell’esame.

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Blocco di comparazione

Intagli
Il confronto sarà ovviamente valido solo se i due
esami sono compiuti sulle stesse discontinuità.

Per questo motivo si utilizzano dei blocchi,


chiamati di comparazione, tra i quali il più diffuso
è costituito da un pezzo in lega di alluminio-rame-
magnesio, avente l’aspetto e le dimensioni
riportate nella figura a lato.

Le superfici del blocco sono solcate da numerose Cricche


cricche disposte simmetricamente rispetto alla
linea mediana del blocco, situata in
corrispondenza dei due intagli.
Le misure sono espresse in millimetri

Le cricche sulla superficie del blocco sono prodotte riscaldando il pezzo in una zona ristretta al
centro, ad una temperatura superiore ai 500°C (510-527°C) e quindi raffreddando bruscamente il
blocco in acqua. Gli intagli sono praticati successivamente alla formazione delle cricche.

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Esecuzione della prova

Si esegue quindi la prova con le condizioni od i Cartone divisorio


liquidi da sperimentare su di una metà del
blocco (lato S), dopo aver applicato un
divisorio (cartone) nell’intaglio, per evitare di
sporcare l’altra metà del pezzo (lato N) sulla
quale verrà effettuato l’esame nelle condizioni
normali. Lato S Lato N

Verifica dei liquidi penetranti


Liquido da sperimentare (lato S) Liquido di efficacia nota (lato N)

1. Applicazione del penetrante da controllare 4. Applicazione del penetrante affidabile


2. Rimozione del penetrante 5. Rimozione del penetrante
3. Applicazione del rivelatore da controllare 6. Applicazione del rivelatore affidabile

Verifica delle condizioni di esame


Condizioni reali (lato S) Condizioni normali (lato N)

1. Il blocco è portato alla temperatura da 5. Il blocco è portato alla temperatura


sperimentare normale
2. Applicazione del penetrante 6. Applicazione del penetrante
3. Rimozione del penetrante 7. Rimozione del penetrante
4. Applicazione del rivelatore 8. Applicazione del rivelatore

Si confrontano quindi i risultati dei due S N


esami:
Indicazioni molto
una notevole differenza indica che i prodotti diverse: esame non
o le condizioni sperimentate non danno attendibile
risposte attendibili;

indicazioni molto simili attestano viceversa S N


che le condizioni ed i prodotti esaminati
sono in grado di fornire risposte attendibili. Indicazioni simili:
esame attendibile

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GLOSSARIO

Agente di rimozione Nell'esame con liquidi penetranti indica il liquido impiegato per
eseguire la rimozione dell'eccesso di penetrante. Può essere
costituito dall'acqua (nel caso dei penetranti lavabili con acqua) o
da solvente (nel caso di penetranti lavabili con solvente).

Alogeni Vengono cosi chiamati degli elementi che generano dei sali. Essi
sono: fluoro, cloro, bromo, iodio ed astato.

Angolo di contatto Parametro attraverso cui si stabilisce il grado di bagnabilità di un


liquido. Esso viene definito come l'angolo formato dalla superficie
del solido bagnato e la tangente nel punto di contatto del liquido.
Quando tale angolo è minore di 90° si dice che il liquido bagna il
solido, altrimenti non lo bagna.

Blocchi di comparazione Sono dei pannelli che portano delle discontinuità create
artificialmente e servono per prove comparative dei materiali e dei
metodi di controllo con liquidi penetranti.

Capillarità Fenomeno per cui i liquidi che bagnano sono in grado di risalire
entro un tubo capillare formando un menisco concavo (il menisco è
la superficie del liquido nel tubo capillare).

Coagulazione Si definisce così l'aggregazione di particelle disperse in un sistema


colloidale per formare particelle più grandi con conseguente
flocculazione.

Contrasto Per contrasto si intende la differenza tra il colore delle indicazioni e


il colore di fondo. Se la differenza di colore si riduce
(peggioramento del contrasto), diminuisce la percettibilità delle
indicazioni.

Difetto Con questo termine si indica una discontinuità non accettabile, cioè
una discontinuità che, a causa delle sue dimensioni, posizione e
caratteristiche può compromettere il buon funzionamento del pezzo
in esercizio.

Discontinuità Viene così definita una qualsiasi interruzione della struttura o della
configurazione geometrica di un pezzo rispetto allo stato normale.

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E

Eccesso di penetrante È quella parte di penetrante che rimane sulla superficie in esame
(che non penetra entro le discontinuità) e che deve essere rimossa
per poter ottenere, a sviluppatore applicato, un contrasto
sufficiente.

Emulsificatore Liquido che applicato sull'eccesso di penetrante forma una miscela,


facile da rimuovere mediante acqua. I penetranti "lavabili con
acqua" incorporano l'emulsificatore, mentre in quelli "post-
emulsionabili" l'emulsificatore viene applicato con una operazione
separata.

Emulsione Si definisce tale la dispersione di un liquido (fase dispersa) in un


secondo liquido (fase disperdente). Un'emulsione stabile è
costituita oltre che dalla fase dispersa e da quella disperdente, da
un agente emulsionante.

Fluorescenza Emissione luminescente che cessa bruscamente al cessare della


causa di eccitazione.

Fotometro Apparecchio che viene impiegato per la misura di intensità della


radiazione emessa da una sorgente luminosa. Vi sono dei fotometri
ottici o visuali e dei fotometri fotoelettrici di recente introduzione.

Fuoriuscita Si intende la fuoriuscita del penetrante rimasto entro la


discontinuità, grazie al fenomeno della capillarità, favorito dal
potere assorbente dello sviluppatore.

Grado centigrado (°C) Unità di misura della temperatura , indicato con il simbolo °C.
Conversione: °C = (°F − 32) / 1,8

Grado Fahrenheit (°F) Unità di misura della temperatura utilizzato negli Stati Uniti indicato
con il simbolo °F.
Conversione: °F = °C × 1,8 + 32

Indicazione Termine impiegato per indicare qualsiasi deviazione od anomalia


evidenziata mediante un esame non distruttivo. Nell'esame con
liquidi penetranti l'indicazione è prodotta dalla presenza di
penetrante sulla superficie in esame.

Indicazione falsa Indicazione prodotta all'esame con liquidi penetranti e dovuta ad


una rimozione incompleta dell'eccesso di penetrante.

Indicazione non rilevante Indicazione prodotta all'esame con liquidi penetranti e causata dalla
configurazione geometrica del pezzo, che rende difficoltosa la
rimozione completa dell'eccesso di penetrante.

L
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Lampada a luce nera Anche denominata lampada di Wood; viene impiegata per la lettura
dei risultati dell'esame con penetranti fluorescenti.

È costituita da un bulbo a vapori di mercurio e da un filtro che


permette il passaggio della radiazione avente lunghezza d'onda di
365 nm (1 nm = 10-9 metri). La radiazione emessa dalla lampada è
detta luce nera.

Luce nera Tipo di radiazione elettromagnetica avente lunghezza d'onda


compresa tra 300 e 400 nm.

Viene anche chiamata radiazione ultravioletta vicina poiché nello


spettro elettromagnetico occupa un intervallo adiacente alla
radiazione visibile. La luce nera è ottenuta filtrando, con un filtro di
Wood, la radiazione emessa da una lampada a scarica elettrica in
vapori di mercurio.

Penetrante Liquido che possiede elevate proprietà di penetrazione entro


piccole discontinuità sfocianti in superficie e fuori uscire, mettendo
in evidenza la discontinuità stessa.

Penetrante a contrasto di Viene così definito un penetrante contenente un colorante, che


colore fornisce in presenza di una discontinuità un'indicazione visibile
all'occhio umano sotto un'illuminazione normale.

Penetrante fluorescente Penetrante contenente un colorante fluorescente, che in presenza


di una discontinuità produce un'indicazione visibile se irradiata con
luce nera in un ambiente oscurato.

Penetrante lavabile con Tipo di penetrante contenente un emulsificatore, la cui rimozione


acqua dalla superficie in esame viene eseguita facilmente con acqua.

Penetrante lavabile con Tipo di penetrante, la cui rimozione è possibile mediante solvente.
solvente
Penetrante Al contrario del penetrante lavabile con acqua, questo tipo di
post-emulsionabile penetrante per essere rimosso con acqua dalla superficie in esame
deve subire l'azione di un agente emulsificatore.
In altre parole può essere definito come un penetrante la cui
rimozione avviene in due fasi successive: l'emulsifìcazione e quindi
il lavaggio con acqua.

Potere di bagnare Proprietà dei liquidi, la quale è legata alla tensione superficiale ed
influisce in modo determinante sul potere di penetrazione.
Questa proprietà viene espressa sotto forma del valore dell'angolo
di contatto che il liquido forma con la superficie che bagna.

Potere di penetrazione Caratteristica specifica dei penetranti, risultante dalle tre proprietà:
tensione superficiale, potere di bagnare e viscosità.

Punto di infiammabilità Temperatura alla quale un liquido deve essere riscaldato in


condizioni normalizzate per produrre vapore in quantità sufficiente
a formare una miscela infiammabile con l'aria.

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R

Rivelatore Sostanza bianca che nell'esame con liquidi penetranti ha lo scopo


di creare uno sfondo bianco e di favorire la fuoriuscita del
penetrante rimasto entro le discontinuità, formando l'indicazione
visibile (con illuminazione naturale o con luce nera) all'occhio
umano.

Rivelatore a secco Sviluppatore che viene fornito sotto forma di una polvere
impalpabile costituita da particelle di talco o di gesso aventi
dimensioni di 02 - 0,4 µm (1µm = 10-6 m).

È applicabile sulla superficie in esame mediante uno spruzzatore a


bulbo o ad immersione del pezzo.

Rivelatore in acqua Sviluppatore che viene fornito sotto forma liquida, cioè particelle di
talco o di gesso vengono mantenute in soluzione od in
sospensione acquosa.

Rivelatore in solvente Sviluppatore liquido il cui mezzo di soluzione o di sospensione è


costituito da solvente, generalmente alcool.

Soluzione Miscela omogenea di due o più componenti, le cui proprietà variano


variando le proporzioni dei componenti.

Solvente Indica in senso generale qualsiasi liquido che viene impiegato per
lo sgrassaggio e la pulizia della superficie da esaminare. Il
Genklene, il Clorotene e l'Acetone sono i tre solventi che più
vengono impiegati per la pulizia con il metodo dei liquidi penetranti.

Con il termine "solvente" si indica anche il liquido usato per


rimuovere l'eccesso di penetrante nel caso dell'impiego di
penetranti lavabili con solvente.

Sospensione Miscela di due o più componenti i quali mantengono invariate le


loro proprietà originarie indipendentemente dalla concentrazione.

Sviluppatore Vedi rivelatore.

Tempo di emulsificazione Tempo intercorrente tra il momento in cui viene applicato


l'emulsificatore ed il momento in cui l'eccesso di penetrante
mescolato con l'emulsifícatore viene rimosso con acqua dalla
superficie in esame.

Tempo di lettura Tempo che intercorre dall'inizio della lettura dei risultati dell'esame.

Il Codice ASME stabilisce, per esempio, che il tempo massimo di


lettura è di 30 minuti dall'applicazione dello sviluppatore, oltre i
quali i risultati dell'esame non possono essere più considerati
attendibili a causa della diminuzione di definizione delle indicazioni.

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Tempo di penetrazione Tl tempo per il quale il penetrante viene lasciato sulla superficie in
esame in modo da permettere l'entrata entro le discontinuità.

Tempo di sviluppo Tempo che intercorre dal momento in cui è stato applicato lo
sviluppatore ed il momento in cui si inizia la lettura dei risultati.
Praticamente è il tempo necessario affinché il rivelatore si asciughi.

Il Codice ASME richiede un tempo minimo di 7 minuti.

Tensione superficiale Proprietà dei liquidi per cui essi, a parità di volume, tendono ad
assumere la forma corrispondente alla minima superficie.

Viscosità Nei liquidi viene così definita la resistenza al flusso di massa, cioè
l'attrito interno esistente tra le molecole.

Visione fotopica Caratteristica particolare dell'occhio, che permette di percepire i più


minuti particolari del colore, della forma, della struttura e della
posizione degli oggetti alla luce.
L'occhio umano possiede una visione sia fotopica che scotopica.

Visione scotopica Caratteristica dell’occhio per cui, quando l'illuminamento è scarso,


l'abilità di distinguere gli oggetti e di percepire le variazioni di colore
diventa minima, mentre aumenta l'abilità di distinguere piccole
sorgenti di luce.

È tipica degli animali notturni, come il gatto o la civetta. L'occhio


umano possiede una visione sia fotopica che scotopica.

Volatilità Caratteristica a volte desiderata a volte non desiderata di alcuni


liquidi combustibili che si trasformano in vapore.

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