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SOCIOLOGIA

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questi appunti sono di Diletta Marra. Per favore, non rivendere i miei appunti. Grazie!

👳🏿‍♂️
SOCIOLOGIA DEL RAZZISMO E DELLE
MIGRAZIONI

Esame da frequentante: appunti, riassunti libri

10/10

in questo corso esploriamo le basi del razzismo e sociologia, capire quali sono i
concetti fondamentali della disciplina e che relazione c’è fra il razzismo (esplorato
anche in altre discipline) e la migrazione, come le migrazioni vengono lette e
governate in questo specifico periodo storico (dalla fine del 900 fino alla
contemporaneità).
italia > guarderemo gli anni 70 con il libro della marchetti. dall’89 a oggi.

1989 > prima mobilitazione antirazzista in italia, succedono cose per cui poi si
sviluppano le prime legislazioni sulla migrazione. fino al 91 non c’era nessuna legge a
riguardo in Italia, perché il paese era per lo più di emigrazione e non immigrazione.

faremo sociologia critica > guardare a quali narrazioni rimangono costanti nel tempo
nonostante ci sia un cambio di vocabolario tra le vecchie teorie razziste (e i vecchi
modi di organizzare la società sulla base della razza) e quello che è oggi il governo
delle migrazioni.

parleremo molto di femminismo nero (vedi testi in programma), in particolare in


quello della marchetti ci sono una serie di concetti legati a questo femminismo.
nel femminismo nero esiste la pratica del posizionamento. fino a un certo punto
della storia del pensiero occidentale c’è stata l’ambizione di produrre un sapere
universalmente valido. il positivismo è l’estremizzazione di questa posizione, idea di
produrre un sapere neutro è assoluto valido per tutti.
il femminismo nero svela la follia di quest’idea, soprattutto indagando nelle scienze
sociali perché in realtà non esiste un sapere neutro: è invece molto posizionato lungo
assi di potere e identità > da qnd siamo piccol* ci propinano saperi che vengono da
maschi, bianchi, benestanti, cis, etero… e questo sapere in realtà non è valido per tutti
ma è posizionato nella sua esperienza. è uno sguardo specifico, che nasce da quello
che queste persone guardano.
le attiviste nere dicono che come si produce il sapere è necessario affinchè il nostro
sapere risulti valido e ciò non vuol dire universale. il sapere è la possibilità di
mostrare un aspetto parziale della realtà ed è dato da situazioni
specifiche, esperienze, e dunque riconoscibile e valido.
riconoscere il proprio posizionamento è un modo per entrare in un’altra
epistemiologia rispetto a quella universalistica del sapere occidentale fino al 900.
epistemiologia > autrice bell hooks, scrisse la trilogia pedagogica, dove spiega la sua
teoria pratica su cosa vuol dire stare in un’aula intesa come spazio di apprendimento.
lei illumina il modo in cui usare un certo modo di parlare serve per creare barriere,

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per decidere chi ha diritto di accedere a un sapere, per riconfermare il valore di quel
sapere proprio perché esso esclude qualcuno che non è degno di sapere.
ci sono termini non accessibili a tutti, es. il termine epistemiologia, non tutti lo
conoscono.
bell hooks è una femminista afroamericana che scrisse molto per la comunità
afroamericana cioè una società che era stata esclusa dall’accesso al potere e al sapere.
vuole scrivere per casalinghe e carcerati spiegando che sono persone con destini
comuni nella comunità afro, vuole attivare il loro sapere, così da produrre
liberazione.

nel corso lavoreremo sull’epistemiologia intesa come modo per produrre sapere e
ritenerlo valido, capiremo quanti possibili modi di produrre sapere ci sono, quali
modi di produrlo possono essere funzionali a una teoria della liberazione come la
chiama bell hooks.

esercizio: definizione di razzismo. che idea ne abbiamo?


definizioni nostre:
- racchiudere le persone in categorie sulla base della propria cultura, pelle,
politica, provenienza, genere, religione, conoscenze. fare stereotipi, pregiudizi.
negazione di possibilità sulla base di tutti questi concetti per decisione di
qualcuno che si crede superiore. è un modo per tenere sotto controllo chi è
diverso. emarginare, escludere, paura di ciò che non si conosce.

guardiamo delle definizioni prese dal dizionario:


- treccani: derivato da razza, concezione fondata sul presupposto che esistano
razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla
base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a
garantire la 'purezza' e il predominio della 'razza superiore'. es. Nazismo
- hoepli: Dottrina che sostiene la superiorità di una razza sulle altre e che
propugna la necessità di mantenerla pura, evitando perciò ogni
contaminazione con altre razze, ritenute inferiori, mediante severe
discriminazioni razziali e talvolta anche con la persecuzione.
estens. Atteggiamento discriminatorio verso chi è di razza, o anche di
tradizioni, cultura, lingua diverse dalle proprie.
- sabatini: Ideologia che, fondata su un'arbitraria distinzione dell'uomo in razze,
giustifica la supremazia di un'etnia sulle altre e intende realizzarla attraverso
politiche discriminatorie e persecutorie.
estens. Ogni atteggiamento o manifestazione di intolleranza.

Più genericam., complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza originati


da profondi e radicati pregiudizi sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed
emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e
culturali diverse, spesso ritenute inferiori: episodi di r. contro gli extracomunitari.

Ma queste definizioni non mettono in luce la direzione del razzismo da un punto di


vista storico. come è nato?

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Ad es. il sessismo: nella società è nato e si è riprodotto storicamente tramite


istituzioni come la chiesa, perchè alla base vi era un sistema patriarcale, religione
cristiana… le donne avevano possibilità ridotte rispetto agli uomini e si è costruita
una situazione di subalternità (termine di gramsci), sottomissione. il genere è l’asse
lungo cui si sviluppa l’oppressione legata al sessismo ed è storicamente, in occidente e
non solo, legata allo sviluppo del patriarcato. nonostante gli uomini subiscano il
controllo del patriarcato come le donne, in questo modo di organizzare la società
detengono però una posizione di potere. il patriarcato e il sessismo controllano tutt* e
abbiamo tutt* un copione da seguire, cioè abbiamo tutti qualcosa che ci si aspetta che
facciamo o siamo.

!! il razzismo è da pensare come il sessismo e il patriarcato, cioè un sistema,


sviluppatosi nel tempo, che si basa su un'ideologia di superiorità
(suprematismo bianco ma non solo) e che si sviluppa attraverso istituzioni
diverse come anche la chiesa ma soprattutto attraverso leggi. quello che è
evidente da queste definizioni di razzismo prese dal dizionario è:
1. non si nomina la direzione del razzismo, non si dice chi è razzista con chi.
2. c’è una costruzione storica, politica, sociale, economica, che non viene messa
in luce. il razzismo è dunque trattato come un atteggiamento, ideologia.
esistono la paura del diverso (xenofobia) e l’ignoranza nel razzismo, ma non
solo. parlando solo di questo stiamo parlando solo dei razzisti e non del
razzismo in sé.

maggioranza (=egemonia, termine di gramsci): quando un sistema è egemone è


difficile opporvisi, dunque siamo tutti razzist*, sessist*, classisti, perché è il sistema
nel quale cresciamo, sono valori che ci vengono inculcati e dai quali dobbiamo
emanciparci. dobbiamo guardare alla struttura (razzismo) e non ai razzisti.
individualizzare gli atti di razzismo è un modo per non raccontare il razzismo per
quello che è, cioè un fenomeno strutturale.
egemonia: preminenza, supremazia esercitata in qualche settore politico o anche
non politico.

per opporre questa visione individualizzata di razzismo, ne daremo una definizione


sistemica e strutturale, di controllo sociale.
per arrivare a questa definizione partiamo dalle definizioni di razzismo che danno
alcuni critici e guarderemo alla storia per capire quando parliamo di razzismo di che
evento storico stiamo parlando.

tendenza alla naturalizzazione > “tutti hanno paura dell’altro”, “è un fatto di


ignoranza”: parlando così del razzismo stiamo dando al termine un valore astorico, lo
stiamo naturalizzando.
aparteid, segregazionismo usa, nazisti: solitamente si prendono sempre solo questi 3
esempi per parlare di razzismo.

autore: george frederickson > studioso di razzismo, sudafricano, bianco, studia il


sistema sudafricano. si interessa innanzitutto dell’aparteid.

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libro: “breve storia del razzismo” > dice che ha problemi a usare la parola razzismo
perché l’abbiamo usata per definire così tante cose che gli sembra che questo termine
non valga più niente, non ha potere di descrizione significativo, è diventata vaga. poi
cita un altro sociologo (wacquant) che dice che nonostante questa parola sia così
carica, usata per insultare, ad oggi non abbiamo una parola migliore che ci aiuti a
mostrare che ci siano delle continuità fra cosa è successo nell’italia fascista e
germania nazista, cosa è successo in sudafrica e ovunque nel globo. non possiamo
togliere la parola razzismo perché ci ricorda che anche se non
nominiamo la parola razza esiste una costruzione della società che si
basa sulla distinzione di categorie omogenee sulla base di lingua, cultura,
pelle, ecc.
frederickson fatica a usare questa parola ma ammette che ne abbiamo bisogno, non
possiamo fare a meno di usarla.

ci sono definizioni diverse di razzismo, ma ci sono somiglianze e fanno tutte parte


della stessa macchina.

Testo importante: doane ashley, “cos’è il razzismo” 2006: la soluzione all’oppressione


razziale comprende cambiamenti che implicano il cambiamento delle istituzioni.
Dice: "La divisione chiave nel dibattito sulla natura del razzismo è tra la definizione di
razzismo come atteggiamento o comportamento individuale (odio, stereotipi,
disparità di trattamento) e la visione del razzismo come insieme di pratiche
sistemiche e istituzionali (...). nella misura in cui le definizioni individuali di razzismo
diventano dominanti, ciò che emerge è un mondo sociale in cui è difficile sfidare o
addirittura immaginare il razzismo istituzionale (...) la prospettiva del razzismo
strutturale, il pregiudizio individuale e la discriminazione non sono altro che sintomi
di problemi strutturali più ampi, la disuguaglianza razziale è un aspetto pervasivo
della vita quotidiana e del normale funzionamento delle istituzioni, e la soluzione
definitiva all’oppressione razziale implica cambiamenti di vasta portata nelle
istituzioni sociali".
spiegato meglio: lo stato è razzista > es. legge sulla cittadinanza. tutti i modi in cui in
uno stato si decide chi ha accesso ai diritti e chi no.
il conflitto fra una definizione individualizzante e una strutturale di razzismo porta a
differenze importanti rispetto alle politiche che entrano in campo.
Ashley spiega: razzismo definito come un insieme di pratiche istituzionali e
sociali: conseguenza > il cambiamento strutturale comprende una messa critica
delle leggi, soluzioni basate sul riconoscimento delle differenze prodotte e
cambiamenti nelle pratiche culturali.
OPPURE razzismo definito come problema di attitudine individuale:
conseguenza > punire l'atto individuale e combattere il razzismo educando le nuove
generazioni.
e invece le politiche interculturali falliscono, perché non è un fatto di non conoscere
l’altro, ma un fatto di struttura sociale.
space-based remedies e affirmative actions > ashley ne parla. in tanti paesi es. usa
esistono delle politiche così, cioè le informazioni sulle persone vengono prese in
considerazione ad esempio quando bisogna dare una borsa di studio (=si chiamano

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discriminazioni positive) come anche ad es. le quote rosa: è un’affirmative action.


ashley non crede che questa sia una soluzione.

Se non riconosco che il razzismo è un sistema, non adotto delle politiche adeguate.
Dirò solo al razzista di non essere razzista, e non è una soluzione.

differenza tra razzismo e xenofobia > la xenofobia è la paura dell’estraneo, e prima


della morte di george floyd era più usata di razzismo. la paura dell’altro è definita
come naturale (naturalizzazione). ma nell’antica grecia si chiamavano i non greci
"barbari" (persona che balbetta). i greci pensavano che la parola fosse l’essenza
dell’umanità dunque chiamare barbaro qualcuno era dargli del meno umano: questo
è presente nel razzismo. ma la paura dell’altro non ha una dimensione sistemica come
il razzismo, non funziona attraverso la produzione di una razza ma attraverso la
distinzione fra sè e tutto ciò che c’è fuori. guardando alla storia della grecia, non c’era
un dislivello militare, economico, tra chi erano barbari e i greci, come invece c’è stato
in altri momenti storici.
usare la parola xenofobia è attingere a una narrazione che rende naturale e astorico
questa distanza e la discriminazione che ne consegue.
parlare invece di razzismo ci situa in un momento storico preciso e ci riporta a qst
radice ineliminabile: RAZZA. la razza è un significante mobile e ha delle ripercussioni
nella contemporaneità nel modo in cui le società vengono costruite.

du bois è il primo sociologo afroamericano che ricevette riconoscimento, inventò la


definizione di colorline. all’inizio del 900 ha introdotto alcune delle letture
fondamentali per pensare alla questione nera negli usa e al razzismo a livello globale.
linea del colore > relazione fra le razze più scure e più chiare di umani in asia,
africa, america e isole.
parlare di razze in italia non è la stessa cosa di parlare di race nei paesi anglofoni: in
italia la questione della razza è legata al periodo fascista e alle leggi razziali, come
anche in germania, in italia è diventato un tabù la parola razza. negli usa no: negli usa
la parola razza è uno spazio di rivendicazione politica e di soggettivazione politica per
le persone appartenenti a minoranze.

Karenga fu contemporaneo di du bois e spiega che è importante distinguere fra


pregiudizio razziale e razzismo, perchè il pregiudizio è un atteggiamento ostile
mentre il razzismo è l’imposizione di questo atteggiamento come pratica sociale. il
razzismo è un sistema di negazione nella storia dell’umanità e di libertà di un popolo.
secondo karenga il razzismo si esprime in 3 modi:
1. atto di imposizione dal carattere violento: colonialismo, olocausto, genocidio,
schiavitù, neocolonialismo, occupazione, globalizzazione. il razzismo è un atto
di imposizione.
2. ideologia: modo attraverso cui si giustifica l’imposizione. indipendentemente
da come nasce l’ideologia, nasce sempre per legittimare l’imposizione violenta.
3. istituzione: struttura e processi che promuovono e perpetuano l’imposizione e
l’ideologia. a partire dall’ideologia sono nati sistemi atti a mantenere la
diseguaglianza di potere.

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grosfoguel studiò molte teorie decoloniali. faceva parte della scuola decoloniale, che si
concentra molto sull’invasione delle americhe e su tutto quello che ha prodotto la
modernità (=vista come l’evento della colonialità ed essa è l’evento della modernità).
la definizione che diede di razzismo è di "una gerarchia globale di superiorità e
inferiorità lungo la linea dell’umano che è stata prodotta e riprodotta per secoli dalle
istituzioni del mondo capitalista/ patriarcale/ occidentale/ cristiano/ moderno/
coloniale".

studi post coloniali: guardano al 800, 900, diaspora del sud est asiatico negli stati
uniti (spivak, baba), costruzione culturale della colonialità. nascono nel 1978 quando
said pubblica orientalism (=argomento: come l’oriente è stato costruito dallo sguardo
occidentale).
studi decoloniali: nascono nei primi 2000. guardano all’invasione delle americhe e
ciò che ha prodotto la modernità e legge in questo senso il colonialismo.

grosfoguel, rispetto a du bois, sta espandendo e parla di una linea dell’umano: spiega
che il razzismo è una gerarchia globale di superiorità e inferiorità lungo la linea
dell’umano, che è stata prodotta per secoli dalle istituzioni del capitalismo
patriarcale e si richiama a questa tradizione dei sistemi mondo, che è la tradizione del
marxismo terzomondista, cioè coloro che hanno studiato le differenze fra nord e sud
del mondo e si occupano di questa disuguaglianza. la scuola decoloniale è molto
basata su concetti marxisti, invece quella post coloniale su studi letterari.

sivanandan fu studioso e critico della razza, indiano, produce la parola


xenorazzismo: il razzismo oggi non è solo diretto alle persone nere che vengono da
territori coloniali ma anche alle nuove categorie di sradicati che battono alle porte
dell’europa, la stessa che li ha sradicati. è un razzismo che non può essere solo color
coded, perchè si scatena anche contro i bianchi poveri e viene spacciato per
xenofobia, una paura naturale per l’altro. ma nel modo in cui denigra i popoli prima
di segregarli o espellerli, è una xenofobia che porta le tracce del vecchio razzismo. è
dunque xenorazzismo.

all’origine della produzione della razza ci sono il colonialismo e il capitalismo, come


segnala grosfoguel.
E robinson scrisse il testo black marxism in cui critica il marxismo come incapace di
riconoscere il ruolo del razzismo nella costruzione del capitale, e conia il termine
“capitalismo razziale”.
Dice: "In contrasto con le aspettative di Marx ed Engels secondo cui la società
borghese avrebbe razionalizzato le relazioni sociali e demistificato la coscienza
sociale, si è verificato il contrario. Lo sviluppo, l’organizzazione e l’espansione della
società capitalista perseguirono direzioni essenzialmente razziali, così come fece
anche l’ideologia sociale. Come forza materiale, quindi, ci si potrebbe aspettare che il
razzismo inevitabilmente permea le strutture sociali emergenti dal capitalismo. Ho
usato il termine “capitalismo razziale” per riferirmi a questo sviluppo e alla successiva
strutturazione come agenti storici".

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= marx aveva un’idea di storia in cui c’è una struttura economica e una sovrastruttura
ideologica che dipende direttamente dalla struttura economica e quindi se cambia
questa cambia anche la sovrastruttura ideologica. la produzione della razza è una di
queste dimestificazioni e invece la realtà, quello che è successo, è che invece con lo
sviluppo della società si è continuata a produrre differenza e anche su base razziale.
citazione di goethe: usa la storia di tamerlano per dire che è vero che per costruire la
società ci è voluto sacrificio ma quello che è emerso da questa violenza ha portato
grande gioia > nella storia avvengono eventi tragici ma sono necessari affinchè poi ci
sia sviluppo e gioia.
Questa frase viene ripresa da marx e la usa spesso nel capitale e in altri articoli scritti
come corrispondente sulla colonizzazione inglese delle indie. marx lavorò come
giornalista e scrisse una serie di articoli su questo argomento e vennero analizzati da
edward said in orientalism. in uno di essi, “the british rule in india”, scrisse che
l’inghilterra avrà anche distrutto società primitive ma ciò ha portato a un maggiore
sviluppo ecc. ha in qualche modo giustificato e spiegato una teoria della storia. e
questo invece venne molto criticato da said, cercando di far emergere come, studiosi e
persone importanti nella costruzione sociale dell’occidente abbiano prodotto un
sapere violento sull’altro e che in qualche modo ha legittimato la subalternità.
marx diede voce alla sua teoria della storia parlando del colonialismo inglese, dicendo
che è vero che gli inglesi hanno fatto distruzione ma è stato a un fine positivo. gli
inglesi erano mossi da desiderio di conquista ma hanno fatto in india qualcosa di
importante, portando la tecnologia e la civiltà borghese, costruendo ferrovie,... lo
sviluppo dell’umanità ha bisogno di questo. bisogna riconoscere che l’inghilterra,
secondo marx, è uno strumento della storia e cita goethe. la violenza è brutale ma è
da guardare come un evento positivo.
il pensiero di marx ha influenzato il pensiero di molti che vennero dopo.

al giorno d’oggi pensiamo al razzismo come qualcosa che non c’è più o come a un
evento di estremismo violento legato alle forze di estrema dx e non è così, come non
lo è mai stato per il sessismo. la costruzione marxiana della differenza ha influenzato
il pensiero delle sinistre per molto tempo e questo pensiero diceva che le persone
colonizzate erano rimaste indietro culturalmente e perciò dovevano essere
violentemente svegliate da questo sonno della storia. > marx dice che per fare in
modo che ci sia uno sviluppo deve esserci una distruzione (1853).

anni dopo (nei 60 dell’800) quando scrisse il capitale, marx cambiò idea. dà la
definizione di plusvalore (=parte di ricchezza che si da in più nel ciclo di produzione
capitalistica). il capitalismo viene dopo il mercantilismo come teoria economica. il
capitalismo si basa sulla produzione di ricchezza attraverso la produzione > abbiamo
un capitale di partenza + forza lavoro e mezzi di produzione (che producono un
prodotto che viene rivenduto e alla fine esso produce un capitale più alto di quello di
partenza). marx racconta come, in questo cerchio, questo plusvalore è il lavoro non
retribuito delle persone che operano nella trasformazione della merce. ma questo è
un cerchio perfetto. ma il problema di questa struttura è proprio l’essere un cerchio
per cui non si sa chi ha cosa.

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accumulazione originaria: usciamo dal circolo vizioso soltanto supponendo l’esistenza


di questo tipo di accumulazione, precedente a quella capitalistica. è un punto di
partenza del modo di produrre capitalistico. questo punto di partenza secondo marx è
la scoperta delle terre aurifere in america e lo sterminio degli aborigeni, saccheggio
delle indie orientali, trasformazione dell’africa in un luogo di caccia ai neri > tutto
questo rappresenta il massimo dell’era della produzione capitalistica e serve per
l’accumulazione originaria. questo atto violento produce quello che produciamo noi
con la modernità. il razzismo nasce in questo preciso momento storico in
cui nasce la modernità come finta del cambiamento del sistema
economico che è legato alle trasformazioni storiche del momento e
all’invasione dell’america. è quindi iniziato un processo strutturale di
colonizzazione del mondo > quando nelle teorie contemporanee si parla
di razzismo, si parla di qualcosa che nasce da questo evento storico. non è
successo allo stesso modo ovunque ma ha diverse prospettive es. in india,
cotone nelle americhe, spartizione africa, sterminio aborigeni,... in
momenti diversi della storia a partire dal 500 tutti ci raccontano il fatto
che in qualche modo il capitalismo si avvale di qualcosa per produrre il
suo circolo di creazione ed estrazione di valore. non c’è una sola definizione
individualizzante di razzismo.

SPIEGATO MEGLIO: L’ARCANO DELL’ACCUMULAZIONE ORIGINARIA


Abbiamo visto come il denaro viene trasformato in capitale, come col capitale si fa il
plusvalore, e come dal plusvalore si trae più capitale. Ma l’accumulazione del capitale
presuppone il plusvalore, e il plusvalore presuppone la produzione capitalistica, e
questa presuppone a sua volta la presenza di masse di capitale e di forza-lavoro di
una considerevole entità in mano ai produttori di merci. Tutto questo movimento
sembra dunque aggirarsi in un circolo vizioso dal quale riusciamo ad uscire soltanto
supponendo un’accumulazione «originaria» («previous accumulation» in A. Smith)
precedente all’accumulazione capitalistica: una accumulazione che non è il risultato,
ma il punto di partenza del modo di produzione capitalistico.
La scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in
schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista
e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di
caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora
dell’era della produzione capitalistica. Questi procedimenti idillici sono momenti
fondamentali dell’accumulazione originaria. Alle loro calcagna viene la guerra
commerciale delle nazioni europee, con l’orbe terracqueo come teatro. La guerra
commerciale si apre con la secessione dei Paesi Bassi dalla Spagna, assume
proporzioni gigantesche nella guerra antigiacobina dell’Inghilterra e continua ancora
nelle guerre dell’oppio contro la Cina, ecc.
“The British Rule in India”, Karl Marx 1953 scrive: “Ora, per quanto sia
sentimentalmente deprecabile lo spettacolo di queste miriadi di laboriose comunità
sociali, patriarcali e inoffensive, disorganizzate e dissolte nella loro unità, gettate in
un mare di lutti […] non si deve dimenticare che queste idilliache comunità di
villaggio, sebbene possano sembrare innocue, sono sempre state la solida base del
dispotismo orientale; che racchiudevano lo spirito umano entro l’orizzonte più

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angusto facendone lo strumento docile della superstizione, asservendolo a norme


consuetudinarie, privandolo di ogni grandezza, di ogni energia storica. […] Non si
deve dimenticare che questa vita priva di dignità, stagnante, vegetativa, questo modo
di esistere passivo, evocava per contrasto selvagge, cieche ed indomabili forze di
distruzione, e dello stesso omicidio faceva, nell’Indostan, un rito religioso. […] queste
piccole comunità erano contaminate dalla divisione in caste e dalla schiavitù; che
assoggettavano l’uomo a circostanze esterne invece che erigerlo a loro sovrano, e,
trasformando uno stato sociale autoevolventesi in un destino naturale immutabile,
alimentavano un culto degradante della natura. È vero: nel promuovere una
rivoluzione sociale nell’Indostan la Gran Bretagna era animata dagli interessi più vili,
e il modo che adottò fu idiota. Ma non è questo il problema. Il problema è: può
l’umanità compiere il suo destino senza una profonda rivoluzione dei rapporti sociali
dell’Asia? Se la risposta è negativa, qualunque sia il crimine perpetrato
dall’Inghilterra essa fu, nel provocare una simile rivoluzione, lo strumento inconscio
della storia. Perciò, qualunque amarezza possiamo sentire, personalmente, di fronte
allo spettacolo del crollo di un mondo antico, abbiamo, sul piano storico, il diritto di
esclamare con Göethe: Sollte diese Qual uns quälen, Da sie unsre Lust vermehrt, Hat
nicht Myriaden Seelen, Timur’s Herrschaft aufgezehrt? ovvero: Dovrebbe dunque
questo cruccio crucciarci, dato che aumenta le nostre gioie, Non consunse vite a mille,
il potere di Tamerlano?

marx racconta l’india come uno spazio di fondamentale civiltà > da un lato c’è un
elemento di violenza materiale operata dall’uk, c’è anche una violenza simbolica
operata dallo stesso marx sulle culture indiane di cui sapeva solo attraverso scritti di
altri.
il modo in cui racconta della cultura indiana è qualcosa che spivak chiama violenza
epistemica > nella colonizzazione c’è una violenza materiale ed epistemica cioè
quella violenza che si scatena attraverso il sapere. è il prendere parola per descrivere
lo straniero con parole mie togliendo all’altro il diritto di presentarsi, e anche il
lavorare alla distruzione alla cultura dell’altro es. gli schiavi che prendevano il
cognome del master è violenza epistemica, un negare la storia, l’identità. la violenza
epistemica è contro il sapere di qualcuno attraverso il mio sapere.
parlando delle culture indiane come lo fa, marx sta facendo violenza epistemica.

said apre orientalism con una citazione di marx: “non possono rappresentare sè
stessi, debbono farsi rappresentare” > esempio di violenza epistemica, non poter
prendere parola per parlare di sè stessi. qui marx parla di contadini francesi che
decidono di sostenere il potere reazionario di napoleone bonaparte. essi erano una
classe non di scelta, non sono una classe in grado di portare avanti i propri interessi
in modo compatto. quindi non possono rappresentare sè stessi ma devono farsi
rappresentare cit. (rappresentare politicamente).
said dice: “quello che dice l’occidente sull’oriente è che non è in grado di
rappresentarsi politicamente e identitariamente per cui viene continuamente scritto,
messo in scena da altri che hanno gli strumenti per farlo e viene ridotto
all’impossibilità di parlare”.

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spivak scrisse il testo “can the subaltern speak?” > no. non possono prendere parola
perché non parlano la lingua che può essere riconosciuta.

Ruth Gilmore dice: "Il razzismo, in particolare, è la produzione e lo sfruttamento


illegale o sanzionato dallo stato di gruppi vulnerabilità differenziata alla morte
prematura, in politiche distinte ma densamente interconnesse geografie".

Franz Fanon dice: "C'è anzitutto il fatto che il colonizzato, che sotto questo aspetto è
come gli uomini in paesi sottosviluppati o i diseredati in tutte le parti del mondo,
percepisce la vita non come una cosa fioritura o sviluppo di una produttività
essenziale, ma come lotta permanente contro una morte onnipresente. Questa morte
sempre minacciosa è vissuta come una carestia endemica, disoccupazione, un alto
tasso di mortalità, un complesso di inferiorità e l’assenza di ogni speranza per il
futuro. Tutto questo rosicchiare l’esistenza dei colonizzati tende a fare della vita
qualcosa simile ad una morte incompleta".

17/10

BORDER AS A METHOD (OR, THE MULTIPLICATION OF LABOR): testo che aiuta


a capire cosa si intende nella contemporaneità con i termini
confine-cantiere-recinzioni. i confini producono subalternità, oggi i confini sono un
elemento che determina lo status di una persona dentro un contesto sociale (dello
stato nazione). insieme a nilson, sandro mezzadra spiega come questi confini oggi
spostano la dimensione coloniale da uno spazio geografico al corpo dei soggetti che
migrano.
fino agli anni 10 del 900 il colonialismo era ritenuto utile per la costruzione
geopolitica. gli autori spiegano che il confine coloniale è fabbrica mundi, qualcosa che
produce il mondo. il confine coloniale si può moltiplicare continuamente e facendolo
moltiplica anche i possibili posizionamenti delle persone che attraversano queste
frontiere o che non le attraversano.

Gli autori propongono una prospettiva marxista in cui guardano alla relazione fra
razza-classe, vedono il confine come un mezzo che produce una moltiplicazione degli
status della condizione dei lavoratori migranti e non.
come il titolo suggerisce, spiegano che non tutti i confini e le frontiere sono visibili, e
non tutti i confini esistono per soggetti diversi. ci sono confini che sono naturali (es.
acqua, alpi) e quelli politici sono per lo più immaginati. ma ce ne sono anche altri: es.
ci concentreremo sugli anni che vanno dal 89 a oggi e vedremo che quando l’europa
formula gli accordi di schengen inizia a rafforzare il proprio confine esterno tramite
diversi modi che vedremo. > il confine è determinato dal documento che si applica.
es. polizia: essere fermati per un controllo in base al documento che si ha.
es. strutture cpr: istituzioni per l’identificazione e l’espulsione. sono luoghi di
detenzione amministrativa cioè è in assenza di reato. quando sei senza documenti
dovresti essere accompagnato qui e vieni trattenuto per del tempo determinato dalle
leggi sulla sicurezza dello stato e vieni trattenuto in attesa di verifica della tua identità

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e poi vieni riportata nel paese di origine ma è tutto molto teorico perché di solito si
viene rilasciati. l’esistenza di un centro così dentro lo stato ci fa vedere che c’è un
confine che esiste solo a un gruppo specifico di persone: non sono detenute per un
reato commesso ma perché hanno attraversato un confine che non dovevano
attraversare. vedremo come lo stato-nazione produce una sorta di sacralità dei
confini per cui l'attraversamento è considerato una violazione.

“oggi, ancora una volta, le recinzioni sono il denominatore comune dell’esperienza


proletaria a livello globale. Nella più grande diaspora del secolo, in ogni continente
milioni di donne e uomini vengono sradicati dalle loro terre, dai loro lavori, dalle loro
case da guerre, carestie, epidemie e svalutazioni disposte dal Fondo Monetario
Internazionale (i quattro cavalieri dell’Apocalisse moderna) e vengono dispersi ai
quattro angoli del pianeta. […] Le Nuove Recinzioni sono il nome della
riorganizzazione su larga scala dell’accumulazione avviata a partire dalla metà degli
anni Settanta. L’obiettivo fondamentale di questo processo è consistito nello
sradicare i lavoratori e le lavoratrici dal terreno su cui erano stati costruiti il loro
potere e la loro organizzazione, in modo che, come gli schiavi africani trapiantati in
America, essi fossero costretti a lavorare e lottare in un ambiente estraneo, dove le
forme di resistenza possibili a casa non sono più disponibili. Ancora una volta
dunque, come all’alba del capitalismo, la fisionomia del proletariato mondiale è
quella dell’indigente, del vagabondo, del criminale, del mendicante, del venditore
ambulante, del rifugiato che lavora in uno sweatshop, del mercenario, del povero”.
mezzadra parla anche di accumulazione originaria, su cui costruisce il testo di cui
sopra: “L’accumulazione originaria istituisce negli spazi che investe condizioni di
frontiera – di una frontiera che si pone al tempo stesso come frontiera selvaggia
(savage) nella misura in cui la sua prima legge è quella della violenza, e come
frontiera “di salvataggio” (salvage frontier) nella misura in cui la distruzione delle
condizioni sociali “tradizionali” finisce per presentare il capitalismo (specifici
capitalisti) come gli unici agenti possibili di uno sviluppo dai caratteri di emergenza”
(mezzadra su anna tsing, 2005). > suggerisce che questa relazione fra capitalismo e
produzione di uno spazio coloniale (=spazio di frontiera) è descritta come frontiera di
duplice natura: selvaggia e di salvataggio.

oggi a lezione guardiamo alla storia del razzismo in italia ed evidenziamo la relazione
fra la condizione interna post-unificazione e il colonialismo nei confronti delle
colonie d'oltremare.
abbiamo accennato a orientalism di said, che mette in luce come l’occidente abbia
prodotto un archivio di immagini e racconti di viaggi, quadri, canzoni, testi teorici e
in questo archivio ha costruito un discorso che raffigurava l’oriente da una
prospettiva occidentale. l’occidente ha fatto questo perché l’identificazione di sè si
produce anche spesso per contrasto cioè dando significati negativi a chi viene
identificato come il non-io. i materiali che analizza in orientalism fanno parte di
discipline di area studies cioè studi che hanno al centro una specifica disciplina e
area. orientalism è l’analisi di un archivio di studi di area medio-oriente.

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un gruppo di studiosi post coloniali di italian studies decisero di riflettere su come si


può usare la critica di said per leggere il contesto italiano. il loro capo è jane
schneider e scrivono un testo chiamato “la questione meridionale in italia:
orientalismo in un paese” nel 1998 > motivo: per spiegare il divario che viene fatto fra
nord e sud.
c’è una continua riproduzione di una differenza fra nord e sud italia. schneider spiega
che in italia “la questione meridionale evoca l’immagine delle province a sud di roma
come diverse dal resto della penisola, innanzitutto per la loro povertà storica e per il
sottosviluppo economico, politica di tipo clientelare e per il supporto clientelare a
relazioni di genere patriarcale e per le varie manifestazioni del crimine organizzato.
questo catalogo di stereotipi culturali comprende il fatto che le persone del sud,
hanno tratti caratteriali che le contraddistinguono dalle persone del nord. sono
incapaci di generare solidarietà di gruppo o di promuovere azione collettiva. sono ed
erano incapaci di costruire l'ordine razionale della civiltà che nel nord invece ha
presieduto allo sviluppo della società capitalistica industriale” > in realtà questo si
può dire di ogni altra popolazione razzializzata. vedasi: non possono rappresentare sè
stessi, debbono farsi rappresentare.
per capire i cambiamenti che ci sono stati se ci sono stati, prendiamo in analisi gli
anni 90 e il post unità d’italia.
20 anni dopo orientalismo e 4 anni dopo l’ascesa del partito della lega nord, questi
studiosi decidono di fare analisi. sono stupiti da questa cosa. osservano l’italia per lo
più dall’estero.
descrivono così quel momento: “a un certo punto, un movimento regionalista (lega
nord) ha messo in discussione l’unità nazionale, mostrando una forza elettorale
sorprendente nelle elezioni del 94 e del 96. nonostante molti osservatori sono stati
riluttanti a prendere sul serio il bizzarro leader del movimento umberto bossi, però
rimanemmo scossi dall’inaspettato ritorno di questa retorica anti meridionale (e poi
anti migratoria) nel nord”. > non si aspettavano che ci fosse un ritorno così violento
di una retorica anti meridionale, retorica dell’”andare a casa”, “sentirsi colonizzati”.

quando parliamo di COME è stata costruita questa distanza fra nord e sud italia,
dobbiamo ricordare il processo dell’unità d’italia, che segna un’esplosione di
produzione di contenuti che identificano il sud in qualche modo. es. negli anni 60
dell’800 luigi farini racconta del sud e dice: “che barbarie, altro che italia, questa è
africa. i beduini rispetto ai cafoni (=quelli del sud) sono esempio di virtù civile” e
procede raccontando come qst persone sono moralmente deprecabili, da come vivono
nel vizio e nella violenza.
massimo d'azeglio risponde: “la fusione con i napoletani mi fa paura [...]”.
pantaleoni dice: “la nostra missione con napoli e con le province appestate (metafora
del virus del contagio) e guaste dal dispotismo, è una cosa che dobbiamo fare con la
nostra maggiore intelligenza e superiore morale, possiamo sperare di governarle e
domarle (=ha a che vedere con l’addomesticamento di un animale)”.
farina dice: “ci vorranno ferro e fuoco per estirpare [...]” > parla della mancanza di un
ordine morale adatto a un popolo civile. e a un certo punto dice: “hanno un distacco
della vita morale e politica rispetto al nord”. > l’annessione morale non esiste. napoli

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descritta come capitale della disgrazia. “per farli entrare nella vita comune della
nazione non bisogna solo invitarli, ma costringerli”.
niceforo era uno pseudo scienziato che si era iscritto alla scuola del razzismo
biologico in italia. dice: “la razza maledetta (=persone del sud) è affine alla
criminalità e dovrebbe essere trattata con ferro e fuoco come 37 anni prima,
condannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa e australia”.

Quando poi nel 98 esce il libro di cui si parlava prima, gli autori sono basiti dal fatto
che esista la lega nord.
100 anni dopo la ricerca di niceforo vediamo che ci sono tracce pesanti di questa
storia che riaffiorano ed essa la possiamo ancora rintracciare a 50 anni prima, dove
abbiamo una serie di padri fondatori che questa cosa nel nord e sud invece gli sembra
un rischio azzardato, azzardo ideologico per paura di contagio. Quando nel 800, in
questi 50 anni in cui questa gente produce questi discorsi sul sud italiano, il sud
perde l'unificazione d'Italia perchè ha contribuito all'unificazione e alle sue promesse,
al miglioramento delle condizioni di vita per la classe contadina, ma invece no, non ci
sarà nessuna riforma agricola e il potere al sud rimarrà immutato > perde
economicamente. Le casse vengono svuotate. Dunque le persone emigrarono,
specialmente negli usa, e le loro migrazioni non vengono raccontate come fossero
europei bianchi ma come persone appartenenti biologicamente alle popolazioni
mediterranee > quando avviene l'unificazione viene discussa non solo in Italia e nasce
la teoria delle due italie: che non sono omogenee, troppo diverse, nord troppo
sviluppato e industriale che appartiene al genio europeo e il sud troppo arretrato e
che è un peso. Già nel 600 si pensava questo.
Il modo in cui le persone del sud vengono trattate nelle loro migrazioni si ritorce nello
stesso processo di unificazione del paese cioè mette in luce effetti domestici.

Stiamo parlando della questione meridionale per andare all'origine delle prime
manifestazioni italiane di razzismo scientifico e biologico ma anche perchè la
questione meridionale ci aiuta a mettere in luce il fatto che la razza non esiste, la
razzializzazione è un processo sociale e può cambiare nel tempo come è cambiata la
rappresentazione delle persone del sud italiano. Negli usa venivano considerati non
bianchi e trattati come la razza maledetta nel nord italiano.

Come si diceva, per parlare di razzismo in Italia bisogna partire da Cesare lombroso,
tardo scienziato. È il padre dell'antropologia criminale. Lombroso nasce a Verona ed
è ebreo ma era antisemita. La colpa di chi l’ha portato all'apice del mondo accademico
dei tempi è di Torino. Torino quando ci lavorava era la capitale.
Lombroso dice: "la mia scienza è nuova [...] è la scienza dell'antropologia, che studia
l'uomo con mezzi e metodi delle scienze fisiche [...] uno dei problemi che c'erano
prima della sua comparsa è quello dell'origine della pluralità delle stirpi umane
(=termine spesso usato in Italia), cioè se nelle razze umane esistono disuguaglianze
profonde che si manifestarono fin dalla loro origine e perdurarono".
Lombroso è un positivista, nella seconda metà del 800 e il positivismo è il paradigma
scientifico in voga. Lombroso adotta questa scienza per analizzare dati puri dunque
fisici e in modo deterministico: idea che per alcune conformazioni fisiche derivano

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anche certe e sicure caratteristiche comportamentali. Vuole usare questa scienza per
interrogarsi sul problema dell'atavismo cioè capire se tutte le stirpi umane sono
sempre state diverse? Cambieranno? Rimarranno sempre così? Bisogna dunque
organizzare la società tenendo conto che ci sono razze inferiori per natura
immutabile?
Lombroso è lo pseudo studioso di razzismo biologico più importante d'Europa. La sua
idea di antropologia criminale verrà riprodotta in molti spazi e non solo accademici,
anche dalla polizia. Impressionante che ancora oggi ci siano dei riconoscimenti a
Lombroso, es. un museo a Torino.
Mary gibson: si trova sempre nel testo della Schneider e dice che in Italia la razza è
stata usata in un modo differente, cioè "per spiegare le differenze che rimanevano
dentro la nazione specialmente quelle fra nord e sud" > questo è contraddittorio
perchè da un lato abbiamo un governo che ha tentato di unificare l'Italia e di forgiare
i nuovi italiani.
Lombroso e i suoi compagni criminologi e positivisti fanno della razza un elemento
centrale della loro analisi dell'idea di una devianza meridionale. Lombroso credeva
nel darwinismo sociale e produce una correlazione devianza (crimine)-razza.
Gibson riporta una citazione di lombroso: "la mafia è la variante siciliana dell'antica
camorra. Una variante che però è diversa perchè la sua forma è più omertosa perchè i
siciliani sono più ebrei. Invece la Calabria ha più omicidi perchè i calabresi vengono
dagli africani e dai medio orientali" > lo scopo dell'antropologia criminale era quello
di creare uno strumento o sistema che mettesse in fila i criminali in base alla loro
pericolosità e aspetto, perchè é una scienza deterministica per cui si dà per scontato
che da certe caratteristiche derivino certi comportamenti e preventivamente si
volevano mettere le persone in schemi per capire il livello di pericolosità di ognuno. >
la soluzione sta nel darwinismo sociale, che dice che la devianza è un segno della
vicinanza dell'uomo all'animale. I criminali sono persone che vengono da razze che si
sono fermate nel loro sviluppo.

Le teorie razziste sono molte, es. la teoria teologica (ci sono tribù maledette), teoria
poligenetica per cui si sosteneva che le razze fossero diverse perchè le persone
venivano da gruppi umani diversi, la teoria monogenetica di darwin per cui invece
veniamo tutti da un comune antenato cioè la scimmia. Allora i teorici del razzismo
hanno detto "ok veniamo tutti dalla stessa scimmia ma qualcuno si é arrestato nello
sviluppo" (teoria dell'anello mancante).
Lombroso è un darwinista sociale e dice: "io posso identificare le razze in base a che
punto della scala evolutiva si sono fermate e in base a questo avranno una tendenza al
crimine rispetto agli altri". Es. Gli africani hanno natura violenta.
"i segni di questi sviluppo arrestato si chiama atavismo. Sembrano deformazioni
fisiche ma sono fallimenti evoluzionistici e quando qualcuno ne ha troppi di questi
segni si può dire che sia nato criminale" > Lombroso vuole una teoria che consenta di
capire solo guardando una persona se questa farà un crimine. E grazie ai segni fisici si
può capire subito e dunque punirla subito o prevenire che faccia qualcosa.

I due testi più attraversati di Lombroso sono "l'uomo bianco e l'uomo di colore" e
"l'uomo criminale". In quest'ultimo, Lombroso divide l'Europa a volte in 2 gruppi

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(germanici e latini o biondi e mori), in altri casi divide l'Italia in 3 parti (sud semitico,
centro latino e nord germanico), altre volte parla di altri popoli es. fenici, albanesi,
greci, etruschi e vediamo come nella contemporaneità si usa il termine etnia come
sinonimo corretto di razza.

C'è stato un periodo in cui il sud italiano è stato costruito come "altro" rispetto al
nord allo stesso modo in cui in orientalism di said l'oriente è stato costruito come
altro rispetto all'occidente.

"il rovescio della nazione": libro pubblicato da una casa editrice napoletana che
riprende molto gramsci, che aveva trattato molto la questione meridionale. Oltre a
gramsci c'è Ernesto De Martino, entrambi sono importanti sull'argomento.
Gramsci ci dà il concetto di egemonia culturale e subalternità, parola ripresa poi dagli
studi post coloniali e dai subaltern studies e da homi baba, spivak.
De martino: concetto di etnocentrismo critico (per guardare contesti subalterni).
La questione meridionale è costruita lungo secoli in particolare con l'unificazione
d'Italia, costruzione non solo razziale e vediamo come la subalternità del sud viene
spiegata e raccontata in termini razziali e inaspettatamente a più di 133 anni
dall'unità d'Italia riemerge decretato uno spostamento dell'asse politica a livello
nazionale quando la questione non sembrava più così dirimente.

Le persone del sud Italia non vivono più situazioni di razzismo ma possono essere
discriminate e hanno ereditato un contesto di disuguaglianza strutturale che spesso li
costringe a spostarsi.

Il segno della frattura fra nord e sud ritorna continuamente e ha anche molto
influenzato la storia del paese e le scelte in termini di politica estera del paese.
Perché il sud Italia a un certo punto viene raccontato come non bianco, viene fatto
dall'interno, esterno, nei discorsi che si producono su queste 2 italie inunificabili. A
un certo punto c'è l'urgenza di ottenere territori, diventare un impero, non solo data
dal fatto che l'Italia possa dirsi pari agli altri paesi europei ma è anche che, essendo
impero, la linea coloniale si possa spostare dall'interno all'esterno, sbiancando la
nazione e unificando la cittadinanza in antitesi alla produzione del gruppo dei sudditi
coloniali (sudditi dell'impero). > ancora abbiamo l'idea di frontiera, linea simbolica di
distinzione fra chi ha i diritti dei cittadini e chi gli obblighi dei sudditi.
Come si sbianca la nazione? > andando da quelli più neri di quelli del sud e anzi
magari mandandoci quelli del sud.
In un intervento di Gaia Giuliani (dove chiama l'italiano nero con la g), fa un'analisi e
parla di come il processo di sbiancamento della nazione risulti come il più grande
successo del governo fascista, che abbia come obiettivo specifico una
ricentralizzazione dell'italianitá nel centro-meridione italiano.
giuliani spiega che sia nell’italia liberale che durante il fascismo, l’assegnazione di un
colore preciso dalle sfumature più scure dal bianco al nero al colonizzato e all’altro
interno, produce l’identità razziale del sè > cioè noi definiamo la nostra identità a
partire dalle caratteristiche che diamo all’altro tra cui quella della linea del colore:
dire che noi siamo i bianchi e loro neri, che LORO sono i neri. i piemontesi

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definiscono il meridione come altro rispetto alla propria bianchezza dicendo “voi non
siete bianchi”. e per spiegare questo processo, giuliani usa un testo chiamato “sesso,
genere e razza” (per parlare della costruzione del sè per contrasto). parla di come,
dall’italia liberale al fascismo, la linea del colore sia stata usata per ricucire questa
nazione che diversamente dalle altre nazioni europee era considerata impossibile da
omogeneizzare internamente. giuliani spiega che “localizzare la nerezza FUORI dal
contesto nazionale, riconfigurando l’italianità come mediterranea ma diversa da
quella delle persone colonizzate dell’africa, e la ricorrenza alla romanità, aiuta ad
includere in tutte le supposte differenze razziali italiane in un’unica identità razziale
nazionale” > questo permette ai meridionali di diventare parte costitutiva del popolo
italiano ma anche la stessa culla della nuova italianità.
“a quel tempo, la mediterraneità sbiancata degli italiani venne celebrata come la più
grande conquista del fascismo e venne rappresentata come la cifra della superiorità
storica e culturale italiana rispetto a quella dei paesi colonizzati. è ciò che l’ha messa
alla pari delle altre nazioni europee”.

la rappresentazione dell’impero romano come culla della civiltà è qualcosa che si


ritrova nel fascismo perchè lo scopo di mussolini era riconfigurare l’italia imperiale
per riportare in auge la grandezza dell’impero romano. la fascinazione imperiale
caratterizza la fase avanzata del colonialismo e può essere vista in tutte le potenze,
anche negli usa (simbolo dell’aquila: dicono che è simbolo della libertà ma invece da
sempre è simbolo dell’impero). riconfigurare l’italianità come romanità è un’opera
che il fascismo fa per riunificare l’italia dal suo centro mediterraneo invece che dal
confine industriale piemontese. > per fare ciò, la costruzione dello stato nazione è
sempre una cosa identitaria che si basa anche su un confine razziale e questa
operazione del fascismo produce l’italianità a partire dalla distanza con le altre sue
colonie.
giuliani insiste sul fatto che il riferimento alla meridionalità come l’appartenenza a
una stessa stirpe è stata operata dal darwinismo sociale sulla base di teorie anti
meridionali ed è stata affermata a livello globale dalle classificazioni
dell’immigrazione > questo è lo scopo del governo fascista (affermare l’identità
italiana ricostruendola e il confronto con la povertà nel sud italiano. infatti le
campagne di reclutamento per l’impresa coloniale saranno sproporzionate fra nord e
sud).
in una conferenza del 1934, esponenti del governo fascista arrivarono a dire: “il vero
destino della gente del mediterraneo è ricostituire l’unità spirituale mediterranea da
una parte all’altra del mediterraneo. questa unità mediterranea darà nuovo lustro alla
prima grande civilizzazione multisituata, dal mediterraneo orientale attraverso la
grecia a roma, e attraverso il rinascimento (=attraverso spazio e tempo)” > scopo di
mostrare grandezza etnica e di principi.
l’italia vuole riprendersi le colonie per mettere al centro la grandezza latina, volendo
colonizzare i migliori che ci sono. anche l’identità del proprio colonizzato andava a
riflettersi sulla costruzione del sè dello stato nazione:
- libici: cugini per ragioni razziali e storiche
- etiopi: stirpe più nobile
- somali: semitici

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- eritrei: cristiani
>>> i nostri colonizzati sono più nobili e dunque siamo meglio anche noi.
continui processi di riscrizione identitaria: questi popoli sono descritti come grandi in
passato, mentre invece ora sono stati colonizzati e l’italia sta diventando più potente.

l’italia, siccome gli italiani erano raccontati a partire dalle loro vicende migratorie, ha
una serie di questioni da riconfigurare. il governo fascista per ricostruire l’italianità a
partire da quel meridione che è stato così raccontato ha bisogno di prendere elementi
di questo racconto e riqualificarli. ad es. nasce la questione della virilità dell’uomo
italico: idea che gli italiani siano molto maschi. questo racconto di una maggiore
predisposizione erotica dell’uomo italiano è stato portato avanti per molti anni, ad
esempio negli anni 80 nasce italians do it better (maglia di madonna). > nasce una
narrazione sulla virilià degli uomini italiani ed ha origine nel fascismo. questa
narrazione ha a che fare anche con il modo in cui è stata incentivata l’impresa
coloniale italiana; i coloni italiani nelle colonie facevano il madamato cioè l’acquisto
di schiave sessuali che dovevano svolgere anche compiti che in un contesto
patriarcale sono dati alle mogli.
C'è stata polemica contro Indro Montanelli, che ancora nel 69 in un programma in
diretta sulla rai aveva raccontato di essersi sposato una 12enne con cui aveva fatto il
madamato, ci si è chiesti come aveva fatto a non accorgersi che questa era violenza e
lui ha risposto: "ma in africa è diverso, è normale sposarsi a 12 anni". > assurdo.
Questa vicenda di Indro Montanelli è importante perché attorno a questa storia si
sviluppa molto il concetto di violenza coloniale e il retaggio di questa violenza. E il
madamato è stato centrale nel processo di colonizzazione italiano specialmente nel
corno d'Africa. La conquista delle donne colonizzate è stato uno dei motori del
reclutamento, era una cosa usata dai governi come strumento per convincere le
persone a conquistare le terre. Pensiamo ad esempio alla canzone fascista faccetta
nera: racconta del colonizzatore italiano che arriva e porta la civiltà per le donne
abissine (faccetta nera). C'è una narrazione sulla bellezza delle donne del corno
d'Africa, definite come le più belle d'Africa (sempre per l'idea che "le persone che
colonizziamo noi sono meglio e sono anche più belle"). Faccetta nera vuole dire
"bell'abissina, arrivo io e ti libero dalla schiavitù, ti porto una nuova legge ecc" >
inneggiava alla conquista e alla liberazione delle donne nere da parte degli uomini
bianchi. Il fenomeno dell'incontro tra uomo colonizzatore e donna colonizzata era
molto frequente e fondamentale nel processo di colonizzazione. Un altro esempio di
come viene usata la donna come mezzo per invogliare gli uomini a conquistare le
terre, è il rappresentare la donna come bellissima e seducente (es. Cartoline del
periodo fascista che rappresentano donne africane seminude > collegamento fra
possesso del corpo della donna e possesso della terra).

Il fenomeno del madamato viene raccontato come l'impresa di una nazione superiore
che attraverso il mescolamento produce l'avanzamento dei meno civilizzati.

Una delle teorie di come è nato il razzismo è che le razze camitiche (cioè quelle nere,
che discendono da Cam) sono state maledette ad essere schiave perchè cam aveva

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mancato di rispetto verso il padre guardandolo nudo. È una teoria religiosa sulla
subalternità delle persone nere.
Prof ci mostra un'immagine di una persona nera che ha avuto un figlio con uno
bianco e il figlio nasce bianco dopo 2 generazioni. Giuliani legge la vicenda come un
racconto di come una nazione superiore traghetti l'evoluzione di un soggetto
inferiore, grazie non solo al caso degli italiani, e l'attività sessuale è importante in
questo processo di creazione dell'uomo virile italiano.
Ma ci sono delle fasi diverse: molto spesso pensiamo al colonialismo come a
un'impresa fascista e invece il colonialismo italiano è nato già nell'Italia liberale,
perdurato nel tempo, ed ha anche vissuto momenti diversi sotto lo stesso governo
fascista. Anche in questo modo di raccontare la colonia attraverso il corpo della
donna per rendere lo spazio della colonia desiderabile, non viene incentivato dal
governo in modo lineare. A un certo punto, soprattutto a partire da prima delle leggi
razziali, l'Italia fascista stringe relazioni con la Germania nazista e comincia ad essere
diversa la strategia di governo e una cosa che è divertente è che faccetta nera in realtà
era molto odiata dal governo fascista e ha addirittura cercato di farla bannare, perchè
la canzone per i tempi era considerata un inneggio alla relazione fra colonizzatore e
colonizzata e quindi sembrava che promuovesse l'idea della mescolanza che invece
viene vietata dalle successive leggi razziali. Negli anni 30 diventa importante la difesa
della razza e ci si allontana dal desiderio di convincere le persone ad andare a
colonizzare paesi come si faceva prima. La maggior parte delle persone più in vista
del mondo editoriale vennero convocate dal governo fascista e vennero obbligate a
cominciare a ritrarre le persone nere in modo diverso da prima, cioè come non
desiderabili, enfatizzare i caratteri negativi, per far passare il messaggio che fossero
persone disgustose e inferiori. In questo momento il governo fascista, nel 35 circa, fa
le guerre Italo etiopiche e le leggi razziali confermano la direzione della costruzione
sociale prevista dal fascismo e a questo punto cambiano i modi di organizzare i
rapporti nelle colonie e anche il destino di queste donne del sud Italia che finora non
erano state neanche citate, perchè per antitesi a questo atteggiamento virile
dell'uomo italiano che è andato per il mondo a migliorare le condizioni delle
popolazioni inferiori attraverso il suo seme, ora il punto è che solo la donna italiana
può dare figli italiani. Dunque a una certa la "massaia del mezzogiorno", che
costituiva parte di questa narrazione di inferiorità del sud Italia, diventa il caposaldo
della nazione cioè l'unica che può preservare la stirpe italica dalle possibili
degenerazioni. La stirpe italica deve essere salvaguardata e riprodotta al suo interno.
E il vettore di questa riproduzione deve essere protetto, disciplinato, forte e non deve
farsi sopraffare dalle razze inferiori. È in questo momento che il corpo della donna
bianca diventa il confine che separa il puro dal non puro, il morale dall'immorale, la
rigenerazione della razza della nazione dalla sua degenerazione. Nasce così la
distinzione fra nazione-impero, tra cittadini italiani e soggetti coloniali. > le massaie
del mezzogiorno avevano una grande responsabilità (portare avanti la razza pura).
De Martino aveva scritto il testo "la terra del rimorso" dove studia le manifestazioni
del folklore subalterno e le donne tarantate cioè quelle donne del sud Italia che
secondo la narrazione venivano punte da un ragno mentre lavoravano nei campi per
cui dopo non potevano più lavorare perchè si ammalavano, e questo morso poteva
passare solo con una danza rituale a suon di taranta fino a svenire e mentre erano

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svenute guarivano. > Queste manifestazioni folkloristiche erano trattate come segno
di una credenza magica popolare che caratterizzava il fatto che fossero fermi in
culture stagnanti, mistificatorie. Ed è questo gruppo di donne (che fino a quel
momento erano state trattate come le ultime delle ultime, non solo perché del sud ma
anche perché donne, dunque una posizione molto su alterna) che diventano centro
del discorso. Diventano l'immagine della casa, moralità, sensualità e fecondità in
un'ottica contrapposta rispetto a come erano raccontate prima. Ma su di lei bisognava
applicare un controllo importante perchè è attraverso il suo corpo che si porta avanti
una generazione pura.

negli usa c’era una legge di ipo discendenza (one drop law): funzionava che una
goccia di sangue nero ti faceva essere nero > se nella tua ascendenza c’era anche solo
un nero, anche se tu sembri bianco (e puoi fare il passing), in realtà sei da considerare
nero > la nerezza dunque non è solo un fatto di aspetto.
in altre società invece è stato diverso, es. in alcuni paesi dell’america latina o dei
caraibi, c’erano società creole che prendevano in considerazione “i marroni”, “i
marronini”, “i gialli”... oppure si andava in base alla percentuale.
in italia c’è stato un problema di organizzazione del meticciato, e non era solo un
problema di organizzazione ma anche di teorie e credenze, es. se tu credi di essere
superiore a un altro e però si figlia insieme, il figlio è inferiore (come dice la one drop
law), è in mezzo, ha più possibilità di essere civilizzato come i superiori….? è stato un
dibattito nazionale e non solo, perchè la maggior parte degli italiani che andavano
nelle colonie erano già sposati con qualcuno in italia e segretamente si sposavano
anche con una donna del posto, e faceva figli, e spesso venivano abbandonati.

non è solo l’uomo italiano che diviene uno strumento di ri identificazione


dell’italianità ma è anche la donna soprattutto del sud italia che diventa il simbolo di
questo processo di consolidamento e riconfigurazione dell’identità italiana. gaia
giuliani conclude dicendo: “la bianchezza nazionale appare dunque il risultato di una
doppia forma di costruzione razziale: da un lato è il risultato della connessione a un
passato mitico di grandezza (razzializzazione auto referenziale: roma, fascismo,
rinascimento riconosciuti come momenti di massimo splendore) e dall’altro lato le
differenze fenotipiche (razzializzazione altro referenziale). nel caso della bianchezza
italiana, l’autoreferenzialità è usata x eliminare le discontinuità razziali e le differenze
nello stato nazione, cioè ricollocare l’italianità dal piemonte (nord, vecchio regno di
sardegna) a roma (sud) serve a unificare il paese”. > il fascismo riunifica l’italia
cancellando i punti marroni interni senza doversi rifare direttamente a una
bianchezza: non viene detto “noi siamo bianchi” ma “gli altri non sono bianchi”.
questo razzializzazione altro referenziale viene svolta anche attraverso il
ridisciplinamento delle donne nel loro ruolo casalingo sotto la minaccia di una
regressione razziale nell’impurità e nello spazio colonizzato si ricorda agli italiani che
in qualche modo avevano una nuova mediterraneità, cioè classless, sbiancata.

tra razza e classe fra le due italie c’è un cortocircuito e la nuova italianità è stata
definita classless, cioè si va a riappacificare le differenze fra nord industriale e sud

questi appunti sono di Diletta Marra. per favore, non rivendere i miei appunti. Grazie! 19
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agrario attraverso quest’altra identità mediterranea romana messa a confronto con


quella delle persone colonizzate.

il colonialismo italiano non inizia con il fascismo. colonie: eritrea, etiopia, libia (+
patti bilaterali), albania, isole del dodecaneso, una colonia in cina, anatolia, somalia.

24/10

l’altra volta guardavamo la questione meridionale e abbiamo guardato un paper di


giuliani in cui si lega la colonizzazione degli altri paesi al rendere grande la nazione.
abbiamo alluso a un’impresa coloniale e ai luoghi che sono stati colpiti dall’impresa
coloniale italiana.

oggi vediamo un documentario (intento pedagogico, informativo) e un video


(intervento artistico con tensione divulgativa ma usa un altro mezzo diverso dalla
grammatica). poi rispondiamo a delle domande.

gli studiosi in italia chiamano rimozione, memoria selettiva, amnesia, il fatto


che ci dimentichiamo di cosa è successo in passato, questo selezionamento di cosa
ricordare.

documentario, IF ONLY I WERE THAT WARRIOR (2015)

depositi dell’archivio centrale dello stato: riunisce tutta la carta prodotta


dall’amministrazione centrale dello stato italiano. > dall’unità d’italia ad oggi. c’è
anche carta sul fascismo, guerra d’etiopia..
la guerra d’etiopia si inserisce in un periodo chiamato REVISIONISMO da parte del
regime fascista, rispetto alle conclusioni a cui si era giunti con la 1ww.
mussolini cominciò a dire “non avete rispettato i patti es. di londra (=allargamento
colonie italiane qualora ci fosse stato un allargamento da parte degli altri paesi)” >
mussolini reclama un “posto al sole”, un suo impero in africa, e aveva individuato
nell’etiopia l’unico territorio che potesse essere assimilato all'impero italiano. ci fu
molta propaganda e si cercò di far capire che l’etiopia poteva essere la soluzione al
problema dell’eccesso di popolazione italiana che non trovava sbocchi
nell’emigrazione.
c’era anche la propaganda sulle donne abissine > dare l’idea che l’etiopia fosse un
paradiso con una massima offerta di donne bellissime.
inoltre, l’etiopia era uno stato schiavista > su questo la propaganda fascista lavorò
molto: si voleva dare l’idea di andare a rendere libero uno stato schiavista.
mussolini voleva vincere la guerra d’etiopia, e in effetti il numero di soldati italiani
era enorme. vennero usate armi tra cui anche armi chimiche (tra cui il gas iprite, che
era però vietato).

rodolfo graziani fu un personaggio molto centrale nella guerra d’etiopia. a lui è stato
costruito un mausoleo. vi è chi lo ritiene un semplice “riconoscimento a un

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personaggio storico” e chi invece la ritiene una cosa anormale, stando a cosa ha fatto
con la guerra d’etiopia.

il fondo graziani, conservato all’archivio centrale, segue la vicenda del graziani uomo
pubblico. si dedicò presto alla vita militare, ricevette medaglie al valore e dopo la
guerra gli venne affidato il compito di conquistare la libia. per tagliare via il sostegno
che le popolazioni civili davano ai guerriglieri arriva a deportare interi villaggi e a
rinchiuderli in campi di concentramento. quando scoppia la guerra d’etiopia viene
mandato a comandare il fronte sud. in realtà aveva ricevuto l’ordine di fare un’attività
contenuta ma invece non si limita a questo e si spostò. la sua spregiudicatezza lo
portò a scegliere di usare armi chimiche > questo uso si è sempre negato e invece
sono stati trovati telegrammi che mussolini gli mandò dove gli diceva di ricorrere a
qualsiasi cosa pur di vincere.
dopo la guerra d’etiopia, la popolarità di graziani crebbe e mussolini lo nominò vicerè
di etiopia e gli venne dato il compito di pacificare la resa, sebbene le autorità tribali si
unirono per dar vita a una guerriglia.

1957 > un comitato di abitanti di affile si riunì per costruire il sacrario a graziani. ma
per tante vicissitudini il processo non decollò mai.
2008 > idea di prendere quel discorso che prevedeva la costruzione di un museo in
sua memoria.

2012 > costruzione del monumento in memoria di graziani.

alla fine della guerra, graziani non scontò neanche tutta la pena che avrebbe dovuto
pagare. questo fa parte dell’ambiguità in cui è nata la repubblica italiana. questa
repubblica pur essendo fondata sull’illegalità del fascismo, alla fine degli anni 40 è
costretta a subire la nascita del partito neo fascista (msi), di cui faceva parte anche
graziani. > ancora oggi nella repubblica italiana bisogna ricordare che invece è una
repubblica nata dalla resistenza e da valori antifascisti.

già nei primi anni di governo del centro dx, si dovette affrontare il problema dei libri
di scuola di storia: si disse che erano tutti falsi perchè scritti con uno spirito anti
fascista che andava rivisto. si prevedeva una rivalutazione del fascismo stesso, tra cui
la guerra d’etiopia, che venne descritta come legittimata, così come tutte le altre
guerre coloniali.
inoltre l’altro aspetto che gioca come elemento di “assoluzione dell’impresa etiopica”
è il fatto che ci poniamo di fronte a questa impresa con il motto “italiani brava gente”
> gente che in fondo è brava, dimenticando le repressioni e le uccisioni di massa
facenti parte del nostro colonialismo.

di cosa parla il documentario > guerra d'etiopia, fascismo, propaganda fascista, come
veniva rappresentata l'etiopia dagli italiani, cosa fece rodolfo graziani + domanda
implicita: giusto o sbagliato che si sia costruito un monumento ad Affile alla sua
memoria?, volontà di rieducare i giovani e sensibilizzare su quello che è stato. – al
giorno d’oggi si percepisce in modo diverso cosa è successo in etiopia, sembra quasi

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che si tenda a dimenticare chi ha subito cosa e da parte di chi. ci sono certi italiani che
ritengono graziani un eroe e una persona che merita un monumento, altri che invece
hanno presente cosa è accaduto in passato in etiopia e si rifiuta di accettare che a
graziani sia stato fatto un monumento. nel documentario non c’è una sola versione
della storia, sono due opinioni diverse a confronto (chi crede che il passato fascista
sia stato un periodo di gloria e chi invece no). si tende a dimenticare cosa è successo o
a manipolare la conoscenza di cosa è accaduto volgendola in positivo.
obiettivo del film-maker > rappresentare cosa è successo tra italia ed etiopia (vedi
sopra).
Il regista è riuscito a trasmettere il suo messaggio? Come ci è riuscito/perché non ci è
riuscito? > secondo me il messaggio del documentario è di sensibilizzare
sull'importanza di ricordare. il fatto che si sia costruito un altare per graziani significa
ricordare solo quello che si vuole, dimenticare chi è veramente stato. il messaggio
secondo me è stato ben illustrato attraverso le opinioni di diverse persone.
Quale scena ha trovato più significativa? > mi ha colpito il fatto che si sia costruito un
altare per commemorare un fascista e il momento in cui la ragazza dice: "oggi è il 5
maggio e quello che m'importa è il mio compleanno, la guerra è guerra e il passato è
passato", perchè rispecchia quello che oggi molte persone fanno: tendono a
dimenticare la storia e così c'è il rischio che essa si ripeta.
Chi è il vostro personaggio/persona preferito nel documentario? Perché? > Nicola De
Marco, perchè ha preso a cuore l'argomento e vuole diffondere conoscenza su quello
che è stato. è nipote di un colono italiano e però vuole collaborare per rendere
giustizia all'etiopia, vuole fare la cosa giusta. Nicola ha riconosciuto il passato e vuole
agire.

il documentario mostra le diverse percezioni degli italiani sia sull’occupazione


italiana in etiopia sia su cosa rappresenta la scelta di erigere questo monumento a
graziani. la narrazione ruota attorno a questo monumento.
il regista adotta un taglio di intervista per ricostruire gli eventi e questo fa parte del
suo modo di narrare. Non c'è un narratore esterno che narra le vicende.

Sembra quasi che, quando parla il sindaco, la volontà del regista sia proprio quella di
farlo parlare in modo che si metta in ridicolo da solo (si dice contento della
costruzione di quel monumento).

nel documentario vediamo che ci sono italiani che vedono il fascismo e il


colonialismo come un momento di gloria e altri che la pensano come un momento
buio e non sono d’accordo.
Ci sono etiopi che sono rimasti e quelli che se ne sono andati. Alcuni pensano che
ormai sia passato (es. Ragazza che dice past is past mi importa solo del mio
compleanno), altri manifestano per far rimuovere il monumento.

con la diaspora degli etiopi abbiamo due gruppi distinti:


gruppo di etiopi in italia: sono indignati e vogliono rieducare i giovani su quello che è
stato, coltivare la memoria attraverso i libri. Come educare i giovani? C'è una

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rimozione che deve essere combattuta. Vogliono una riparazione più simbolica,
attraverso i libri, per poter parlare del passato.
gruppo di etiopi in america: vogliono riparazioni per questa cosa che è accaduta,
sottoforma di progetti. Mentalità cooperazionista.

dal documentario si evince che ci sia una difficoltà a ricordare e ad accettare di aver
fatto qualcosa di socialmente inaccettabile e che le persone fuori dall'italia siano
quasi più informate degli italiani stessi riguardo cosa è successo in etiopia. questo
perchè l'educazione all’interno dei confini è votata alla costruzione di una
cittadinanza dunque è centrale il racconto di sè.
strategia di qst documentario: prospettiva in cui si finge neutralità facendo vedere
diverse opinioni ma in realtà non esiste mai niente di neutrale. il montaggio stesso è
un modo x raccontare i fatti, le scene non sono state montate a caso.

video, NEGOTIATING AMNESIA (2015) di Ferrini

1880s: italia inizia la sua espansione coloniale. Molto prima del fascismo!
1936: mussolini dichiara l’italia un impero coloniale.

“non sapevo che l’italia avesse delle colonie” è una frase che la regista ha sentito
spesso > amnesia.
!! amnesic politics: politica dell’amnesia, negazione, dimenticanza, self-pity.
ci sono persone che non hanno raccontato cosa è successo in etiopia perchè lo
considerano qualcosa di brutto. altri invece ritengono che queste storie debbano
essere raccontate per potersi emancipare, distanziare da ciò che è stato.

Chi è l'"uomo nuovo"? > prima generazione di italiani cresciuti ed educati con ideali
fascisti.

il ricorso alle foto nel documentario è utile come gesto di evidenza, come a dire
“queste sono foto di quello che è stato e non si può cancellare, è la verità e non si può
negare”.
le testimonianze sono di più negli archivi privati e le foto/ricordi vengono spesso
gettate o messe in cassetti “perchè è una storia brutta, non la racconto”.

è molto importante il concetto di archivio come posto simbolico e concreto dentro cui
si cerca di ricostruire la storia e più storie.

strategia di questo video: c’è una voce narrativa e alcune testimonianze. Rispetto
all'altro video, che presentava diverse opinioni, è molto più schierato dalla parte degli
etiopi.

anni 50 > nei libri di scuola si parla di quello che è stato il colonialismo italiano come
“colonialismo straccione”, quasi trasformando gli italiani da colonizzatori a vittime.

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anni 60 > nasce la nozione “italiani brava gente”, come se si volesse distanziare gli
italiani da quello che è stato, deresponsabilizzare sè stessi → strategia di amnesia.
anni 80 > nei libri di scuola viene menzionato l’uso dei gas illegali.
anni 90 > la questione dei gas viene discussa, sebbene ancora oggi non sia veramente
molto conosciuta. → amnesia.

2015 > anno importante per gli studi post coloniali. è il cosiddetto anno della crisi dei
rifugiati: si definisce così cosa è successo nell’estate del 2015 (=picco di arrivi via
mare), che viene raccontato dai media come “crisi dei rifugiati” ma dai sociologi come
una “crisi dell’europa” perchè in realtà gli immigrati che sono arrivati non erano così
tanti…!!
necessità di costruire la memoria coloniale in concomitanza di un evento come questo
> perchè delle persone che fanno cultura (registi, artisti,..) decidono di parlare di
questo quando l’europa produce una serie di politiche e dibattiti attorno
all’accoglienza e all’arrivo di queste persone? → nel 2015 schengen (trattato sui
confini nazionali) viene ripetutamente sospeso e ciò ha tratti emergenziali.

31/10

oggi guardiamo la questione di genere in relazione al colonialismo italiano e


guardiamo i processi di memorializzazione.
tempi di berlusconi → creazione della donna berlusconiana (by lele mora),
sessualizzazione del corpo della donna.

faccetta nera → canzone più famosa del periodo fascista, è a più livelli connessa alla
storia coloniale italiana. è stata più volte manipolata.
“moretta che sei schiava tra le schiave” > idea che gli italiani stavano andando a
liberare le donne che vivevano in un regime ancora schiavista.
“tricolore che sventola per te”, “noi ti daremo un’altra legge e un altro re” > nel testo
originale c’era riferimento alla battaglia di adwa, ma poi tolto perchè è sconveniente
ricordare un momento di sconfitta per l’italia, ma ci si fa riferimento quando dice tipo
“vendicheremo noi camicie nere i caduti”.

mussolini però odiava questa canzone e aveva cercato di farla rimpiazzare da


“faccetta bianca”, dedicata alla donna bianca che saluta l’uomo che parte per andare
in africa e rappresenta la patria. Questa canzone però non è riuscita a soppiantare
faccetta nera.
faccetta nera era considerata troppo meticcia, in un periodo in cui venivano proibite
le unioni meticce, non era ben vista dal governo > paradosso: questo regime viene
ricordato con una canzone che però ha odiato.

la canzone faccetta nera nasce nel 35 in dialetto romanesco ed è intrisa di propaganda


coloniale.
igiaba scego dice che gli italiani erano bombardati da immagini dell’africa in
continuazione, bambini balilla compresi, e la canzone faccetta nera nasce come una

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canzone di liberazione: nelle intenzioni dell’autore inneggia a un’unione tra italiani e


donne etiopi. scego ritiene saliente il parallelismo con l’afghanistan, la propaganda
rispetto a cui si va a liberare le donne.
ma l’unione di cui parla faccetta nera è sessuale, carnale > diventa evidente anche
nella corrente dell’eco femminismo: c’è sempre corrispondenza tra la conquista della
terra coloniale e il corpo della donna. simbolismo legato alla fertilità, terra fertile e
donna fertile, terra da conquistare > l’unione sessuale con qst donne è anche con una
terra vergine da conquistare.
scego dice: “per i colonizzatori l’africa era una terra vergine e disponibile e questa
disponibilità si traduceva nel possesso fisico delle donne del posto”, “il mito della
venere nera è precedente al fascismo”, “africa come terra vergine da penetrare
(=parallelismo)”; poi cita mitrano sani e il suo “Femmina Somala” > presenta
un’oggettificazione e animalizzazione della donna. donna descritta come disponibile e
che attraverso il madamato e lo stupro si traduce nel desiderio sessuale e di conquista
del maschio italiano.
ma come succede che questo archetipo/immaginario della donna e della terra prende
piede? → ciò non caratterizza solo il colonialismo italiano, ma tutto il colonialismo.

bodies crossing borders (2020) → paper in cui l’autrice angelica pesarini cerca di
raccontare il madamato. serie di interviste con donne figlie del meticciato coloniale,
che raccontano la loro esistenza a metà fra il corno d’africa e l’italia. ricostruisce la
storia istituzionale e quotidiana delle relazioni nel corno d’africa fra donne
colonizzate e uomini colonizzatori.
racconta di un momento in cui nel 37 il ministero deve prendere in carico una serie di
produzioni di immagini dell’africa. i capi editori di 6 riviste satiriche vengono
richiamati e istruiti rispetto alla nuova linea da seguire per supportare il regime
tramite la loro produzione.
dice: “la stampa satirica può e deve combattere contro il meticciato facendo apparire
le razze di colore come fisicamente e moralmente inferiori es. mostrando la bruttezza
delle donne nere ed enfatizzando la distanza fra la civilizzazione dei neri e quella dei
bianchi”.
c’è stato un momento in cui la propaganda coloniale si serve della donna nera per
attirare i poveri verso le colonie con la lusinga di trovare lì terra da coltivare e donne
da conquistare. ma a un certo punto con l’avvento delle leggi razziali e il legame con i
nazisti, la propaganda cambia rispetto ai contenuti che veicola.
ma queste due narrazioni permangono ancora oggi per quanto contraddittorie: sia
l’immagine inferiorizzante della bruttezza dei neri che l'immagine erotizzante e
carnale della disponibilità dei corpi neri.
pesarini dice che al picco della segregazione razziale è anche il picco delle unioni
interrazziali nelle colonie: negli anni 30 si registra il più alto numero di bambini
meticci nelle colonie. in particolare tra il 37 e il 40 solo ad asmara c’erano più di 2000
nascite registrate. in più, data la presenza massiccia dei soldati in eritrea ed etiopia, il
numero di donne eritree che erano in madamato salda da 10.000 a 15.000 nel 40 > il
governo fascista dice di bandire la canzone faccetta nera e di promuovere le leggi
razziali e invece i rapporti interrazziali crescono > capiamo che c’è uno scollamento

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fra legge e realtà, in un momento in cui però si parla di razzismo istituzionalizzato


cioè sostenuto per legge.
pesarini e gabrielli sottolineano che più i paletti sono rigidi, più complessi diventano i
modi in cui avvengono le negoziazioni nella vita quotidiana.

animalizzazione: le leggi razziali prevedevano che le unioni miste fossero un reato di


zoofilia.
in particolare gabrielli dice che in realtà le relazioni vietate non erano quelle sessuali,
ma quelle sentimentali. dunque in questi processi che vengono analizzati quello che si
vede è se sussiste una relazione emotiva oltre a quella carnale. non è solo condividere
la casa ma anche letto e tavola. la condivisione di questi spazi, questa condivisione di
vita, è considerato sbagliato.
gabrielli spiega cosa si andava a ricercare: “i giudici individuano 2 principali elementi
che caratterizzano la presenza di questo affetto speciale: un elemento morale e uno
materiale: materiale è tetto, letto e tavola, morale comprende fattori interni ed esterni
cioè fattori che hanno a che fare con la coabitazione e i sentimenti”.

indro montanelli: aveva una madama di 12 anni. nel 69 in tv ebbe uno scontro con
elvira banotti, femminista italo eritrea che cerca di fargli capire che quello che ha
fatto è stata una violenza, al di là che sia normale o meno che in africa si sposino a 12
anni. non è stato un vero dialogo perchè lui non si rendeva conto della gravità di
quello che ha fatto. nella sua opinione le donne europee non sono come le donne
africane, e il corpo delle donne africane è un corpo sessuale e di conquista.

enrico de seta: faceva cartoline fumettate che mostrano come venivano rappresentate
l’africa e le persone nere. donne come bellissime, idea che con il semplice incontro
sessuale si produca un processo all’interno della razza colonizzata (es. sbiancamento),
ecc.

quadro la redenzione di cam di modesto brocos: è del 1895, rappresenta la felicità di


una famiglia nel vedere che il bambino è nato bianco (=sbiancamento). capiamo che
l’idea della bianchezza della pelle come segno di maggiore civiltà è presente da ben
prima del fascismo.
(perchè “redenzione di cam”? perchè nella bibbia è scritto che coloro che discendono
da cam sono i neri e nel quadro si vede che il bambino è nato bianco).

negli anni successivi, l’immaginario della donna nera rimane nella cultura popolare
italiana e a un certo punto vediamo riaffiorare all’interno della produzione filmica
l’ideale della donna nera come sensuale es. zeudi araya, attrice di colore per film
softcore negli anni 70; laura gemser; isabella marincola; ines pellegrini (film “una
bella governante di colore”: parla di un uomo che ha il vizio di molestare
sessualmente le sue domestiche dunque un giorno la madre decide di assumere una
governante nera (=ideale che le nere siano brutte e che dunque lui non la molesterà)
che però è bella dunque alla fine anche lei verrà molestata).

questo immaginario produce delle forme di violenza epistemica.

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il termine violenza epistemica viene dalla scuola post coloniale. spivak: can the
subaltern speak ne è un esempio e anche said con orientalism, che è una grande
raccolta di produzioni culturali che mettono in campo la violenza epistemica. violenza
attraverso la produzione culturale.

nb. subaltern studies (derivanti dalla scuola postcoloniale): vogliono far


riemergere le storie subalterne. studi nati negli anni 80: guha, spivak, baba,
chakrabarty > dal subcontinente indiano. si concentrano principalmente sull’analisi
della produzione culturale, di sapere. si interessano all’800 guardando al
subcontinente indiano.
la scuola decoloniale nacque dopo (2000, 2010) e chi ne fa parte era dell’america
latina. principali sono lugones, torres, grosfoguel… vengono dalla filosofia politica. gli
interessa la storia dell’america latina e guardano a 300 anni prima.

il concetto di violenza epistemica viene sviluppato negli studi postcoloniali e riguarda


il sapere. alvarez dice che è una violenza che si esercita contro o attraverso il sapere
ed è uno degli elementi fondamentali del processo di dominazione. ci sono cornici
epistemiche che legittimano queste pratiche di dominazione.
nella nostra produzione culturale c’è stata una riscrizione di altre culture e anche
l’annichilimento di esse. spivak parlerà della dimenticanza del nome e in particolare
di quello della madre, parlerà della cancellazione.

come memorializziamo la storia? Quando si produce un monumento come quello di


affile assistiamo a un processo di violenza epistemica: si ignora la posizione del
colonizzato.
a partire dal 2015 vediamo un movimento globale che rintracciamo le origini in sud
africa in cui una serie di persone cominciano a prendere di mira lo spazio urbano e le
rimanenze coloniali che caratterizzano questo spazio > motivo: il processo di
celebrazione e memorializzazione le ascrive come aliene allo spazio pubblico. es. di
celebrazione urbana è la statua di cecil rhodes e un movimento studentesco decise di
toglierla. questo movimento diventò globale e viene chiamato “movimento delle
statue che cadono”. anche nel 2020 ha colpito delle statue di colombo negli usa e non
solo. anche in europa è successo, es. statua di colston a bristol, che era uno schiavista
(presa di mira ripetutamente attraverso azioni diverse). che quella statua rimanga lì è
una forma di violenza epistemica. più volte si è fatta richiesta di rimuovere quella
statua ma è sempre stato detto di no. poi, con l’arrivo del movimento black lives
matter, ci sono state manifestazioni non solo per floyd ma anche per le condizioni
strutturali in cui i neri in usa vivono. poi il movimento si espande in tutto il mondo e
a bristol questo movimento prende di mira la statua di colston, che viene buttata giù
> forma di riappropriazione dello spazio urbano.
dopo questi eventi, bristol decide di fare un’operazione in quello spazio e sceglie di
erigere una statua temporanea al posto di quella di colston, commissionata a un
artista bianco, in cui si ritrae una manifestante di black lives matter e intitolata “a
surge of power”: è temporanea perchè si vogliono alternare momenti in cui si
presentano opere a momenti in cui lo spazio viene lasciato vuoto perchè si veicoli il

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senso di una trasformazione anche con lo spazio vuoto la memoria di cosa c’era lì
prima.
la statua di colston venne poi recuperata dal fiume e portata in un museo, esposta
sdraiata e non ripulita, a simboleggiare la storia che l’ha portata lì > gesto di una
comunità che decide di prendersi la responsabilità di un evento e di raccontare
quell’evento: colston ma anche vandalizzazione.
anche in italia c’è stato e c’è un movimento multisituato che ha deciso di prendersi in
carico l'eredità coloniale nello spazio urbano. esso trova un riferimento in un testo di
scego che si chiama “roma negata”: album fotografico del 2014 dove i due autori
mettono in mostra degli spazi che legano la storia di roma a quella di asmara (capitale
dell’eritrea, chiamata anche piccola roma). asmara è diventata patrimonio dell’unesco
per i residui della presenza fascista nella città.
scego e bianchi decidono di creare questo album dove presentano immagini delle
città.
vi sono anche gruppi di attivisti che producono la guerriglia odonomastica cioè si
compone di azioni in cui i nomi di monumenti e vie coloniali vengono cambiati >
processo di risignificazione e sostituzione di questa memoria acritica con una
memoria critica. > forma di riappropriazione dello spazio urbano.
a roma c’è un collettivo chiamato tezeta che si specializza in passeggiate coloniali:
vivono attorno al quartiere africano a roma e svolge attività di ricerca, disseminazione
culturale e didattica sul colonialismo italiano e il fenomeno migratorio
contemporaneo. raccolgono memorie di eritrei ed eritree che oggi vivono in italia. > si
fanno trekking urbani in cui ci si accompagna alle voci degli eritrei che hanno scelto
di condividere le proprie storie. vanno in giro per le vie che hanno nomi particolari e
raccontano la storia dietro questi nomi > riappropriazione dello spazio urbano
tramite la memoria critica di ciò che è successo.
2020: a padova è stato prodotto un video documentario (decolonize your eyes) da
studenti di unipd in cui fanno una risignificazione di vie e non solo della città di
padova. es. la via “amba aradam”, che è un posto dove c’è stato un genocidio.
interessante che oggi ambaradam è una parola che viene usata per indicare un casino.

la vicenda che più fece notizia in italia rispetto a questo movimento di contestazione
urbana è la statua di indro montanelli. prima viene presa di mira nel 2019 dal
movimento femminista che lo copre di vernice rosa e lo fa per mettere in luce la sua
storia di madamato. poi nel 2020 viene nuovamente presa di mira e viene sporcata di
vernice rossa per indicare il sangue delle vittime del colonialismo + scritta “razzista e
stupratore” > questa volta si produce orrore e rifiuto da parte del comune, che
commenta dicendo che probabilmente non è nemmeno vero che aveva avuto una
madama.
la statua sta in un giardino a milano chiamato “giardini porta venezia”, primo
quartiere abitato da persone abissine a milano. > riprodursi di dinamiche coloniali
perché vengono erette memorie che negano questo colonialismo.
oggi, la statua è stata chiamata da un artista “il vecchio e la bambina”, con tanto di
cartello e di bambolotto in braccio, dove si spiega che la statua è completa così
(denuncia alla sua esperienza di madamato). il museo mudec di milano nel 2021 ha

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commissionato la riproduzione della statua con sopra il bambolotto per tenerla nella
collezione.

politically correct: perbenismo disonesto intellettualmente, che vuole convincere la


società a chiamare le cose non con il loro nome. termine spesso connesso a cancelled
culture: idea che c’è tutta una politica di cancellazione di tutto quello che è dissidente
dal rispetto dell’ideologia egemonica, cioè quella del politicamente corretto, che è
incarnata nelle persone wake (=che sanno, che non dormono).
si invoca la cancelled culture quando ci sono episodi in cui persone famose si
scoprono essere stati molestatori e dunque smettono di essere considerati
presentabili ma in realtà la cancelled culture fa parte del passato, c’è sempre stata
quando si imponeva un’identità es. quando gli italiani hanno preso asmara e hanno
cambiato i nomi alle vie. anche la damnatio memoriae dei romani è un esempio di
cancelled culture.
si parla di cancelled culture anche con quello di cui abbiamo parlato prima, riguardo
le statue.

7/11

said parla dei palestinesi come vittime delle vittime > vittime dell’insediamento di
persone di fede ebraica che muovono verso la terra ancestrale, che essendo le vittime
per eccellenza nella memoria collettiva occidentale (per la shoah), le vittime di queste
vittime non hanno possibilità di giustizia. la memoria della shoah è stata usata in
chiave antipalestinese.
sono stati prodotti 1 milione e 300.000 documenti in cui si racconta l’occupazione
della palestina e sono fatti anche da ebrei che risiedono in israele. la consapevolezza
del pubblico è inversamente proporzionale alla proliferazione di testi sull’argomento.

oggi parliamo di genere ma il tema della memoria continua a tornare.

FEMMINISMO NERO E INTERSEZIONALITA’

intersezionalità > spesso usata come sinonimo di femminismo nero ma invece c’è
differenza. però viene da esso.
elementi dell’intersezionalità: status socio economico, appartenenza religiosa,
provenienza geografica, disabilità fisica/cognitiva/emozionale, genere, orientamento
sessuale, nazionalità, gruppo etnico/razziale.
wikipedia – In sociologia e in giurisprudenza, l'intersezionalità (dall'inglese intersectionality)
è un termine proposto nel 1989 dall'attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw per
descrivere la sovrapposizione (o "intersezione") di diverse identità sociali e le relative possibili
particolari discriminazioni, oppressioni, o dominazioni.
> La teoria suggerisce ed esamina come varie categorie come il genere, l'etnia, la classe sociale, la
disabilità, l'orientamento sessuale, la religione, la casta, l'età, la nazionalità, la specie e altri assi di
identità interagiscano a molteplici livelli, spesso simultanei. La teoria propone che occorre

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pensare a ogni elemento o tratto di una persona come inestricabilmente unito a tutti gli altri
elementi per poter comprendere completamente la sua identità. Questo quadro può essere
utilizzato per comprendere in che modo l'ingiustizia sistematica e la disuguaglianza sociale
avvengono a partire da una base multidimensionale
L'intersezionalità afferma che le concettualizzazioni classiche dell'oppressione nella società –
come il razzismo, il sessismo, l'abilismo, l'omofobia, la transfobia, la xenofobia e tutti i pregiudizi
basati sull'intolleranza – non agiscono in modo indipendente, bensì che queste forme di
esclusione sono interconnesse e creano un sistema di oppressione che rispecchia l'intersezione di
molteplici forme di discriminazione.
L'intersezionalità è un paradigma importante nell'ambito accademico, poiché espande i contesti
di giustizia sociale o demografia, anche se, a sua volta, ostacola l'analisi includendo molteplici
concettualizzazioni che spiegano il modo in cui si costruiscono le categorie sociali e la loro
interazione per formare una gerarchia sociale. Per esempio, l'intersezionalità sostiene che non
esiste alcuna esperienza singolare propria di un'identità. Anziché intendere la salute delle donne
esclusivamente attraverso il genere, è necessario considerare altre categorie sociali, come la
classe, la (dis)abilità, la nazionalità o l'etnia per comprendere completamente la gamma di
problemi di salute delle donne.
La teoria dell'intersezionalità suggerisce anche che quelle che appaiono come forme binarie di
espressione e oppressione sono in realtà modellate da altre, reciprocamente co-costitutive (come
nero/bianco, donna/uomo o omosessuale/eterosessuale). Pertanto, per comprendere la
razzializzazione dei gruppi oppressi, occorre studiare i modi in cui le strutture, i processi sociali e
le rappresentazioni sociali (o le idee coinvolte nella rappresentazione dei gruppi e dei membri dei
gruppi nella società) sono formati dal genere, dalla classe, dalla sessualità, etc.

c’è una normalizzazione della condizione egemonica ed è proprio per questo che è
egemonica.
gramsci introduce la questione EGEMONIA > dice che non è solo vero che c’è un
determinismo economico (=che tutto è dipendente dalla sfera economica), ma è
importante anche la sovrastruttura cioè la cultura, ideologia, religione, ecc.
gramsci riflette sulla “egemonia culturale”, che diventerà fondamentale negli studi
post coloniali e decoloniali > idea che “le idee sono molto importanti” > come
pensiamo alle cose è spesso un modo determinato, perchè una classe sociale ha
trasmesso in modo egemonico il modo di vedere le cose > noi apprendiamo il modo
di pensare in modo egemonico, come fosse un senso comune.
quando un’identità è egemonica vuol dire che la diamo per scontata, e questo ha
ripercussioni sul modo in cui vediamo il mondo. es. i maschi di solito pongono al
centro del discorso l’appartenenza di classe, mentre le femmine pongono il genere.

intersezionalità > ci mostra come non esista un’identità unica e fissa ma la nostra
posizione sociale è data dal modo in cui si intersecano diverse assi. es. una donna
lesbica ricca ha una posizione diversa rispetto a una donna lesbica ma povera.

è importante ricordare questo se vediamo le lotte che sono accadute nell’800 o 900
perché esse hanno assunto un soggetto unico. le lotte femministe adottano un
soggetto donna universale e neutro. questa donna non ha orientamento sessuale, non
ha una condizione di classe nè appartenenza razziale > dunque in modo non detto
questo soggetto monolitico era la donna bianca borghese.

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altro esempio: lotte degli operai > soggetto monolitico è l’uomo borghese.
lotta abolizionista (movimento antirazzista nero) > composto da uomini. anche oggi
si parla sempre degli omicidi razziali degli uomini e non delle donne.

l’intersezionalità è una condizione incarnata, uno strumento analitico/quadro


interpretativo, una tensione ad una giustizia intersezionale.
ci aiuta a comprendere l’intersecarsi delle discriminazioni.

è qualcosa che sta all’origine delle lotte delle donne nere negli usa. possiamo parlare
di intersezionalità da subito da quando intendiamo le lotte delle donne nere nelle
piantagioni.
una delle donne più spesso citata a questo proposito è sojourner truth, nata in
schiavitù ma poi liberata che ha partecipato a molte di queste lotte. è famosa
soprattutto per un discorso che fece e che è uno dei più famosi nella storia dei
movimenti femministi e abolizionisti usa. > discorso “non sono anch’io una donna?”
> in questo discorso prende parola (ed è un fatto notevole essendo donna e nera) si
riferisce a un uomo che ha parlato prima di lei che ha detto che le donne sono “il
sesso debole”, che devono essere aiutate in tutto, ma lei dice che invece mai nessuno
l’ha trattata come tale… “e non sono anch’io una donna?” > la sua condizione razziale
fa sì che la sua condizione di genere sia diversa da quella delle donne bianche. >
condizione intersezionale: pur essendo donna vive la stessa condizione che vivono gli
uomini, e tutte le caratteristiche normalmente attribuite alle donne bianche non sono
attribuite a lei proprio per la sua condizione intersezionale.

kimberlè crenshaw > conia il termine intersezionalità in un paper del 89 con la


metafora dell’incidente stradale all’incrocio.
dà 3 esempi che vengono dalla storia della giurisprudenza statunitense e in
particolare è significativo quella della causa contro la general motors.
in questo esempio, nel 76 alla general motors licenziano tutte le donne nere perché
devono ridurre il personale. le donne perdono questo processo perché il giudice dice
che gli uomini neri non sono stati licenziati dunque non c’è discriminazione razziale,
e non sono state licenziate le donne bianche dunque non è discriminazione di genere
> “è come se a un incrocio ti colpissero due macchine diverse ma non è colpa di
nessuno” cit.
le donne nere sono soggetti intersezionali, ma la loro condizione non viene
riconosciuta perché considerata troppo particolare.

crenshaw però non è stata la prima a occuparsi di questo tema, e un riferimento


fondamentale è quello di un’antologia (the combahee river collective) che raccoglie
interventi di femministe nere degli anni 70. incipit dell’antologia: “tutte le donne
sono bianche, tutti gli uomini sono neri ma alcune di noi sono coraggiose”
anni 70 e 80 > si sviluppa il pensiero dell’intersezionalità in concomitanza alla
seconda ondata femminista. il testo sopra citato e anche “this bridge called my back”
sono testi fondamentali, pubblicati all’inizio degli anni 80.

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the combahee river collective > produrrà il manifesto “but some of us are brave” e si
tratta di un collettivo che nasce nel 73, che prende il nome da un fiume (combahee
river), significativo nel femminismo nero e nella lotta abolizionista, e fa riferimento a
quando harriet tubman conduce un manipolo di schiavi che si sono liberati verso la
libertà. uno degli elementi fondamentali è il recupero delle memorie, antenati, e della
propria storia. recuperare la memoria subalterna è un’azione di resistenza.
nel 79 il collettivo si mobilita per la visibilizzazione della violenza nei confronti delle
donne nere. donne importanti: barbara smith, audre lorde, beverly smith, cheryl
clarke… si identificano come “donne del terzo mondo” > avevano una coscienza molto
sviluppata rispetto alla continuità che c’è fra la dimensione coloniale interna agli usa
e la condizione coloniale più ampia.
nel manifesto che esce nel 77 queste donne dicono (statement): “siamo un collettivo
di femministe nere che si trovano dal 74. in questo tempo siamo state coinvolte in un
progetto di definizione e chiarificazione delle nostre politiche e anche a fare lavoro
politico all’interno del nostro gruppo e in alleanza con altre organizzazioni e
movimenti progressisti. lo statement più generale che possiamo fare rispetto alle
nostre politiche ad oggi sarebbe che noi siamo attivamente impegnate a lottare contro
l’oppressione razziale, sessuale, eterosessuale e di classe. e vediamo come nostro
obiettivo specifico lo sviluppo di un’analisi integrata e di una pratica che si basi sul
fatto che i principali sistemi di oppressione sono interlocking”

interlocking: parola direttamente precedente del termine intersezionalità. guarda


direttamente alle assi, ai sistemi di oppressione, e le descrive come incatenate
assieme, e guardandole si può capire come questi assi si intercostruiscono. parlano
dell’oppressione come interlocking, le assi di oppressione si legittimano e si
producono a vicenda.

gerarchizzazione sociale > natura che gli studiosi decoloniali definiscono coloniale.
per la scuola decoloniale ci sono 3 assi principali di oppressione, di natura coloniale,
che sono: genere, razza e classe.
la gerarchizzazione di genere ha natura coloniale > capiamo come l’imposizione del
binarismo di genere che viene dalla colonialità corrisponde alla produzione della
subalternità della donna in luoghi in cui magari prima non era così.

lo statement è diviso in: 4 parti


1. genealogia del femminismo nero contemporaneo (recuperare la storia e loro lo
fanno a partire dal loro nome)
2. indicazioni specifiche delle politiche intersezionali (del femminismo nero che
loro incarnano)
3. problemi nell’organizzazione del femminismo nero (inclusa una breve
“herstory” del collettivo)
4. pratiche e questioni femministe nere

importante è anche Bell hooks > scrive un testo pubblicato nell’81, “ain’t I a woman”,
ma non era stato pubblicato subito perché considerato troppo radicale. prima erano

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stati pubblicati altri libri di sue poesie, usate come strumento per dire qualcosa che
sennò sarebbe indicibile. libro di poesie: and here we wept.
nel libro sopra citato parla di femminismo e in modo significativo si rifà al discorso di
sojourner truth. bell hooks parla della sua idea di femminismo e critica il
femminismo bianco, dicendo che molte donne si sono fatte scudo del femminismo
per fini personali, in particolare le donne bianche che sono state a capo del
movimento.
decide di rifare suo il termine femminismo e spiega che essere femministe significa
volere per tutti, maschi e femmine, la liberazione dai copioni di genere e
dall’oppressione. il movimento femminista nero risulta quindi più trasversale perché
dovendo lottare lungo diverse assi c’è un allargamento del fronte di lotta > da un lato
la posizione delle donne nere non viene riconosciuta perché considerata troppo
particolare ma dall’altro è più universale della lotta dei soggetti monolitici di classe,
genere e razza.

quando parliamo di discriminazione intersezionale, dobbiamo ricordare filomena


essed > il razzismo è sempre gendered, e il genere è sempre racialized. filomena essed
parla di GENDERED RACISM → per spiegarlo, la prof si appoggia al libro di melissa
harris-perry, “sister citizen”, dove parla dell'oppressione di genere a partire dalle
figure della razza di genere che vengono prodotte negli usa > vengono prodotte 3
figure di genere della razza (stereotipi):
- la mommy es. aunt jemima, mami (via col vento), film the help: sempre
dipinta come grassa, il suo essere grassa la rende un soggetto asessuale e
asessuato perché noi siamo grassofobici. non ha nessun desiderio che quello di
servire il padrone. è la personificazione del rapporto coloniale tra servo e
master. la mommy è immaginata così perché quando finì la schiavitù, la
maggioranza delle donne nere si è ritrovata impiegata per pochi soldi dentro le
case presso cui lavoravano precedentemente. dopo il 74, la maggioranza delle
donne nere era impiegata in lavori domestici nelle case di vecchi padroni. una
intimità così forte con il nucleo familiare può essere rischioso, dunque per non
risultare troppo minacciosa la mommy viene rappresentata come un essere
asessuale e asessuato, così non è una minaccia per la donna bianca e per il
nucleo domestico. è rappresentata come donna senza desideri sempre in
funzione a questa posizione che ricopre.
- la jezebel: prostitute, donne sessualmente aperte. opposto della mommy.
questo stereotipo rappresenta un aspetto dell’economia di piantagione e di
cosa è avvenuto dopo, cioè il fatto che lo stupro sistematico fosse un modo per
governare la piantagione. lo stupro sistematico era una relazione di potere fra
uomo e donna che si esercita con il dominio sessuale del corpo della donna e
anche della sua possibilità riproduttiva. lo stupro delle nere serviva per:
sottomissione fisica e simbolica della nera, funzione riproduttiva,
smembramento della comunità nera e della possibilità del nucleo domestico
nero. gli schiavi non potevano sposarsi e lo stupro produceva ulteriore
disgregazione nella comunità nera e aumentava il dominio del padrone.

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anche dopo la fine della schiavitù gli supri delle nere hanno continuato, ma
negli atti giuridici leggiamo che qst stupri non esistevano: erano considerati
sospetti stupri di uomini neri su donne bianche e non il contrario.
la figura della jezebel serve per animalizzare e screditare la nera, e affermare
che non è possibile stuprare una donna il cui unico modo di realizzarsi è
attraverso la relazione sessuale. la jezebel provoca le passioni dell’uomo bianco
e riceve quello che di fatto ha chiesto.
- la sapphire o angry black woman: la donna forte, che si arrabbia (spesso
rappresentata con il dito alzato). con la fine della schiavitù inizia il processo di
incarcerazione di massa degli uomini neri e anche oggi negli usa e i migranti in
italia vengono incarcerati per periodi più lunghi per crimini meno gravi. ma
negli usa, pur essendo finita la schiavitù, i carcerati vengono sfruttati per il
lavoro all’interno dell’economia della prigione. incrociando il fatto che la
famiglia come istituzione fosse vietata nelle piantagioni e il fatto che c’è stato
questo processo di incarcerazione di massa, troviamo di nuovo che il nucleo
familiare nero è smembrato: i padri neri sono incarcerati o se ne sono andati.
per questo motivo la donna nera riproduce la sua assenza.
1965 > il governo federale affida a sociologi bianchi una ricerca: sono passati
100 anni dalla fine della schiavitù ma perchè la comunità nera è ancora così
primitiva? > risultato: the moynihan report > parla della famiglia nera
invocando un’azione dello stato federale, si spiega che il problema della
comunità nera è proprio il nucleo familiare dissestato e il matriatcato nero,
queste donne nere che levano all’uomo il suo ruolo naturale di guida dentro la
famiglia e così facendo si deteriora il tessuto sociale della comunità nera > bias
che i sociologi hanno: idea che la famiglia giusta sia quella tradizionale, non si
interrogano sul perché non ci sia l’uomo nero, e dunque producono questa
ricerca dicendo che in una famiglia come quella dei neri americani (che non è
tradizionale) è posta in una posizione di svantaggio.
l’angry black woman è figlia diretta di qst costruzione sociale della matriarca
nera.
una sottocategoria della sapphire è la welfare queen: donna nera che continua
a fare figli e vive nel welfare senza esserne grata e se ne approfitta.

= questi 3 stereotipi sono presenti negli usa (poi vedremo in italia).


la harris-perry ce ne offre una lettura materialista. parla degli usa e attraversa
archetipi coloniali. non sono semplici stereotipi, sono figure che danno senso a un
ordine e che implicano alle donne nere la responsabilità di quest’ordine.

la jezebel è presente anche in italia (la gatta nera, madre natura, zeudi araya, film una
bella governante di colore). la nostra jezebel non viene dalla storia degli stupri della
piantagione ma dalla storia del madamato coloniale.
anche gli uomini neri sono rappresentati come più animaleschi e che molestano le
donne bianche (es. film the sin smugglers) > il maschio bruto nero è il corrispettivo
della donna jezebel, mito del nero stupratore. spesso identificato come un nero che
stupra donne bianche.

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sia questo che la jezebel vengono animalizzati, la loro sessualità si esprime in modo
animale (estrema disponibilità della jezebel, aggressività e tendenza innata allo
stupro da parte del bruto nero). anche in italia c’era questa narrazione.
apeization: scimmificazione.

2018 > macerata: italiano (luca traini) spara a persone nere che incontra (tentata
strage suprematista) e termina di fronte a un movimento ai caduti indossando una
bandiera dell’italia. i media dicono che ha “sparato su migranti” (ma in realtà non
erano migranti) tra cui una donna, lui si scusa dicendo che non voleva colpire una
donna ma solo uomini e si giustifica dicendo che ha fatto quello che ha fatto per
vendicare pamela mastropietro (era stata uccisa da un uomo nero). >
strumentalizzazione della condizione di genere donna (“non volevo colpire una
donna”) ai fini di un’esclusione di una violenza razzista > questa è una
strumentalizzazione del corpo della donna.

16/11

Non è da studiare
seminario dal titolo: Resisting institutional racism in education

italy is racially ordered. oggi ascoltiamo testimonianze.

discrimination in education: argomento di oggi.


in italy > we have institutional forms of racism in high schools and university level. si
presenta anche nella scelta della scuola.
we’ll think about interventions that aim to give the young people tools to face
discrimination of everyday.

DISCRIMINATION IN SCHOOL IN ITALY


italian citizenship > abbiamo lo ius sanguinis > statisticamente non abbiamo dati
sulle “second generations" che hanno ottenuto la cittadinanza.
among migrants we have not a big difference btw them and italians local people about
degrees and general education (8 percento dei migranti non hanno un’educazione,
come il 3 percento degli italiani) > generalmente i migranti hanno la stessa
educazione degli italiani ma non si sa dire se è stata ricevuta in italia o meno.
school composition > dove studiano i figli di migranti rispetto agli italiani?
scholastic delay > c’è un dislivello soprattutto alle superiori fra figli di migranti e
italiani.
education and ethnic minority > a roma ci sono discriminazioni dovute a particolari
periodi storici es. con il covid sono stati molto discriminati i cinesi/origini asiatiche, e
anche verso altre minoranze.
qst discriminazione è evidente dalle statistiche ma anche in base alle cose che
vengono insegnate e l’attitudine verso le culture che non fanno parte di quella
egemonica italiana.

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school choice and oreintation > molta discriminazione > più o meno qnd si hanno 13
anni i processi di orientamento privilegiano locational schools per i migranti mentre i
figli di italiani vengono orientati a scuole più prestigiose e che ti guidano verso l’uni. e
i figli di migranti spesso abbandonano la scuola più degli italiani. e spesso i genitori
dei migranti non sono informati circa le caratteristiche della scuola.
nexos > ricerca fatta che si riferisce al nesso tra razza e classe in school orientation.

NEXOS >> THE NEXUS OF RACE AND CLASS IN SCHOOL CHOICE


parleremo di: neoliberal policies in eu and emphasis on choice and competition;
problems with these policies and school choice; bourdieu perspective in sociology of
education; short description of the italian context and school choice.

school segregation > immigrant students have the highest percentage of early
dropouts in europe; lower academic performances and higher concentrations in
vocational secondary schools; “the choice agenda” (Musset 2012) in eu educational
reforms.

neoliberal turn: vhoive and competition > neoliberal market-oriented policy logic in
education reforms in eu; marketization and competition, the dominance of economic
rationalities as a form of political rationality; educational market (school expos,
league tables, autonomous and diversification); educational qualification for the
labour market; urban social and ethnic mix; economic purpose of education (OECD).

problems with the choice agenda > unequal distribution of resources, wealth,
capitals; choice of peer group not just schools; pursuit of a “good mix” (Byrne, 2009);
preservation of social and cultural identities in multicultural urban and educational
contexts.

bourdieusian perspective > pierre bourdies’s theoretical toolkit - capital, field, and
habitus. according to burdieu, there are roles in social differentiation, they legitimate
the class and race (gender) structures by transforming educational distinctions into
social distinctions.
educational systems are navigated in locally specific ways that are not just classed but
also strongly intersect with ethnicity and race.
non-white parents make choices seejìking the “right mix” often to escape racism and
marginalization.

educational inequalities and school tracking in italy (canalizzazione formativa) >


italian educational system has a high level of standardization regarding exams,
curriculum and budget.
high level of inequality: the impact of social origin net of prior achievement remains
large.
age 13: licei, istituti tecnici, professionali e formazione professionale.
tracking: broad, curricular, within-school.
sorting is illegal but possible during oversubscription/informal recognition of
prestigious accademic tracks.

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cooling-out effect: orientamento in ribasso.


students without citizenship status, born in italy and outside italy, are more likely to
drop out of secondary school.

READING “RACE” IN BOURDIEU’S SCHOLARSHIP > influence of ethno-racial


diversity on class:
- transnational cultural capital
- multicultural capital
- ethnic capital
but we must keep focus on how structural constraints (particularly in relation to
selective school systems and racialized labour markets influence the effectiveness of
ethnic capital in promoting educational achievement and social mobility.

RESISTING INSTITUTIONAL RACISM IN EDUCATION (associazione culturale


afroveronesi) > l’associazione è nata da uno studio condotto da charline kanza per la
sua tesi. she reflected about blackness in italy.

In the US the Africans are represented as a model black minority in the Uk afro
Caribbean they are represented and perform as underachieving students, they have
low education achievement and occupational advancement. Neither class or race are
fixed but they are processual; they depend on the context in which they are situated.

Intervento Prof → How Carla De Tona’s reflection turned into our research project
called “Explore the nexus between race class and school choice” in Veneto region >
The research funded by unipd aims at creating a broader research in Europe about
school choice, the pilot research is targeted to schools in Veneto region Verona and
Padova. They work on school orientation. During the workshop à San Micheli school
il Verona was called a ”ghetto school” this is interesting to reflect because we can say
that San Micheli in the center of Verona has at least 50% of racialized individuals
among the students so we investigate this idea of informal segregation as a result of
this school orientation. Segregation means different things.

Why speaking of informal segregation?

As Thomas Schelling wrote in a paper in 1969 “People get separated along different
lines and in different ways. There is segregation by sex, age, income, language, color,
taste, comparative advantage, and the accidents of historical location. Some
segregation is organized; some is economically determined; some results from
specialized communication systems; and some results from the interplay of
individual choices that discriminate”.

San Micheli > the segregation was chosen? This ideology of choice is not exactly what
happened, so we decided to look at the processes, go to the roots of scholastic
segregation.

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We created a research design in which the study is qualitative. Qualitative research is


different from quantitative. We wanted to avoid quantitative data.

Filomena Essed in the 90s said that racism is always gendered even when we talk
about education, discrimination, some things are different with people identifying
with female and male gender. We had intersectional qualitative research in middle
schools- adopting intersectional lens focusing on race and class two lens that are
useful.

We used some specific methods that prof Frisina used – qualitative interviews,
focused groups, participatory observation, entering in school and understanding the
actors. Padova and Verona have an important migrant population here; we have the
double of the national percentage of immigrant students.

They decided to look at engaging in a comparison about school choices to focus on


race class nexus – having some notions about the difficult social class and ethnic
background. For example, the study analyzed whether parents are from middle class,
upper class, non-white working class...2 figures of orientation involved: one is from
the school the other outside.

The different participants involved in the research belong to 4 groups that may
intersect :

1. association for orientation and professionals à for ex orientation fairs we have


different professionals engaged with orientation;
2. school, managers, teachers;
3. families of the students;
4. students;

The research design > interviews and focused groups, at least 10 inter, 3 groups with
people belonging to this different group.

13 yo ppl need to choose which high school they want to attend, this choice needs to
be done by the end of the 1st semester of the last year of middle school. This choice
should be accompanied by orientation with a specific figure in the school that is
chosen by the school itself. The school should have a program of orientation but the
orientation suggestion should be negotiated among all the teachers of the class,
orientation tutor and there is one in each school.

There was a specific reform > to push forward these figures and to implement the
idea of a formative campus that should be organized to create an outside space where
orientation processes may be done. By the end of January students need to choose
which school but this process lacks something. The question is how happens that
even with a structure that should support an individual choice at the end certain
groups vanno incontro a una profezia che si autoavvera.

Somehow everyone sees the problem but nobody addresses the responsibility, we
noticed in the interviews there is a tendency of putting the responsibility on other

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actors when it comes to the professional of orientation the fault is on families, tutor of
orientation e teacher idem they blame the orientation professional with a lack of
tools.

We saw that there is not a specific knowledge or tools developed by the orientation
professional to address discrimination in the orientation process.

The professionals of orientation say that they go into the school and treat children the
same, they have exercises, strategies to highlight the competencies of the students but
they don’t have tools. We have some prejudice à there is a tendency to blame
particular choices on the cultural belonging of the migrant family there is a
stereotypization of the migrant group that determines how the children is directed,
we have 1 element important highlighted by teachers à a lot of times is the class
factor, they say that migrants families have economic needs that need to be addressed
hence they prefer that children go to vocational school so they have earlier a salary, at
the same time this is a representation that does not find linear correspondent in the
reality of migrant families.

Then there is a theme > “gender element” that somehow comes into play when we
highlight that these school orientation discriminations are not as pervasive with
females compared to male students. This means that racialization of males tends to
have a bigger effect on the educational path, so finally, what is clear both by the
bibliographical research and this preliminary research with the protagonists of the
orientation there is a lot of pressure to keep up with times.

Complaint > idea that they don’t have the tools to understand and prepare the
student for a world that changes and somehow this idea of diversity within the class
composition is part of this ever changing world they feel unprepared to face.

They asked the participants how the research could impact them and what kind of
tools they want like us to create to challenge these orientation problems and what ppl
actually asked us was to understand what kind of orientation tool can create a
horizontality and process of recognition of the specific of every student and somehow
again this request sounded like the proposition of one of the problem that Carla
highlighted this idea that is an individual choice and we need tools to make visible,
extract the capacity of the individual while what becomes evident is the fact that a lot
of time is not about the individual the possibility of expressing their capacity but its’s
about the social situation and how the community around the student invest in the
process of orientation.

Charline Kanza > part of the association “Afro Veronesi” founded 3 yrs ago in 2020.
She was writing a thesis about the self-identification of young afro- descendent in
Verona, she wanted to know if other girls felt the same experience. This group
reflected on the condition of being black in Italy, they also decided to expand the
discussion with other afro descendent in Verona – being invisible among Italians
that’s why they decided to be visible on social media, they reflected on
institutionalized racism in Italy, they went to school and talked about their story.

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A multicultural identity makes them unique, issues like representation in Italy,


citizenship, the curriculum in school is too centered that’s why we wanted to bring a
change in this by organizing this year a festival which combines entrainments,
education not from the white point of view but from a different perspective. In the
Italian curriculum history of African begin from colonialism or the slavery period, the
festival wanted to show another part of history, another model was about how to treat
intercultural aspects from a point of view of an afro descendent.

Axel (l’altro ragazzo che era con charline) > being an afro descendant doesn’t mean to
identify as an Italian or an African, we have a duality in their culture. Veronesi
deconstructs stereotypes about black ppl but also constructs values. With events,
divulgation:

-resisting institutional racism in education, how we do that? Afro Italian summer


festival --> various workshops we have one called “yes we can”à let’s build a
pluralistic school together.

A reunion between professors and educators and the aim was to educate the
educators how? The educational system in Europe and Africa is Eurocentric so also
the teachers and the educators do not have the assets to bring a better education to
Afro-descendent kids. This was mainly an acknowledgment session, it was a time of
educative practice from a cultural intersectional perspective. Bringing to the table
different cases in which instructors had to recognize in society there are ppl who have
more or less privilege based on racial background, this is reflected in the education
system and it was like a session of ack. This fact is important when talking about
opportunities that the immigrants may have in the society.

The underrow project? Here we had hours to spend on whatever they liked, they org
this project in lab for children and formation for the educators. During the formation
of the educators they did the same as yes we can. The goal was to bring ppl to another
level of acknowledgment. They started deconstructing certain kinds of prejudice they
had and then they built new beliefs.

Laboratory ab school orientation. Children told several things and they find
themselves in a situation in which they are split by two ways one way is represented
by parents at home who want a better future, but children of immigrants attend
professional school.

Antiracist research in Italian schools

1st research in Padova, Bologna in 2019 in elementary school;

2nd research > Veneto

The research came up in two books which are designed to create useful material to
create paths at school.

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Child active social actor

Methodology > CHILDREN reproduced and legitimated racialization through


discourses. Children were asked to imagine parents belonging to different races and
write a short text.

The class was split in two groups to discuss some of the manuscripts

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2nd book > starts from the colonial past to talk about racism in the present.

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-Marilena delli Umuhoza intervista

-Ivana nikolic intervista

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21/11

visione del film (1966) “LA NOIRE DE…”


https://it.wikipedia.org/wiki/La_nera_di…

Basato su un fatto realmente accaduto, il film racconta la storia della giovane donna
senegalese Diouana che si trasferisce da Dakar, Senegal, ad Antibes, Francia, per
lavorare per una coppia francese. In Francia, Diouana spera di continuare il suo
precedente lavoro come tata e si aspetta un nuovo stile di vita cosmopolita ma vedrà
infrangersi i suoi sogni nel razzismo colonialista di cui i suoi padroni incarnano
l’essenza. (film di ousmane sembene).

TRAMA > La giovane Diouana arriva in Francia, dove è impiegata da una famiglia borghese
come domestica. Il marito (il padrone bianco) va a prenderla al porto. Giunta nell'appartamento
ad Antibes, in Costa Azzurra, incontra la moglie, inizialmente gentile, poi acida e scontrosa.
Diouana era stata assunta a Dakar, dove aveva principalmente svolto il lavoro di badante dei tre
figli, Sophie, Damien e Philippe, nella casa dove abitava precedentemente la famiglia. Ad Antibes
la vita è più dura e noiosa: lavori domestici, divieto di uscire di casa se non per fare la spesa,
isolamento dalla società. Diouana prima di partire frequentava un ragazzo e sognava una vita
felice in Francia. Invece la dura realtà quotidiana la fa entrare in depressione, al punto che dopo
poche settimane si chiude nel mutismo e non svolge più nessun tipo di attività. La padrona la
attacca con sempre più virulenza, credendola pazza, mentre il marito si mostra più comprensivo.
Diouana, al colmo della disperazione, straccia la lettera della madre, che la accusa di sperperare i
soldi che i padroni le offrono. Il marito le dà ventimila franchi per il lavoro svolto, pensando che
la causa della depressione sia il pagamento non ancora avvenuto. Ma lei restituisce il denaro,
prepara la valigia e si taglia la gola con un taglierino nella vasca da bagno.
Il marito va in Senegal per portare gli effetti personali di Diouana e il suo salario. La madre non
vuole ricevere nulla da questo signore responsabile della morte di sua figlia. Il padrone se ne va,
inseguito da un bambino con una maschera sul volto, che sembra inquietarlo.

STRUTTURA DEL FILM > Il film è composto da due parti ben distinte, una ad Antibes e
l'altra a Dakar, che si concatenano nella messa in scena. Non vengono rispettate le unità di tempo,
luogo e azione. Il personaggio centrale della domestica fornisce però una continuità drammatica
alla vicenda, quindi la struttura del film è comunque lineare.
Tre flashback, due con stacchi secchi e uno con dissolvenza, descrivono la vita a Dakar della
protagonista: nel primo cerca lavoro, va al "mercato delle domestiche" e viene scelta dalla
padrona. Nel secondo annuncia al suo ragazzo che partirà per la Francia, mettendosi a camminare
sul monumento ai caduti. Nel terzo parla a letto con il fidanzato, prima della partenza. Questi
stacchi temporali permettono di inquadrare con più precisione la psicologia del personaggio.
Sono ricordi felici della vita recente di Dakar, con il suo fidanzato, che rendono ancora più
insopportabile la solitudine nel presente.
È interessante notare che a Dakar le scene sono girate esclusivamente in esterni, simbolo di
libertà, mentre ad Antibes si svolgono quasi esclusivamente in interni, simbolo di oppressione.

1) di cosa parla il film? > la storia di cronaca rappresentata è di una lavoratrice


domestica senegalese che si reca in francia per seguire il suo datore di lavoro.
ma i suoi sogni si infrangeranno a causa del razzismo colonialista.

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2) qual è il messaggio del regista? > il film è una denuncia al neocolonialismo


3) quale personaggio lo rappresenta meglio? > diouana

4) cosa significa la maschera? > La maschera, che Diouana acquista a credito dal fratello
per regalarla ai padroni, accompagna la gioia e la gratitudine iniziali verso i datori di
lavoro, ma è anche un simbolo dell'Africa, della sua cultura tribale. Simbolo che, insieme
alla foto con il suo amico, costituisce l'unico ricordo del passato e che la protagonista si
riprenderà prima di morire, rivendicandone la proprietà. La maschera alla fine è ripresa
dal fratello che se la applica sul viso inseguendo Monsieur alla fine del film. Nell'ultima
sequenza, il bambino la toglierà, sorridendo, in un messaggio di speranza per il futuro.
"Questa maschera costituisce in La Noire de.. un elemento essenziale. All'inizio si vede il
bambino che gioca con la maschera come un oggetto qualsiasi. La domestica, che ha
notato l'interesse della padrona per questo genere di cose, la compra e gliela offre con il
solo scopo di farle piacere.[…] Più tardi, al colmo della disperazione, Diouana riprende
questo regalo africano che costituisce il suo unico legame con l'Africa. Quando il
cooperante porta la maschera e la valigia a sua madre, il fratello se la riprende e assume
per lui un significato totalmente diverso che all'inizio. Per me, la maschera non è un
simbolo mistico come poteva esserlo per i nostri antenati, ma è un simbolo di unità e
identità, di recupero della nostra cultura. Oggi la maschera è diventata un articolo di
esportazione per i turisti e la cosa peggiore è che sono gli africani stessi che incoraggiano
questo. (wikipedia)
COMMENTO PROF: la maschera rappresenta cose diverse in momenti diversi
del film. rappresenta diouana e la diaspora. se la maschera è anche diouana, in
quel momento sta lottando per sè stessa. è come se la stessa diouana fosse un
oggetto (quando la maschera è appesa in casa). la maschera è anche la cultura
di diouana. è il ricordo vivo del fatto che il colonialismo non è finito.
in casa, quando viene donata, la maschera è come se stesse bene con
l’ambiente perchè è appesa al muro e ci sono altre maschere, successivamente
vediamo che è appesa a un muro bianco e sembra quasi stonare con l’ambiente
> rappresenta come si sente diouana nel contesto in cui si trova.
esposizione della maschera > feticizzazione, diventare merce. è un processo
attraverso cui si costruisce un feticcio che emerge e si fa merce di qlcs che
prima aveva un’anima. in molte culture dell’africa, la maschera è importante e
rappresenta uno spirito e qnd la si indossa si evoca qst spirito. trasformare la
maschera in merce e appenderla è uccidere lo spirito.

5) quale scena è la più significativa? > quando l’uomo vuole baciarla davanti agli
altri ospiti sostenendo di “non aver mai baciato una nera” e poi la padrona le
dice che era solo uno scherzo; quando diouana si mette una collana (=per la
donna nera la cura di sè è un modo di resistere alla sua svalutazione); quando
una donna sbatte la porta in faccia a diouana senza che avesse ancora detto il
perchè fosse lì; la scena in cui una donna scruta un insieme di donne nere
sedute a terra cercando una domestica e tutte volevano essere scelte e quando
diouana viene scelta è felice e si sente fortunata ad avere un lavoro. quando poi
va a dirlo a sua madre, lei getta via una maschera. poi porta la maschera in
dono alla padrona bianca; quando una ospite chiede se diouana sa il francese e
quando le viene risposto di no, domanda se lo capisce comunque per istinto

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“come un animale”; quando la padrona batte violentemente alla porta per farla
uscire dal bagno ma diouana non esce (forma di resistenza); quando la
padrona le dice di togliersi le scarpe in casa “perchè è una cameriera”; quando
la padrona le dice “se non lavori, non mangi” e diouana pensa “se non mangio,
non mi prenderò cura dei bambini” (forma di resistenza); quando diouana
sospetta che non sia vera la lettera che i padroni dicono essere da parte di sua
madre; il bambino che insegue il padrone indossando la maschera che aveva
diouana.
COMMENTO GENERALE della prof: la scena della lettera è importante e
anche quella finale con il bambino con la maschera che insegue l’uomo. anche
la scena della lettera è importante.

intersezionalità > argomento del film.


in che senso l’intersezionalità non è un’addizione di oppressione? >
l’addizione presuppone che elementi che mantengono il proprio carattere si sommino
l’uno all’altro e questo mantenere il carattere qualitativo è la chiave. →
l’intersezionalità ci fa capire che le oppressioni quando sono direzionali cambiano di
segno > non è che la donna nera vive l’oppressione di genere + altre oppressioni, ma
vuol dire che l’intersezione fra l’oppressione di genere e di razza produce
un’oppressione qualitativamente diversa da quella che viene prodotta dalla
condizione della donna bianca o dell’uomo nero.
l’oppressione di genere per la donna nera si pone in modo diverso, es. l’imposizione
della bellezza come obiettivo della donna bianca non equivale a quello che vive la
donna nera che viene continuamente svalutata. per la donna nera la cura di sè è un
modo di resistere alla sua svalutazione.

oggi riflettiamo sull’intersezionalità basandoci di più sull’europa (le altre volte


abbiamo guardato più agli usa) e poi l’italia attraverso la figura chiave della
lavoratrice domestica, simile alla mommy americana.

la noire de… > può voler dire la nera di o la nera da.


Questo film è considerato il primo film africano, girato tra francia e senegal, regista
molto premiato.
la storia di cronaca rappresentata è di una lavoratrice domestica senegalese che si
reca in francia per seguire il suo datore di lavoro.
questa storia viene citata anche da sabrina marchetti (libro: le ragazze di asmara) >
dice che la storia della protagonista del film ci interpella, e parla di una condizione
coloniale.

marchetti > studia e si forma in olanda e si forma anche seguita da gloria bekker,
femminista nera europea e autrice di white innocence, che sprona la marchetti a fare
un primo lavoro dove parla delle lavoratrici domestiche eritree che vengono
analizzate in rapporto alla condizione delle donne in olanda originarie del suriname,
mostrando come, nonostante le diverse storie coloniali di qst due paesi, in realtà
queste vite di donne producono immaginari molto comparabili, ideale servo-padrone.

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il film si chiude con immagini di autolesionismo > Prima di morire, diouana mette i suoi
effetti personali nella valigia, si spoglia dei suoi vestiti europei, del grembiule, delle scarpe coi
tacchi. Si intreccia i capelli secondo la tradizione africana e si taglia la gola. La mutilazione della
gola, del luogo della produzione orale, simboleggia questa occultazione della voce del personaggio
a tutti gli stadi della narrazione.

altri elementi importanti da ricordare > Il ruolo dell'intellettuale nel Senegal contemporaneo è
rappresentato da Sembène stesso, che interpreta lo "scrittore popolare", uomo di cultura con una
bottega fatiscente situata nella periferia di Dakar. Il suo studio è sempre pieno, segno del bisogno
di sapere di un Senegal in costruzione, con l'ottanta per cento della popolazione analfabeta.
> Il "mercato delle domestiche" dove ogni giorno le giovani senegalesi attendono nella speranza
che qualcuno le scelga, è un esempio della crisi occupazionale dello stato africano. L'accostamento
ironico tra Diouana, vestita semplicemente in cerca di lavoro, e l'abbigliamento elegante dei
deputati senegalesi che escono da una riunione, rappresenta l'incomunicabilità tra il popolo
africano e il neocolonialismo bianco appoggiato dalla nuova borghesia nera. Incomunicabilità che
sta anche alla base di questo fatto di cronaca diventato film.

TEMATICHE NEL FILM

L'incomprensione coloniale
"In questo film denuncio tre cose: il neocolonialismo (mi chiedo, perché la tratta degli
schiavi continua ancor oggi?), la nuova classe africana composta generalmente da
burocrati e una certa forma di assistenza tecnica"
"La Noire de.." si fonda su un'idea principale: l'oppressione della domestica africana non deriva
dalla condizione di donna delle pulizie, considerata come un fatto, ma da un rapporto sociale: la
pauperizzazione relativa dei suoi padroni, che abbandonano i privilegi di cooperanti (in Senegal)
per ridivenire dei semplici salariati (in Francia).
Questo elemento modifica lo spirito di Diouana, che a Dakar si trovava bene, in una condizione
tutto sommato privilegiata rispetto alle sue coetanee. Ad Antibes si ritrova sola (a Dakar c'era un
cuoco), i lavori si concentrano (oltre alla cura dei bambini deve badare alla pulizia della casa, fare
la spesa, cucinare…), la chiusura con l'esterno la rende triste e passiva (a Dakar usciva con il
fidanzato e frequentava i familiari). Il potere della padrona diventa dunque totale: ed è l'odio nei
confronti di quest'ultima una delle principali cause del suicidio: "lei non può dire no, ma allo
stesso tempo si trova in un mondo che la rifiuta. È rifiutata dalla sola famiglia che ha, il suo
padrone e la sua padrona".
Il marito lascia alla compagna il compito di gestire gli affari di casa e il rapporto con Diouana. È
apatico, dorme spesso, ma cerca di mostrarsi comprensivo e rispettoso nei confronti della
domestica, senza comprendere che il suo problema è la solitudine: "cos'hai Diouana, sei malata?
Vuoi la tua paga?". Il comportamento del padrone cela una inconscia attrazione sessuale,
percepita dalla moglie, che a causa di ciò diventa ancora più aggressiva.

L'anticolonialismo linguistico in via di realizzazione


Diouana è analfabeta. Ma comprende e parla il francese. Smette progressivamente di dialogare
con "Monsieur", "Madame" e i bambini perché "si sente in clausura dentro un universo di
interdizione. Rimugina sola il suo malessere, estremizzando la sua posizione di rifiuto".
Appena giunta in Francia, Monsieur la accompagna a casa in macchina. I due compiono un
tragitto che va dal porto di Marsiglia all'appartamento di Antibes. Il panorama della Costa
Azzurra farà pronunciare a Diouana le uniche parole positive di tutto il film: "È bella la Francia!"

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dirà sorridente. Dopo questo incipit, le scene ad Antibes si svolgono esclusivamente


nell'appartamento: qui comincia il mutismo della protagonista.
La progressiva perdita di fiducia e di speranza è rappresentata dai suoi pensieri e dalle rare parole
che pronuncia.
"Oui monsieur, oui madame" dice all'inizio, poi non parla più. Comincia a fare a sé stessa delle
domande: "non sono venuta per questo", "com'è la gente qui?", "le porte qui sono sempre
chiuse", "dove sono i bambini?", "non sono una cuoca, né una domestica". In più viene trattata
come un fenomeno da baraccone dagli amici di famiglia riuniti a cena: un signore le tasta le
guance chiede il permesso di baciarla perché: "non ho mai baciato una negra in vita mia". Il
razzismo è palese in un dialogo avvenuto durante un pranzo tra Madame e i suoi ospiti:
«- Parla francese?
- No.
- Comprende?
- Se vuole…
- Come un animale…però cucina molto bene.»

Diouana in voce fuori campo dirà con odio: "comprendo tutto". Madame diventa sempre più
aggressiva e le ripete continuamente: "qui non è l'Africa".
La scelta di far parlare Diouana in francese, attraverso la voce off, si inquadra in una logica del
nazionalismo senegalese che cerca di usare dei mezzi che non gli appartengono per attaccare la
cultura occupante. Questa contraddizione è evidente nei primi film di Sembène. A partire da Le
Mandat, invece, la lingua africana diventa "outil" , vince la colonizzazione francese che l'aveva
relegata ai margini. Con i film del primo periodo invece questo percorso è ancora in via di
realizzazione.
Inoltre, a tratti La noire de.. rischia di essere un pamphlet anticolonialista che riduce i personaggi
a meri portatori di un messaggio politico e morale:
"il principio di fondo è semplice: se le individualità sono dei prodotti del mondo oggettivo (e
conseguentemente della Storia inevitabilmente presente nei film di S.O), lo sono anche i
soggetti. Globalmente, il cinema di contestazione e di lotta, nel suo desiderio di ricordare, di
esplicitare e di rendere popolare il primo punto ha occultato o ignorato il secondo".
Difetto che il cinema "engagé" di Sembène supererà nel film successivo, Le Mandat, nel quale i
personaggi sono soggetti complessi, merito della sceneggiatura adattata dall'omonimo romanzo.
Il film è anche un confronto tra due donne - una moderna, stanca e annoiata ma allo stesso tempo
aggressiva e autoritaria - e l'altra bella, coraggiosa, orgogliosa della sua cultura (simboleggiata
dalla maschera), con un forte senso della dignità. che la spingerà al rifiuto della sua condizione di
serva.
È presente una tensione erotica, Sembène mostra più volte Diouana intenta a spogliarsi, e nella
scioccante scena del suicidio lo spettatore osserva "la prima donna nera completamente nuda in
un film, ed è morta!"

Il volto reale dell'indipendenza


A Dakar Diouana sorride, è viva, felice: "ho trovato lavoro! Ho trovato lavoro!" ripete a tutti i
conoscenti dopo l'assunzione.
Il fatto di trovare un'occupazione è una rarità nel Senegal post-indipendenza. I sogni e le speranze
di una nuova repubblica indipendente si infrangono nella realtà quotidiana: bidonville sempre
più grandi circondano Dakar; mentre i deputati escono dall'Assemblea Nazionale, i disoccupati
affluiscono in cerca di lavoro e le donne vanno al "mercato delle domestiche" nella vaga attesa che
qualche bianco offra loro una occupazione. Nel Senegal di Senghor, la comunità francese è

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numerosa, concentrata nei quartieri borghesi di Dakar. Sono soprattutto assistenti tecnici e
piccoli imprenditori, che si arricchiscono grazie alle loro competenze. Hanno paura dell'instabilità
del governo, nonostante le rassicurazioni del presidente, e appena possono, ritornano in Francia
con il denaro guadagnato. Pur creando occupazione (manodopera comune, domestiche…), non
rappresentano una risorsa per il Senegal, anzi, sono "un fuorviante miraggio per tutte le
Diouana". Anche la nuova classe borghese nera, formata nelle scuole dei bianchi viene giudicata
negativamente. Non c'è niente in comune tra loro e il popolo, nemmeno il monumento ai caduti di
guerra. Infatti, in uno dei flashback Diouana cammina tranquillamente, senza alcun senso di
colpa, sul monumento, e viene aspramente rimproverata dal suo compagno, "un funzionario,
cresciuto nel contesto socio-culturale del colonizzatore(…). Questo amico, come gli altri
intellettuali, troppo rivolti verso l'Europa e le sue astratte riflessioni, non vede la realtà quotidiana
del popolo" , parlando di sacrilegio: il gesto di Diouana invece non è un atto irriverente nei
confronti dei caduti, ma un'inconscia ribellione nei confronti di tutto ciò che è formale e alieno dai
problemi reali del popolo africano. I "sacrilegi" sono altri, sono il razzismo e l'indifferenza dei
padroni, che causano il suicidio della ragazza, ma anche la corruzione e la dipendenza
economico-culturale della nuova classe dirigente figlia dell'indipendenza, che rinuncia
vigliaccamente allo sviluppo autonomo dei paesi africani.

Diouana è una ragazza senegalese che lavora come servitrice nella casa di una
famiglia di cooperanti francesi. La vita è dura, “oui monsieur” e “oui madame” sono le
uniche forme di interazione e dialettica. In fondo però la serenità non le manca, c'è la
famiglia e soprattutto ci sono i sogni che alimentano costantemente la ragazza. Uno
di questi, il più bramato, si tramuta improvvisamente in realtà quando si presenta
l'occasione di poter accompagnare la famiglia alla volta della Costa Azzurra, nella loro
dimora estiva. L'aspirazione di Diouana di evadere verso il benessere europeo la
conduce ad accettare senza esitare. La ragazza, al pari dello spettatore, avrà così
modo di scorgere sin dalle prime battute la meraviglia e lo stupore di chi non ha mai
visto annaffiatoi automatici, strade vorticose come dedali, palazzi dall'altezza
sconfinata. Sembéne adotta svariate tecniche che consentono allo spettatore di
scardinare le intime emozioni della protagonista: immagini fluide, paesaggi vasti e
lucenti, un accompagnamento sonoro vivace, aggraziato. Si arma addirittura di
perfidia quando fa pronunciare all'uomo che la sta accompagnando in auto “C'est
beau la France”. Quella Francia Diouana non la vedrà mai perché già nella sequenza
successiva la ragazza si ritroverà a pulire la vasca da bagno che diverrà presto il suo
sepolcro. Rimarrà murata viva, seviziata psicologicamente fino al tragico epilogo. Il
cineasta di Ziguinchor ricorre alla semplicità neorealista e all'eclettismo francese allo
stesso tempo (ma anche all'avanguardia russa) e struttura la pellicola in due
ambientazioni ben definite, Dakar e Antibes, dicotomia che gli permette di esacerbare
l'accezione positiva della prima e negativa della seconda. I flashback, ad esempio, che
a una prima lettura potrebbero rappresentare una cura palliativa o una boccata
d'ossigeno alle umiliazioni del presente, agiscono per contro da enzima alla
progressiva esasperazione della donna, accelerandone perciò l'annichilimento. Dakar
è un territorio luminoso e vasto, intrinsecamente legato alla famiglia, agli amori e alla
tradizione, componente chiave del pensiero di Sembéne. A tal proposito la metafora
della maschera e la relativa sequenza della lotta bambinesca con la signora per
detenerne il possesso, descrivono in modo definitivo la coattiva sradicazione
perpetrata dal sistema neocolonialista con il conseguente discioglimento di
un'identità, quella africana, contaminata ma ancora cosciente di sé. La maschera, già

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manifestatamente inquietante, allude dunque al fantasma di un popolo che lotta per


riottenere ciò che gli appartiene (l'indipendenza ottenuta solo sei anni prima), che
rinuncia alla negoziazione capitalista del potere (il rifiuto dei soldi). È un talismano
che rincorre e scaccia la minaccia imperialista e che abilmente Sembéne fa indossare
a un bambino, simbolo per antonomasia dell'innocenza.
Ma è ad Antibes che Sembéne ha modo di sviluppare il processo di alienazione di
Diouana. Lo fa innanzitutto annullando Antibes stessa. Le meraviglie della Costa
Azzurra sono infatti ignorate dalla camera da presa del regista, il tempo del racconto
si dipana, per contro, tra le mura di un'anonima abitazione.
A differenza di Dakar, lo spazio è angusto e soffocante, la musica da camera meno
gioconda di quella folkloristica del villaggio. I sommessi gemiti della donna evocati
dalla voice over, accrescono nello spettatore la graduale insofferenza fisica e mentale
della donna, così come la criminale ignoranza dei suoi aguzzini (“non ti sembra
dimagrita?”. “Sarà per il clima...”). Lui è impassibile, forse nasconde una pulsione
erotica nei confronti di Diouana, per tale motivo si sforza di fingersi più accomodante
della moglie, che per contro dispensa con puerile assiduità odio e rancore anche per i
motivi più insignificanti. Nella malignità dello scontro frontale non c'è mai una forma
di comunicazione o di interazione tra le due, in questi frangenti il film assume
un'impronta vagamente grottesca e surreale. L'anonimia della coppia è l'allegoria di
un atteggiamento dispotico universale che continua a perdurare nel presente, mentre
il pranzo con gli amici è la massima espressione di un razzismo apparentemente privo
di violenza e per questo motivo ancor più sudicio e meschino (“non ho mai baciato
una negra in vita mia” e ancora “comprende come un animale però cucina molto
bene”). https://www.ondacinema.it/film/recensione/la-nera-di.html

commento prof → è un film importante perchè parla dell’europa, è il primo film


africano e parla della relazione tra africa ed eu. nel film si vede la mommy, la jezebel,
la welfare queen.

meccanismo del ribaltamento paradossale > lo si vede nel testo di grada kilomba.
consiste nel fatto che ci sono padrone bianche che parlano delle serve nere come
fossero pigre (nel film si vede spesso la padrona lamentarsi di diouana), ed è assurdo
perchè ci sono serve nere che la mattina si svegliano e pensano già alla casa e ai figli
della padrona, e solo dopo aver svolto tutte queste attività la padrona si sveglia.

gaze (sguardo) > diouana è descritta come un animale, se non fa i lavori di casa è
perchè forse non sta bene = lei è solo fisico/animalizzazione, se non fa le faccende
secondo i padroni sta male fisicamente.
la questione dello sguardo è stata analizzata da frantz fanon nel testo black skin white
masks, es. l’episodio del bambino che lo indica e dice: “guarda mamma, un negro”. in
quel momento fanon si è sentito svuotato della sua identità, come se lo sguardo
dell’altro riscrivesse il suo aspetto corporeo > questo si è visto anche nel film. tutti gli
immaginari sui neri sono stati rovesciati sulla protagonista e lei è rimasta silente.

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quando il padrone da i soldi alla madre di diouana, lei non li accetta e ciò ricorda la
scena del bambino che insegue l’uomo inquietato > non c’è possibilità di assoluzione
da quello che hanno fatto a diouana.

sembra che sia solo la padrona la cattiva della situazione solo perché il tutto si svolge
fra le mura domestiche, e l’uomo può non rendere evidente il suo potere quando però
invece la dinamica è che la moglie è succube di lui > nel rapporto fra la donna bianca
e la nera è che la bianca è intermediaria, è succube all’uomo bianco ma può esercitare
una forma di potere sulla donna nera in casa.
è la donna bianca che investe desiderio di emancipazione in questa presenza, che si
traduce però all'assoggettamento di un’altra donna > parliamo ancora di
intersezionalità.

nel film si sottolinea anche l’indifferenza del marito (padrone bianco), emblematico è
il momento in cui diouana si rifiuta di fare il caffè e lui rimane tranquillo perchè sa
che se non lo farà lei lo farà la moglie.

maschera > fa un viaggio, esattamente come lo fa diouana. la maschera rappresenta


cose diverse in momenti diversi del film. all’inizio rappresenta diouana, ma anche la
diaspora ed eventualmente tutti i neri. viene portata in europa, lì nella casa dei
padroni viene appesa come oggetto ornamentale e alla fine torna in africa. è come se
fosse vista come oggetto diouana stessa. la maschera rappresenta anche la cultura di
diouana, e all’inizio è completamente ingenua e innocente riguardo quello che
succederà. in africa, va al mercato, prende la maschera dal fratello e la porta in dono
in europa ai padroni come segno di gratitudine. però verrà poi disillusa, fino a che
alla fine quando il padrone va in africa e vuole dare i soldi alla madre di diouana, è un
tentativo di riparazione. e invece la maschera è lì, c’è ancora, e perseguita l’uomo
(tramite il bambino che lo insegue) > simboleggia il trauma del colonialismo che non
è finito e che si riproduce all’interno dei rapporti di dominazione di cui diouana e la
coppia di padroni sono rappresentanti.

la maschera, all’inizio è posizionata in un luogo in cui si intona con l’ambiente; poi


stona sempre più con l’ambiente, es. quando è nel muro bianco. anche diouana è così,
anche lei stona sempre più con l’ambiente in cui si trova, non sta bene.
esposizione > abbiamo parlato dello spazio urbano e dei musei nelle precedenti
lezioni; il museo è un esempio di feticizzazione, si costruisce un feticcio. la maschera
ha un grande significato culturale in africa, e mettendola in esposizione come una
merce è come se si uccidesse il senso vero della maschera, cioè un significato
culturale.

da “la noire de…” a LE RAGAZZE DI ASMARA: continuità

rimanendo in europa, parliamo dell’autrice kilomba e del testo “memorie della


piantagione”. nel testo parla della dialettica servo-padrone, il trauma prodotto dal
razzismo, lo sguardo e trasformazione dello schema corporeo attraverso la proiezione

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dell’altro. lo racconta come un cortocircuito temporale in cui il passato coloniale


viene rimesso in scena e quindi ogni volta che avviene un episodio di razzismo è come
se il soggetto razzializzato venisse ricatapultato all’interno di una colonialità che è la
stessa che c’era, per la kilomba, dentro la piantagione.
racconta questo episodio di razzismo che le è accaduto negli anni 80 (dialettica
servo-padrone, sguardo, trasformazione schema corporeo): “quando avevo 12 anni
andai dal medico. lui dopo avermi visitata, mi guarda e dice: -ho avuto un’idea, vado
in vacanza con mia moglie e i miei figli di 18 e 22 anni, e avrei bisogno di qualcuno
che venga con noi a servire i pasti, pulire, lavare la biancheria (le propone il lavoro)-.
ero perplessa e notai una maschera appesa alle pareti dell’ufficio. lui notò il mio
sguardo interrogatorio e mi spiegò da dove veniva quella maschera, e io rimasi
silente. non ricordo se sono stata in grado di rispondere ma ricordo di aver lasciato
l’ambulatorio e di essermi sentita male per strada”.
>>> parla del sentirsi male come la risposta corporea che ha quando si trova davanti
a qualcosa di non razionale. lei ha 12 anni (come la madama di montanelli) ed è
percepita come adulta, le viene offerto un lavoro da serva. la relazione
dottore-paziente diventa servo-padrone. > diventa il padrone bianco che parla con la
serva nera. in questo schema binario, la questione non è solo essere donna/uomo,
bianco/nera, ma paziente donna nera e dottore maschio bianco. > è razzismo o
sessismo? >>> si tratta di razzismo di genere o sessismo razziale. kilomba insiste che,
volente o nolente, deve rimettere in campo la relazione coloniale: la violenza che
l’autrice subisce, che è intersezionale, è la riattivazione di un trauma che avviene
attraverso la riattivazione di una dialettica servo-padrone in cui lei veste i panni della
serva.
questo episodio di razzismo quotidiano è importante perchè ha riguardato anche
negli anni 70 molte donne lavoratrici domestiche, che poi sono diventate il primo
gruppo migrante che si inserisce nelle pieghe di questa trasformazione sociale che è il
momento della liberazione della donna bianca in italia.

marchetti > dice che la storia di diouana ha bisogno di spiegazioni, evoca riflessioni
imprescindibili, chiede che ci si interroghi in modo specifico sulle rappresentazioni
che stanno attorno al lavoro domestico e che non vengono rintracciate a questa
dimensione coloniale come invece fa la kilomba.
marchetti, sociologa, dice che il fenomeno del lavoro domestico è globale e non solo
italiano. in alcuni luoghi la dimensione servo-padrone si consuma seguendo la linea
del colore, cioè le lavoratrici domestiche sono perlopiù nere, però in europa questa
linea interroga soprattutto la nazionalità e la condizione dei migranti.
dice: “La storia di Diouana porta alla ribalta la questione del lavoro domestico dei
migranti, quindi, una questione dibattuta non solo nel lavoro accademico, ma anche
in giornali, tabloid, romanzi e film. Negli ultimi decenni, le donne hanno svolto un
ruolo sempre più importante in molti paesi occidentali le esigenze di cura e di pulizia
delle famiglie della classe media in un modo che ha attirato l’attenzione di politologi,
economisti, sociologi, storici ed esperti di genere e migrazione. L'esperienza di queste
lavoratrici ci parla del fenomeno della “globalizzazione dell’assistenza” il cui
funzionamento è stato affrontato intersezionalmente attraverso le categorie di genere,
età, classe e “razza”/etnia. Eppure, secondo me, la storia di Diouana esige di più.

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Chiede la sua storia per interrogazioni specifiche sulle rappresentazioni circostanti


esperienza dei lavoratori domestici che, credo, discendono da qualcosa che viene
raramente menzionato nei dibattiti odierni sul lavoro domestico dei migranti:
colonialismo.”

Con la crescente predominanza delle donne migranti in questo settore lavorativo, il


dibattito degli ultimi trent’anni in ambito accademico ha preso via via l’intersezione
tra genere e “razza”/etnia come asse cruciale
di analisi del lavoro domestico retribuito. Vari studi basati su storie di lavoratori
domestici migranti, dei loro datori di lavoro e altro soggetti interessati da questo
fenomeno (broker, intermediari o politici), hanno attirato l’attenzione degli studiosi
su tre questioni principali nelle scienze umane e sociali, in particolare cura,
migrazione e genere.
a questo proposito, la marchetti cita la studiosa Andall: “Jaqueline Andall (2000) nel
suo studio sulle donne nere migranti in Italia ha dimostrato che l'esperienza dei
lavoratori domestici migranti è a riflessione sul ruolo sociale delle donne italiane e
sulla loro concezione la vita familiare. Ha anche illustrato l'esistenza di gerarchie
etniche tra diversi gruppi di migranti nel settore del lavoro domestico in Italia (p.
169). Bridget Anderson (2000), inoltre, si occupa del caso delle Filippine, sosteneva
che due donne opposte e interdipendenti modelli, che discendono dalla dicotomia di
genere puttana/Madonna, influenzare il rapporto tra datori di lavoro europei e
migranti dipendenti. Sulla stessa linea, altri esempi di tensioni tra datore di lavoro e
dipendenti riguardano la sessualità dei lavoratori (Constable, 1997) o la loro
competizione nei ruoli materni (MacDonald, 1996)”
marchetti cita poi la studiosa McClintock: “Ho deciso di seguire il suggerimento di
McClintock in epigrafe («il colonialismo ritorna nel momento della sua scomparsa»)
ed esplorare il ruolo del “colonialismo” nel prendere forma delle forme
contemporanee di lavoro domestico migrante. In altre parole, volevo guardare
indietro con ordine per capire cosa sta succedendo adesso. Pertanto, il mio presente
lavoro interrogherà quanto sia pervasivamente coloniale eredità hanno influenzato
l’esperienza delle donne migranti postcoloniali che arrivarono nell'ex paese
colonizzatore e vi lavorarono come domestici e gli addetti alle cure”. > mnarchetti
vuole indagare come l’eredità coloniale influenza l’esperienza delle donne migranti.

negli ultimi 30 anni, l’intersezione fra genere, razza ed etnia è diventata l’asse
principale nell’analisi del lavoro retribuito domestico. quest’attenzione ha portato il
mondo accademico in generale ad interrogarsi su queste 3 assi: cura, migrazione,
genere. > stiamo parlando di un contesto in cui avviene una trasformazione dei ruoli
sociali all’interno del contesto italiano (caso specifico delle lavoratrici domestiche) >>
a un certo punto le donne escono di casa, sulla scia del movimento di rivendicazione
dei diritti delle donne. > le donne bianche escono dal nucleo domestico e le donne
nere entrano. e questa è una contraddizione del movimento femminista.

la postcolonialità, come la decolonialità, va oltre il semplice momento coloniale e


secondo marchetti può essere equiparato al tardo capitalismo. secondo diversi
sociologi esso corrisponde a continui processi di ricolonizzazione e dalla permanenza

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di gerarchie razzializzate e di genere. marchetti vuole guardare alla permanenza di


queste gerarchie nella contemporaneità e soprattutto nella costruzione dell’identità
europea oggi. > questo è anche quello che fa la kilomba parlando degli episodi di
razzismo quotidiano.

secondo marchetti, questa continuità fra globalizzazione e colonialismo non ha solo


un valore descrittivo in termini temporali e spaziali, ma è una questione che richiede
una nuova comprensione della relazione tra colonialismo e globalizzazione, e del
rapporto tra discorso coloniale e storia europea. > chiedersi che racconto stanno
facendo i musei dell’identità europea, ad esempio.
ci sono 2 concetti fondamentali: uno viene da balibar e l’altro da bourdieu.
- balibar > concetto di eredità coloniale > essa sta dietro ai regimi delle
migrazioni di oggi a livello simbolico e materiale. distingue 3 diversi aspetti di
continuità fra regimi coloniali e strategie odierne di controllo delle migrazioni:
1. la persistenza degli stessi metodi e abitudini amministrative che
caratterizzano il rapporto colonizzatore-colonizzato nel controllo delle
migrazioni
2. il fatto che la corrente migrazione di lavoratori segue percorsi geografici
stabiliti durante il periodo coloniale
3. la riproduzione dello stesso assetto gerarchico con cui le nazioni
colonizzartrici categorizzavano le culture e le razze in modo da dividere
e controllare i dominati.
- bourdieu > concetto di capitale coloniale

le donne eritree in italia

guardando alle migrazioni eritree in italia, vediamo che le prime si possono


rintracciare nel porto di bari negli anni 60 quando uomini eritrei arrivarono come
marinai. negli anni 60 70 l’italia diventa la prima destinazione delle persone migranti
europee nel mondo. > capitale coloniale: se da un lato abbiamo l’eredità coloniale,
dall’altro essa è anche un capitale di conoscenza e saperi.
nel 1970, secondo l’ambasciata eritrea, in italia arrivano 40.000 persone eritree. è la
prima migrazione nera in italia ed è prevalentemente femminile. molte donne eritree
decisero di tornare in italia seguendo, come abbiamo visto nel film di diouana, i loro
vecchi padroni. si produce così una narrazione su queste persone.
non abbiamo molti dati su questi spostamenti perchè l’italia si considerava ancora
terra di emigrazione. non c’erano nemmeno leggi sull’immigrazione, proprio perchè
al tempo non era un problema.
ma sappiamo che negli anni 80, l’85% delle persone eritree in italia sono donne. ed è
un pregiudizio pensare che siano venute in italia per ricongiungersi con i compagni.
molte di loro infatti sono venute in italia per lavorare come domestiche. in eritrea
c’erano specifiche agenzie del lavoro predisposte a far questo, c’erano accordi per cui
si cedeva all’italia ciclicamente manodopera. principalmente c’era un tipo di
contratto, che diceva che queste persone dovevano fare 1 anno di prova, al termine
del quale sarebbero tornate in eritrea o venire impiegate ufficialmente in italia.

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Si produce un'immagine della donna Eritrea come la cameriera perfetta.


Ci sono 3 parole chiave individuate per raccontare queste donne, che iniziano a essere
pretese e diventa un fatto di status sociale quello di poter avere accesso a una
domestica Eritrea:
- Intelligenti
- Pulite
- Belle
Sono donne che lavorano riproducendo l'immagine della relazione domestica
coloniale. Sono donne sulle quali vengono scaraventati stereotipi che hanno a che
fare con la storia coloniale e in qualche modo sono anche in grado di utilizzare il
capitale coloniale e tutti quei saperi accumulati rispetto all'italianitá, ai desideri degli
italiani, per ottenere i lavori che fanno.
Questo capitale coloniale, da essere segno di subalternità epistemica diventa anche
strumento per una forma subalterna di resistenza, perché queste donne hanno di
fatto mantenuto famiglie intere e la guerra di indipendenza in Eritrea.

28/11

Sempre parlando di le ragazze di asmara


Marchetti insiste sul fatto che entrambi questi gruppi di donne migranti dal
Suriname e quelle eritree elaborano l’era di un'Europa nera e una diaspora africana.
Diaspora= parlare di persone che hanno ereditato la condizione di schiavitù nella
tratta schiavile, queste persone appartengono a una diaspora.
Termine diaspora difficile da spiegare, diverse interpretazioni. Tensione verso la terra
ancestrale ma in realtà questo termine viene usato quando anche la tensione non c’è.
Che esista una terra promessa a cui tornare, per le persone nere è l'africa.
Costituzione dello stato della Liberia > Liberia stato africano fondato per dare
possibilità alle persone schiavizzate di tornare in africa. Afro discendenti di tornare a
Zion.
Si parla di diaspora nera in Europa. Termine specifico: diaspora globale nera.
Marchetti guarda queste donne come le precursore alle creatrici di questa Europa.
Questa loro comunanza tra le donne, nasce dal fatto di aver subito un razzismo anti
nero che caratterizza le loro esperienze da prima del 1980. Importante pensare che in
qualche modo una comunità si produca da un'esperienza condivisa. Trauma collettivo
condiviso. persone che provengono da gruppi diversi si ritrovano spogliate delle loro
culture ancestrali con condizioni di vita simili e questo fa di loro una razza, un
gruppo. non si tratta solo di persone nere ma proventi da eritrea, Ghana ecc, paesi
con specificità di cui queste migrazioni portano il segno.
Varie comunità, solo recentemente si è cominciato a guardare queste soggettività
come un gruppo che porta delle caratteristiche. > Queste caratteristiche di continuità
sono che queste persone si siano trovate ad affrontare uno stesso razzismo anti nero
di matrice coloniale.
Marchetti insiste sul fatto che nonostante le differenze, sia le donne eritree che
afrosurimanesi condividono una prospettiva nelle difficoltà incontrate in Europa.

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3 coppie dicotomiche che parlano di una condizione unica:


- Bianchi e neri (su una linea di razza)
- Persone native e migranti (nazionalità)
- Padroni e lavoratrici (classe)

Queste assi sono assi che ricalcano le oppressioni intersezionali di cui abbiano
parlato. Marchetti sottolinea che, come negli studi negli Stati Uniti delle lavoratrici
domestiche del post schiavitù, c’è un'elaborazione condivisa del sentimento. Queste
lavoratrici che si riconoscono in una formazione di un’Europa nera, Europa
marginalizzata, nutrono del risentimento nei confronti delle persone di dominio, che
ricalca il risentimento delle donne afroamericane. Per Marchetti è un modo per
rintracciare l’idea di una diaspora nera globale che porta globalmente i tratti di una
storia coloniale che si riproduce a livello intercontinentale.
Risentimento= definito come un sentimento di lunga durata negativo nei confronti di
coloro che vengono percepiti come ingiustamente avvantaggiati o in potere rispetto
alla propria vita.
Indipendentemente dalla storia specifica del gruppo migratorio, questo risentimento
e come viene espresso ricalca l’idea di un'eredità della schiavitù, indipendentemente
che la schiavitù stia in linea diretta nella propria storia, viene convocata per parlare
della condizione odierna. Discriminazione che porta le tracce di oppressioni
slavery-like. Non si tratta di una schiavitù lineare. Si tratta di guardare a quali forme
ricalcano e portano il segno della schiavitù senza illudersi. Forme figlie di queste
storie. Non pensare che questa storia sia la riproduzione esatta del passato. Elemento
sia del film sia in Marchetti con entrambi i gruppi > È proprio quello dello spazio di
vita delle donne domestiche. La stanza piccola delle lavoratrici domestiche non solo
nel contesto coloniale ma anche in America Latina ma anche Europa abbiamo queste
donne che parlano di spazi angusti spesso in prossimità di cucine o in zone di servizio
che si pongono in contrapposizione con gli spazi della famiglia.
Il fatto di avere un bagno separato a propria disposizione è un tratto che caratterizza
la segregazione. Corpo inteso come malattia e contagio. Distinzione degli spazi di vita.
> grande frustrazione per le lavoratrici.

Coscienza storica e alle lotte ancestrali > Marchetti dice che come queste donne
percepiscono è una discriminazione. loro sentono che queste relazioni coloniali
vengono rimesse in scena e quindi rimettono in scena le lotte delle antenate, si
appellano a quella resistenza. Ricollegarsi alle lotte è un modo per ritessere la storia e
situarsi in una continuità di resistenza.

Riprende McClintock e usa la citazione ‘colonialismo ritorna al momento della sua


sparizione’

Grada Kilomba. Memorie della piantagione

Grada racconta che il titolo di questo libro è arrivato prima del libro stesso. donna
portoghese con origini dove si attua una tratta schiavile e piantagione a opera del

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Portogallo. Lei non sa esattamente la traiettoria dei suoi rami familiari, decide di
visitare le piantagioni dove probabilmente era la sua famiglia.
Due parole che la tormentavano, memorie e piantagioni: e quindi lei decide di
lavorare al testo a partire da questa intuizione, nel testo le esperienze che vengono
indagate sono quelle di due donne insieme alle sua. Lei ha una memoria non sua, che
eredita e che afferma che c’è una dimensione atemporale della colonialità espressa
nel razzismo quotidiano. Descrive il razzismo quotidiano come la rimessa in scena di
un passato coloniale, è uno shock violento che assale il soggetto nero e lo riporta in
uno scenario di piantagione dove il soggetto viene imprigionato e viene subordinato.
Inaspettatamente, il passato coincide con il presente e il soggetto si trova in quel
passato agonizzante.

La maschera del silenzio è strumento coloniale. Strumento di governo. Schiava


Anastasia figura importante, diverse storie su questa figura:
1- Aveva tentato di rivoltarsi, maschera per tacere
2- Lei molto bella e aveva attirato il padrone e la padrona la voleva sfigurare

La maschera rappresenta il colonialismo, da un lato rende evidente le politiche


sadiche dell’ altro. impossibilità di presa di parola su di sé, che materializza l’idea che
la subalterna può o non può parlare (saggio di SPIVAK dove per prima lei pone
questa questione della presa di parola del soggetto subalterno). grada dice che non è
che i subalterni non possono parlare, ma è che vengono silenziati, da un lato
maternamente e dall’altro non vengono ascoltate.
Grada Kilomba riprende le parole di AUDRE LORDE: “Io divento la descrittrice della
mia storia, prendo parola e trasformo me stessa in un soggetto”, scrittura come atto
politico.
La subalterna è confinata. SPIVAK > posizione problematica, sostiene l’idea che il
soggetto nero non abbia possibilità di rispondere ai discorsi coloniali.
La maschera rappresenta il colonialismo, fa della bocca il luogo muto e di tortura, ci
interroga su chi può parlare di cosa può parlare e cosa accade quando parla, ci mostra
l’idea che il trauma sia una ferita.

5 meccanismi che lei mutua da hall rispetto ai quali propone un'analisi più
approfondita.
5 meccanismi secondo lei possono portare ad una condizione di silenziamento attivo
e ad una possibilità di riparazione. Unico passaggio in cui grada Kilomba sembra
rivolgersi alle soggettività bianche in un tentativo di un superamento di oppressione.

Posizionamento > ci sono diversi elementi, le caratteristiche che portiamo dalla


nascita (genere appartenenza, abilità) e ci sono anche delle cose che elaboriamo. È a
partire da quello che siamo che produciamo il nostro posizionamento specifico che ci
permette di vedere qualcosa dal campo in cui siamo situati. Quando si gode di un
privilegio si tende a naturalizzarlo e invisibilizzarlo e questo significa essere cieche
rispetto ad altre posizioni.

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White innocence > innocenza non neutra ma responsabilizzata perché è il prodotto di


un privilegio, processo di decostruzione del privilegio. Ma abbiamo una posizionalità
incarnata.

Come fa il soggetto bianco ad imparare ad ascoltare la voce delle subalterne? non è


una cosa automatica, Kilomba parla di queste 5 fasi:
1. La repressione è la paura bianca di ascoltare quello che potrebbe essere
rivelato dal soggetto nero, essenza della repressione è quello di allontanare
qualcosa e tenerlo a distanza rispetto al proprio conscio, difesa dell’eco che
esercita attraverso controllo e censura di ciò che non è considerato piacevole,
parlare diventa impossibile, parola come un dubbio fatto della realtà, qualcosa
di non concreto, vero e reale da essere detto e ascoltato (Freud). Repressione è
attraverso il silenziamento, impossibilità di presa di parola, secondo Kilomba
parlare è una negoziazione tra chi parla e chi ascolta, ascoltare è di fatto un
autorizzazione che chi ascolta dà a chi parla. Possono parlare solo le persone
ascoltate. Atto di repressione, la parola del subalterno non vuole essere accolta
perché ci pone di fonte ad una realtà che dispiace e quindi si reprime
attraverso un silenziamento e il non ascoltare.

Denial-guilt-shame-recognition-reparation > Kilomba vede questi 5 momenti come


degli stadi, la differenza tra stadi e fasi é che gli stadi vengono in maniera lineare
mentre le fasi possono interrompersi e sovrapporsi.
Parte dalla negazione come momento primo di questa repressione. Origine di un
silenziamento.

Ci sono due meccanismi che corrispondono alle negazione e che sono splitting e
projection (divisione e proiezione).
Splitting: soggetto nega di poter avere determinati pensieri o sentimenti ma afferma
che qualcun altro ce li abbia.
Projection: prende l’informazione originale, la nega e la proietta sull'altro.
Es di splitting: Fino a tempi recenti si negava ci fosse razzismo in Italia, “Italia non è
razzista, ci sono solo alcune persone razziste”

2. Colpa: emozione che segue al momento in cui una norma viene infranta, una
norma mortale, Freud descrive la colpa come risultato di un conflitto tra ego e
superego. La dimensione del desiderio aggressivo verso gli altri (ego) e
dell’autorità (superego), il soggetto quando avverte colpa è preoccupato dalle
conseguenze del proprio comportamento e quindi preoccupato di essere
accusato, biasimato e punito.
Secondo Kilomba ci sono due risposte comuni rispetto alla colpa: intellettualizzazione
e razionalizzazione. Nella prima il soggetto bianco cerca di costruire una
giustificazione del razzismo, nella seconda si cerca di negare, “non intendevano
questo, non hai capito bene, non ci sono bianchi e neri siamo tutti persone”.
razionalizzazione oppure ‘tutta l’Africa in Italia non ci sta’.
Razionalizzazione-gaslighting del soggetto. Svalutazione dell’identità razziale, si
incontra spesso nel discorso, il soggetto bianco parla della razza come se non

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importasse > strategia per ridimensionare il senso di colpa percepito. Razzismo


colorblind, rimozione della razza come concetto analitico, grande investimento
emotivo su quest’idea che non ci fosse un importanza, dire che bianchi e neri siamo
tutti uguali è un modo per negare un esperienza, negare che quell’esperienza ha un
impatto decisivo nella vita quotidiana.

3. Vergogna: è la paura del ridicolo, la risposta ad un fallimento di vivere


all'altezza di un ideale, mentre la colpa avviene quando si trasgredisce ad una
cosa esterna, la vergogna si ha quando la trasgressione avviene in una norma
interna. La colpa si da quando si teme la sanzione dell’esterno mentre la
vergogna è un sanzionamento del sé, Kilomba dice che la vergogna si può avere
come le persone nere abbiamo una percezione diversa della bianchezza, ci
sono due passaggi che possono riparare.

4. Riconoscimento: avviene dopo la vergogna, il soggetto bianco riconosce il


razzismo e la propria bianchezza, quando qualcuno riconosce la realtà si da il
riconoscimento passaggio dalla fantasia alla realtà non importa più come si è
visti ma chi si è. Nella misura in cui rimaniamo nella negazione, colpa e
vergogna, rimaniamo nella fantasia.
Il riconoscimento è un passaggio da un autoreferenzialità a un riconoscimento
dell’altro e del mondo esterno e quello che il sé rappresenta per l’altro

5. Riparazione: negoziazione della realtà, riparare i danni svolti dal razzismo, la


consapevolezza rispetto al razzismo non è tanto un fatto morale. Invece di
rifare la domanda morale comune ‘sono razzista?’ È aspettarsi una reazione
che metta a proprio agio il soggetto bianco, che deve chiedere ‘come faccio a
smantellare il mio razzismo?’ > domanda che avvia questo processo.

12/12

luogo della parola > topic di area teoretica francese della fine della 2 metà del 900,
ci arriva come concetto a cui lavora soprattutto djamila ribeiro. è una filosofa e
femminista nera brasiliana che stringe una forte relazione di sorellanza teorica e
politica con la kilomba e ci aiuta a decentrare l’asse angloamericano. kilomba viene
da una storia coloniale portoghese e la ribeiro è brasiliana dunque lavorano a una
ridefinizione del femminismo nero a partire da un posizionamento del brasile, sud
globale. non solo perché il brasile si può considerare sud globale ma anche perchè le
donne di questo gruppo di ricerca sono colonizzate all'interno della nazione.
2017 > pubblicazione libro “il luogo della parola” (ribeiro), e primo della collana
"femminismi plurali”, tutti libri di femministe nere brasiliane che interrogano e
costruiscono il pensiero da un punto di vista di femministe nere brasiliane. Per fare
questo, il primo libro che la ribeiro considera utile è il luogo della parola. è un testo di
facile comprensione; nel testo getta le basi della dicibilità, il poter dire e riconoscere
da dove si sta parlando, chi ha potuto dire fino a questo momento, cosa vuol dire
DIRE da quello spazio specifico in cui è possibile la presa di parola della donna nera…

questi appunti sono di Diletta Marra. per favore, non rivendere i miei appunti. Grazie! 60
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al testo sono state volte critiche: vengono da un mondo che ancora vede
nell’universalismo illuminista il punto di arrivo del pensiero (=pensiero positivista
che punta all’epurazione del soggetto dal pensiero per premiare un pensiero che si
vorrebbe puro, astratto, autonomo rispetto alle condizioni incarnate della soggettività
che produce questo pensiero).
critica post e de coloniale: hanno decostruito il pensiero occidentale mostrando come
fosse sempre calato nella prospettiva di analisi del soggetto che la stava producendo.
scopo del testo > democratizzare l’educazione. è un testo dunque molto fruibile.

ribeiro mette l’accento sul fatto che, contrariamente a quanto imputato al


femminismo nero, invece il femminismo nero proprio perchè è prodotto a partire da
soggettività nazionalizzate ha uno sguardo più lucido del centro: dai margini si
capisce qual è il centro in un modo che dal centro non si può fare. l’egemonia è
invisibile al soggetto che è al centro. questo si vede anche nel testo Future.
un altro punto fondamentale di future è:
- future come idea, progetto editoriale > nasce alla fine del 2018, anno centrale
per l’italia e il movimento antirazzista. è un anno che si apre con la tentata
strage di macerata e l’omicidio successivo di didienne. al governo ci sono 5
stelle e lega nord. è l’anno in cui vengono uccise diverse persone, blocchi dei
porti, si spingono retoriche come quelle dei dazi del mare, assistiamo a un iper
criminalizzazione della solidarietà, tutto questo si intensifica. c’è una grande
mobilitazione antirazzista es. a catania, nascono le sardine nere,... critici e
studiosi dicono che quando nel 2020 si assiste a un’esplosione del movimento
black lives matter, quello che accade in italia è un movimento molto preparato
a tradurre queste rivendicazioni perché si è temprato già nel 2018 e 2019 e ha
già visto la presa di parola forte delle soggettività razzializzate.

marchetti mette a confronto le surinamesi e le eritree e dice che questi due gruppi
vedono riattualizzarsi una dimensione coloniale. si parla di fantasmi della schiavitù e
questo è rivoluzionario in termini di riflessione teorica > decostruzione e riattivazione
di concetti che invece vengono in qualche modo proposti come fissi nel pensiero
occidentale.

qual è la situazione in italia? ci sono diverse situazioni di razzismo: razzismo


istituzionale (prodotto dallo stato, leggi), razzismo strutturale (integrato nella società,
nel mercato del lavoro), razzismo quotidiano (ciò che quotidianamente costituisce
processi di razzializzazione). > tutte queste dimensioni di razzismo sono
particolarmente visibili nella misura in cui si vada a guardare al governo delle
migrazioni.
ma come possiamo guardare questa cosa? consultiamo dei dati:

quality body: istituzioni che dovrebbero monitorare e far avanzare le policies in


termini di antidiscriminazione. ad es. enar è un quality body europeo. le quality body
devono essere autonome, ma unar è un’eccezione perchè fa riferimento al ministero
delle pari opportunità.

questi appunti sono di Diletta Marra. per favore, non rivendere i miei appunti. Grazie! 61
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SITI UTILI PER RICERCARE DATI (anche per paper)

- ENAR > dati a livello europeo, european network against racism. quality body
europeo.
- UNAR > corrispettivo italiano di enar, ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali. quality body italiano. fa direttamente riferimento al ministero delle
pari opportunità.
- ASGI > associazione di avvocati delle migrazioni, si occupa di casi che hanno a
che fare con i casi di discriminazione per le migrazioni.
- LUNARIA > cronache di ordinario razzismo. troviamo report e un database
come quello di asgi.
- IMMIGRATI.STAT > istat sugli immigrati.
- ODIHR > hate crime reporting, reporting sui crimini d’odio, violenze che si
attuano in nome dell’odio razziale, perlopiù crimini violenti che si indirizzano
al corpo o alle proprietà.
- OSCAD > odihr si appoggia ad oscad (osservatorio per la sicurezza contro gli
atti discriminatori). oscad raccoglie denunce su sé stessa.

!! ma bisogna ricordare che i dati sono veritieri fino a un certo punto, perchè ci
possono essere casi in cui le persone non denunciano gli episodi di razzismo per vari
motivi (=underreporting).

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