L’intelligenza emotiva di Goleman
L’intelligenza emotiva di Goleman
L’intelligenza emotiva di Goleman
Motivazione di se stessi
La capacità di padroneggiare le emozioni è un requisito fondamentale per
riuscire a concentrarsi, per trovare motivazione e controllo di sé. E’ un requisito
indispensabile per motivarsi al raggiungimento di un certo obiettivo e a
persistere nell’impegno quando le situazioni si fanno altamente frustranti. La
motivazione è il motore interno che spinge a mettere in atto tutta una serie di
comportamenti che consentono il raggiungimento dello scopo. Quando le
emozioni negative sono forti e concentrano l’attenzione dell’individuo sulle
proprie preoccupazioni, esse interferiscono negativamente con i suoi eventuali
tentativi di concentrarsi su qualcos’altro.
Nella misura in cui le azioni sono motivate da sentimenti di entusiasmo, e di
piacere, sono proprio tali sentimenti a spingere verso la realizzazione. In
questo senso l’intelligenza emotiva è “un’abilità fondamentale che influenza
profondamente tutte le altre, di volta in volta facilitandone l’espressione, o
interferendo con esse”. (Goleman, 1996)
In questo ambito può essere di notevole utilità insegnare alle persone a
sviluppare un pensiero positivo. Seligman (1996) definisce il pensiero positivo
“ottimismo flessibile” ed è collegato alla convinzione di essere in grado di
raggiungere in modo positivo i risultati prefissati. Come ha evidenziato Bandura
(2000) “C’è una differenza considerevole fra il possedere certe sottoabilità e
l’essere capace di integrarle in corsi d’azione adeguati ed eseguirle bene in
circostanze difficoltose. Spesso le persone non riescono a offrire prestazioni
ottimali anche se sanno benissimo che cosa devono fare e possiedono le abilità
necessarie per farlo. Il pensiero su di sé attiva i processi cognitivi, motivazionali
ed affettivi che governano la traduzione delle conoscenze e delle abilità in
un’azione competente. In sintesi il senso di autoefficacia non riguarda il
numero di abilità possedute, ma ciò che si crede di poter fare con i mezzi a
propria disposizione in una varietà di circostanze diverse”. La motivazione di se
stessi è secondo Bandura strettamente legata alle proprie aspettative di
autoefficacia. L’autore definisce l’autoefficacia in termini di “credenze nei
confronti delle proprie capacità di regolare il comportamento ed intervenire
attivamente nei confronti della scelta dei propri obbiettivi e delle azioni che
possono essere scelte per il loro raggiungimento”. L’autoefficacia, quindi, è
strettamente interconnessa al concetto di sé. James (1890) aveva individuato
tre componenti fondamentali del sé: il sé materiale che si riferisce alle
conoscenze che la persona possiede a proposito del proprio corpo, del proprio
ambiente e di ciò che possiede; il sé sociale che riguarda le molteplici immagini
e percezioni che ciascuno presume che gli altri abbiano di noi; il sé spirituale
che rappresenterebbe l’autoconsapevolezza che ogni persona ha di se stessa a
proposito delle proprie abilità, dei propri atteggiamenti, valori, motivazioni e
interessi. Queste tre dimensioni del sé, strettamente interconnesse, dirigono la
motivazione in ogni azione.