1.il Rinascimento
1.il Rinascimento
Con il termine Rinascimento si è soliti indicare quella stagione letteraria, artistica, filosofica e scientifica
fiorite in Italia tra il Quattrocento e Cinquecento. Gli uomini dotti italiani del XIV e XVI secolo si sentivano
legati alla grande civiltà classica di cui si ritenevano eredi, mentre il medioevo era considerato un periodo di
barbarie e decadenza. Rinascimento Quindi è un termine ideato da Giorgio Vasari che indica il ritorno in vita,
una vera e propria rinascita, del mondo classico e la riproposizione dei suoi modelli.
Il Rinascimento può essere diviso in tre fasi:
Al ritorno dal soggiorno a Roma il Brunelleschi era un architetto affermato ed era stato già
coinvolto in alcuni problemi della basilica di Santa Maria del Fiore che riguardavano ad
esempio le tribune e il tamburo. Viene istituito un concorso per la realizzazione della
Cupola e tra gli architetti partecipò anche Brune, il quale ebbe un'idea innovativa: una
cupola autoportante che non ha bisogno di centine. Quando presentò la sua idea
Brunelleschi fu considerato pazzo, però avendo risolto già problemi al tamburo vinse il
concorso ,ma con collaboratore il Ghiberti. Brunelleschi cerco di disfarsene perché
rappresenta la figura del nuovo architetto che segue tutte le fasi del proprio progetto ed è
orgoglioso, è geloso delle proprie opere, vuole avere controllo sull’idea, sulla realizzazione
e sulla soluzione dei vari problemi della propria opera. Inoltre Brune aveva capacità ingegneristiche
poliedriche Infatti era in grado anche di realizzare macchinari necessari alla costruzione della cupola. Il
modo tramite cui si sbarazzò di Ghiberti fu quello di darsi malato e lasciar solo il Ghiberti in cantiere. Non
conoscendo il progetto mostrò di essere incapace di risolvere le problematiche del cantiere. Il primo contratto
venne così annullato e ne venne stipulato un secondo che limitava la sua figura.
INTERNO
La problematica principale della basilica di Santa Maria del Fiore era il tamburo, composto da otto oculi,
aveva un diametro di ben 54 m. Per risolvere il problema Brunelleschi realizzò una cupola autoportante, che
non necessitava di armature provvisorie di legno durante la costruzione, in quanto sarebbero incapaci di
sostenere il massiccio peso della cupola.
La cupola, a pianta ottagonale e a sesto acuto, è composta da due calotte: una interna portante e una
cupola decorativa esterna.
Le due calotte sono collegate tra loro da 8 costoloni d'angolo, nell'intercapedine tra le tue
vi sono invece 16 costole intermedie, i vari costoloni sono invece Uniti per mezzo di 9
anelli in muratura, i quali si restringono sempre più man mano che l'altezza aumenta. La
cupola venne costruita tirando su contemporaneamente tutte le parti, strettamente
connesse, realizzando inoltre negli spazi scale corridoi per raggiungere la lanterna.
ESTERNO
La cupola vista dall'esterno appare percorso da 8 bianche nervature Marmoree, che
convergono verso il ripiano ottagonale su cui si trova la lanterna, per la quale Brune
dovette affrontare un nuovo concorso, che vinse per continuità con la costruzione, ma morì
prima che fosse ultimata.
- Linguaggio classico: colonne con ordine corinzio, che sorreggono una trabeazione
completa, volute nei contrafforti
- Linguaggio gotico: guglie, contrafforti
Brune diventa molto conosciuto anche in altri centri come Milano, Ferrara e Mantova, in cui viene consultato
per opere civili e militari. Per la città di Firenze realizza ancora: Lo spedale degli Innocenti era un convento
dove veniva dato luogo di accoglienza e un’educazione ai bambini orfani che venivano abbandonati in questi
luoghi (tramite delle porte girevoli, modo civile).
ESTERNO
In tale edificio il richiamo al mondo classico è molto forte e si basa
sugli ordini architettonici e sull’arco a tutto sesto. Le soluzione erano
due:
- arco sovrapposto all'ordine: arco su colonna a fusto liscio,
con capitello corinzio,
- arco inquadrato nell’ordine: lesena scanalata con ordine
corinzio, immaginata con un lato di una colonna corinzia con
24 scanalature, quindi 6 in queste. La trabeazione sorretta
sarà composta da architrave tripartito, fregio liscio o ornato e cornice.
Nello spedale queste due strutture sono presenti entrambe, ai lati esterni l’arco
inquadrato, mentre in tutto il porticato l’arco poggia su colonna. Il portico si trova su
9 gradini ( podio o crepidoma), numero che ritorna nelle arcate e nelle finestre
timpanate sopra la trabeazione, che rimanda alla simmetria classica. Brunelleschi
riprende anche le proporzioni dai classici infatti seguendo un modulo, la luce
dell’arco, realizza in modo proporzionale tutto il portico.
Il porticato presenta 9 campate, che hanno volume cubico, e all’interno della campata lungo il muro la vela
viene sorretta da un peduccio: come se ci fosse una colonna della quale sporge però solo l’ordine .
Il committente era il padre di Cosimo il Vecchio, della futura ricca famiglia de’ medici,
che voleva che la sagrestia servisse anche da cappella funeraria di famiglia.
Alla sagrestia vecchia si accede dal transetto della basilica di San Lorenzo, occupa
uno spazio cubico ed è sormontata da una cupola emisferica ombrelliforme, che ha
alla base 12 finestre circolari. Esternamente è sormontata da una lanterna su 6
colonnine coronate da cupola a elica.
Il committente era un mercante, per questo motivo I committenti erano della famiglia de’ medici, ricca e
non era interessato a giochi di potere e non potente, quella che trasformerà Firenze in principato.
interessato a rischiare nuove soluzioni. Sarà così Vogliono un profilo basso per non evidenziare il fatto
innovativo che non avrà altri eguali a firenze . che si stiano affermando. L’architetto iniziale doveva
essere Brune, ma progetto innovativo, scelto
Michelozzo perchè + vicino alla tradizione .
IN COMUNE
- l’uso del bugnato
- panca da via con schienale, in muratura
- ricco cornicione, tipicamente classico
- bifore e marcapiani
DIFFERENZE
considero solo 5 campate e la porta a sx. consideriamo solo 3 delle 5 porte, perché realizzate
in seguito, con ampliazione del palazzo perché
- piano terreno famiglia potente.
la panchina da via ha opus reticulatum
la porta con trabeazione sovrapposta alla lesena, - piano terreno
pantheon bugnato irregolare
bugnato gentile porta a tt 6° con ghiera a tt 6°
finestre quadrate con cornice (rom) finestre timpanate
lesena con capitello tuscanico finestre senza cornici
marcapiano: trabeazione, fregio decorato - piano 1°
- piano 1° bugnato gentile ,
bugnato gentile: si fa indietro bifore ad arco tt 6° e ghiere
lesena con capitello ionico (traviata ritmica) marcapiano: semplice decorazione
marcapiano: trabeazione, fregio decorato - piano 2°
bifore bugnato profilato
- piano 2° bifore arco tt 6°
bugnato gentile: si fa indietro cornice dentellata (classicità)
lesena con capitello corinzio marcapiano: semplice decorazione
marcapiano: trabeazione, fregio decorato
bifore
cornicione: fregio dentellato, non la cornice
N.B: sovrapposizione di ordini (colosseo)
BIFORA BIFORA
la ghiera prosegue verso il basso formando arco a la ghiera parte dall’imposta dell’arco della finestra e
tutto 6°. Le colonnine presentano una trabeazione la lunghezza dei conci è diversa, formano arco
simile ai classici. acuto. La colonna regge l'arco, tipico di brune, e la
trabeazione non esiste
INTERNO
l’architetto che si occupò del cortile interno è rossellino ( + brune), presenta portico con archi sorretti da
colonne con fusto liscio e capitello corinzio. Il problema è la colonna d’angolo, essa è debole e ha effetto
sgradevole, in quanto le finestre per essere in asse con pieni e vuoti si trovano troppo vicine. ( soluzione:
luciano laurana)
● TEMPIO MALATESTIANO ( RIM, 1453)
L’ Alberti rifece la chiesa di San francesco a Rimini, su commissione di Sigismondo Pandolfo
Malatesta che voleva rendere la chiesa un luogo di celebrazione di lui dell’amante isotta degli Atti e
alcuni umanisti della sua corte. L’alberti si dedicò all’ideazione del progetto ma colui che lo realizzò
fu matteo de’ Pasti. Il committente inoltre richiede la ripresa dei classici in quanto si comparava al
primo imperatore romano Augusto ma anche la migliore degli imperatori Traiano.
FACCIATA
L’alberti incapsula l’edificio in un involucro di pietra bianca di Verona, però
l’opera rimase incompiuta in seguito alla caduta in disgrazia di Sigismondo e la
sua successiva morte. Dalla moneta coniata da Matteo de’ pasti per la
consacrazione si nota come nella facciata dovrebbe essere stata coronata da
un fastigio, e dei semitimpani ad andamento curvilineo ( modiglioni a volute) lo
accorderebbe con la cornice sottostante, che con il piano inferiore presenta
sovrapposizione di ordini.
Le semicolonne hanno fusto scanalato, sono coronate con capitelli compositi con teste di cherubino,
dividono la facciata inferiore in tre parti , quella centrale + ampia, accoglie il portone timpanato che è
all’interno di una profonda arcata, quelle laterali invece sono ceche e
contengono i sacofagi dei consorti. La Facciata ha elementi detti ovuli che
ricordano l’arco di trionfo a Rimini, ma è l’intera facciata a ricordare la
struttura di un arco di trionfo a 3 fornici, colonne che sorreggono
trabeazione.
Il fregio riporta scritte le qualità di sigismondo, mentre il fregio del podio
ricorda stile saraceno con emblemi araldici della famiglia.Nella parte
retrostante alla facciata la chiesa presenta una cupola estradossata che
ricorda il pantheon, con costoloni lanterna gotica.
ESTERNO
Nei fianchi le grandi arcate a tt 6° sono sorrette da pilastri, senza
semicolonna addossata, che ricordano gli acquedotti. Vi è un alto
basamento che ricorda il podio o crepidoma classico, che sostiene
colonne ( capitello composito) e pilastri. Nella sequenza di arcate ci si
accorge che le finestre gotiche non sono allineate e centrate, perché
l’alberti vuole mantenere proporzioni, armonia e monumentalità e non
doversi adattare.
INTERNO
L’interno presenta un’unica navata affiancata da cappelle introdotte da grandi arcate a sesto acuto , il doppio
ordine di paraste su piedistalli inquadra gli archi acuti e il secondo ordine su mensole forma un coronamento,
per tutto 2p. la copertura è a capriate lignee.
FACCIATA E PIANTA
Chiesa a pianta centrale, preceduta da un pronao con 5 aperture in facciata, i
quattro bracci della croce sono coperti da volte a botte, che avrebbero ben
supportato una cupola emisferica. Ha due rampe di scale di accesso frontali,
che ricordano il tempietto di clitunno. La chiesa sotto presenta una cripta che
ricalca il piano superiore, ricoperta da un gran numero di volte, è rialzata per isolare la chiesa dall’umidità.
La facciata è solcata da quattro alte e snelle lesene schiacciate contro il muro con capitelli semplici, simile al
fronte di un tempio tetrastilo, al di sopra regge la trabeazione interrotta che segue l’arco. Il portale centrale è
sormontato da un architrave ornato, sostenuto da due mensole a voluta ( sterlina, con trabeazione interrotta
e 4 colonne, tempietto clitunno)
FACCIATA E PIANTA
La pianta è longitudinale con transetto e fonde nella facciata il tema dell’arco di
trionfo con quello del frontone del tempio classico. Le aperture frontali sono tre e
immettono nel pronao coperto a cassettoni, quella centrale amplia è costruita da
una grande arcata cassettonata su pilastri con semilesena addossata, le altre
due piccole sono architravate. Le lesene corinzie ( ordine gigante: comprende
tutti i piani in uno) su piedistalli sorreggono una bassa trabeazione al di sopra
della quale si imposta un timpano. Sopra si erge una struttura coperta a botte,
che funge da cripta sopraelevata e che fa entrare l'edificio, accessibili ai lati da
due scale a chiocciola arretrate rispetto alla facciata. Presente il
podio romano.
INTERNO E ESTERNO
All’interno vi è una sola grande navata, per accogliere le masse di pellegrini recatisi per la
reliquia del sangue di cristo, ha su ogni lato tre grandi cappelle coperte a volta a botte
cassettonate. Tra i pilastri vi sono una parete piana con cornice e una finestra. L'interno
ricorda le grandi costruzioni romane come la basilica di Massenzio o le grandi Terme. La
cupola ricorda quella del pantheon, sovrasta il presbiterio e presenta il claristorio
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● PIENZA SIENA
Nel 1459 papa Pio II Piccolomini incaricò l’architetto e scultore Bernardo Rossellino, collaboratore
dell’Alberti, di ristrutturare il piccolo borgo natìo di Corsignano (a circa 50 chilometri da Siena) in modo che
potesse essere una delle residenze della corte pontificia. La cittadina divenne così sede episcopale e mutò,
in onore del pontefice, il suo nome in quello attuale di Pienza (cioè «Città di Pio»). In corrispondenza di una
lieve curva della strada (l’attuale corso Rossellino) che attraversa l’intera cittadina, vengono progettati e
costruiti la nuova Cattedrale, il Palazzo Piccolomini, quello del cardinale Borgia (poi Vescovile), quello
Pretorio, nonché la Canonica. La piazza della città ha forma di trapezio, ha un disegno geometrico con un
maglia regolare che rimanda alla simmetria dei classici, per questo motivo palazzo Piccolomini ha un lato
obliquo.
L’intervento finisce per configurarsi come progettazione della città, in quanto l’opera del Rossellino coinvolse
la ristrutturazione dei palazzi già esistenti per i singoli pontefici, ostello per i visitatori, oltre a un ospedale e a
delle case del tipo a schiera per i cittadini più poveri.
- PALAZZO PICCOLOMINI
Dall Albertiano Palazzo Rucellai il Rossellino deriva le forme del Palazzo Piccolomini, costruito a destra della
Cattedrale della quale, soprattutto in veduta tergale, sembra quasi essere la naturale prosecuzione.
FACCIATA
- anteriore
La facciata presenta una panca di via e la sua pianta ricorda la domus romana, con il susseguirsi di
vestibolo, atrio, cortile. Nel palazzo pientino viene sottolineato l’andamento per fasce orizzontali, attraverso
le trabeazioni con architravi e cornici di travertino, il cui biancore risalta sul laterizio
del paramento murario a bugnato gentile. Le paraste del piano terreno sono
bugnate e ingentiliscono il compatto registro inferiore e le finestre non hanno
cornice. Il Rossellino, non ricorre alla travata ritmica, ma rende progressivamente
più larghe le campate centrali, per motivi ottici. Negli altri due piani le ghiere delle
bifore partono dal piano di imposta dell'arco della finestra, sono a 6° acuto e le
colonnine presentano la trabeazione. La tradizione è in parte mantenuta
- posteriore
Il fronte posteriore+risulta composto da un triplice loggiato (con colonne sormontate
da archi al piano terreno, con colonne gravate da archi sbarrati al primo piano, con
colonnine trabeate al secondo piano, sovrapposizione di ordini). Il loggiato si affaccia
su un giardino pensile, il primo dei tanti giardini all’italiana che si svilupperanno da
ora in poi, composto da forme geometriche e corridoi, mantenendo la simmetria
classica e affacciato verso valle, Norcia. È la prima volta che un edificio viene
costruito con l’intento dichiarato di compenetrare lo spazio naturale ed è anche la
prima volta che l’interesse di un committente si sposta dall’edificio al paesaggio e ne
condiziona le scelte architettoniche.
I CORTILE INTERNO
Il Palazzo Piccolomini si organizza attorno a un cortile centrale, soluzione simile al michelozziano Palazzo
Medici. Il cortile è composto da un porticato di archi su colonna che mantiene la problematica della colonna
d’angolo. Al cortile si accede sia dal portale principale, in asse con il cortile stesso e collocato lungo il corso
Rossellino, sia da quello laterale che si apre sulla piazza e che immette in uno dei bracci laterali del portico.
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● URBINO
A Urbino, ( urbs x2, città due volte) la stabilità del potere
politico è assicurata dal lungo governo di Federico da
Montefeltro (signore della città dal 1444 al 1482), e la
presenza alla sua corte di grandi artisti quali Leon Battista
Alberti, Piero della Francesca, Luciano Laurana
(1420-1479), Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), che
interagiscono nell’esperienza di ristrutturazione urbana. A
Urbino la piccola dimensione dell’abitato fa sì che si
compisse il miracolo, irripetibile, della fusione fra la città e il
Palazzo Ducale tanto che, addirittura, negli osservatori acuti
e raffinati del tempo si formò la convinzione della
coincidenza fra l’una e l’altro.
I lavori poi si interruppero poiché il duca voleva un palazzo più grande venne chiamato un
nuovo architetto che è Luciano Laurana ( aveva contatti con l’alberti, incontrato a firenze
il quale gli aveva firmato una lettera di raccomandazione), a cui sono attribuite, la facciata
di sx, in cortile interno e la facciata dei Torricini vs Roma.
- La facciata di sx
La facciata è in laterizio, ma nella parte inferiore è in bugnato gentile di marmo d’istria e presenta la panca
da via con schienale. Si susseguono porte e finestre con trabeazione e lesene di ordine corinzio. L’elemento
che stona con la classicità è la regola dei pieni e dei vuoti che non è rispettata, infatti sono presenti una serie
di finestre con cornici che riempiono gli spazi sotto le finestre del piano superiore, inoltre sono ancora
presenti aspetti medievali come le finestre asimmetriche.
Due torri cilindriche (dotate di beccatelli e terminanti in guglie con copertura conica), prive dell’aspetto severo
consueto a quelle medievali, serrano la facciata. Quest’ultima presenta un triplice loggiato sporgente,
sostenuto da un arco dai piedritti scarpati, cioè inclinati verso l'esterno che contribuisce a ingentilirla e a
sottolineare l’aspetto inoffensivo delle torri stesse.
Il motivo architettonico delle logge sovrapposte, una sorta di arco di trionfo
moltiplicato in verticale, non è ripetitivo, perché ogni livello, in particolare il secondo
e il terzo, si differenzia dagli altri nel trattamento degli ordini architettonici e nel
cassettonato delle profonde volte a botte. Le colonne a fusto liscio al secondo e
scalinate al 3° reggono una trabeazione con pulvino, vi sono lesene lisce al 2° e
scanalate al 3° che sono addossate al muro, tra il secondo e ultimo piano una
semplice cornice li unisce. Nel loggiato le porte e le aperture ( sopra alle porte) sono
architravate.
Si dubita che tale facciata possa essere del Laurana, è più probabile pensarla frutto di riflessioni e contributi
non solo dell’architetto dalmata, ma anche di Francesco di Giorgio, di Piero della Francesca e, soprattutto, di
Leon Battista Alberti.
- il cortile d’onore
La inferiore del cortile fu costruita durante la permanenza del Laurana a Urbino, ma
del quale Francesco di Giorgio edificò le soprallogge – presenta colonne dal fusto
liscio, ornate di sontuosi capitelli compositi all’antica, sui quali poggiano archi a tutto
sesto. Contrariamente al fiorentino Palazzo Medici, che reca colonne agli angoli, a
Urbino il cortile presenta una soluzione angolare più complessa. Infatti al piano
terreno l’angolo è conformato a «L», con coppie di paraste e semicolonne
addossate.
Al secondo ordine, invece, scandito da paraste corinzie, nella posizione d’angolo sono collocate paraste
affiancate da controparaste (cioè porzioni di paraste in posizione arretrata rispetto alle prime). Nella terza
loggia prospetta, uno degli ambienti più intimi del palazzo: lo Studiolo di Federico da Montefeltro, un piccolo
ambiente, specchio della cultura umanistica del Signore di Urbino, luogo dedicato all’otium e al
raccoglimento, nel quale le pareti sono ornate da tarsie prospettiche che dilatano illusoriamente lo spazio,
riempiendolo, allo stesso tempo, di oggetti. Laurana inoltre realizza una scala d’onore: ogni rampa ha il suo
vano scala, la volta è a botte in intonaco, le ghiere degli archi sono cassettonate all'intradosso.
Nell’ultima fase del rinnovamento del palazzo ducale arriva nel 1476 l’architetto senese Francesco di
Giorgio Martini, che porta la fabbrica a definitivo compimento.
● FERRARA
Ferrara era una delle città più importanti della Pianura Padana. Nel
Quattrocento poteva vantare una situazione economica florida ed era
sede della corte degli Este – colta e raffinata, che ospitava l’Alberti, Piero
della Francesca e Andrea Mantegna.
L'addizione prevedeva, come in un’antica città romana, l’organizzazione secondo uno schema
cardo-decumanico parallelamente a due assi ortogonali principali. La prima (ora corso Ercole I d’Este)
congiungeva il Castello Estense con la residenza di Belfiore; e fungeva da via privata per i duca, per questo
motivo la piazza/forum che secondo la teoria romana doveva trovarsi all'incrocio tra cardo e decumano
venne decentrata e così i duchi potevano spostarsi con tutti gli agi possibili e senza essere attaccati o
disturbati dal popolo. La seconda attraversava interamente la città mettendo in comunicazione due porte
aperte nello spessore delle nuove mura. Le vie minori sono raccordate perfettamente alla viuzze del centro
antico, non risultano estranee. Le strade vengono realizzate per prime e per questo l'addizione può essere
considerata un vero e proprio “piano regolatore” urbanistico, che vide in seguito la costruzione degli edifici
circostanti. Sono allora la strada e la città (intesa come aggregazione funzionale di più fabbricati) la
dimensione dell’intervento progettuale e non più il singolo edificio. Ne è un esempio l’incrocio di Palazzo dei
Diamanti.
I lavori di ampliamento si protrassero per tutto il Cinquecento, ma le previsioni di piano non si realizzarono
che in parte. La popolazione, infatti, smise di crescere e molte aree rimasero inedificate. Una profonda crisi
economica alla corte d’Este rallentò i lavori e il passaggio della città sotto il governo diretto della Chiesa, ne
bloccò definitivamente il processo di sviluppo.
L'interno presenta una navata centrale cassettonata, che da accesso alle due
laterali minora grazie ad un susseguirsi di arcate su colonna ( brune). Vi è
all’entrata il barco, corpo pensile che è retto da archi su pilastri con semicolonne
addossate dal lato dell’ingresso e con lesene dal lato opposto.
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Il palazzo era del cardinale ma espropriato passò alla cancelleria perché sembra che sia stato
rinnovato in seguito alla vincita al gioco di una ingente somma di denaro. L’architetto si pensa
essere Baccio Pontelli che soggiornò ad Urbino.