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Lezione 11

La lezione analizza l'opera di Palladio, evidenziando il suo approccio all'architettura antica e contemporanea, con particolare attenzione alla sua analisi dettagliata degli edifici storici e alla sua interpretazione delle regole naturali nell'architettura. Palladio propone una combinazione funzionale nelle ville, unendo spazi residenziali e agricoli, e introduce innovazioni come il timpano in edifici residenziali, mantenendo un dialogo con l'antico. La lezione sottolinea l'importanza della variazione e della funzionalità nella progettazione delle ville palladiane.

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Lezione 11

La lezione analizza l'opera di Palladio, evidenziando il suo approccio all'architettura antica e contemporanea, con particolare attenzione alla sua analisi dettagliata degli edifici storici e alla sua interpretazione delle regole naturali nell'architettura. Palladio propone una combinazione funzionale nelle ville, unendo spazi residenziali e agricoli, e introduce innovazioni come il timpano in edifici residenziali, mantenendo un dialogo con l'antico. La lezione sottolinea l'importanza della variazione e della funzionalità nella progettazione delle ville palladiane.

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Lezione 11 4 ottobre 2024

Abbiamo visto la figura di Palladio, attraverso il suo rapporto con l’architettura contemporanea, piuttosto che
con l’antico, ma abbiamo anche visto una parte consistente di questo scritto che è l’opera di una vita che
riassume tutte le sue esperienze, inoltre una parte consistente di quest’opera è dedicata agli edifici antichi,
come il Pantheon, al quale si pensa quando pensiamo all’antico, punto inesauribile per gli architetti, al quale
ognuno guarda in maniera diversa.
Palladio guarda da costruttore, analizza studia, la tessitura muraria, la disposizione dei sostegni, delle volte, è
il rilievo di un architetto, ma ci sono anche tavole che mostrano visioni d’insieme della fabbrica, la famosa
sezione che abbiamo usato anche come confronto per la cupola di san Pietro con Bramante, attraverso la quale
si vede bene come è strutturata la volta e un dettaglio dell’interno.
Questo in grande è questo pezzettino qui, un pezzettino che creerà molti problemi agli architetti perché realizza
un lavoro simile a quello fatto da Raffaello per Giulio Romano, cioè una sovrapposizione di ordini dove uno
non c’entra con l’altro, sono di due famiglie diverse, inoltre l’ordine minuscolo passa dietro la volta, la nicchia
che è in corrispondenza dell’ingresso che è più alta di tutte le altre e non è architravata come le altre (questa è
una cosa da tenere a mente perché l’idea di un edificio, di una chiesa con queste nicchie scavate nella muratura
diviene da quest’edificio, dove per giustificare le masse murarie esagerate, si inventano l’inserimento di questi
vuoti).
L’analisi delle fabbriche antiche di Palladio è estremamente accurata, profonda, che esamina tutti gli aspetti
dell’edificio, da quelli più materiali a quelli formali. Possiamo anche dire la struttura compositiva dell’edificio.
Aspetti come la sovrapposizione degli elementi: la parastina e la finestra appiccicata sopra, sono piccoli
dettagli che vedremo tornare anche in altre realizzazioni.
Questa sua lettura dell’antico è una lettura che matura in 2 modi:
- uno è il suo lavoro su Vitruvio con ?
- l’altro più importante sono i suoi viaggi a Roma, che sono fondamentali senza i quali la conoscenza
materiale delle fabbriche verrebbe meno.

Questo che vediamo è solo un esempio, è una serie di disegni ricostruttivi delle fabbriche, ciò che interessa a
questi architetti non è tanto la condizione materiale degli edifici in quel momento, ma capire come erano fatti
quando erano interi, quindi sono quasi sempre dei disegni ricostruttivi delle fabbriche come se fossero integre.

Una cosa che manca nei 4 libri è la parte concettuale, di regole, di guida alla buona architettura. L’unico
capitolo legato a questioni strutturali, di fondo, è quello intitolato Degli abusi, di ciò che non va fatto, spiega
perché non si deve contravvenire a un unico fondamentale principio, ovvero delle regole della natura.
Cosa intende quando
dice che l’architettura
deve sfruttare le regole
della natura? Nel
riquadro spiega che le
regole della natura sono
quelle che oggi
definiremmo regole del
buon senso, per esempio
una cosa pesante sta in
basso, una cosa leggera
sta sopra, il fatto che le
forme architettoniche e
gli ordini sono nati
proprio desumendo il
comportamento della
natura, dalle regole che la
imitano:
→ le colonne sono più
larghe in basso e più strette in alto come i tronchi degli alberi. Le basi servono a non far affondare i tronchi nel
terreno, quindi questo peso sopra le basi si esprime attraverso le modanature delle basi (listelli, tori, scozi),
tutti gli elementi arzigogolati sono il segno dello schiacciamento di questi elementi posti sotto i tronchi degli
alberi originali.
Quindi la natura non è
il paesaggio, questo è il
rapporto tra Palladio e
il paesaggio, c’è un
concetto diverso di
natura, ovvero delle
regole dei corpi, degli
elementi naturali che
seguono regole
universali e invariabili
(un albero è sempre
tale), che non bisogna
infrangere.
Per Palladio le cose
nuove piacciono a tutti,
ma bisogna innovare
come facevano gli
antichi, non bisogna
andare contro le regole naturali.
L’idea della variazione degli antichi è fondamentale nelle opere di Palladio, in particolar modo nelle ville. Esse
possono essere definite come riuscite combinazioni funzionali, cioè combinazioni, variazioni su un tema, di
un assetto di fabbrica, creando delle situazioni specifiche.
Palladio, nel capitoletto
intitolato Del
compartimento delle case
spiega quali sono le
caratteristiche di questa
tipologia particolare, bisogna
rispettare la loro natura.
Nella villa si richiedono due
solidi di fabbrica:
- una per l’abitazione
del padrone e della sua
famiglia
- l’altra per governare
e custodire le entrate, cioè i
proventi dell’agricoltura,
custodire le entrate e gli
animali della villa.
Due nuclei funzionali molto
definiti: residenza e fabbriche
di utilità. Palladio riesce a
mettere insieme questi due
nuclei, queste due funzioni, apparentemente così lontane, riesce a metterle insieme in modo che l’una sostenga
l’altra almeno dal punto di vista formale.
La fabbrica residenziale, l’edificio residenziale, l’abitazione del padrone deve esser fatta rispettando la
condizione sociale del committente, realizzata come le abitazioni in città, ma trasferita in campagna. Essa è la
parte centrale, il perno intorno al quale ruota tutta l’amministrazione della villa, dunque avrà una preminenza
evidente in una struttura complessa.

→ Come in Villa Badoer a Fratta Polesine, le fabbriche


rurali si dispongono intorno al nucleo centrale, vicine, ma
separate, distinguibili dal punto di vista visivo-formale e
funzionale (l’odore delle stalle non piace a nessuno,
quando si è a pranzo o a far festa on gli amici).
Il risultato finale è che questi due elementi collaborano,
lavorano in sinergia per produrre un complesso
monumentale che si fonda sull’esempio degli antichi.
Palladio è famoso perché introduce il timpano, il pronao
dell’edificio sacro in un edificio residenziale. Ma se
andiamo a vedere la sua restituzione della casa degli
antichi secondo Vitruvio (ricorderete che lui fa una
distinzione degli ornamenti partendo dagli elementi
dell’architettura più alta, cioè il tempio, poi scendendo di
importanza negli edifici pubblici e poi quelli privati, ecc. quindi in un calando che usano sempre gli stessi
elementi, i stessi sistemi, lì dice, per esempio che il frontespizio può esserci nelle case dei privati, ma a
condizione che sia più modesto, meno ricco di quello del tempio). Palladio, così costruisce un sistema di
variazioni. Da questo schema di base della villa connotata dal frontespizio o comunque dall’elemento
all’antica, procede digradando sempre attraverso altre citazioni dell’antico, così nelle parti plurali.
Villa Padoer di Polese, l’abbiamo vista, l’impianto è altamente calcolato e studiato per sollevar la villa dalla

quota del terreno, diventando quasi un tempio sulla sua base, con l’importante scalinata di accesso, che ha
quasi sempre un corrispettivo sulla facciata posteriore che dà sul broro? In veneto è un giardino recintato dove
si coltivano alberi da frutto, dove si passeggia, è una via di mezzo tra un luogo produttivo e un luogo di svago
(tra campagna e giardino). L’impianto della villa è quello tripartito (di cui parlavamo a proposito dei palazzi),
- una grande sala centrale che attraversa tutto l’edificio, stanze e appartamenti, che sono composte
generalmente di 3 stanze, in progressione di dimensione tra una stanza grande, pubblica, una media di
ricevimento degli intimi, e una ancora più piccola, privata, in cui non entra nessuno se non in occasioni
particolari, quindi un digradare di riservatezza degli ambienti del padrone. Di solito due appartamenti
simmetrici: uno per il padrone e l’altro della padrona di casa, che godono di stanze separate. La stessa
cosa succede frequentemente nella distribuzione delle case di città. Il pensare anche all’uso di questi spazi
domestici e quotidiani è una cosa importanti.
Il ragionamento sui materiali si rispecchia bene anche nelle soluzioni di villa Badoer, dove vediamo mura
intonacate, colonne che non sono sempre tutte in marmo, un trattamento dell’ordine e della trabeazione
abbastanza semplificato, semplice. Nelle ville di Palladio, soprattutto perché c’è una variazione sul tema, si
possono anche raggruppare per similitudine, ci sono ville più semplici, ville che parlano una lingua più
all’antica come la Malcontenta, che ha una struttura idealmente abbastanza simile a villa Badoer, ma presenta
delle stranissime soluzioni
come per esempio nel
disegno della facciata
posteriore. Ci sono delle
cose che vanno
contronatura, se io inserisco
un timpano, sotto devo
mettere qualcosa, qui il
sostengo non c’è , in più
questo timpano è interrotto
e bucato da una grande
finestra termale che serve a
dar luce alla sala interna, da
una finestrella ulteriore
sotto il culmine del
timpano, guardiamo come è
studiato il disegno del
bugnato, molto piatto, quasi
grafico, come se fosse
disegnato sul muro, con un
disegno che richiama un ipotetico sistema di costruzione, quindi una finestra architravata con i suoi conci e un
arco di scarico per non insistere con la muratura soprastante, con troppo peso su questa architrave.
Guardiamo la strana soluzione della
scala della malcontenta, perchè il
pronao della Malcontenta non ha il suo
bello scalone come in Polesine, ma ha
una scala laterale un po' tortuosa, un
po' pericolosa senza corrimano. Ci
ricorda qualcosa che abbiamo già visto
→ le scale laterali che salivano dentro
il san Sebastiano. Da dove arriva?
Tempietto alle foci del Clitumno, un
tempietto piccolo nella zona di
Spoleto, ci sono queste scale laterali
che salgono dentro il pronao, che sono
riadattate da Palladio non solo nel 4
libri, li riusa per trovare una soluzione
particolare e colta.

Tra i 30 edifici della lista abbiamo visto villa Barbaro Maser, perché persenta elementi che non tornano in
tutte le ville di Palladio, ma anche per i committenti, i fratelli Barbaro, ovvero Daniele e Marcantonio.
Quest’ultimo è l’uomo pubblico della famiglia, procuratore di san Marco, uomo influente e inserito i grandi
decisionali delle opere pubbliche veneziane, colui che promuove anche attraverso la committenza pubblica.
Dal punto di vista della committenza è importantissima.
La posizione della villa è
interessante perché è
posizionata su un leggero
pendio. Essa ha difronte a
sé una grande pianura, un
grande viale di accesso che
oggi non si può percorrere,
che diventa un elemento
distintivo che si riconosce
nel paesaggio circostante.
È una villa in cui questa
derivazione dall’antico si
mescola a tante citazioni
del contemporaneo.

La pianta è un po' strana. C’è sempre una


gerarchia tra spazio di residenza e spazio per le
entrate e per la gestione della campagna, ma la
villa è molto avanzata, appena inserita in questo
portico dietro al quale ci sono altre stanze di
abitazione, mentre sui lati ci sono stalle
(ricordiamo le stalle di villa Madama) le cantine,
opere di questo genere, ma sul retro c’è anche
quello che qui ci appare come una corte, che è un
ninfeo → una specie di grande fontana con una
serie di decorazioni molto ricche, sculture,
stucchi molto all’antica, una specie di galleria di
criptoportico, collegato a una fontana da cui esce
acqua, c’è questo bacino d’acqua, l’acqua viene
canalizzata, portata nella villa per uso agricolo e domestico, quindi anche qui c’è un’ottima combinazione
funzionale tra luogo di svago, di delizie e necessità pratiche della casa. Questo è un aspetto molto importante
da considerare delle ville palladiane, questa sua attenzione anche agli aspetti funzionali, all’uso degli spazi.
Dalla sezione possiamo vedere il corpo di fabbrica, l’ingresso. Palladio riesce a sfruttare questa leggera
inclinazione del terreno per costruire una villa che è di fatto costruita su più livelli e spazi. La veduta frontale
è utile, ma bisogna tener conto di questa organizzazione su più spazi.
Un riferimento è all’attualità: l’idea di inserire la villa,
una corte e un ninfeo che torna per esempio in
un’opera che risale più o meno degli anni ’40, a Roma,
villa Giulia, fatta da Jacopo Barozzi da Vignola,
dove c’è quest’idea più complessa di un ninfeo, anche
legato all’acqua e alle ninfe, però in questo caso è
scavato sottoterra con queste scale che permette di
raggiungere, però questa forma ad esedra ritorna.
Torniamo indietro per farvi considerare, notiamo
l’impianto della villa che è un po' diverso da quello
che abbiamo visto prima, è un po' anomalo, c’è una
grande sala cruciforme, famosa con gli affreschi di
Veronese che occupa la maggior parte del corpo di
fabbrica, e la facciata, anche quest’è una cosa strana,
anche qui c’è un ordine, c’è un suo timpano, che è spaccato da una finestra e invaso da una serie di decorazioni
molto imponenti diverse dalla semplicità che abbiamo visto quelle di villa Badoer?

Palladio, come scrive nel capitoletto degli abusi, imita gi antichi anche con l’arte della variazione. Non sempre
resta dentro i paletti delle leggi della natura da rispettare, proprio perché realizza cose abbastanza inconsuete,
fuori dalle leggi della natura. Nel saggio di Ackerman, lui parla di un Palladio non così ortodosso, semplice e
fedele all’antico, ma che si prende molte
licenze → come in Villa Saego, si inventa
colonne interrotte dal ballatoio, ci fa venire
in mente la restituzione della Basilica di
Fano in cui il portico anteriore alla basilica
c’era questo grande ordine di colonne con
un ordine minuscolo, più piccolo dietro che
serve a sostenere il ballatoio. C’è sempre
questa idea voler seguire l’esempio degli
antichi, ma non vengono imitati
pedissequamente, vuole parlare la propria
lingua.
Guardiamo anche la disposizione dei
capitelli, nell’angolo della fabbrica gira il
capitello. Sono tutte cose che in un edificio
“ordinato” non si fa normalmente.

L’arte della variazione di Palladio si vede bene in una serie di disegni simpatici che risalgono ai primi anni
’40, risalgono ad un Palladio giovane. Tali disegni ci fanno capire che lui, una volta che individua un elemento
dell’antico che gli interessa (ritenendolo interessante da studiare) vuole capire come funziona, lo posiziona, lo
impiega in contesti diversi sperimentando la validità di questa parola, il significato di questa parola. Nella
fattispecie qui abbiamo questa specie di serliana (deriva dagli esempi moderni e antichi che Palladio in questi
anni impiega nella Basilica di Vicenza che abbiamo visto tra le opere pubbliche del terzo tipo), inclusa in un
arco, qui diventa l’ingresso di una grande loggia con volta a crociera.

- Qui diventa l’ingresso di una piccola loggia


absidata sempre con volta a crociera,
- qui diventa un elemento che scandisce 3
unità della facciata, dove si trova uno strano
timpano che corre interrotto, anche se non
c’è alcun motivo, come se fosse una
citazione del timpano, il ricordo di un
timpano, un’indicazione.
- Qui il timpano che qui organizza tutta la
facciata.

Non è solo l’elemento in sé, ma è anche la


combinazione di questo elemento con gli altri. Stessa cosa fa con gli ambienti. L’ambiente A, 1 è la loggia /
ambiente A è la sala centrale dell’edificio / A è una sala laterale. La loggia absidata qui è piccola / qui diventa
un elemento più ampio e monumentale con un affaccio centrale e due finestre laterali che la illuminano, qui
non c’è un ingresso perché l’ingresso avviene dai lati.
C’è un gioco di scomposizione o di ricomposizione, di sperimentazione che Palladio compie. Questi disegni
sono esercizi e pensieri che hanno molti elementi in comune anche con degli edifici realizzati: Villa Valmarana
a Vigardolo (1541) Villa Forni-Cerato a Montecchio Precalcino (1541-5142).
Queste sono le ville, case di campagna.
La rotonda non è una villa, anche se la
rotonda passa come massimo esempio
della vita Palladiano, lui chiarisce tale
affermazione nel capitolo dedicato alla
Rotonda dice che essa è una casa di
diporto, suburbana, in monte, vicino
alla città (meno di un quarto di miglio)
soprattutto perché è un luogo di
diporto, manca di quell’assetto
complesso del rapporto tra fabbrica e
residenza e gestione della campagna, è
una specie di padiglione, non tanto
un’abitazione, quasi un padiglione
come si chiamerà nel ‘600, cioè un
edificio in cui si va a fare merenda, a
contemplare il paesaggio, leggere un
libro, riposare nel fine settimana. Un
edificio comodo, vicino alla città,
contemplo la città di Vicenza, ecc.
Vediamo che siamo in un periodo
tardo, 1566 -70 il progetto e la
costruzione della rotonda, che di
nuovo passa per essere una fabbrica
perfettamente rinascimentale, perché è
simmetrica, per la grande sala centrale
che ordina e organizza tutto, la pianta
fondamentalmente è simmetrica lungo
i due assi maggiori del quadrato, li
posso ribaltare come abbiamo fatto per
gli Uffizi. E ottengo la stessa cosa.
Come spiega Ackerman, questo
edificio è una totale invenzione, un
assemblaggio folle di elementi che non hanno precedenti diretti in fabbriche di questo tipo nell’antichità. Non
era mai stata inserita una cupola su una casa, ma Palladio aveva inserito nelle abitazioni il timpano, l’ordine e
il pronao del tempio.
Usa la cupola perché è un
edificio per divertimenti, è un
edificio che imita, che si
posiziona nel contesto degli
studi che Palladio fa sui
complessi aproterliali, cioè i
grandi templi votivi
dell’antichità come i Templi
della Fortuna primigenia a
Palestrina, dove in alto, a
dominare tutto il complesso
fatto di porticati, esedre, una
cosa estremamente sontuosa e
complicata, sulla collina (che
viene scavata), in cima c’è una
specie di rotonda.
Palladio cerca di realizzare una
totale invenzione che lui
replica in altre ville come, Villa Trissino a Meledo, mai realizzata, è un’altra variazione archeologica, ma di
invenzione allo stesso tempo perché non inserisce più come a Badoer o quella di Polesine in cui si mettono i
due bracci curvi delle fabbriche. Ma qui ci sono 3 livelli dell’edificio, sempre più alto.
La nostra rotonda è uno splendido
padiglione con 4 logge che sono
pensate per godere di tutte le visuali
sul paesaggio, dall’alto di questa
collina. Da notare è che ci sono
delle cose strane: iscrizione
spiattellata dentro la trabeazione
come a interromperla, il nesso tra il
fronte delle logge e l’aggancio con
il corpo di fabbrica che è un muro,
appena staccato c’è un arco come a
voler agganciare meglio il pronao al
corpo di fabbrica, c’è la trabeazione
che continua su tutto l’edificio a
unire tutti gli elementi, così come
c’è un basamento molto alto perché qui sotto ci sono le cucine, i magazzini che servono al padrone di casa,
insomma le stanze di servizio.
Palladio è molto attento alla funzionalità delle cose, i 4 ingressi servono a guardarsi intorno perché questo non
è un edificio funzionale, non serve all’abitazione, non serve alla gestione dell’entrate, anche se poi, più tardi,
in seguito verranno costruiti anche altri edifici che servono alla manutenzione della tenuta. Questo è un luogo
di svago, è un’invenzione, quindi le 4 logge non hanno una funzione precisa, se non quella di godere della
visuale, dei venti → cosa del ‘500, disposizioni delle stanze più fresche d’estate e più calde di inverno, in modo
che l’edificio possa essere utilizzato in tutti i periodi dell’anno.
Il committente era nobile Alberigo Capra, mon signore, uomo di chiesa.
Una delle ultime opere di Palladio è la Chiesa del Redentore, una chiesa di Stato, realizzata dopo che la
Repubblica fa un voto per invocare la fine della peste, 1571-1572. Solenne promessa del Senato è la
realizzazione di un tempio a spese della Repubblica, come anche le spese di sostentamento, l’amministrazione
e la gestione della chiesa che viene affidata a un convento di monaci fondato appositamente per l’officiatura e
la gestione della chiesa. Inizialmente non
si sa dove posizionare la chiesa, vengono
realizzate diverse ipotesi e Palladio
realizza progetti ipotetici come quello per
piazza centrale, a pianta quadrata, con
soluzioni mirabili di articolazioni di
pareti interne, cupola. I progetti vengono
respinti perché non funzionano
nonostante la loro bellezza.
Non funzionano perché a causa della
solennità dell’anniversario che celebra la
liberazione della peste, la chiesa deve
essere fatta per accogliere un grande
numero di persone (dal Doge, dai rappresentanti delle più alte istituzioni, dalle scuole, le corporazioni,
rappresentanti delle scuole) e in cui sia possibile tenere distinti i ruoli di chi partecipa.
Soluzione di Palladio: creare un edificio che si articola su 3 nuclei spaziali diversi, visibili dalla pianta.
Il primo → navata unica con cappelle laterali
comunicanti, separate da un elemento: due
colonne un po' distanziate con dentro una
nicchia, in realtà due nicchie, una a
specchiatura, attraversate da una trabeazione
che in realtà è la trabeazione dell’ordine
minore che sostiene l’arco d’ingresso delle
cappelle, si tratta quindi di un pilastro bene
articolato. Questa è un’immagine che guarda
la controfacciata, cioè la porta di ingresso,
questo è uno spazio antico, una grande aula
delle terme aperta, con finestre termali aperte
in questa grande volta a botte (volta a botte,
navata unica, cappelle laterali ci ricorda
sant’Andrea, ma ci ricorderà anche altre cose
più recenti).
Questo primo nucleo è quello dedicato a tutto ciò che non è istituzione: scuole, pubblico, scuole grandi, ecc.
C’è un secondo nucleo, elemento che è quello del presbiterio, organizzato su uno spazio centrale, quadrato che
si apre in due grandi nicchie (quando le nicchie sono grandi grandi, per far capire che sono degli ambienti curvi
sono esedre, tra due nicchie molto ampie).
Infine, l’ultima parte, dietro all’altare maggiore, c’è la zona riservata al clero, con il coro, per i monaci, e le
sagrestie che comunicano direttamente con l’altare maggiore.
Anche qui la funzionalità è ben assicurata perché ci sono passaggi dirette tra le zone del clero, la zona delle
cappelle della navata così che i padri possano andare a officiare le messe senza passare in mezzo alla gente.
Qui possiamo anche vedere che questo grande arcone delle due esedre corrisponde anche a un terzo arcone
che si apre sopra l’altare maggiore, sostenuto solo dalle colonne, quindi questo spazio è una specie di triconco?
Ha ancora un’altra volta ricorso all’antico, però qui viene risolto in maniera molto originale perché crea
l’effetto di uno schermo di colonne che sostiene questo catino, questo elemento curvo.
Guardando l’altare maggiore, possiamo vedere come
questa unità della navata è portata avanti fino a dove è
possibile, cioè il sistema delle colonne binate gira sulla
facciata interna verso l’altare maggiore, questo ambiente
chiuso, delimitato, aperto solo da questo arco, sostenuto
anche da questi elementi molto forti.
Dentro il presbiterio, nello spazio centrale che sostiene la
cupola ritroviamo una soluzione già impiegata da
Bramante San Pietro, nella fattispecie del pilastro
diagonale, qui usato per sostenere la cupola.
L’elemento delle colonne libere, vere, che fanno da
schermo al coro dietro, è una cosa che avrà successo fino
al ‘700 ed è un elemento che Palladio conosce, anche
perché anche a Roma è stato sperimentato da Antonio da
Sangallo, Raffaello, con il Pantheon idea di un filtro,
collegamento tra un ambiente maggiore e un ambiente
minore. L’impianto della navata ricorda un po' Leon Battista, di Sant’Andrea, ma in questi anni c’è il Concilio
di Trento, una grande rivoluzione. Ci si concentra molto su come devono essere le chiese, adeguate alle nuove
regole liturgiche volute dal concilio. Una di queste avrà degli effetti devastanti sul patrimonio architettonico
esistente, riguarda il fatto che il sacerdote deve essere visto dai fedeli, messo in comunicazione con loro
visivamente e con la parola, per cui i cori dei monaci che tradizionalmente (come nei Frari) si trovavano davanti
all’altare maggiore, vengono progressivamente eliminati dalle chiese e si cercano delle tipologie più adatte. (il
coro viene spostato dietro nella maggior parte dei casi, oppure viene messo dietro, viene tolto questo elemento
filtro).
Paradossalmente si può dire che la chiesa di alta centrale è più adeguata rispetto a queste regole basilari, poi
ce ne sono altre che vietano, ad esempio la mescolanza dei sessi, ecc. c’erano transenne di legno, separazioni
che c’erano ovunque.
In ogni caso possiamo dire che la Chiesa del Gesù di
Jacopo Barozzi da Vignola (a Roma) è un po' la chiesa
che incarna queste regole e questo tipo di chiesa che ha:
- una navata unica,
- cappelle laterali comunicanti
- presbiterio/transetto ben distinto dalla navata
maggiore, ma molto ben collegato, incastrato (il
transetto è contenuto, tutto l’edificio è abbastanza
compatto)
quindi c’è un’unità degli spazi che serve molto bene anche
per l’uso di questi spazi voltati, per la voce, per la predica.
Abbiamo il rilievo, la pianta, poi sono evidenti le fasi di
fabbrica della costruzione. Si vede molto bene l’effetto finale di questo spazio
unitario, di questo trionfalismo dell’altare che si vede da lontano. Non è un caso
che quando si parla dell’architettura del ‘600, che ha un’impostazione
scenografica, molto spesso dalla Riforma in poi, si faceva riferimento
all’architettura della Controriforma, come trampolino di una nuova idea di spazio,
appunto scenografico che caratterizza il ‘600. Vi faccio notare però che questa
unità di spazi è un’unità apparente. In realtà vediamo che ci sono degli strani
aggeggi, dei coretti, palchetti, zone riservate per assistere alle liturgie, separate
dalla folla.
Questi edifici, molto spesso sono come delle
macchine, degli orologi con spazi dentro spazi,
nonostante l’apparente unità.
Il prospetto del Redentore, la facciata. Qui
troviamo degli elementi che ci ricordano Leon
Battista, questi setti che vengono su dalle
cappelle e che servono a fare da contrafforte
alla volta a botte della navata centrale. Questa
foto ci fa vedere che c’è un rapporto strano tra
la facciata e quello che c’è dietro perché la
facciata del Redentore è più larga della navata
principale e include anche questi contrafforti.
La facciata del Redentore è il punto di arrivo di
un percorso che Palladio aveva iniziato con la
facciata di San Francesco della Vigna,
un’opera di molti anni prima, dove aveva
ragionato sull’intersezione degli ordini (maggiore e minore), anche nel Redentore c’è un ragionamento, che è
molto vicino a quello di Palazzo Porto, la sezione dove si vedeva un pezzo di prospetto, un pezzo di cortile,
la sezione sul loggiato e tutto corrispondeva. Questa facciata è una specie di teorema matematico, tutto ciò
che si vede in facciata ha una corrispondenza con l’interno. Come se la facciata fosse una specie di schermo
sul quale proietto l’interno della chiesa. Questo ordine minore è all’altezza di quell’ordine minore che vi
facevo notare che sostiene le arcate delle cappelle. Questo elemento dell’ordine maggiore corrisponde al
grande ordine che sostiene la volta a botte. Questo gioco
di corrispondenze è sottolineato dal fatto che in facciata
sono proiettati anche i contrafforti che, per la loro
inclinazione costruiscono una specie ricordo di timpano
che è qui nascosto, dietro il timpano principale.
Nel ‘700, la categoria dei bacchettoni legge sul prospetto
del redentore 5 timpani:
1) sul portale
2) sull’ordine minore
3) sull’ordine maggiore
4) il ricordo di timpano dei contrafforti
5) se lo vedi sul disegno frontale, il 5 è fatto del tetto,
perché in proiezione ortogonale è un altro
triangolo.
Anche se bisogna dire che è tutto un film.
Riprendendo Palazzo Porto come leggere il disegno? Ieri
dicevamo che ci sono elementi molto diversi: ordine
gigante, ordine piccolo sulla facciata, di nuovo il trucco
della colonna nascosta dietro. Qual è l’obiettivo di un disegno così, perché disegnare le varie parti? Un po'
come abbiamo visto con i disegni di Serlio? Si vuole disegnare in questo modo quando si vuole verificare
quale rapporto c’è tra esterno e interno, quando si vuole verificare la coerenza dell’edificio. La cosa bella qui
è che la coerenza, i livelli corrispondono (tra quelli base e ?) è un po' come se ci fossero tante voci diverse, lui
vuole vedere tutti gli elementi: fa la sezione sul portico per vedere un determinato elemento. Tale modo di
rappresentare, il disegno è uno strumento di invenzione, si scoprono delle cose disegnando un edificio, questo
è un disegno in cui Palladio analizza tutte le parti della fabbrica, in tutte le posizioni, da quelle esterne a quelle
interne.
Domanda: riguardo il Redentore le due campanili sono un’invenzione di Palladio oppure ci sono altri esempi?
Ci sono diverse teorie. Il nostro Marcantonio Barbaro, oltre ad essere un nobile influente è anche politicamente
importante, infatti viene spedito al Bailo di Costantinopoli. Il bailo a Costantinopoli è il rappresentante della
Repubblica presso la corte ottomana, presso la Sublime porta. C’è un ritratto di Marcantonio con Istambul
sullo sfondo, perché essere nominato bailo a Costantinopoli significa che nel ‘500 aveva il polso di due delle
più importanti potenze che controllano il Mediterraneo (ricordiamo che c’è anche l’impero ottomano, gli
ottomani comandano come i veneziani, infatti si scontrano spesso). Si sostiene che, visto il rapporto molto
stretto che Palladio ha con Barbaro, che questi due campanili siano in realtà la citazione di minareti delle
moschee, in segno di dialogo, di apertura, di pacificazione con gli ottomani (1571 con Lepanto). È un’idea che
sostengono Howard Burns e degli studiosi eminenti, può essere che sia così.
Intanto una prova provata non l’avremo mai. Ma se ciò fosse vero, la Repubblica di Venezia avrebbe dato un
grande segno, un messaggio in una chiesa di Stato. L’architettura parla, può dire molte cose.
Se vi ricordate, qualche giorno fa abbiamo iniziato la lezione dicendo che dovevamo capire come questi i nuovi
ritrovati della scienza e della tecnica, questo nuovo linguaggio dell’architettura antica prende piede, si diffonde,
viene rielaborato fuori Roma in vari modi, ecc, in Italia, ma anche all’estero con un po' di ritardo, però teniamo
presente che nell’Europa del ‘500, l’Italia era il punto di riferimento culturale di tutta l’Europa. Quindi non ci
stupisce vedere che sia in Francia che in Inghilterra si formano nuove figure di maestranze, architetti, artefici
che hanno delle relazioni più o meno strette sia con la cultura italiana, sia con lo studio dell’antico, perché
parte sempre tutto da lì.
In questa lezione vedremo come si sviluppa la rielaborazione dell’architettura all’antica (cioè dell’architettura
moderna), in Francia e in Inghilterra, attraverso questi esempi:
- per la Francia il nostro perno sarà Philibert de l’Orne,
- in Inghilterra canticchia più tardi arriva Inigo Jones.
Perché questa discrepanza? Questa discrepanza ha
un’origine fondamentalmente politica e culturale.
in Francia, Francesco I che regna tra il 15 e il 47 è
il fondatore di una cultura di corte qualcosa di
paragonabile a una corte italiana, come Urbino o
Mantova, cioè una corte in cui le lettere, i letterati
hanno un ruolo importante e che ha come
contrattare l’esigenza di formare una classe di
nobili intelligente per sostenere il governo del re.
C’è un lungo periodo di instabilità della reggenza
di Caterina de’ Medici, con forti relazioni che ci
sono tra Francia e i de’ Medici.
In Inghilterra bisogna aspettare il regno di Elisabetta I che arriva più tardi di Francesco I, è un regno importante
perché in una realtà in cui precedentemente l’Inghilterra aveva sostenuto la propria autonomia, indipendenza,
indifferenza da tutto il resto del mondo (con Enrico VIII che aveva i suoi poteri, allontanandosi dalla Chiesa
romana), Elisabetta si rende conto che per affermare la potenza del proprio governo, dal punto di vista
diplomatico, le conviene aprirsi a un dialogo più ampio., anche perché c’è qualcuno che cerca di contrastarla.
Un passaggio importante è quello del cambiamento di dinastia degli Stuart con Giacomo I che si unirà in
matrimonio con Anna di Danimarca, quindi con un’altra casata non autoctona, inglese, che è uno dei principali
committenti di Inigo Jones.
La situazione della Francia all’inizio
del’500, questa corte che si italianizza, lo fa
in modo molto serio, nel senso che a
Fontainebleau, Francesco I impianta la
propria corte (ricordiamo che la corte di
Francia è una corte itinerante tra le
residenze in torno a Parigi in quanto non ha
una sede fissa a Parigi, che arriverà con
Enrico II poco più avanti), con Francesco I,
la corte itinerante Fontainebleau con lui
diventa il perno di tutta la sua corte
all’italiana.
Questa lettera di Castiglione afferma che i
francesi conoscono la novità delle arme?
Che il resto non stimano nulla, non
apprezzano le lettere, le aborriscono, tutti i
letterati vengono considerati come
nullafacenti. Questa è un’impetuosa
registrazione della Francia antecedente a
Francesco I che diventa il padre delle
lettere, fonda accademie di stato per lo
studio di testi antichi. A Fontainebleau
chiama una serie di artisti importanti:

→ esempio famoso la galleria di Francesco


I a Fontainebleau, opera di artisti italiani:
Rosso Fiorentino, Primaticcio (che ha un
ruolo importante nell’arte francese) cioè il
Boulogne. Evince la presenza diretta di
artisti italiani che si confrontano la realtà
francese, uno di questi è Serlio.
Abbiamo già visto la sua grotta dei Primi, abbiamo
visto nel libro Sesto la Casa degli uomini, dove c’è
anche questo palazzo che è molto interessante.

Palazzo del Grand Ferrara, il gran cardinale di


Ferrara, Ippolito d’Este che è nunzio della chiesa
di Francia, Serlio progetta questa casa per lui
disposta secondo criteri francesi, ma risolti molto
all’italiana, all’antica. La scala del Belvedere di
Serlio, questa della loggia sui pilastri con una
pulizia sulla facciata. Si chiama Hotel, in Francia i
palazzi si chiamano così, tra corte e giardino, cioè
il corpo di fabbrica di abitazione centrale è situato
tra una corte di ingresso, chiusa murata; questo è il
portale, fiancheggiata da una petite galerie, da una
galleria per il passeggio, da stanze di servizio e sul
retro c’è il giardino: questa è la tipica disposizione
di tutti i palazzi francesi dal ‘500 al ‘700, sempre
ovviamente con cambiamenti e mille variazioni.
Questo va visto contestualmente ad un edificio,
quello di Fontainebleau dove non c’è l’intenzione
di realizzare di riorganizzare tutto all’italiana, ma
ci sono degli elementi come la grotta dei pini di
Serlio, la galleria di Ulisse e la port dorée? è che
pensata come una sorta di grande arco trionfale
all’antico

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