Matematica - Matrici
Matematica - Matrici
Concetto di matrice: si definisce MATRICE una griglia di elementi appartenenti ad un insieme numerico (ad
esempio l’insieme dei numeri Reali “R”) disposti lungo righe e colonne ognuno con una posizione specifica.
Dimensione di una matrice: la dimensione della matrice è dato dal numero di righe (indicato con “n” e
con indice “i”) x il numero delle colonne (indicato con “m” e con indice “j”).
Gli indici determinano la posizione specifica di ogni elemento all’interno della matrice.
La dimensione della matrice (nxm => numero di righe x numero di colonne) determina se essa sia quadrata
o rettangolare.
Concetto di Matrice QUADRATA: una matrice si definisce quadrata quando il numero di righe è uguale al
numero di colonne:
Concetto di matrice RETTANGOLARE: una matrice si definisce rettangolare quando il numero di righe è
diverso dal numero di colonne:
nxm = 2x3:3x4 ecc
Concetto di VETTORE: un vettore è una particolare matrice che ha o SOLO una riga o SOLO una colonna
(indipendentemente dal numero di elementi che la formano) e si definiscono rispettivamente VETTORE
RIGA e VETTORE COLONNA.
Concetto di diagonale principale: Si definisce diagonale principale l’insieme degli elementi di posizione NE
(NORD-EST) della matrice QUADRATA. In particolare sono gli elementi con indice di riga uguale a indice
colonna (es a11; a22 ecc).
Tuttavia sono necessarie delle accortezze per potere operare con le matrici.
NB: Le operazioni si possono effettuare non solo tra matrici ma anche tra VETTORE-VETTORE / MATRICE-
VETTORE / VETTORE-MATRICE / SCALARE-MATRICE / SCALARE-VETTORE.
Elenco accortezze:
1. SOMMA e SOTTRAZIONE: per poter effettuare le operazioni di somma e sottrazione tra matrici è
necessario che abbiano la stessa dimensione ovvero lo stesso numero di elementi.
Proprietà della SOMMA:
• ASSOCIATIVA: A+(B+C) = (A+B)+C
• COMMUTATIVA: A+B=B+A
• ESISTENZA ELEMENTO NEUTRO = MATRICE NULLA
2. PRODOTTO: come precedentemente detto l’operazione moltiplicazione non solo si può effettuare
tra due matrici ma anche tra matrice-vettore / vettore-matrice / vettore-vettore.
Andiamo per gradi:
Due matrici quadrate dello stesso ordine (per stesso ordine si intende di uguale dimensione n xn) sono
SEMPRE tra loro CONFORMABILI e quindi è sempre possibile effettuare il prodotto AXB E BXA (i due prodotti
saranno diversi).
ESISTENZA ELEMENTO “ASSORBENTE”: MATRICE NULLA (un elemento assorbente è un particolare tipo di
elemento di un insieme rispetto ad un'operazione binaria nel dato insieme. Il risultato della combinazione di un
elemento assorbente con qualsiasi altro elemento dell'insieme è l'elemento assorbente stesso).
➢ PRODOTTO VETTOREXVETTORE: Essendo i VETTORI particolari tipologie di matrici
vale sempre la regola della CONFORMABILITA’; ed in generale il prodotto
VETTOREXVETTORE non restituisce mai un vettore ma il risultato sarà o UNO SCALARE
(cioè un numero) o UNA MATRICE.
Due vettori colonna non sono mai conformabili, quindi per poter effettuare il prodotto devo considerare il TRASPOSTO
uno dei due vettori COLONNA deve diventare un vettore RIGA.
In questo caso il risultato del prodotto sarà UNO SCALARE (numero reale) definito anche PRODOTTO SCALARE.
In questo caso voglio moltiplicare il vettore A composto da un solo elemento (VETTORE RIGA) per il vettore B
composto da più elementi ma una sola colonna (VETTORE COLONNA). In questo caso il risultato del prodotto
sarà una MATRICE nxm.
➢ PRODOTTO MATRICEXVETTORE
CASO A: VETTORE COLONNA (dimensione m) x MATRICE A nxm: il risultato è un VETTORE COLONNA di m
dimensione.
CASO B: VETTORE RIGA (dimensione n) x MATRICE A nxm: Il risultato è un VETTORE RIGA di n dimensione.
MATRICI PARTICOLARI
Esistono delle matrici definite particolari in quanto godono di determinate proprietà e sono:
• Matrice identità: matrice (NON NECESSARIAMENTE QUADRATA) in cui gli elementi sulla
DIAGONALE PRINCIPALE SONO UNITÀ e gli altri elementi sono nulli.
• Matrice nulla: matrice (NON NECESSARIAMENTE QUADRATA) in cui TUTTI GLI ELEMENTI
SONO NULLI.
• Matrice diagonale: COINCIDE CON LA DIAGONALE PRINCIPALE ed è una MATRICE QUADRATA in cui
gli elementi “al di fuori” della diagonale sono tutti nulli.
• Matrice triangolare: una matrice (NON NECESSARIAMENTE QUADRATA) triangolare può essere o
TRIANGOLARE SUPERIORE o TRIANGOLARE INFERIORE rispettivamente si verifica quando gli
elementi al disotto della DIAGONALE PRINCIPALE SONO TUTTI NULLI (TRIANGOLARE SUP) e quando
tutti gli elementi al disopra della DIAGONALE PRINCIPALE SONO TUTTI NULLI (TRIANGOLARE INF).
• Matrice simmetrica: è una matrice QUADRATA in cui gli elementi che non stanno sulla
DIAGONALE PRINCIPALE sono simmetrici ovvero sono simmetrici rispetto ad essa.
• Matrice trasposta: data una matrice A (NON NECESSARIAMENTE QUADRATA) si indica con At ed
è quella matrice in cui le righe di A diventano le colonne di At.
• MATRICE DIAGONALE: PROPRIETÀ:
- Moltiplicata per uno scalare “K” (coefficiente) ottengo comunque una matrice.
- Potenza: Elementi della DIAGONALE considerati “p” volte.
- SEMPRE SIMMETRICA quindi A+B è simmetrica
CASO PARTICOLARE MATRICE SIMMETRICA: per una matrice “A” (non necessariamente simmetrica) vale
che se A è una matrice QUADRATA allora A+At è SIMMETRICA e AXAt è sempre SIMMETRICA.
IL DETERMINANTE
Per DETERMINANTE DI UNA MATRICE si intende quello scalare, cioè numero reale, ottenuto da particolari
operazioni opportunamente effettuate su MATRICI ESCLUSIVAMENTE QUADRATE ed è anche chiamato
MINORE COMPLEMENTARE (da non confondere con il COMPLEMENTO ALGEBRICO).
Si indica con DetA = a
Il complemento algbrico è quello scalare ottenuto moltiplicando il Det della sottomatrice quadrata (DETTO
MINORE COMPLEMETARE) (vd sotto TEOREMA DI LA PLACE)X(-1) elevato alla posizione che occupa
l’elemento nella Matrice. Sarà utile per la determinazione del RANGO.
Mentre nel calcolo del complemento algebrico NON considero l’elemento ma solo la sua posizione:
Matrici quadrate di ordine ≥ 3: Per calcolare il DETERMINANTE utilizzo il I TEOREMA DI LAPLACE: Seleziono
una riga o una colonna della matrice su cui muovermi e moltiplico ogni elemento della riga (o colonna)
scelta x (-1)i+j (NB: i+j è la somma della posizione in cui si trova il mio elemento es a11 (-1)2) x il Det
della sottomatrice QUADRATA ottenuta eliminando la riga (o colonna) scelta con la colonna(o riga) che
incrocia il mio elemento di partenza.
!!!CASO PARTICOLARE: Per le MATRICI DIAGONALI E TRIANGOLARI (SIA SUPERIORI CHE INFERIORI) il
DETERMINANTE sarà il prodotto degli elementi presenti sulla DIAGONALE PRINCIPALE
PROPRIETÀ DEL DETERMINANTE
IL DETERMINANTE NON DIPENDE DA COME SCELGO LA RIGA O LA COLONNA IN BASE AL QUALE DECIDO DI
SVILUPPARLO
IL DETERMINANTE NULLO:
Posso facilmente determinare che il Det di una matrice sarà nullo se:
Concetto di COMBINAZIONE LINEARE: La combinazione lineare è una successione numerica in cui la somma
degli elementi sono ognuno moltiplicati per uno scalare. Esempio: hx1 + kx2…ecc.
LA MATRICE INVERSA
Per poter essere invertibile una matrice deve essere NECESSARIAMENTE QUADRATA e il suo
DETERMINANTE NON NULLO, cioè ≠ 0 e si definisce MATRICE NON SINGOLARE. Definiamo la matrice
inversa come A-1 ed è quella particolare matrice che moltiplicata alla matrice di partenza mi restituisce la
MATRICE IDENTITÀ.
AXA-1 = In
Concetto di singolarità: una matrice quadrata si dice non singolare se il suo Determinante è ≠ 0. Se una
matrice quadrata avesse determinante nullo significa che una delle righe o delle colonne della matrice è la
combinazione lineare delle altre e quindi non invertibile.
• Data una matrice A simmetrica e invertibile anche la sua inversa A-1 sarà SIMMETRICA
• Se moltiplico una matrice A per uno scalare K ≠ 0 e risulta KA invertibile il DetKA = KnDetA ≠ 0
• Se elevo a potenza una matrice A per un esponente P≠ 0 e risulta AP invertibile il
Det(A)P=(DetA)P ≠ 0
• (A-1)t = (At)-1 implica che In=It
Verificato ciò sappiamo, PER IL TEOREMA DELL’UNICITA’ DELLA MATRICE INVERSA, che la matrice inversa
ESISTE ed è UNICA quindi si può passare al CALCOLO DELLA MATRICE INVERSA:
!!!ATTENZIONE: nel caso di matrice quadrata di ordine 2 (n=2) la matrice a* si trova semplicemente scambiando gli
elementi della diagonale principale e cambiando di segno gli elementi dell’antidiagonale.
Anche l’insieme R dei numeri reali si può definire come uno spazio vettoriale definendo come vettori unitari
i suoi elementi detti scalari.
È un insieme in cui posso eseguire una combinazione lineare (hA+kB) tra gli elementi
appartenenti all’insieme stesso. LA COMBINAZIONE LINEARE PUO’ ANCHE NON APPARTENERE AL
SOTTOSPAZIO VETTORIALE.
È uno spazio in cui posso generare altri elementi.
L’insieme “K” di tutte le possibili combinazioni lineari dei vettori “v” dove i vettori “v” appartengono
all’insieme “v”. (v è lo spazio vettoriale o lineare).
R2= è uno spazio generato da 2 vettori
Sottospazio k (nel quale è contenuto l’insieme degli elementi generatori): è generato dalla retta.
Volgarmente: Parto da K VETTORI QUALSIASI (numeri qualsiasi) e costruisco tutte le possibili combinazioni
lineari (queste combinazioni lineari sono un SOTTOSPAZIO DI V IN CUI È CONTENUTO K DOVE K È L’INSIEME
DEGLI ELEMENTI GENERATORI.
Concetto di SOTTOSPAZIO VETTORIALE: Si definisce sottospazio vettoriale un qualunque sottoinsieme dello
spazio “V” in cui siano definite tra i suoi elementi le operazioni di SOMMA E PRODOTTO come detto in
precedenza e che contenga il VETTORE NULLO dell’insieme V.
Inoltre sono TUTTE E SOLE quelle rette passanti per l’origine degli assi con una relazione di I° grado tra le
variabili: ax1+bxx2=0
L’insieme di generatori è un sottoinsieme di uno spazio vettoriale i cui elementi linearmente combinati
generano l’insieme di partenza ovvero il mio spazio vettoriale.
Due vettori si dicono linearmente dipendenti se usati come base per costruire una matrice, il Det della
matrice è nullo.
Significa che sono uno la combinazione lineare degli altri. in caso contrario (Det matrice non nullo) i vettori
si definisco linearmente indipendenti.
Concetto di BASE:
Volgarmente: un insieme di vettori è una BASE di uno spazio vettoriale se i suoi elementi sono LINEARMENTE
INDIPENDENTI
Concetto di DIMENSIONE:
Si definiscono vettori fondamentali tutti quegli elementi che mi permettono di generare uno spazio
vettoriale. L’insieme dei vettori fondamentali si definisce base canonica.
Si definisce matrice in forma canonica quella matrice, derivata da una matrice qualsiasi attraverso
OPREAZIONE ELEMENTARI CHE NON NE MODIFICANO IL RANGO; che come elementi al disotto o al disopra
della diagonale principale ha elementi nulli (cioè 0 MATRICE TRIANG INFERIORE O SUPERIORE).
IL RANGO DI UNA MATRICE
Si definisce rango di una matrice “A” nxm il maggior numero di righe o colonne LINERAMENTE
INDIPENDENTI che si trovano all’interno della matrice stessa. Si osserva allora che il MAX RANGO che una
matrice può avere corrisponde alla PIU’ GRANDE MATRICE QUADRATA contenuta all’interno di “A”.
All’interno di una matrice si possono effettuare delle operazioni dette operazioni elementari che NON ne
modificano il rango:
Queste operazioni elementari mi permettono anche di ridurre la matrice alla SUA FORMA CANONICA:
matrice che ha come elemento a11=1 e come elementi a21/a31/a32/a33 l’elemento nullo (cioè lo 0).
Volgarmente: la matrice a forma canonica è quella matrice che ha come prima riga elementi nulli tranne il
primo che è 1 e gli ultimi elementi della seconda e terza riga nulli.
Si definisce teorema equivalente in quanto troviamo una condizione di “SE O SOLO SE”.
“MASSIMO ORDINE DEI MINORI NON NULLI” di una matrice NON NECESSARIAMENTE QUADRATA.
Gli (h) vettori linearmente indipendenti che determinano il rango della matrice corrispondono al MINORE
NON NULLO individuato per determinare il rango.
Attraverso il METODO O TEOREMA DI KROENECKER posso calcolare il rango di una matrice (ricordiamo
che il rango coincide con la dimensione della matrice) utilizzando i DETERMINANTI DELLE SOTTOMATRICI.
1° PASSAGGIO: trovo il Det della prima sottomatrice che è l’elemento di posto a11 se il mio elemento è
≠0 DetA1 = a11
2° PASSAGGIO: trovo il determinante della sottomatrice quadrata spostandomi di una riga e una
colonna dell’elemento a11 (trovo una sottomatrice quadrata di ordine 2).
Se il RANGO coincide con il numero di n righe della matrice si definisce RANGO PIENO.
I SISTEMI LINEARI E LA LORO RISOLUZIONE
Un sistema si definisce lineare quando si verifica uguaglianza Ax = b dove A è una matrice nxm/x e il
vettore di dimensione m/b è un vettore di dimensione n.
• TEOREMA DI ROUCHE’-CAPELLI
Il teorema di ROUCHE’ – CAPELLI viene considerato come un metodo di risoluzione dei sistemi lineari, infatti
esso permette di stabilire se un sistema lineare AMMETTE SOLUZIONI (ed eventualmente QUANTIFICARLE)
attraverso lo studio del RANGO di due matrici associate al sistema.
Enunciato: dato un sistema di equazioni a più incognite scrivo la matrice “A” data dai coefficienti delle mie
incognite e scrivo il vettore colonna b delle soluzioni delle mie equazioni. Infine scrivo la matrice completa
A|b (A ORLATA B) data dall’accostamento della matrice dei coefficienti con il vettore colonna delle
soluzioni.
Per prima cosa devo verificare che il sistema sia COMPATIBILE (ovvero che ammetta soluzione/soluzioni) e
lo posso capire determinando il RANGO DELLA MATRICE A DEI COEFFICIENTI E IL RANGO DELLA MATRICE
COMPLETA A|b.
Se rg(A)=rg(A|b) allora il SISTEMA è COMPATIBILE E AMMETTE SOLUZIONE/SOLUZIONI.
In caso contrario il sistema si definisce INCOMPATIBILE O IMPOSSBILE.
Per quantificare il numero delle soluzioni confronto r (rango) con il numero di incognite n del mio sistema.
!!!IMPORTANTE: Per determinare il rango della matrice completa A|b devo eliminare una colonna
della matrice A dei coefficienti, accostarla al vettore b e poi procedere con il TEOREMA DI KROENECKER.
Scrivo la MATRICE COMPLETA A|b e, utilizzando le operazioni elementari (si ricorda che queste operazioni
non modificano il rango della matrice e ne permettono la riduzione a FORMA CANONICA per semplificare i
calcoli) procedo fino a che non ottengo una matrice completa A|b che sia triangolare superiore.
Gli elementi di questa matrice saranno i coefficienti delle mie incognite e scrivendo le uguaglianze e poi
sostituendo troverò il mio VETTORE COLONNA DELLE SOLUZIONI.
CONCETTO DI GRAFICO: il grafico della funzione a più variabili è l’unione dei punti così formati (x1,x2;y) nel
caso di 2 variabili.
Dominio di una funzione a più variabili: il dominio di una funzione a “n” variabili è l’insieme dei valori che
contemporaneamente soddisfano le condizioni di esistenza della mia funzione.
Servono inoltre a rappresentare in due dimensioni una funzione a n dimensioni cioè a n variabili.
CONCETTO DI FUNZIONI OMOGENEE: si definisce funzione omogenea di grado k una funzione tale che
quando si moltiplica per un certo numero α > 0 ogni sua variabile, il suo valore si calcola moltiplicando per αk
la funzione calcolata negli argomenti originari (cioè senza α).
Volgarmente: una funzione è omogena se le variabili della funzione hanno tutte lo stesso grado.
La forma quadratica è definita in algebra e geometria analitica come un polinomio omogeneo, cioè in cui
tutti gli elementi del polinomio sono dello stesso grado, in questo caso di secondo grado. Il numero di
variabili n può essere qualsiasi. e forme quadratiche Il primo passo da fare per poter determinare il segno
di una forma quadratica è quello di ricavare la sua matrice associata. La matrice associata alla forma
quadratica è la MATRICE SIMMETRICA e non è altro che la matrice dei coefficienti dei vari monomi che
compongono il polinomio. Essa sarà quindi una matrice quadrata, cioè in cui il numero di righe è uguale al
numero di colonne, di dimensioni m x m, in cui m è il numero di variabili. A questo punto è possibile
determinare il SEGNO DELLA FORMA QUADRATICA (utile come già accennato per calcolare poi i MAX E MIN
della funzione a n variabili).
1° PASSAGGIO: Scrivo la matrice simmetrica dei coefficienti. Nella quale sulla DIAGONALE PRINCIPALE
(NE) trovo i coefficienti delle incognite di grado max e sull’ANTIDIAGONALE (NO) trovo i coefficienti
dei termini misti che sono da moltiplicareX½.
2° PASSAGGIO: Calcolo il DETERMINANTE DELLE SOTTOMATRICI DI NO dopo averle individuate.
FQ definita positiva: se il primo elemento (posizione a11) della MATRICE ASSOCIATA SIMMETRICA è > 0 e
sono > 0 anche i determinanti delle sottomatrici (DEFINITI MINORI PRINCIPALI) di NO. “Tutti i minori
principali di NO SONO POSITIVI”.
FQ definita negativa: se il primo elemento (posizione a11) della MATRICE ASSOCIATA SIMMETRICA è >0 e
sono < 0 determinanti delle sottomatrici di (DEFINITI MINORI PRINCIPALI) NO. “Tutti i minori principali di NO
di ordine pari sono positivi e quelli di ordine dispari sono negativi”.
FQ semidefinita positiva: matrice reale e simmetrica di ordine n è semidefinita positiva SE E SOLO SE tutti i
minori principali sono positivi o nulli.
FQ semidefinita negativa: matrice reale e simmetrica di ordine n è semidefinita negativa SE E SOLO SE tutti i
minori principali di ordine dispari sono negativi o nulli e tutti i minori principali di ordine pari sono positivi o
nulli.
Definizione di limite: dato un punto X0 definito di accumulazione per il dominio X si definisce il LIMITE
DELLA FUNZIONE a n variabili il valore che assume la funzione per x che tende a X0. Ovvero si dice che la f(x)
tende a l per x che tende a X0.
Definizione di continuità: una funzione a n variabili si dice continua in un punto X0 di accumulazione per il
dominio X se il valore del limite della funzione per X che tende a X0 coincide con il valore della funzione
nel punto.
ANTICIPAZIONE: per le funzioni a più variabili non c’è una relazione analoga a quella fra continuità e
derivabilità delle funzioni definita in una variabile.
Una funzione DERIVABILE PARZIALMENTE NON IMPLICA CHE SIA CONTINUA E VICEVERSA.
li
m
𝑡→ 𝑓 (𝑋0 + 𝑡𝑢) −
𝑓(𝑋0) = 𝑙 𝑐𝑜𝑛 𝑙 𝜖 𝑅
0
QUESTO LIMITE PRENDE IL NOME DI DERIVATA PARZIALE O DIREZIONALE e si indica con 𝐷− 𝑓′(X0)
𝑢
RAPPORTO INCREMENTALE:
Nb: si definiscono DERIVATE PARZIALI (O DIREZIONALI rispetto alle direzioni parallele agli assi coordinati)
quelle derivate di una funzione a n variabili calcolate considerando una sola variabile come tale e le altre
come costanti(numeri). Valgono sempre le regole di derivazione viste per le funzioni ad un’unica variabile.
𝛿𝑓
Osservazione: quando il dominio A contenuto in R è un insieme APERTO, se considero le direzioni degli
assi coordinati (vettori fondamentali e1 ecc) trovo le DERIVATE PARZIALI CHE SI INDICANO
𝛿𝑥
CON
Concetto di VERSORE: si definisce VERSORE il vettore di modulo unitario, usato per individuare una
direzione e un verso; ogni vettore si può ottenere come prodotto del suo modulo per il versore che ha la
stessa direzione e lo stesso verso.
Una funzione derivabile parzialmente non implica che sia continua e viceversa.
Se una f è continua in un punto significa che in quel punto è derivabile parzialmente e se queste derivabili parziali sono
continue allora la funzione è DIFFERENZIABILE.
DIFFERENZIABILITÀ
Si definisce DIFFERENZIALE L’INCREMENTO DELLA FUNZIONE RELATIVO ALLA RETTA TANGENTE AL SUO
GRAFICO.
prodotto scalare del vettore gradiente trasposto per h. ∇𝑓(𝑥1, 𝑥2)(ℎ)
Esiste sempre un PIANO TANGENTE e nel caso di funzioni a n variabili la variazione di f è espressa dal
Se una funzione è DIFFERENZIABILE ne consegue che sia CONTINUA E CHE ESISTA L’ IPERPIANO TANGENTE e
che quindi sia derivabile parzialmente.
Il grafico dell’iperpiano tangente è LISCIO (SENZA DISCONTINUITA’) MA QUESTO NON DIPENDE
DALL’ESISTENA DELLE DERIVATE PARZIALI INQUANTO ESSE INDICANO UNA DIREZIONE SPECIFICA, OSSIA
L’ANDAMENTO DELLA FUNZIONE IN PARTICOLARI DIREZIONI.
Come nel caso in una variabile, la differenziabilità di f in X0 significa potere approssimare la funzione nelle
“vicinanze” di X0 con una funzione lineare in h.
Se una funzione è differenziabile significa che è CONTINUA NEL PUNTO X0 E DERIVABILE PARZIALMENTE
NELLO STESSO.
““““NON VALE IL VICEVERSA”””” ossia esistono funzioni derivabili parzialmente in un punto che non sono
differenziabili in quel punto.
Caso particolare: f continua e derivabile parzialmente in X0 con derivate continue allora f è differenziabile
in X0.
Osservazione: anche in questo caso il teorema non è invertibile; infatti con un controesempio si potrebbe
dimostrare che la continuità delle derivate parziali non è necessaria per la differenziabilità ma nelle
applicazioni, quando le derivate parziali non sono continue è “molto probabile” che la funzione non sia
differenziabile.
In tutti i casi si osserva che il vettore gradiente in un punto è perpendicolare alla curva di livello per quel
punto!
Se una funzione ammette derivate parziali I e le stesse sono nuovamente derivabili si dice derivabile due
volte.
TEOREMA DI SCHWARTZ: Data una funzione f derivabile parzialmente dove trovo delle DERIVATE II
CONTINUE allora L’HESSIANO sarà una matrice simmetrica.
L’hessiano ha come elementi sulla diagonale principale le DERIVATE II DELLE DERIVATE I CALCOLATE
RISPETTO ALLA STESSA VARIABILE (definite DERIVATE PARZIALI II PURE i = j).
Gli altri elementi sono composti dalle DERIVATE PARZIALI II MISTE (i≠ j)
CONCAVITÀ E CONVESSITÀ
Una funzione f a più variabili si definisce CONCAVA se considerati due punti del suo grafico il segmento formato
dall’unione dei due punti sta AL DI SOTTO della funzione stessa o coincide con una sua parte.
A parità di ascissa l’ordinata del punto sul grafico della funzione deve essere MAGGIORE (STRETTAMENTE
CONCAVA) O AL PIU’ UGUALE RISPETTO ALL’ORDINATA SUL SEGMENTO (CONCAVA).
Una funzione f a più variabili si definisce CONVESSA se considerati due punti del suo
grafico il segmento formato dall’unione dei due punti sta AL DI SOPRA della
funzione stessa o coincide con una sua parte.
A parità di ascissa l’ordinata del punto sul grafico della funzione deve essere MINORE
(STRETTAMENTE CONCAVA) O AL PIU’ UGUALE RISPETTO ALL’ORDINATA SUL SEGMENTO (CONVESSA).
Consideriamo un intervallo I in cui la funzione è definita e troveremo che essa sarà: STRETTAMENTE
CONCAVA O CONCAVA, STRETTAMENTE CONVESSA O CONVESSA.
- CONDIZIONE NECESSARIA DEL I ORDINE: (teorema di FERMAT) data una funzione definita in X
COMPATTO e derivabile in un punto X0 appartenete a X esisterà un punto in cui la derivata parziale si
annulla.
In sostanza se la funzione è derivabile una volta trovato il vettore gradiente delle derivate parziali prime e
annullandole trovo i miei punti c.d. CRITICI o STAZIONARI in quanto annullano il valore della funzione in
quel punto.
Inoltre se la funzione è derivabile due volte (esiste l’hessiano) nel punto allora la C.N. del I ordine diventa
anche condizione sufficiente affinché i miei punti stazionari siano o di massimo o di minimo (teorema di
Weierstrass) è una CONDIZIONE SUFFICIENTE E NECESSARIA PER LE FUNZIONI CONCAVE E CONVESSE.
Per le altre funzioni le condizioni che si introdurranno riguardano solo i punti di estremo locale in quanto
si considera f solo relativamente ad un intorno di X0.
DEFINITA NEGATIVA: una matrice hessiana è DEFINITA NEGATIVA se ho un’alternanza tra i DETERMINANTI
DELLE SOTTOMATRICI (<0;>0;<0;>0). Il punto STAZIONARIO in questo caso sarà di MASSIMO GLOBALE
(ESTREMO GLOBALE).
La funzione è una funzione STRETTAMENTE CONCAVA.
INDEFINITA: una matrice hessiana è indefinita se tra i determinanti delle sottomatrici non ho alternanza tra
i segni. In questo caso il punto stazionario sarà un punto di sella.
SEMIDEFINITA POSITIVA: una matrice hessiana è semidefinita positiva se i determinanti delle sottomatrici
sono tutti ≥ 0. Il punto stazionario in questo caso sarà di minimo relativo o locale.
SEMIDEFINITA NEGATIVA: una matrice hessiana è semidefinita positiva se i determinanti delle sottomatrici
sono tutti ≤ 0. Il punto stazionario in questo caso sarà di massimo relativo o locale.
NOTA: convessa se semidefinita positiva/concava se semidefinita negativa (refuso nella tabella) tutto ciò
ovviamente ha significato se l’insieme di partenza è concavo o convesso. funzione a 2 variabili calcolo min e
max con curve di livello i punti di massimo o minimo si possono anche calcolare utilizzando le curve di
livello: parabola/circonferenza ellisse, se la funzione è una funzione a 2 variabili.
CIRCONFERENZA: 𝑥 + 𝑦2 + 𝑎𝑥 + 𝑏𝑦 + 𝑐 = 0
2
(x-α) +(y-β) =r
α,β sono le coordinate del centro C;
2 2 2
r è il raggio della circonferenza;
𝑎
CENTRO : (−
a,b,c sono tre coefficienti che influenza
2 posizione e dimensione della circonferenza.
;−
𝑏
) oppure C = (α+β)
𝑏 2
2 2
𝑎
RAGGIO: √
2
+ − 𝑐 oppure r = √(x − α) + (y − β)
2
4 4
1° PASSAGGIO: pongo la mia funzione (equazione della circonferenza) = K porto il mio K all’interno
dell’equazione e pongo tutto = 0
2° PASSAGGIO: trovo il CENTRO E IL RAGGIO sostituendo
3° PASSAGGIO: VERIFICO SE NECESSARIO LE C.E. DI K
4° PASSAGGIO: se parto dal valore minimo che K può assumere IL CENTRO SARA’ UN PUNTO DI
MINIMO GLOBALE SE RAGGIO AUMENTA ALL’AUMENTARE DI K E LA SUA C.E. è K≥0
PARABOLA: 𝑎𝑥 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = 0
2
𝑏 ∆
VERTICE: (− ;− )
2𝑎 4𝑎
+ +𝑐 =1
SE:
2 2
𝑎 𝑏
1° PASSAGGIO: Nell’equazione sostituisco 𝑎2 = 𝐾 e 𝑏2 = K
2° PASSAGGIO: Essendo K a denominatore pongo la C.E: K≥0 e se all’aumentare di K aumentano anche a e b allora
l’origine degli assi sarà un punto di MINIMO.
- CONDIZIONE SUFFICIENTE DEL II ORDINE: Sia f una funzione a più variabili definita in un insieme A aperto
e contenuto in Rn ( insieme di arrivo della funzione); se considero un punto X0 INTERVALLO DI A e
derivabile in esso 2 volte (esiste il vettore gradiente delle derivate i ed esistono punti stazionari/esiste la
matrice hessiana delle derivate II) allora il fatto che sia punto stazionario è sufficiente per dire che esso sia
di massimo o di minimo locale o relativo determinato dal segno della mia matrice hessiana.
FUNZIONE CONVESSA
Osservazione importante: per una funzione qualsiasi non esiste una condizione sia necessaria che
sufficiente affinché X0 sia di minimo (massimo). Esistono funzioni che hanno in un puntoX0 un massimo o un
minimo ma il loro differenziale secondo ovvero l’hessiano è solo semidefinito e funzioni il cui hessiano è
semidefinito ma il punto non è né di massimo né di minimo.